4 Ottobre 2024

Daily Archives

consigliato per te

  • in

    I colori del tagete e come coltivarlo

    Originario dell’America centrale, il Tagete è conosciuto anche come “calendula messicana”, “fiore dei morti” o “garofano indiano”. I suoi colori brillanti lo rendono esteticamente affascinante, ma sono la sua resistenza, la sua generosità e la sua incredibile fioritura duratura a fare di lui un fiore estremamente apprezzato. Pianta annuale o perenne, fa parte della famiglia delle Asteraceae e gode anche di importanti proprietà medicinali. Le sue foglie, infatti, diventano spesso parte di infusi volti a combattere l’insonnia e migliorare la digestione. In alcune culture il Tagete è simbolicamente associato a riti religiosi e spesso, proprio per questo, si utilizza durante i rituali funebri, ma non solo.

    Tagete, “il fiore dei morti”
    In apparenza così semplice, il Tagete nasconde una serie di caratteristiche che lo rendono unico e affascinante. Nasce nel Messico, dove è sempre stato utilizzato durante la nota celebrazione del Dia de los Muertos, ma i suoi usi non sono solamente “spirituali”, bensì anche curativi e, ovviamente, decorativi. Il suo spiccato adattamento a ogni tipologia di terreno fa del Tagete una pianta molto versatile e resistente: lo si può osservare fare capolino durante tutto l’anno sia in giardino, sia in terrazzo, in aiuole, fioriere o bordure. La sua composizione rende il fiore dei morti delicato ma allo stesso tempo vivace: le foglie sono setose, mentre i fiori, simili a garofani, colorati e molto duraturi: da maggio a ottobre è possibile osservarne la bellezza e conoscerne le sfumature.

    Dove, come e quando: coltivazione del Tagete
    Le destinazioni del Tagete sono diverse. Questo fiore, talvolta definito “gigante” quando raggiunge gli 80 cm di altezza, può essere coltivato sia in vaso, sia in giardino, ma anche direttamente in orto, dato che gode di importanti proprietà disinfettanti che allontano parassiti come afidi, mosche bianche e altiche. Se si ha a disposizione un semenzaio, invece, è consigliabile seminare il Tagete a partire da febbraio-marzo e quando le piantine saranno nate, travasarle in un vaso più grande verso aprile-maggio. In alternativa, sempre nel periodo tra aprile e maggio si può seminare direttamente in vaso o in giardino, facendo attenzione alla temperatura esterna. I semi del Tagete vanno posizionati a una profondità di 0,5 cm, mentre la distanza tra semi e piantine dovrebbe sempre mantenere i 25 cm (si scende a 20 per il Tagete nano); in questo modo si darà il giusto spazio alla pianta di crescere nel modo più corretto e naturale possibile.

    Come raccogliere i semi del Tagete
    Una delle curiosità che rendono il Tagete una pianta unica nel suo genere riguarda proprio i suoi semi. Di solito, infatti, quando i capolini dei fiori appassiscono, sarebbe meglio tagliarli per consentire una fioritura continua e rigogliosa durante tutta la stagione estiva. Tuttavia, ed è qui la bellezza del fiore, è possibile anche raccoglierne i semi, ma in questo caso bisogna lasciare i fiorellini appassiti sulle piante fino a quando non saranno ben secchi. I semini che si ottengono, una volta liberati completamente dalle parti essiccate, si potranno conservare in un sacchetto di carta in un luogo fresco e asciutto. Lo scopo? Seminarli nella nuova primavera!

    Esposizione e annaffiatura del Tagete
    Il Tagete conta almeno 50 varietà: può essere nano, può essere alto, annuale o perenne. Non importa quale sia la sua caratteristica, perché rimane una pianta che ama il caldo, motivo per il quale posizionarlo alla luce sarà sempre un’ottima scelta. Annaffiarlo regolarmente è importante, specie durante l’estate, quando le irrigazioni aumenteranno per consentire al terreno la giusta umidità. Come per la maggior parte delle piante, però, anche il Tagete teme i ristagni idrici, che possono provocare l’asfissia del fiore e fare marcire le sue radici. Il Tagete teme il freddo, ma teme anche il cosiddetto “male bianco”, malattia di origine fungina che tende a svilupparsi quando si bagnano foglie e chioma del fiore. Conclusa la stagione estiva e con l’arrivo di quella autunnale, le annaffiature diminuiranno e saranno più scaglionate nel tempo.

