20 Gennaio 2025

Daily Archives

consigliato per te

  • in

    Ue, da oggi vietato usare Bisfenolo A nei contenitori per alimenti

    Una posizione netta e chiara da parte dell’Unione europea nei confronti del Bisfenolo A (Bpa) una sostanza chimica molto diffusa, usata per produrre plastiche e resine, materie prime di bottiglie, lattine e contenitori per alimenti. Insomma, prodotti di uso quotidiano. Dopo anni di impasse, dal 20 gennaio 2025, il regolamento europeo 2024/3190 vieta l’uso di Bisfenolo A in una vasta gamma di materiali che sono abitualmente usati nel packaging di alimenti. Imballaggi e contenitori, come le bottiglie di plastica riutilizzabili o le lattine metalliche delle bibite – dove viene usato internamente – utensili da cucina, distributori d’acqua refrigerati. Ma la normativa restringe l’utilizzo anche per i suoi sali e altri bisfenoli o derivati, ritenuti comunque nocivi, come il Bisfenolo S (BpS). Elementi che saranno limitati nell’impiego di adesivi, gomme, materie plastiche, inchiostri da stampa, siliconi, vernici.

    Le sue vaste applicazioni

    Insomma la lista è piuttosto lunga, ed è rigorosa nei confronti di prodotti che entrano a contatto con il cibo, anche se ci sono eccezioni; solo i prodotti monouso o ad uso ripetuto per contenere gli alimenti potranno essere immessi sul mercato fino al 20 luglio 2026. Nel Regolamento 2024/3190 viene scritto che ci sono analogie nelle strutture chimiche con “altri bisfenoli o derivati di bisfenoli che possono presentare rischi analoghi al BPA quando sono utilizzati in materiali e oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari e migrano nei prodotti alimentari. Alcuni bisfenoli sono già stati confermati come aventi proprietà pericolose per la salute umana a causa della loro tossicità. In futuro è probabile un’ulteriore classificazione armonizzata dei bisfenoli e dei derivati di bisfenoli, a seguito dell’identificazione di alcuni di essi come sostanze estremamente preoccupanti”.

    Greenpeace: in Italia mancano dati sulla pericolosa contaminazione da TFA

    di  Fiammetta Cupellaro

    09 Gennaio 2025

    Bisfenolo A, perchè è ritenuto potenzialmente pericoloso

    Il divieto europeo segue la bocciatura da parte dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) che ha revisionato circa 800 studi pubblicati sull’argomento, per valutare il livello di rischio connesso a quello che mangiamo o beviamo. Dopo una serie di esami l’Efsa ha etichettato i prodotti a base di BPA con effetti potenzialmente nocivi per il sistema immunitario e riproduttivo. “In un’ampia valutazione delle prove scientifiche e dopo il contributo di una consultazione pubblica, gli esperti dell’EFSA hanno individuato effetti potenzialmente dannosi per la salute sul sistema immunitario”.

    Alimentazione e ambiente

    Pellicola per alimenti, quella sostenibile cambia colore se il cibo va a male

    di  Fiammetta Cupellaro

    11 Novembre 2024

    Potenziali effetti anche sulla fertilità
    Secondo la letteratura scientifica attuale, la molecola di questa sostanza chimica ha effetti dannosi sul sistema endocrino ed interferisce con il funzionamento ormonale naturale dell’organismo umano. Secondo degli studi condotti sul Bisfenolo A, l’esposizione prolungata può compromettere il sistema immunitario e riproduttivo, arrivando a compromettere anche la fertilità. Inoltre va sottolineato che il BPA è già vietato per i biberon e per le confezioni di prodotti destinati ai bambini sotto i 3 anni. Infatti l’esposizione nei bambini può alterare lo sviluppo cerebrale e far aumentare il rischio di malattie croniche, tra cui il diabete ed altre patologie a carico del sistema cardiovascolare.

