Le batterie dei veicoli elettrici (EV) conservano oltre l’80% della capacità originale anche dopo 200mila km di percorrenza. È questo uno dei dati più eclatanti emersi nell’ultima indagine realizzata dalla società di consulenza gestionale P3, specializzata in mobilità elettrica, e Aviloo, azienda austriaca di diagnostica delle batterie. Il libro bianco L’invecchiamento delle batterie nella pratica sembra ridimensionare il falso mito della poca longevità dei veicoli EV, anche in relazione al mantenimento del valore economico. P3 è partita con l’analisi dei dati relativi alla sua flotta, composta da 50 veicoli elettrici, e poi allargato il campione fino ad arrivare a 7mila mezzi grazie ai 60mila test di capacità eseguiti da Aviloo (anche su veicoli che avevano 300mila m sulle spalle).
“Questo studio intende contribuire a dissipare i malintesi e consentire ai consumatori di prendere decisioni di acquisto informate e basate sui fatti”, scrivono gli autori. L’obiettivo fin dall’inizio è stato quello di esaminare il livello di degradazione subito dalle batterie nel tempo e con il comune uso su strada: dati reali invece che stime o misurazioni da laboratorio. Fermo restando il fatto che i fattori esterni che determinano il risultato sono numerosi: dalle condizioni ambientali, al tipo di guida e di ricarica, fino alla programmazione del sistema di gestione della batteria e le strategie di invecchiamento implementate dai produttori.
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In ogni caso la perdita di capacità è dovuta alla modifica delle strutture chimiche delle celle della batteria e questo avviene anche in assenza di un utilizzo attivo. Sebbene non esista una definizione precisa e condivisa di stato di salute della batteria (SoH), lo studio si riferisce esclusivamente alla capacità. Un dettaglio chiave soprattutto se considera che la sola unità di accumulo rappresenta circa il 20–30% del costo di un veicolo.
La degradazione parte veloce e poi rallenta
Lo studio ha rilevato che le batterie dei veicoli EV, inizialmente al 100% di capacità, subiscono nei primi 30mila km di percorrenza un degrado di circa il 5%. A circa 100mila lo stato di salute medio si attesta sul 90%, dopodiché tra 200mila e 300mila si arriva a circa l’87%. In sintesi si ha una fase iniziale di riduzione repentina e poi il degrado rallenta. Il motivo si deve al fatto che durante i primi cicli di carica e scarica si forma uno strato SEI (interfase elettrolitica solida) sull’anodo (terminale negativo) delle celle della batteria: una sorta di deposito dovuto alla reazione dell’elettrolita. Normalizzata la situazione, il sistema di gestione della batteria è in grado di ridurre significativamente l’invecchiamento. E a questo può contribuire positivamente anche l’azione umana, con un corretto comportamento di ricarica e di gestione del veicolo nel quotidiano.
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Si pensi ad esempio ai lunghi periodi di inutilizzo, dove le batterie dovrebbero essere tenute con uno stato di carica basso (10%) o medio (50%), e le condizioni di temperatura ambientale dovrebbero essere medio-basse (<25°). Le batterie in pratica non amano i climi estremi. Inoltre non bisognerebbe abusare delle ricariche veloci e privilegiare una guida tranquilla senza forti accelerazioni.
I produttori invece influiscono sulla gestione della capacità lorda e quella netta, detta buffer. In pratica la lorda è la capacità totale che include anche il “cuscinetto” usato per proteggere il sistema da sovraccarichi e lo scaricamento profondo; la netta è la parte realmente utilizzabile. Il buffer può essere usato per ridurre l’invecchiamento durante il periodo di garanzia contribuendo alla capacità netta nel tempo. Da rilevare che oggi la garanzia media di una batteria EV è di circa 8 anni, 160mila km oppure una capacità residua del 70% fino a un certo chilometraggio o anno.
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Il valore residuo delle batterie
Il ciclo di vita di una batteria è caratterizzato da tre fasi: la fine della garanzia, la fine della prima vita e la fine della seconda vita. La prima tappa è legata al chilometraggio percorso o il tempo trascorso dall’acquisto. Di solito giunti a questa soglia la batteria mantiene un’alta capacità. La seconda tappa invece viene raggiunta quando il veicolo non è più idoneo alla circolazione a prescindere dalla batteria, la batteria è compromessa a causa di difetti (ma può essere ricondizionata) oppure la capacità residua è insufficiente. In questi casi si può procedere a rimozione e se idonea viene impiegata in sistemi di accumulo stazionari. Indicativamente ciò vuol dire che la fine della prima vita si concretizza in circa 12 anni oppure 300mila km, mentre la seconda può estendersi di ulteriori 8 anni, concludendosi con il riciclo dei materiali come litio, nichel e rame.