    Il Tagete in inverno
    I fiori ricordano le sfumature del Sole e forse è proprio per questo che il Tagete ama il caldo. È infatti risaputo che tutte le specie di questa rigogliosa pianta temono il freddo in inverno, quindi in caso di varietà perenni come il Tagetes lucida (fini medicinali e anche culinari), è importante adottare misure di protezione ad hoc contro i danni che il freddo può provocare. Intanto, l’esposizione: luoghi luminosi e freschi andranno benissimo, ma attenzione alla temperatura, che ovviamente non dovrà essere troppo bassa. A parte qualche varietà, la maggior parte dei Tagete seminati in vaso o in giardino sono annuali: in inverno il loro ciclo di vita si conclude.

    Come prendersi cura del Tagete
    Prendersi cura del Tagete non è così complesso. Questa pianta dai colori raggianti è adatta anche a chi si trova alle prime armi con il giardinaggio o a chi, invece, non ha molto tempo a disposizione per dedicarsi a questo hobby. Il fiore dei morti non ha particolari esigenze in merito al terriccio, tant’è che riesce a crescere molto bene anche su terreni sassosi. Importanti sono la semina, il rispetto delle distanze di semi e piantine, l’esposizione alla luce, la giusta dose di acqua e l’eventuale raccolta di semi appassiti da conservare. Il resto lo faranno i suoi colori, il suo profumo acre in grado di allontanare insetti sospetti e sfavorire la crescita delle erbacce e le sue innumerevoli proprietà antibatteriche. Beatitudine, capacità di comprendere e calore delle relazioni: con il Tagete ci sarà colore duraturo e una simbologia tutta da scoprire. LEGGI TUTTO

  • in

    Deforestazione, l’Ue vuole rinviare la legge. Esultano le imprese, la rabbia degli ambientalisti

    I prezzi del caffè sono salvi (per ora), gli alberi invece un po’ meno. La nuova proposta della Commissione Europea di rinviare di un anno la dibattuta legge sulla deforestazione ha fatto esultare produttori e commercianti di prodotti come caffè, cacao, legname, olio da palma e carne bovina e contemporaneamente infuriare ambientalisti e associazioni che si battono contro la crisi del clima e la perdita di biodiversità. La legge sarebbe dovuta entrare in vigore il 30 dicembre di quest’anno: in sostanza il regolamento noto con la sigla EUDR imponeva ai produttori di determinate merci e materie prime collegabili alla deforestazione, di dimostrare che la loro produzione non avrebbe causato il taglio di alberi o che non fosse proveniente da zone deforestate e degradate.

    Cosa dice la legge
    Secondo la legge la mancata osservanza di questo principio comporta per i produttori il divieto di commerciare i propri prodotti nei mercati Ue. Seppur inizialmente apprezzata per il suo intento di voler porre freno al disboscamento e proteggere le foreste, oggi sempre più determinanti nella loro funzione di assorbimento della CO?, la legge è stata fin da subito fortemente criticata – soprattutto da Paesi esportatori come Brasile o Usa – per la sua difficile applicazione. Le aziende, secondo il regolamento, devono utilizzare infatti il monitoraggio satellitare e altri sistemi di controllo e tracciabilità per dimostrare che le loro merci non provengono da terreni deforestati e degradati dopo il 31 dicembre 2020.

    La Commissione: rinvio a dicembre 2025
    Molte aziende non erano affatto preparate a un cambiamento di tale portata, definito tra l’altro “difficile e molto costoso” e da mesi, anche tramite pressioni delle lobby e delle industrie, da parte di più settori veniva chiesto un rinvio o una revisione del regolamento. Mercoledì scorso la Commissione Ue ha ceduto, annunciando come richiesto dalle aziende l’intenzione di un rinvio di 12 mesi e dunque la proposta, se approvata dai ministri dell’UE e dal Parlamento europeo, dovrebbe portare la legge a entrare in vigore il 30 dicembre 2025 per le grandi imprese e il 30 giugno 2026 per le piccole imprese.

