L’Azerbaigian ospita la Conferenza sul clima, ma firma accordi per aumentare la produzione di gas
A ogni Cop il suo paradosso. Mancano pochi giorni all’inizio della Cop29, la Conferenza delle parti sul clima che quest’anno si terrà dall’11 novembre a Baku in Azerbaigian e un po’ come accaduto nello scorso vertice, anche in questo caso le contraddizioni del Paese ospitante fanno discutere e temere per una scarsa riuscita degli accordi, soprattutto in chiave phase out delle fonti fossili. Lo scorso anno, a Dubai, la Conferenza era presieduta da un manager petroliere, Sultan Al-Jaber, mentre a questo giro a destare polemiche è la figura del nuovo presidente della Cop29, quel Mukhtar Babayev, oggi ministro dell’Ambiente e delle risorse naturali dell’Azerbaigian, che per 25 anni è stato dirigente della più grande compagnia statale di oil&gas del Paese, la Socar.
Conferenza Onu
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Proprio la Socar, rivela un nuovo report firmato dalle Ong tedesche Urgewald e CEE Bankwatch, ha ora nei suoi piani una grande espansione della produzione di gas fossile nel prossimo decennio, una operazione che per gli autori del rapporto apre al solito interrogativo, come possono “coloro che hanno un interesse personale nel mantenere il mondo agganciato ai combustibili fossili presiedere una Conferenza sul clima?” si chiedono.
L’aumento delle esportazioni verso l’Europa
La compagnia petrolifera e del gas statale dell’Azerbaijan, che ha forti accordi con l’Europa (e in particolare con l’Italia e con Eni) intende aumentare la produzione annuale di gas del paese dagli attuali 37 miliardi di metri cubi a 49 miliardi entro il 2033. Inoltre aumenterà le esportazioni di gas verso l’Unione Europea del 17% entro il 2026. Il tutto, ovviamente, sotto la bandiera di una transizione energetica che “necessita ancora delle fonti fossili” ricordano dal Paese, nonostante dal 2023 la Socar abbia fondato “Socar Green”, costola che si basa sulle rinnovabili.
Il personaggio
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Il punto però è sempre lo stesso
Come si può, come chiede la scienza, arrivare a decisioni urgenti e concrete per dire addio ai combustibili fossili che alimentano il riscaldamento globale se nelle grandi conferenze sul Clima continuano a prevalere interessi economici su gas, petrolio e carbone?
In Azerbaigian, come denunciato di recente da Amnesty International, continua la repressione verso parte della società civile, dell’attivismo climatico e del mondo della critica al potere politico, soprattutto nei confronti di chi denuncia le ingerenze del mondo del fossile e i diritti umani.
“Le autorità azere hanno imprigionato centinaia di persone con accuse politiche per aver osato prendere la parola: giornalisti, attivisti e difensori dei diritti umani sono detenuti arbitrariamente, in violazione del diritto al giusto processo e senza alcuna garanzia di ricevere un processo equo” ricorda Amnesty.
Il controllo sul Nagorno-Karabakh
Parlare del rapporto fra il governo e le aziende del gas, così come ovviamente di tutto ciò che ruota intorno alla guerra del Nagorno-Karabakh del 2020, quella in cui l’Azerbaigian ha ristabilito il controllo sulla regione contesa al confine con l’Armenia, è tabù.
Contemporaneamente però, ricorda il rapporto, con quell’Azerbaigian che basa la maggior parte del suo Pil proprio sulla vendita di prodotti derivati dalle fonti fossili, l’Ue intende continuare a voler fare tanti affari, soprattutto nel gas.
Se la produzione petrolifera di Baku è infatti in calo, quella del gas è in costante aumento, dato che le riserve sono “un dono di Dio” come ha detto il presidente del Paese, Ilham Aliyev. Stime di Global Witness sostengono che in totale l’Azerbaigian dovrebbe produrre 411 miliardi di metri cubi di gas nei prossimi dieci anni, pari al rilascio di 781 milioni di tonnellate di CO2 (più dell’emissioni dell’intera Germania nel 2023, per dire).
Il discorso
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Gli accordi già presi con le multinazionali
Piani possibili anche grazie ad accordi già presi con realtà europee (da Eni a BP a Total) che porterebbero ad un aumento delle forniture di gas all’Europa di circa il 17% entro il 2026, il tutto anche grazie ai finanziamenti di diverse fra le principali banche europee.
Eppure, a livello politico, l’Europa continua ad avere una doppia faccia. Pochi giorni fa per esempio gli eurodeputati della Commissione per l’Ambiente, la Sanità Pubblica e la Sicurezza Alimentare del Parlamento europeo hanno adottato una risoluzione in cui chiedevano agli Stati Membri, in vista della Cop29, di portare avanti alcune priorità chiave, fra cui quella di “eliminare gradualmente i combustibili fossili e i sussidi ad essi collegati”, oltre che spingere per la creazione di un sistema di tassazione globale della CO?.
Concetto che segue le indicazioni della scienza, oppure quelle dell’Agenzia internazionale dell’Energia che chiede la fine di nuovi sfruttamenti di combustibili fossili, ma appare decisamente difficile da immaginare nell’attuale contesto.
Le operazioni della Socar Green
Un’altra doppia faccia, quella della Socar, viene poi contestata nel report di Urgewald: nel 2023 l’azienda, mentre ha continuato a investire pesantemente nel fossile, ha lanciato Socar Green (appena dopo che l’Azerbaigian è stato nominato Paese ospitante della Cop) promettendo investimenti in solare, eolico e cattura del carbonio, una divisione le cui operazioni sono però attualmente “insignificanti” secondo gli autori del report. Lo stesso piano d’azione per il clima del Paese per Climate Action Tracker è poi “ad oggi criticamente insufficiente”.
Una insufficienza che potrebbe facilmente rispecchiarsi, soprattutto per i suoi tanti accordi con l’Ue (e in particolare con l’Italia), anche nelle stanze della Cop29 targata Nazioni Unite.
L’Italia punta sul gas dell’Azerbaigian
Solo per fare un esempio, fra i paesi europei l’Italia è quella che punta a fare sempre più affidamento sul gas dell’Azerbaigian, soprattutto in vista del 2026 quando con il gasdotto Tap aumenteranno le importazioni, consolidando così una partnership che già oggi è molto forte, come dimostrano gli accordi fra Socar e Eni “per ampliare la cooperazione nei settori dell’esplorazione e della produzione di idrocarburi”.
La questione finale è dunque quanto questi accordi e i piani di espansione del gas azero peseranno sulla riuscita della Cop29. Come chiosa Regine Richter di Urgewald, autrice principale del rapporto, “dato il ruolo fondamentale di Socar nell’economia dell’Azerbaigian e i suoi stretti legami con l’élite politica del paese, la sua influenza sarà sicuramente avvertita durante i negoziati sul clima a Baku. Mentre ci prepariamo per Cop29, dunque non possiamo fare a meno di chiederci: abbiamo messo la volpe a capo del pollaio?”. LEGGI TUTTO