20 Febbraio 2025

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    Nelle catene montuose nuove risorse di idrogeno naturale

    Definito anche come “il combustibile del futuro”, l’idrogeno potrebbe segnare la svolta per una delle sfide più importanti che l’umanità deve affrontare, la transizione energetica. Fino ad ora però non siamo riusciti a capire dove dovremmo cercare in natura gli accumuli di idrogeno allo stato elementare che ci consentirebbero di sostituire gli attuali combustibili fossili, eliminando di fatto le emissioni di anidride carbonica e altri inquinanti. A indicarci finalmente la via è oggi un team di ricercatori internazionale, guidato da Frank Zwaan, modellista geodinamico del Gfz Helmholtz Center for Geosciences, secondo cui le catene montuose, come i Pirenei, le Alpi e i Balcani, rappresentano potenziali hotspot dell’idrogeno naturale. I dettagli del loro studio sono stati pubblicati sulla rivista Science Advances.

    trasporti

    Coradia Stream H, il primo treno ad idrogeno in Italia viaggerà in Valcamonica

    di Fiammetta Cupellaro

    13 Febbraio 2025

    Cos’è l’idrogeno e come si forma
    L’idrogeno naturale si forma principalmente tramite la serpentinizzazione. Durante questo processo geologico le rocce del mantello reagiscono chimicamente con l’acqua e si trasformano da peridotiti, come l’olivina, a serpentiniti, mentre il ferro si ossida, rilasciando idrogeno. Le rocce del mantello, tuttavia, si trovano a grandi profondità sotto la crosta terrestre e affinché possano entrare in contatto con l’acqua devono risalire verso la superficie. Sono principalmente solo due gli ambienti tettonici in cui le rocce del mantello vengono serpentinizzate nel corso di milioni di anni: i bacini oceanici che si aprono quando i continenti si separano durante i processi di rifting, consentendo al mantello di sollevarsi mentre la crosta continentale sovrastante si assottiglia e alla fine si divide (come nel caso dell’Oceano Atlantico), oppure durante la formazione di catene montuose, quando i continenti si riavvicinano e si scontrano, consentendo alle rocce del mantello di essere spinte verso la superficie (come i Pirenei e le Alpi).

    Nelle catene montuose
    Per valutare dove aspettarsi grandi risorse di idrogeno naturali, il team di ricercatori ha utilizzato un innovativo approccio di modellazione numerica della tettonica a placche. Da qui gli scienziati hanno simulato l’intera evoluzione della tettonica a placche, riuscendo a determinare per la prima volta dove, quando e quante rocce del mantello vengono portate alla luce e quando possono entrare in contatto con l’acqua a temperature favorevoli per consentire la serpentinizzazione e, quindi, la produzione di idrogeno. Dalle analisi è emerso che le condizioni per questo processo sono di gran lunga migliori nelle catene montuose. Questo perché l’ambiente è relativamente più freddo, c’è un’abbondante circolazione d’acqua e ci sono maggiori volumi di rocce del mantello che si trovano a temperature di serpentinizzazione favorevoli di 200-350°C.

    Rinnovabili

    La corsa verso l’energia pulita non può essere fermata

    07 Ottobre 2024

    Una nuova industria dell’idrogeno naturale
    Secondo i successivi calcoli, i ricercatori hanno osservato che la capacità annuale di generazione di idrogeno nelle catene montuose può essere fino a 20 volte maggiore rispetto agli ambienti di rift. Inoltre, le rocce serbatoio necessarie per l’accumulo di idrogeno, come le arenarie, sono facilmente disponibili nelle catene montuose, ma presumibilmente assenti durante la serpentinizzazione nelle parti più profonde degli ambienti soggetti a rifting. “Questa nuova ricerca fa avanzare la nostra comprensione degli ambienti idonei per la produzione naturale di idrogeno”, ha concluso Sascha Brune, tra gli autori dello studio. “Date le opportunità economiche associate all’idrogeno naturale, ora è il momento di andare oltre e studiare anche i percorsi di migrazione dell’idrogeno e degli ecosistemi microbici profondi che consumano idrogeno per capire meglio dove possono effettivamente formarsi potenziali serbatoi di idrogeno”. LEGGI TUTTO

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    Imatra, l’app che premia chi pedala: come funziona

    Più pedali, più produci. Si chiama Imatra l’innovativa app che trasforma l’energia che si produce pedalando in moneta digitale e sostenibile. Obiettivo: promuovere il ciclismo e uno stile di vita green. Nei fatti la startup, fondata nel 2023 da Manolo Bianchini e Luca Celli, è un social network nato per le comunità di ciclisti non professionisti, che al suo interno possono comunicare tra loro e trovare tragitti personalizzati da percorrere insieme.