    Cacao, gomma, soia, legno, caffè
    Attualmente il regolamento Ue sui prodotti senza deforestazione (EUDR), applicato a metà anno scorso, era in un periodo di prova, una transizione di 18 mesi. Periodo che si sarebbe appunto concluso a fine anno con l’effettiva applicazione. Esportatori di cacao, bovini, gomma, soia, legno, olio di palma e caffè dal 1° gennaio, per poter continuare a commerciare in Europa, avrebbero dunque dovuto fornire una dichiarazione di due diligence con coordinate geografiche dei terreni di provenienza e spiegazioni dettagliate su tali informazioni.
    “Il regolamento che sarebbe dovuto entrare in vigore il 30 dicembre 2024 ci avrebbe fatto sprofondare in un caos irresponsabile. Molte delle condizioni per l’applicazione non sono chiare e molti paesi terzi si lamentano giustamente. I piccoli agricoltori , ad esempio in America Latina, hanno bisogno di molto più supporto e dobbiamo garantire un’implementazione non burocratica” ha affermato l’eurodeputato tedesco Peter Liese, responsabile della politica ambientale del PPE.

    Rischio di una deforestazione aggiuntiva
    Gli ambientalisti temono però che il rinvio, se approvato, possa causa una deforestazione aggiuntiva di 2.300 chilometri quadrati. “C’è uno sforzo cinico da parte di grandi aziende e governi che sono in combutta e lavorano a stretto contatto con attori più grandi e potenti. Stanno usando i piccoli proprietari come giustificazione per cercare di sottrarsi alle proprie responsabilità per la deforestazione zero nella loro catena di fornitura” ha risposto piccato Christian Poirier, direttore del programma per Amazon Watch.

    Gli attivisti
    Per Nicole Polsterer, attivista di Fern, “Ursula von der Leyen si è piegata alle pressioni costanti di aziende e paesi che sapevano da anni che la regolamentazione sarebbe arrivata ma non si erano preparati adeguatamente”. Greenpeace Ue sostiene che la nuova mossa dell’Ue sia un enorme passo indietro per le politiche del Green Deal. “Ursula von der Leyen avrebbe potuto benissimo maneggiare la motosega in prima persona – ha detto con rabbia Sébastien Risso, direttore delle politiche forestali di Greenpeace -.In Europa la gente non vuole che sugli scaffali dei supermercati siano presenti prodotti derivanti dalla deforestazione , ma questo rinvio glieli darà, per altri dodici mesi”.
    Per Virginijus Sinkevi?ius, eurodeputato lituano che è stato commissario all’ambiente, rinviare la regolamentazione rappresenta “un passo indietro nella lotta contro il cambiamento climatico” e alimenterebbe “il 15% delle emissioni globali di carbonio”, oltre che danneggiare l’Ue “nella sua credibilità di impegni climatici”.
    La lobby del caffè
    Al contrario secondo Cem Özdemir, ministro tedesco dell’Alimentazione e dell’Agricoltura, il ritardo è fondamentale per dare tempo alle aziende europee, alle imprese, agli stati membri e ai paesi produttori di “prepararsi adeguatamente” anche se “il contenuto della legge deve rimanere intatto”.
    Recenti affermazioni da parte dell’industria e delle lobby del caffè – considerando sia gli impatti della legge sia quelli dei cambiamenti climatici che in parte hanno causato il rialzo dei costi della materia prima – indicavano la possibilità che una tazzina di caffè, in Paesi come l’Italia, sarebbe presto arrivata a costare due euro. Un’ipotesi oggi forse scongiurata se ministri Ue e Parlamento europeo decideranno per il rinvio. Mentre la concreta salvaguardia delle foreste, a quanto pare, dovrà attendere ancora almeno per un anno. LEGGI TUTTO

  • in

    Nucleare, Microsoft sigla un accordo per far ripartire la centrale “dormiente” Three Mile Island

