Settembre 2024

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    I giovani si muovono in modo “sostenibile”, ma l’Italia è indietro

    Cammina, condividi, ricicla, ripara e riusa. Queste le 5 regole d’oro, secondo le nuove generazioni, per avere uno stile di vita amico del Pianeta. Il punto di partenza è la mobilità sostenibile: il 60% si “promuove” in termini di attenzione quotidiana alla riduzione delle proprie emissioni carboniche quando si muove da un luogo all’altro. Questo aspetto risulta quello più importante da curare – secondo il 39% – per ridurre il proprio impatto ambientale, seguito dalla raccolta differenziata (24%) e dal recupero/riuso degli oggetti (23%). Non manca, poi, chi pone più attenzione a comportamenti virtuosi come usare meno risorse – acqua ed energia in primis – per il benessere personale (8%) o prodotti cosmetici meno inquinanti (7%).

    È questo il messaggio lanciato alla comunità dai 2.500 studenti – di età compresa tra i 15 e i 35 anni – che hanno partecipato all’indagine “I giovani e la mobilità sostenibile” condotta nelle scorse settimane da Skuola.net per ECO Festival della Mobilità Sostenibile e delle Città Intelligenti, l’evento dedicato allo stato dell’arte della transizione ecologica nei trasporti di persone e merci in Italia.

    L’impegno delle Generazioni Y e Z sembra non limitarsi alle parole. Si traduce nei comportamenti di tutti i giorni. Oltre 2 su 3, infatti, sostengono di aver pressoché abbandonato i mezzi di trasporto più inquinanti: il 33% preferisce, laddove possibile, sfruttare il servizio pubblico (bus, tram, metropolitane, treni locali, ecc.), il 13% si divide tra biciclette e monopattini, il 4% sta già sperimentando altre forme di micromobilità elettrica (come, ad esempio, hoverboard, monowheel e dintorni), il 19% quando ha modo va direttamente a piedi. Solo il 31%, dunque, continua a prediligere i classici veicoli a motore (automobili, moto e motocicli), da ospite o guidatore.

    Mobilità

    “La mobesity non aiuta l’ambiente. Serve una tassa sui SUV elettrici”

    di  Dario D’Elia

    18 Settembre 2024

    Anche il ricorso allo shopping online – che secondo alcuni studi può ridurre le emissioni di CO2 di quasi tre volte rispetto a un acquisto nel canale fisico – rappresenta uno dei contributi alla causa, seppur inconsapevole: solo il 16% è a conoscenza di questo aspetto mentre l’8% pensa che l’e-commerce abbia addirittura impatti ambientali negativi.

