“Drill, drill, drill”. L’incoraggiamento del presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump a perforare in lungo e in largo la nazione che effetti avrà sul mercato mondiale dell’energia? “Potremmo assiste a un calo dei prezzi di petrolio e benzina, ma nel settore energetico ci sono dei trend definiti dall’industria, dalla tecnica, dall’economia, difficili da invertire anche se si siede nello Studio Ovale”, risponde Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia.
Professor Tabarelli, Trump manterrà le promesse fatte alla lobby dei petrolieri americani?
“Quello che ha detto in campagna elettorale sul petrolio è soprattutto retorica per prendere voti. Gli americani hanno l’ossessione della libertà di movimento, della benzina che costa 80 centesimi al litro e sulla quale nessun presidente metterebbe le tasse. Dopodiché Trump creerà probabilmente ulteriori facilitazioni all’industria petrolifera, per nuove esplorazione e nuovi gasdotti. Ma non vedo chissà quale spinta ai consumi”.
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Cosa glielo fa pensare?
“I dati ci dicono che i consumi di petrolio Usa stanno calando nonostante una economia in crescita, quindi sta aumentando la loro efficienza energetica. Questi sono trend di fondo che vanno aldilà della politica. Ma poi c’è anche la preoccupazione dell’oil&gas per un eccessivo calo dei prezzi dovuto all’aumento della produzione: ci sarebbero meno guadagni e non solo negli Usa. La stessa cosa vale per gli alleati Sauditi e per i nemici Russi, primi e secondi nella classifica degli esportatori mondiali di greggio subito prima dell’America. Ma comunque non è escluso che Trump voglia far scendere i prezzi. Gli farebbe comodo per tenere sotto controllo l’inflazione, tema cruciale in campagna elettorale, e compensare le sue politiche che porteranno quasi certamente ad una crescita del debito pubblico Usa”.
Editoriale
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E per noi piccola Europa e piccolissima Italia cosa potrebbe cambiare?
“Siamo grandi importatori di petrolio e gas, quindi una politica di spinta alle estrazioni potrebbe essere una buona notizia dal punto di vista dei prezzi: benzina e gasolio potrebbero costare meno. Anche se noi continuiamo a pagare carissimo il gas. Negli Usa è quotato 7 dollari al megawattora grazie al fracking, da noi quello importato proprio dall’America supera i 40”.
Dall’economia al clima: con Trump e i petrolieri alla Casa Bianca possiamo dire addio alla “transition away” dai combustibili fossili ratificata lo scorso anno alla Cop28 di Dubai?
“La crisi climatica non l’hanno risolta le presidenze Obama e Biden. Così come non la renderà irreversibile il secondo mandato di Trump. Non potrà interdire impegni presi a livello nazionale (l’Inflaction reduction act, per esempio) e internazionale. È l’industria che guida, è il capitalismo. Se in Texas produrre elettricità con le pale eoliche costa 50 dollari al megawattora e farlo col gas costa 70, faranno più eolico nonostante la loro tradizione estrattiva. Il paradosso è che il fracking ha creato negli Usa un eccesso di gas, con il quale è stato sostituito il carbone, perché è più conveniente. Per cui hanno tagliato del 30% la CO2 emessa dalle centrali. E infatti le emissioni per unità di pil sono in forte discesa negli Usa. Comunque penso che il boom delle rinnovabili negli Usa non si arresterà. Così come non credo che l’Inflaction reduction act di Biden verrà mandato al macero da Trump. Ripeto, è il capitalismo a guidare: si pensi alla rinascita del nucleare stimolata dal fabbisogno energetico dei data center delle Big Tech”.