    Dove trovarlo
    Se il BPA è usato in materiali che sono a contatto con il cibo, allora viene da chiedersi in quali alimenti sia più facile ritrovarlo. Uno studio tedesco del 2022 ha analizzati alcuni cibi confezionati in lattina, scoprendo che sono il Bisfenolo A è facilmente riscontrabile nel pesce, come le scatolette di tonno, nella carne, prodotti a base di salsiccia, latte di cocco, zuppe pronte. Insomma, cibo molto comune. Se il divieto scatta a partire dal 20 gennaio 2025, è opportuno aspettarsi un periodo di transizione che durerà 18 mesi, durante il quale i prodotti realizzati con BPA dovranno essere ritirati progressivamente dal mercato. Ma il regolamento europeo ha previsto anche delle maglie di permissivismo più larghe per le aziende che dovranno convertire la loro produzione, fino ad un massimo di tre anni, laddove non siano ancora disponibili alternative tecniche al BPA. La svolta europea sul Bisfenolo A, arriva a distanza di 15 anni dalla Francia, che nel 2009 aveva già vietato la sostanza chimica nell’utilizzo per i biberon, e dal 2013, in tutti i contenitori alimentari. L’Ue, invece, ha iniziato a muoversi solo nel 2018, vietandolo nei materiali destinati ai bambini sotto i tre anni, fino alla decisione odierna di estenderlo a tutti gli imballaggi che potenzialmente possono contaminare il cibo. LEGGI TUTTO

  • in

    L’industria energetica ha creato il falso mito che i consumatori possano fermare la crisi del clima

    Si fa presto a dire “zero emissioni”. Tutti noi viviamo in un mondo dove le terribili notizie legate alla crisi climatica sono all’ordine del giorno: dalle condizioni secche e calde che alimentano gli incendi della California sino alla perdita di biodiversità che ha visto sparire oltre il 70% della dimensione media delle popolazioni di animali selvatici in soli 50 anni. Tutti noi sperimentiamo gli effetti delle mortalità delle ondate di calore che colpiscono durissime in Europa, così come abbiamo imparato a conoscere come l’innalzamento dei livelli del mare sta portando alla scomparsa di isole e luoghi, oppure dopo l’anno più caldo di sempre – il 2024 – prendiamo atto di segnali sempre più drammatici per la sopravvivenza dei ghiacci e delle riserve idriche. Tutte queste condizioni sono strettamente legate alle emissioni umane di gas serra, quelle che alimentano il riscaldamento globale e che, con la complicità di incendi ed enormi quantità di metano legate alle nostre azioni, hanno portato la quantità di CO2 in atmosfera a livelli record.

    Così nella nostra quotidianità – per tentare di invertire la rotta di un binario che ci sta portando verso la catastrofe – la narrativa generale a cui siamo soggetti è quella che ognuno di noi dovrebbe fare “buone azioni” per scongiurare il peggio e combattere la crisi del clima: dall’installare i pannelli solari nelle nostre case a guidare auto elettriche, da impegnarsi di più nelle pratiche ecologiche sino a imparare a risparmiare acqua in ogni occasione. Questo creare un senso di responsabilità che si basa sulla singola azione individuale di ognuno di noi per riuscire ad affrontare il cambiamento climatico è però “un falso mito” secondo una nuova ricerca dell’Università di Sydney. Un falso mito che affida ai consumatori, attraverso le loro scelte oculate, l’idea di ergersi a paladini della battaglia per “le zero emissioni”, un falso mito che è stato creato negli anni dai settori dell’energia e delle fonti fossili. I ricercatori australiani hanno esaminato centinaia di resoconti pubblici, dichiarazioni, comunicati stampa per esempio del settore energetico australiano individuando sempre la stessa storia comune: quella che i singoli cittadini debbano essere degli eroi del “net-zero” grazie ai loro comportamenti. Tutto falso, dicono, perché ignora la realtà su come davvero potremmo affrontare il problema, ovvero con scelte precise dei governi, con un freno alle emissioni dei combustibili fossili e con sistemi di sostegno e supporto, calati dall’altro, che ci rendano davvero partecipi della transizione. “La nostra ricerca ha scoperto che questa idea, quella dei consumatori come paladini del net-zero, è stata costantemente perpetuata dagli attori del settore energetico” sostiene il professor Tom van Laer della University of Sydney Business School. “Se i consumatori acquistano l’auto giusta, spengono gli elettrodomestici, usano acqua calda fuori stagione, installano pannelli solari, ecc., allora possono svolgere un ruolo chiave nel salvare il Pianeta e che se solo i cittadini riuscissero a comprendere, monitorare e gestire il loro consumo energetico, allora potrebbero davvero fare la differenza. È una bella storia, ma ignora del tutto il quadro più ampio dei cambiamenti aziendali e normativi che sono essenziali davvero per affrontare questo problema”.