    Quali sono le mosse che, secondo i giovani, potrebbero agevolare la transizione? Innanzitutto un riassetto del trasporto pubblico, ovvero i mezzi che conoscono meglio in quanto più utilizzati. Per quasi la metà di loro (45%) potrebbe bastare un potenziamento della frequenza delle corse, il 26% punterebbe piuttosto sull’allargamento della rete al maggior numero possibile di aree cittadine, il 21% pensa che il contenimento dei prezzi di biglietti e abbonamenti sarebbe la soluzione ottimale, solo l’8% in via prioritaria agirebbe sulla sicurezza e sul comfort dei veicoli.
    Perché allo stato attuale è innegabile che l’automobile, specie in alcuni contesti (per esigenze lavorative, logistiche, famigliari, ecc.), rimane un mezzo indispensabile o quasi. Gli stessi ragazzi, proiettandosi al domani, prevedono comunque di acquistarne una: per il 61% è praticamente certo, il 23% potrebbe rinunciarvi solo se dovessero crescere e affermarsi definitivamente i servizi di car sharing o di noleggio. Appena il 16% lo esclude a priori.
    Un dato apparentemente in controtendenza rispetto ai numerosi studi che vedono la Generazione Z lontana dall’auto di proprietà quale status symbol, ma che risente della sfiducia dei ragazzi rispetto a quanto il Paese sta facendo per la transizione ecologica.
    Solo il 30% delle ragazze e dei ragazzi pensa, infatti, che in Italia si stia lavorando efficacemente verso questo obiettivo, sia dal punto di vista economico che culturale e chiedono perciò uno sforzo anche agli adulti, specialmente a quelli “che contano”, per prendere decisioni e mettere in campo azioni che accelerino il cambiamento. Alla fine, oltre 1 su 2 prevede tempi molto lunghi per il suo raggiungimento e 1 su 4 ritiene che in Italia smart cities e mobilità sostenibile siano un’utopia irrealizzabile.
    Come fare, ad esempio, a imprimere una spinta decisiva verso un approccio ecologico al settore delle auto? Secondo gli intervistati, si dovrebbe agire su un doppio binario. Da un lato incrementando la presenza di colonnine di ricarica nelle nostre città: per 1 su 3 non si può prescindere da ciò. Dall’altro incentivando il passaggio tramite bonus e incentivi: li mette al primo posto il 31%. Solo in secondo piano vengono, invece, le campagne sulla conoscenza dei benefici dell’elettrico per il Pianeta e dei benefit che si possono avere grazie a questi veicoli (parcheggi gratuiti, accesso ai centri storici, ecc.): a considerarle prioritarie è, in entrambi i casi, il 18%.
    Il contesto urbano è, in ogni caso, il fulcro del discorso. Ma le città potrebbero essere sempre più a emissioni zero, non solo ricorrendo all’elettrico ma anche grazie alla ciclabilità. Per incentivare i cittadini a inforcare le due ruote per la mobilità quotidiana, sempre secondo i giovani, bisogna lavorare essenzialmente su due aspetti: il 47% degli intervistati ritiene che sia fondamentale aumentare le infrastrutture dedicate (piste ciclabili, bike station, ecc.), mentre il 27% crede sia fondamentale ripensare gli spazi urbani con più attenzione a ciclisti e pedoni.
    Oltre a questo, le città del futuro dovrebbero poi per poter contare su una riduzione dei limiti di velocità – il 71% sarebbe ben disposto ad accettarli in cambio di una riduzione della mortalità dovuta agli incidenti stradali (prima causa di morte per i giovani italiani sotto i 30 anni) – e su una maggiore riforestazione, per assorbire le emissioni di CO2 inevitabili: per 2 intervistati su 3, anche su questo punto ancora non si sta facendo abbastanza.
    “I giovani sono disposti ad abbracciare il cambiamento, a muoversi con i mezzi pubblici o in maniera sostenibile. Ma sono anche consapevoli che, allo stato attuale, le nostre città non sono ancora pronte. Quindi se per oggi la maggior parte lascia parcheggiate auto e moto private, un domani l’auto di proprietà sarà un must per molti di loro, per gestire la vita da adulti”, commenta così i dati dell’indagine Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net. LEGGI TUTTO

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    McDonald’s punta su inclusione e parità di genere

    Creare ambienti di lavoro inclusivi, in cui ciascuno sia libero di esprimersi e portare il proprio contributo, e valorizzare la diversità rappresentano un’importante sfida che le aziende sono chiamate ad affrontare. Anche perché, sottolineano diversi studi, adottare politiche che guardano a diversità, equità e inclusione permette di ottenere benefici su più fronti, dall’attrazione dei talenti alla maggiore redditività.

    Un ambito sul quale ha scelto di puntare con forza McDonald’s attivandosi su più fronti. Il gruppo ha, ad esempio, investito sulla presenza dei giovani: in azienda, il 55% della popolazione ha meno di 29 anni e il 32% è studente. L’azienda è, inoltre, molto attenta alla formazione dei propri dipendenti che possono usufruire di programmi di formazione continua. Ogni anno vengono erogate circa un milione di ore di formazione. A questo si affianca il supporto al lavoro femminile: in azienda il 62% dei dipendenti è donna, il 50% ricopre il ruolo di store manager e anche il 50% del management team è composto da donne (sopra la media del comparto della ristorazione), con un gender pay gap pari a zero. L’obiettivo per il futuro è di incrementare la presenza femminile anche all’interno della comunità dei licenziatari, che ad oggi gestiscono oltre il 90% dei ristoranti. Proprio i 155 imprenditori locali del gruppo giocano un ruolo importante nello sviluppo di progetti nel campo del sociale e a favore dell’inclusione lavorativa.

    Mauro Passoni, licenziatario di tre ristoranti McDonald’s a Milano, ha deciso di rendere la sua attività più inclusiva attraverso l’assunzione di una rifugiata politica, proveniente dall’Africa che, una volta inserita in uno dei ristoranti, ha avuto la possibilità di integrarsi nel nostro Paese, tanto da imparare l’italiano, sposarsi e diventare mamma. L’impegno di Passoni non si è fermato qui e ha portato quest’anno all’assunzione di cinque rifugiati.

