in

Notre Dame ricostruita anche grazie alle ghiandaie

Durante la riapertura della cattedrale di Notre Dame a Parigi, celebrata con la presenza dei leader di tutto il mondo, sono stati fatti decine di ringraziamenti a chi ha reso possibile una ricostruzione così veloce. Eppure, nel delicato equilibrio uomo-natura, ci si è dimenticati chi ha realmente reso possibile tutto ciò: un uccello chiamato Garrulus glandarius, meglio conosciuto come la ghiandaia. La ghiandaia è un uccello dai colori magnifici, con striature azzurre sulle ali, e in Europa, è presente in tantissimi luoghi: non è facile avvistarlo, si muove spesso in coppia, ed è famoso per essere un incredibile magazziniere. Proprio questa sua caratteristica è, di fatto, quella che ha permesso la base per la ricostruzione di Notre Dame, la chiesa il cui il tetto e parte della guglia andarono distrutte cinque anni fa per un incendio.

Senza farsi notare da altri esemplari, ogni ghiandaia è incredibilmente attiva nello stipare cibo in eccesso, soprattutto le ghiande che fanno parte di almeno metà della sua dieta, da qualche parte sotto il suolo o nei pressi della corteccia degli alberi, a volte anche 20 chilometri lontano da dove ha raccolto i semi. Accumula provviste tutto l’anno e soprattutto a fine estate: il suo obiettivo è avere abbastanza da mangiare per l’inverno. Ogni anno un singolo uccello può mettere da parte anche oltre mille ghiande. Per ricostruire Notre Dame nel modo più fedele possibile alla struttura gotica del XII secolo i francesi hanno deciso di utilizzare come materiale principale il legno. Un legno che però, nella maggior parte dei casi, doveva provenire da determinati alberi, come le querce secolari. Queste piante che possono vivere oltre cent’anni sono fondamentali: all’interno degli ecosistemi forestali permettono la vita di 1.500 specie animali e vegetali e nei boschi francesi sono considerati dei pozzi di carbonio unici per la funzione di cattura della CO2. Toccare le querce, pensare di tagliare, è quindi una questione complessa, legata anche a protezione e vincoli. Tant’è che quando la Francia ha annunciato che sarebbero state abbattute quasi 2000 querce secolari francesi per il progetto di Notre Dame ci sono state forti polemiche nel Paese, tanto che è dovuta intervenire l’International Oak Society spiegando che il costo in termini di emissioni di carbonio sarebbe stato molto più basso usando il legno di questi alberi rispetto all’utilizzo di acciaio e cemento.

Se però è stato possibile utilizzare quelle querce per ricostruire tetto e guglia, di fatto lo si deve proprio alle ghiandaie: sono loro che nelle foreste francesi piantano ogni anno quasi due miliardi di ghiande. Metà delle ghiande che stoccano per fare scorta di cibo, non vengono poi mangiate: da quei semi nasceranno dunque le future querce. L’associazione francese Quercus et Garrulus ha raccontato che la maggior parte delle querce usate per la ricostruzione infatti non era stata piantata dall’uomo, ma proprio dalle ghiandaie. Si stima che quasi il 60% delle giovani querce francesi sia frutto del lavoro di questi animali: la stessa cosa vale anche per altri Paesi dove, come in Inghilterra, più della metà degli alberi nei nuovi boschi sono proprio nati grazie al lavoro delle ghiandaie e non grazie ai semi piantati dai proprietari dei terreni.

Ecco perchè, nella ricostruzione di Notre Dame, alle ghiandaie andrebbe un ringraziamento speciale: sono loro che hanno permesso l’espansione del “re della foresta” e garantito, insieme alle stesse querce, quella biodiversità che oggi stiamo perdendo ma che è stata fondamentale anche nel ricostruire un pezzo di storia come Notre Dame. Proprio per questa capacità unica delle ghiandaie, tale da permettere l’adattamento delle querce in nuove aree, Quercus et Garrulus ha anche creato il sistema chiamato SAGE “Jay-Assisted Seeding”: contenitori per le ghiande, piazzati in punti chiave, che possono incentivare ulteriormente la semina. Dai primi esperimenti le ghiandaie che hanno avuto accesso a SAGE hanno già piantato querce addirittura a “centinaia di chilometri di distanza” rispetto ai loro habitat attuali. E non vale solo per le querce: anche per castagne, faggi e altre specie.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


Tagcloud:

Bonus caldaia 2025, possibile anche senza sostituire l’impianto

M91 e la conservazione delle specie selvatiche attraverso l’invisibilità