4 Ottobre 2025

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    Paolo Giordano: “Noi, nel tempo delle crisi”

    LUCCA – Verrebbe facile definire Paolo Giordano un inviato nelle zone di crisi. Ma non è così, lui stesso tiene a specificare: “‘Mi interessa andare nei posti per comprendere la mia mutata percezione degli eventi. A differenza di un giornalista inviato, io vado per capire me stesso”.

    La verità sulle guerre
    Dietro ai suoi reportage dall’Ucraina c’è tutta l’urgenza di comprendere meglio il mondo là dove qualcosa si è spezzato. Nella Chiesa di San Francesco, ospite a Lucca del Pianeta Terra Festival dedicato quest’anno ai “Sistemi instabili”, Paolo Giordano ha scelto di raccontare la sua inclinazione per il tragico, l’incombente. Sulla instabilità Giordano, che dal Covid-19 (narrato nel saggio Nel Contagio, Einaudi, 2020) fino ai territori occupati di Gaza raggiunti un mese e mezzo dopo il massacro del 7 ottobre 2023, come scrittore ha dato voce alle crisi più buie degli ultimi anni, ha molto da raccontare.

    Giordano è autore di diversi romanzi, tra cui La solitudine dei numeri primi (Mondadori, 2016) e il più recente Tasmania (Einaudi, 2022). “In alcuni scrittori c’è una ricerca del dolore.”, – spiega dal palco dialogando con Stefano Catucci. – “Ma quel che accade più spesso nella vita di uno scrittore è che a un certo punto si ha bisogno di materiale umano, perché la scrittura è un’attività estremamente estrattiva. Il mio è stato un processo graduale, che mi ha portato a guardare fuori, perdendo via via interesse nella mia biografia per andare lontano. Poi, c’è da considerare un altro aspetto legato al presente, ossia quel giornalismo diffuso che negli ultimi dieci anni abbiamo scoperto non essere più affidabile e sufficiente. D’altra parte, il livello di pervasività che è stato raggiunto dalle tecnologie portabili ci obbliga a un bisogno profondo di verificare quanto di questa realtà che abbiamo sempre in tasca sia vero. E oggi, con due guerre così lunghe e complesse, siamo obbligati a riscoprire la testimonianza autorevole, diretta, per poter capire meglio i fatti. Da questa distanza tra il reale e la sua rappresentazione è nato il mio bisogno di andare, di disintermediare”. Oggi Gaza ha reso questa urgenza una necessità ineludibile.

    Lo scrittore con Stefano Catucci nella chiesa di San Francesco di Lucca  LEGGI TUTTO

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    L’ecofestival dei Tazenda. “Madre Terra, il nostro manifesto d’amore per il Pianeta”

    Cantare la terra, la propria. Pochi gruppi musicali ci sono riusciti come hanno fatto i Tazenda con la Sardegna, portando sui maggiori palcoscenici italiani e internazionali l’identità di una regione solo apparentemente chiusa in se stessa. Tradizioni, popoli, miti ma anche il respiro, i suoni e i profumi dell’isola felice sono entrati nelle loro canzoni. Da qualche anno i Tazenda – Gino Marielli, Gigi Camedda e Serena Carta Mantilla – hanno deciso che non era più sufficiente solo celebrare la Sardegna ed hanno iniziato a tutelarla e ad invitare tutti a rispettarla. Come? Dando vita, sono alla seconda edizione, all’Ecofestival un evento itinerante di musica e tanto green. LEGGI TUTTO

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    Cristina Casali: “Organizzo avventure accessibili perché il turismo sostenibile sia senza barriere”

    Mancanza di informazioni chiare e verificate sull’accessibilità, difficoltà a trovare mete e strutture inclusive, paura di affrontare un viaggio senza supporto: per le persone con disabilità viaggiare spesso è un ostacolo e un privilegio. Da una nuova startup arriva un messaggio culturale e sociale: l’inclusione è possibile anche quando si parla di turismo sostenibile, stiamo parlando di Avventure Accessibili che contribuisce ad un cambio di passo, mettendo al centro le persone, migliorando la qualità dell’esperienza turistica e sensibilizzando il settore a diventare più efficiente, innovativo e responsabile.