    Qualcosa di simile ha fatto Antonio Scanferlato nell’area di Monza, che anni fa ha scelto una vacanza in camping, in compagnia di un amico che ha un figlio con Sindrome di Down. Un’esperienza che gli ha fatto comprendere come nella diversità vi sia ricchezza e che in queste situazioni si possono trovare valori e talenti inaspettati. Antonio ha così deciso di fare qualcosa di concreto per promuovere l’inclusione nei suoi ristoranti di rifugiati e persone con fragilità. L’imprenditore ha attivato dal 2016 circa 71 tirocini per i rifugiati che prevedono un percorso di formazione ad hoc, a partire dai corsi di lingua italiana; di questi, 21 sono stati trasformati in contratti di assunzione. Mentre per l’inserimento delle persone con fragilità sono stati attivati tirocini con finalità educative.

    Silvestro Colitti, licenziatario McDonald’s dell’area di Lecce, Brindisi e Taranto, rappresenta un altro esempio. Grazie alla collaborazione con l’ente di formazione Ifoa e diverse associazioni e centri di accoglienza locali, negli ultimi due anni ha attivato oltre 17 tirocini e dieci assunzioni di rifugiati. Quest’anno ha inoltre promosso un progetto di inclusione a sostegno delle donne vittime di violenza. Anche Giacomo Bosia è un licenziatario particolarmente sensibile al tema dell’inclusione e dell’accoglienza. Sin da bambino, infatti, si è prodigato insieme alla sua numerosa famiglia (sei fratelli e undici in affido) per accogliere e aiutare ragazzi in difficoltà. In McDonald’s, grazie alla collaborazione con le associazioni che operano sul territorio, è riuscito a portare avanti questo impegno: dal 2016 l’imprenditore ha promosso l’inserimento all’interno dei suoi ristoranti, nell’area di Milano, di persone con disabilità anche cognitive. I ragazzi vengono impiegati in tutte le mansioni più in linea con le loro abilità, dalla cucina alle sale. Ad oggi, sono state assunte con contratti stabili 20 persone con disabilità. Quest’anno Bosia ha, inoltre, accolto e assunto due rifugiati.

    Anche Mattia Ventura, licenziatario McDonald’s di Bari, si è impegnato per favorire l’inclusione lavorativa di rifugiali attraverso tirocini attivati in collaborazione con Ifoa. Negli ultimi due anni all’interno dei ristoranti dell’imprenditore sono stati attivati oltre 20 tirocini, dei quali alcuni sono poi stati trasformati in contratti a tempo indeterminato. Un impegno che non è passato inosservato: i cinque licenziatari sono infatti stati premiati in occasione della sesta edizione di “Welcome Working for refugee integration” – il programma di Unhcr, Agenzia Onu per i rifugiati – per l’impegno profuso a favore di percorsi d’inclusione lavorativa di rifugiati. Quest’anno il premio è andato a 220 aziende (+ 32% rispetto all’edizione precedente); nel corso del 2023 sono stati attivati in Italia 11 mila e 700 percorsi professionali che coinvolgono persone rifugiate, favorendo l’integrazione delle stesse nel mercato del lavoro. LEGGI TUTTO

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    Clima, la temperatura della Terra degli ultimi 540 milioni di anni legata alla CO?

    Già lo sapevamo, ora ne siamo ancora più sicuri: la variazione della temperatura sul nostro pianeta è strettamente correlata con la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera. A confermarlo uno studio appena pubblicato sulla rivista Science da un’équipe internazionale di ricercatori, che ha ricostruito in modo estremamente dettagliato i valori medi della temperatura media sulla superficie terrestre negli ultimi 540 milioni di anni. Oltre a confermare la correlazione tra anidride carbonica e temperatura, lo studio ha anche evidenziato che la temperatura, nell’ultimo mezzo miliardo di anni, è cambiata più di quanto pensassimo, specie in corrispondenza delle diverse estinzioni di massa avvenute sul nostro pianeta.

    La ricerca
    Per ricostruire l’andamento della temperatura, gli scienziati hanno usato un approccio chiamato assimilazione dei dati, che consente di mettere insieme informazioni provenienti da fonti diverse, in particolare registri geologici e modelli climatici. “Il modello”, ha spiegato Emily Judd, prima autrice dell’articolo e ricercatrice al National Museum of Natural History della Smithsonian Institution e alla University of Arizona, “era stato sviluppato, inizialmente, per le previsioni del tempo. Noi lo abbiamo ‘invertito’: anziché per prevedere il futuro, lo abbiamo usato per guardare indietro nel passato”. E guardare a cosa è successo nel passato, secondo gli autori del lavoro, può essere di grande aiuto per comprendere cosa potrebbe succedere nel futuro.

