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La pianta che resiste da 60mila anni

È una delle specie più rare di Angiosperme, la più grande divisione di piante oggi presenti sul nostro pianeta. Sono quelle che fioriscono e si riproducono grazie agli impollinatori. Ma non in questo caso. I semi di Andryala laevitomentosa sono quasi tutti sterili. Tanto che ne rimangono poco più di tremila esemplari su un solo crinale lungo due chilometri sui Carpazi orientali, in Romania. Eppure le rosette di questa specie, per quanto a rischio estinzione, crescono nello stesso luogo da oltre 60mila anni. Sono tutti cloni di una decina di piante madri sopravvissute replicandosi a diverse turbolenze climatiche come glaciazioni, siccità prolungata e alluvioni.

Andryala laevitomentosa è un’erbacea testarda e abitudinaria che non si è rassegnata alle catastrofi naturali rifugiandosi sulle rupi inaccessibili della catena dei monti Bistri?a come se fosse un bunker ambientale. La maggior parte dei circa 3.300 individui sono quasi tutti cloni mentre solo 11 hanno un carattere genetico distinto. Questa pianta si moltiplica per propagazione: basta un frammento della radice o del rizoma per generare un nuovo esemplare. Un sistema autarchico che esclude dal gioco delle coppie insetti e altri animali ma che, almeno per questa specie vegetale, si è dimostrato vincente sotto il profilo evolutivo. Lo ha dimostrato un’accurata analisi genetica dell’Università Carolina di Praga, pubblicata sul numero di ottobre della rivista scientifica Journal of Biogeography che ha rivelato come la maggior parte dei cloni di Andryala laevitomentosa abbiano un’età variabile dai 24mila ai 64mila anni. Una longevità estrema. “Queste piante sono tra i cloni più antichi mai documentati nelle Angiosperme. – spiega il botanico Patrik Mráz, primo autore dello studio – La resistenza dei cloni in questa piccola area per decine di migliaia di anni, attraversando le principali oscillazioni climatiche del Pleistocene e dell’Olocene, suggerisce una serie di capacità di adattamento fuori dal comune che mette in discussione la nostra conoscenza sulla resilienza delle piante ai cambiamenti climatici”.

Le ultime cinque popolazioni esistenti di Andryala laevitomentosa crescono sulle appendici rocciose di una cresta montuosa lunga meno di due chilometri. In tutto questi relitti vegetali coprono una superficie di appena 45 metri quadrati e sui 5128 semi raccolti dai ricercatori per il campionamento solo due erano maturi e adatti alla crescita. Malgrado questo comportamento, in termini di età, i cloni di Andryala laevitomentosa superano di 20mila anni un clone di Lomatia tasmanica, una pianta con una biologia simile e quasi estinta in natura ma che si è replicata per circa 44mila primavere. Sempre in questa categoria di replicanti vegetali sono stati scoperti in alberi come il pioppo, arbusti di Larrea tridentata o di Gaylussaccia brachycerium che superavano i 10mila anni. Tra le erbacee il clone più antico finora conosciuto risale probabilmente a circa 5mila anni fa e appartiene a Carex curvula, una specie comune presente anche sulle Alpi italiane. I parenti più stretti di Andryala laevitomentosa si trovano sulla cordigliera betica nella Spagna meridionale e sul massiccio dell’Atlante in Marocco. Durante l’ultima glaciazione la temperatura media annuale in questa area dei Carpazi orientali dove cresce ancora questa rarità era di 7 gradi in meno rispetto a quella attuale ma la quantità di precipitazioni annuali si fermava a circa 500 millimetri (quanta ne può cadere oggi in un week-end di autunno nella Pianura padana). Condizioni poco favorevoli alle quali cloni di queste specie sono riusciti a sopravvivere formando una sorta di habitat rifugio.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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