    Nelle ultime ore se lo è chiesto anche l’autorevole Financial Times: “L’energia nucleare è la risposta a zero emissioni di carbonio per alimentare l’intelligenza artificiale?”. L’inchiesta del quotidiano economico della City di Londra prende il via dalla constatazione che “dopo decenni di stagnazione, i più grandi gruppi tecnologici e le banche del mondo stanno considerando un’opzione energetica alternativa” per sostenere la fame di elettricità dei data center che dovranno sorreggere la prevista esplosione degli algoritmi di intelligenza artificiale. Ma certamente la goccia che ha fatto traboccare il vaso è una notizia di due settimane fa: venerdì 20 settembre la Microsoft ha siglato un accordo con gli attuali proprietari, la società Constellation Energy, della centrale nucleare “dormiente” di Three Mile Island, in Pennsylvania. Il colosso informatico si è impegnato a comprare per i prossimi 20 anni il 100% dell’energia elettrica prodotta (835 megawatt, quanto basta per alimentare 800 mila case).

    Il peggior incidente nucleare negli Usa
    Three Miles Island fu teatro del peggior incidente nucleare nella storia degli Stati Uniti, il 28 marzo del 1979, con il rilascio di gas e iodio radioattivi, anche se studi epidemiologici successivi non hanno trovato alcun nesso di causalità tra l’incidente e un aumento dei tumori. Il nucleo del reattore incidentale fu rimosso e la chiusura definitiva della struttura è prevista per il 2052. L’altro, l’Unità 1, rimase in funzione ma con grosse perdite economiche, tanto che nel 2017 l’allora gestore, Exelon, dichiarò che avrebbe cessato le operazioni a causa degli elevati costi, a meno che non ci fosse un’azione da parte del governo della Pennsylvania. E così l’Unità 1 è stata ufficialmente chiusa a mezzogiorno del 20 settembre 2019, mentre il decommissioning sarebbe dovuto terminare nel 2079.

    “100% Rinnovabili Network”, scienziati e ambientalisti contro il ritorno del nucleare

    di Fiammetta Cupellaro

    12 Luglio 2024

    Investimento di 1,6 miliardi di dollari
    Ora però la nuova proprietà inverte la rotta, annunciando di voler investire 1,6 miliardi di dollari per riprendere la produzione di elettricità a partire dal 2028. Ma la Constellation Energy ha una simile disponibilità economica? No, e infatti, come racconta il Washington Post, cerca finanziatori e soprattutto una garanzia di prestito federale che convinca i finanziatori stessi ad allargare i cordoni della borsa. “Il prestito sostenuto dai contribuenti potrebbe dare a Microsoft e al proprietario di Three Mile Island, Constellation Energy, una spinta importante nel loro tentativo senza precedenti di indirizzare tutta l’energia da una centrale nucleare statunitense a un’unica azienda”, scrive il quotidiano della capitale Usa.
    La vicenda esemplifica uno dei principali problemi legati alla “seconda giovinezza” del nucleare civile, che tanti, anche in Italia, auspicano. Anche volendo sorvolare sulla sicurezza, i depositi di scorie, la carenza di uranio a livello globale e la dipendenza da chi lo detiene, il rischio di proliferazione di armi atomiche…., rimane comunque un grandissimo punto interrogativo alla fine della seguente domanda: chi si accolla i costi?

    Per sopravvivere a Chernobyl, gli uccelli hanno cambiato dieta

    di Ivo Albertucci

    04 Luglio 2024

    La discesa in campo delle big tech

    Perché il nucleare è costoso in tutte le sue fasi e finora è stato alimentato ovunque con robuste iniezioni di denaro pubblico. Non fa eccezione la storia passata di Three Mile Island. E quella futura? Con la discesa in campo le big tech, aziende ricchissime che hanno bisogno di tanta energia, possibilmente a emissioni zero di gas serra, almeno dal punto di vista economico poteva esserci la quadratura del cerchio: la rinascita del nucleare finanziata da capitali privati. E invece le cronache in arrivo da Washington ci dicono che non sarà così, almeno nel caso dell’accordo tra Microsoft e Costellation Energy.

    IA

    100 cose da sapere sull’intelligenza artificiale

    di Pier Luigi Pisa

    15 Giugno 2024

    “Una garanzia di prestito consentirebbe a Constellation di spostare gran parte del rischio di riapertura di Three Mile Island sui contribuenti. Il governo federale, in questo caso, si impegnerebbe a coprire fino a 1,6 miliardi di dollari in caso di inadempienza”, scrive il Post. LEGGI TUTTO