    Biodiversità

    Moria di mitili nell’Adriatico a causa del caldo

    di  Pasquale Raicaldo

    17 Settembre 2024

    L’analisi dei dati
    L’analisi degli scienziati ha evidenziato che la temperatura è variata molto più di quanto si pensasse durante l’eone Farenozoico, l’epoca di tempo che va da circa 542 milioni di anni fa (quando per la prima volta apparvero sulla Terra gli animali a guscio duro, antenati degli attuali molluschi) a oggi, con valori della temperatura superficiale media globale (Gmst) compresi tra 11 e 36 gradi centigradi. I periodi di calore estremo corrispondono ai periodi di maggior concentrazione di anidride carbonica in atmosfera. “La nostra ricerca”, ha commentato Jessica Tierney, paleoclimatologa alla University of Arizona, “mostra chiaramente che l’anidride carbonica regola in modo dominante l’andamento della temperatura globale su scale di tempo geologiche. Quando l’anidride carbonica è bassa, la temperatura è fredda; quando è alta, la temperatura è calda”.

    Economia

    L’impatto del cambiamento climatico aumenta sul reddito dei più ricchi

    di redazione Green&Blue

    13 Settembre 2024

    Il riscaldamento attuale è il più rapido mai avvenuto
    Di più: stando ai dati, l’attuale Gmst del nostro pianeta – poco più di 15 gradi centigradi – è più fredda rispetto alla maggior parte del Fanerozoico; eppure, e questo è l’aspetto più preoccupante, le emissioni di gas serra dovute all’attività umana stanno riscaldando il pianeta a un tasso molto più veloce rispetto a quanto accaduto nel passato. Se pensiamo che gli eventi passati di riscaldamento, molto più lenti, hanno innescato diverse estinzioni di massa, c’è parecchio da allarmarsi su cosa può succedere (e sta succedendo) questa volta. “Gli esseri umani e tutte le altre specie animali e vegetali si sono evolute adattandosi a un clima freddo”, ha spiegato Tierney. “Un aumento improvviso della temperatura è quindi molto pericoloso”. Motivo in più per stare attenti a ciò che immettiamo in atmosfera. LEGGI TUTTO

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    Nel Pantanal e in Amazzonia i peggiori incendi selvaggi in quasi due decenni

    In Brasile, le emissioni totali cumulative di carbonio stimate finora nel 2024 sono state superiori alla media, con circa 183 megatonnellate di carbonio fino al 19 settembre, seguendo un percorso simile a quello dell’anno record di emissioni del 2007. Le emissioni di settembre hanno finora rappresentato quasi 65 megatonnellate di questo totale. Ciò è dovuto […] LEGGI TUTTO

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    Verbena, che profumo: come coltivarla

    La sua fioritura è prolungata e generosa, le tonalità che tingono i fiori sono a tinta unita o screziate. La verbena è affascinante ed estremamente versatile; la sua coltivazione può essere sia in vaso, sia in aiuole in piena terra o in classici basket sospesi. Originaria del Sud America, la verbena è una pianta erbacea ornamentale perenne o annuale dalle proprietà medicinali. Dai piccoli fiorellini riuniti in ombrelle si ricava un olio essenziale unico nel suo genere, utilizzato sia come base di infusi e decotti.

    Verbena, che profumo: le caratteristiche della pianta
    In tempi antichi era considerata “pianta sacra” da poeti e scrittori, oggi è una delle piante più conosciute al mondo sia per la sua bellezza oggettiva, sia per il suo inebriante profumo, sia per i suoi usi in campo erboristico. La verbena appartiene alla famiglia delle Verbanaceae e si è soliti trovarla o in giardini rocciosi, o su balconi, scelte strettamente connesse alla sua estetica e al suo portamento ricadente molto decorativo. La pianta della solidarietà (è questo il suo significato nel “linguaggio dei fiori) è formata da numerosi steli erbacei di un verde intenso e foglie lanceolate dai margini dentati e leggermente “pelosi”. I suoi piccoli fiori si riuniscono in infiorescenze a ombrello o a sfera simili a “pon-pon” e si tingono di tonalità vivaci che vanno dal rosa, al rosso acceso fino a toccare punte meravigliose di viola o di porpora.

    Le varietà della verbena
    Di questa pianta dai fiorellini dalle mille proprietà esistono numerose varietà. Oggi, infatti, le specie di verbena conosciute superano le duecentocinquanta, ma tra quelle più comuni (e conosciute a livello erboristico, oltre che floreale), ci sono: la verbena Officinalis, la verbena nana, la verbena Bonariensis, la verbena Canadensis, la verbena Peruviana, la verbena Venosa e la verbena ibrida.