    Non solo, l’app permette ai suoi utenti di generare gli Imatra Coin, che si generano in automatico ogni 25 chilometri di pedalata. La valuta digitale della startup può essere spesa all’interno del suo market place: imatra.com, in cui si possono acquistare (anche in euro o in dollari) prodotti per il ciclismo e del lifestyle sportivo di tutti i tipi: dalle bici, ai caschi, passando per l’abbigliamento, le scarpe, gli occhiali, e altri accessori.

    Foroglio, il paese svizzero del Canton Ticino (Svizzera) dove si vive senza elettricità  LEGGI TUTTO

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    Riscaldamento globale, a rischio il limite dei +1.5 gradi definito con l’accordo di Parigi

    Secondo diverse organizzazioni internazionali, tra cui Copernicus della Commissione Europea, il 2024 è stato il primo anno in cui le temperature medie globali si sono mantenute costantemente al di sopra del primo dei due limiti stabiliti con l’Accordo di Parigi: +1.5 gradi centigradi rispetto al periodo preindustriale.

    Un anno non è sufficiente per stabilire che la soglia è stata irrimediabilmente superata, le valutazioni degli esperti riguardano infatti scale temporali che vanno dai due ai tre decenni. Tuttavia, i risultati di due studi pubblicati su Nature Climate Change mostrano che le temperature da record misurate nel corso del 2024 potrebbero essere il segnale che stiamo entrando in un periodo ben più lungo di un anno, che potrebbe essere caratterizzato da questo livello di riscaldamento globale.

    Lo studio

    Mezzo grado in più di riscaldamento globale triplica le aree inospitali della Terra

    di redazione Green&Blue

    04 Febbraio 2025

    Uno dei due studi è stato coordinato da Emanuele Bevacqua, del Helmholtz Centre per la ricerca ambientale di Lipsia (Germania). Gli autori di questa ricerca hanno valutato l’andamento storico delle temperature globali, constatando che il primo singolo anno in cui si sono superate le soglie di riscaldamento globale di 0.6, 0.7, 0.8, 0.9 e 1.0 gradi centigradi ha costantemente aperto un successivo periodo di 20 anni in cui la temperatura media ha raggiunto o superato le stesse soglie. Ossia, il sorpasso per 12 mesi consecutivi di un certo limite di temperatura storicamente ha significato anche il superamento a lungo termine di quella soglia.

    Il gruppo di ricerca ha poi utilizzato i modelli climatici del CMIP6 (Coupled Model Intercomparison Project), impiegati a livello internazionale per studiare e ottenere delle proiezioni sull’andamento del cambiamento climatico, per valutare se quanto osservato negli anni passati potesse essere predittivo anche per il futuro, e in particolare per quanto riguarda il superamento a lungo termine dei +1.5°C. I modelli hanno confermato che il sorpasso di questa soglia per un anno consecutivo è altamente predittivo di un trend sul lungo periodo, con una probabilità che varia dal 66 al 99% a secondo dello scenario di emissioni preso in considerazione.

    Biodiversità

    Le popolazioni di topi in città crescono con l’aumentare delle temperature

    di Sara Carmignani

    02 Febbraio 2025

    L’altro dei due studi usciti su Nature Climate Change è firmato da Alex Cannon, ricercatore presso la Divisione di ricerca sul clima dell’Environment and Climate Change Canada, un ente governativo canadese. Anche Cannon ha utilizzato i modelli CMIP6 per stimare la probabilità che la soglia stabilita dall’Accordo di Parigi venga superata nel prossimo futuro in base ai dati registrati nel 2024 (includendo nelle sue analisi anche l’influenza che fenomeni naturali come El Niño hanno avuto sulle temperature globali registrate lo scorso anno). Utilizzando un approccio leggermente diverso rispetto al gruppo coordinato da Bevacqua, Cannon ha raggiunto in sostanza conclusioni molto simili a quelle descritte nell’altro studio.

    Bevacqua e colleghi concludono sottolineando che i risultati ottenuti non dovrebbero essere interpretati come l’annuncio di una sconfitta dalla quale non è possibile tornare indietro. Al contrario, dovrebbero esortare i cittadini e soprattutto i governi di tutto il mondo all’azione immediata: “Solo una rapida mitigazione a breve termine può limitare efficacemente il picco di riscaldamento – si legge nelle conclusioni della pubblicazione – Un anno al di sopra di 1.5°C non è il momento per la disperazione, ma una chiamata all’azione”. L’ennesima, in un momento in cui le politiche climatiche di molti paesi sembrano andare nella direzione esattamente opposta. LEGGI TUTTO