Parchi nazionali, riserve regionali, riserve statali, aree marine protette e i siti della Rete Natura 2000. L’Italia possiede un complesso sistema di aree protette. Se ne contano 1049, una rete di zone naturali a tutela del grande patrimonio di biodiversità della Penisola. Oltre 5 milioni di ettari di territorio tra montagne, fiumi, laghi, coste, aree umide e vulcani. 24 parchi nazionali, 30 aree marine protette (il santuario Pelagos e 2 parchi sommersi), 149 riserve naturali statali, 149 parchi regionali, 450 riserve regionali e 5 parchi geominerari. A questi vanno aggiunte altre aree protette nazionali e regionali, i siti Natura 2000; le zone umide della lista Ramsar; le riserve Unesco e le zone speciali di conservazione. Un sistema naturale che coinvolge 2.500 comuni e interessa una popolazione di oltre 10 milioni di cittadini.
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Le sfide imposte dal clima
Ma se è chiaro, che il rafforzamento degli ecosistemi è considerato fondamentale per rendere più resistenti i territori ai disastri naturali, rimangono problemi ancora aperti, come quello di contenere il consumo di suolo nei parchi e riserve. Per questo motivo, operatori, ricercatori e esponenti delle associazioni ambientaliste chiedono la revisione della normativa per renderla più coerente con le esigenze imposte dalle nuove sfide. Come il cambiamento climatico e gli obiettivi posti dalla Nature Restoration Law e la Strategia europea per la Biodiversità che punta al raggiungimento del 30% di aree protette entro il 2030. Di questo e di altro si parla a Roma nella due-giorni (17-18 dicembre) organizzata dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Al centro del dibattito degli Stati Generali delle aree protette la modifica della Legge quadro (394 del 1991) che lo scorso 6 dicembre ha compiuto 33 anni. Una norma che ha avuto molti aspetti positivi, soprattutto ha dato la spinta per realizzare quel sistemi di parchi e riserve, sia terrestri che marine che oggi interessa l’11% del territorio nazionale.
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Aree al centro della rigenerazione dei territori
Aree naturali che, rimesse al centro dei percorsi di rigenerazione del territorio, negli anni hanno prodotto un effetto benefico su quei 10 milioni di italiani che ci vivono accanto. Nei parchi nazionali la superficie agricola ammonta a 752.400 (50,9%) ettari con 55 mila occupati e una diffusione di imprese agricole del 21,4%. Un sistema grazie al quale tutelando la biodiversità, ha salvato molte specie dall’estinzione. “L’Italia- ha spiegato Claudio Barbaro, sottosegretario all’ambiente e alla sicurezza energetica, con delega alle aree protette – è uno dei primi paesi al mondo per biodiversità, con un alto numero di aree protette, che non sono mai state messe a sistema: per farlo occorre ripensare alla legge 394 in maniera altrettanto sistemica”.
Maggiori investimenti
L’obiettivo degli Stati Generali è quindi di chiedere alle istituzioni maggiori investimenti per le aree protette, sistemi importanti contro i cambiamenti climatici. Il rischio è che la mancanza di investimenti, le aree protette (parchi e riserve) non siano più considerate come laboratori di biodiversità e di sostenibilità. Una prima risposta è arrivata sempre da Claudio Barbaro: “In questi due anni di governo mi sono interfacciato con diversi operatori delle aree protette e se c’è una cosa su cui siamo tutti d’accordo è che la legge quadro sulle aree protette, la 394, va emendata. L’obiettivo per il 2025 non è solo quello di un mero rinnovo e aggiornamento, ma di passare da un sistema di gestione atomizzato, frammentato e diviso, a un sistema di rete”. Le conclusioni il 18 dicembre.