    World economic forum

    Global Risks Report 2025, l’emergenza climatica tra i primi 10 rischi globali

    di  Fiammetta Cupellaro

    15 Gennaio 2025

    Nell’analisi pubblicata sul Journal of Public Policy & Marketing i ricercatori mostrano come nel materiale pubblicato tra il 2015 e il 2022 da parte di oltre quaranta operatori del mercato energetico, tra cui fornitori di energia, organizzazioni non governative e decisori politici, la narrativa fosse troppo spesso incentrata proprio sulle responsabilità dei cittadini. Ma “senza adeguati sistemi di supporto, i consumatori hanno difficoltà a svolgere il ruolo di eroi delle emissioni nette zero e c’è il rischio che l’enorme responsabilità attribuita agli individui possa portare a sentimenti di impotenza e disimpegno, anziché di empowerment”. Prendiamo l’Australia, per esempio, Paese ancora legato al carbone e una fra le nazioni sviluppate con le emissioni pro capite più elevate insieme agli Stati Uniti. I dati ci dicono che il settore energetico australiano produce quasi la metà delle emissioni climalteranti, il 47,3%. Eppure, viene fatto credere che è attraverso le scelte dei cittadini che si possono invertire queste emissioni e cavalcare l’onda del net-zero. In pratica è come se il settore energetico stia creando un “mercato mitico” composto da piccoli consumatori di energia, in cui tutti contribuiscono in egual misura alle emissioni totali, ma non è così. “Spostando la responsabilità delle emissioni nette zero ai consumatori, rischiamo di minimizzare la responsabilità di entità più grandi che hanno un impatto più sostanziale sull’ambiente. Invece di imporre un onere irrealistico ai consumatori, dobbiamo affrontare i cambiamenti sistemici necessari per ottenere un impatto ambientale reale” dice il professore.

    In generale, aggiunge un’altra ricerca, questa volta condotta da esperti statunitensi, in un contesto che come sappiamo è già connotato da negazionismo e scetticismo sulle questioni climatiche, a fare da cassa di risonanza sul fatto (falso) che non siano l’emissioni dei combustibili fossili a creare il problema, c’è anche uno sforzo “continuo e coordinato” da parte delle aziende del settore sui social network. Nello studio pubblicato su PLOS ONE dai ricercatori di varie università degli States, viene spiegato ad esempio come dal 2008 al 2023, nove dei più grandi gruppi e aziende commerciali del settore petrolifero, agrochimico e della plastica degli Stati Uniti abbiano pubblicato migliaia di tweet sul social X con messaggi sulle questioni ambientali sorprendentemente “ostruzionistici” per le politiche e le azioni sul clima. Messaggi che spesso venivano ri-condivisi dalle varie aziende oppure in cui venivano taggati anche enti governativi. “Il nostro studio suggerisce che l’ostruzione climatica in diversi settori è più coordinata di quanto generalmente riconosciuto. Se a ciò si aggiunge l’elevato coinvolgimento dei settori dei derivati petrolchimici e dei carburanti con le entità governative di regolamentazione, ciò suggerisce tentativi strategici di indebolire e sovvertire la politica sul clima attraverso i social media” ha spiegato Jennie Stephens, professoressa di Scienze e politiche della sostenibilità presso la Northeastern University. Dunque non solo come sostengono gli esperti australiani da parte del settore energetico e industriale c’è una spinta a spostare le responsabilità della crisi verso i consumatori, ma c’è anche un tentativo “coordinato” da parte delle industrie fossili e agrochimiche nel negare i determinati impatti di certi settori come scrivono i ricercatori statunitensi che oggi sono ulteriormente preoccupati dal ritorno alla presidenza Usa di Donald Trump, evento che ci indica come “il negazionismo climatico non è finito, anzi, è tornato come una forza potente”. LEGGI TUTTO