    Cristina Casali, fondatrice della startup “Avventure accessibili”  LEGGI TUTTO

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    Olio esausto, come smaltirlo nel modo giusto

    Viene impiegato per friggere le patate, per conservare il tonno o i carciofini, per realizzare i prodotti di bellezza. È l’olio che, una volta esausto, diventa uno dei rifiuti domestici più inquinanti.

    Secondo il Consorzio nazionale raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti (Conoe), in Italia si producono circa 260mila tonnellate di olio alimentare usato all’anno, delle quali circa i due terzi provengono da abitazioni private e meno del 10% viene recuperato. Dati, questi, confermati da quelli recentemente forniti dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), secondo i quali la media raccolta a livello domestico sarebbe di 0,24 litri per abitante.

    Gli errori più comuni
    Diffusa, e del tutto errata, l’abitudine di buttare nel lavandino o nel wc questo rifiuto, che non si degrada e inquina le acque. Come afferma il ministero dell’Ambiente, “basta, infatti, un solo litro d’olio usato per contaminare un milione di litri d’acqua”. Senza contare che questo liquido può ostruire le tubature e persino compromettere il funzionamento degli impianti di depurazione.

    Sbagliato anche asciugare l’olio con carta assorbente e gettarlo nell’indifferenziata o nell’umido oppure lasciarlo nel vasetto e gettare entrambi nel contenitore del vetro.

    Sarebbero da evitare anche i prodotti per la solidificazione dell’olio, come Fry Away, che contengono sostanze chimiche in scaglie. Una soluzione comoda, ma non certo ecologica, dato che il tutto va a finire nel bidone dell’indifferenziata.

    I vantaggi del riciclo
    In realtà l’olio esausto, se raccolto e smaltito correttamente, può essere rigenerato e trasformato in nuove risorse con benefici ambientali ed economici. Può anzitutto essere utilizzato per produrre biodiesel, un carburante rinnovabile in grado di sostituire quelli di origine fossile. Ma può anche essere impiegato per realizzare, per esempio, biolubrificanti, saponi e detergenti, cosmetici, inchiostri, grassi per la concia, cere per auto.

    Secondo il Conoe, se ogni anno in Italia tutti gli oli vegetali esausti venissero trasformati in biodiesel, si eviterebbe l’emissione di circa 790mila tonnellate di anidride carbonica e si risparmierebbero circa 282mila metri cubi di acqua.

    Pochi passaggi fanno la differenza
    Per fare in modo che questi importanti vantaggi si concretizzino basta effettuare una corretta raccolta domestica dell’olio usato. Anzitutto occorre, qualora fosse necessario, lasciarlo raffreddare. Quindi versarlo, con l’aiuto di un imbuto, in una bottiglia di plastica pulita, come quelle dell’acqua o dei succhi di frutta, che non si rompono. Infine, dopo avere chiuso bene il tappo, bisogna conferire la bottiglia, una volta piena, negli appositi centri di raccolta presenti nel proprio Comune.

    Più punti di raccolta e più informazione
    Per fare il punto su questo tema e proporre eventuali soluzioni, nel giugno del 2025 Altroconsumo ha condotto un’indagine su dieci Comuni. I più virtuosi sono risultati quelli di Torino e Genova, che hanno installato più punti di raccolta dedicati sul territorio. Bene anche le amministrazioni comunali di Roma, con punti di raccolta nelle scuole, di Milano nei supermercati e mercati comunali o di Bari nelle parrocchie. Iniziative lodevoli, che però, secondo l’analisi, restano pratiche isolate.

    “Dalla nostra ricerca è emerso che uno dei principali ostacoli al corretto conferimento dell’olio usato è proprio l’inaccessibilità dei punti di raccolta, pochi e spesso lontani da casa”, sostengono gli esperti dell’associazione. “Per superare questa criticità, è necessaria l’introduzione a livello nazionale di standard minimi che tutti i Comuni sono obbligati a rispettare. Importante anche puntare di più sull’informazione, realizzando campagne di sensibilizzazione e comunicazione rivolte ai cittadini”. LEGGI TUTTO