    Verbena: le proprietà benefiche della pianta
    L’erba della croce, o verbena, contiene circa 20 composti vegetali considerati benefici. Alla pianta dai fiorellini a ombrello si attribuiscono funzioni curative e il suo utilizzo erboristico è frequente. Solitamente la si trova sotto forma di olio essenziale, mixata ad altri oli vegetali o come tisana.

    Coltivazione: dove piantare la verbena
    Alla domanda: “Dove mettere la verbena?”, si può rispondere in più modi. Questa pianta dai fiorellini colorati, infatti, può essere seminata all’esterno a terra o in vaso nei mesi di aprile e di maggio, ma può essere seminata e/o piantata in ambiente protetto (letto caldo o semenzaio) nei mesi di marzo e di aprile. Viene da sé che, se la si vuole coltivare come pianta annuale, sarebbe meglio farla crescere in vaso, così da poterla mettere al riparo in inverno. In realtà la si vede spesso anche in giardini, aiuole o bordure, alcuni dei suoi habitat preferiti.

    Quando seminare la verbena: i periodi migliori
    Per quanto riguarda la semina, la verbena può essere coltivata sia a partire dal seme, sia acquistando la pianta già cresciuta. Il periodo ottimo per la semina è febbraio: i semi di verbena vanno sistemati in una miscela di terriccio e sabbia e organizzati in semenzaio, tenendo conto della giusta distanza (30-35 cm) e assicurandosi che il terriccio sia ben umidificato. Se si vuole ottenere una fioritura più densa e visivamente più “compatta”, si consiglia sempre di diminuire la distanza tra i gruppi di semi a 20 cm.

    Concimazione e irrigazione della verbena: cosa sapere
    Una volta seminata in vaso o in semenzaio e nelle varie operazioni di rinvaso, è importante mescolare al terriccio un concime granulare adatto alle piante fiorite. Se invece la verbena piantata è adulta, l’ideale sarebbe utilizzare un fertilizzante liquido per piante da fiore, meglio se arricchito da alghe brune. La verbena come quasi ogni pianta esistente al mondo ha bisogno di acqua, ma in modo regolare. È giusto bagnarla con regolarità ed è giusto soprattutto aumentare la frequenza di irrigazione durante i periodi più caldi, ma senza esagerare. La verbena, infatti, teme i ristagni idrici, quindi il terreno in cui cresce deve sempre essere leggero, fertile e ben drenato. In inverno, invece, l’irrigazione può essere quasi del tutto sospesa.

    La verbena vuole la luce: esposizione della pianta
    Essendo originaria del Sud America, la verbena ha bisogno di sole per potere vivere senza difficoltà. Pianta perenne coltivata come annuale, richiede un’esposizione soleggiata e luminosa ed essendo abbastanza rustica, riesce a crescere bene anche in esterno in condizioni climatiche rigide, ma la temperatura non dovrebbe mai scendere al di sotto dei 7°. La sua predilezione è per il clima mite in zone riparate da vento e da correnti d’aria notevoli e in inverno sarebbe meglio aiutarla con l’aggiunta di paglia, foglie o sabbia al terreno o, per eventualmente, coprirla del tutto con un tessuto non tessuto e ripararla dal freddo.

    Verbena, quanto dura la sua fioritura
    Anticamente considerata pianta magica dal potere afrodisiaco, la verbena era anche associata a Venere e le sue proprietà benefiche hanno origini antichissime. Prendersi cura di questa pianta dalla fioritura rigogliosa non è complicato, ma servono le giuste attenzioni affinché possa crescere in modo sano lontano da problemi e malattie, di cui quelle portate dagli insetti fogliari sono le più comuni. La fioritura è abbondante e duratura: i suoi fiori nascono durante la stagione primaverile-estiva e spesso si prolungano anche fino all’autunno, con tanto di curiosità da parte di api, farfalle e altri insetti di stagione. Tra le varie indicazioni, la cura della verbena comprende anche la potatura, da eseguire nel caso di fiori secchi o foglie non sane: anche questo influisce sulla sua longevità e sulla sua delicata bellezza. LEGGI TUTTO

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    Le città europee con l’aria più pulita

    È soprattutto nel Nord Europa che si respira l’aria migliore del Vecchio Continente. A certificarlo è l’Agenzia europea per l’ambiente, che ha pubblicato la nuova classifica della qualità dell’aria nelle città europee. Tra le 375 aree urbane prese in considerazione dal monitoraggio, solo 13 risultano avere una concentrazione media di particolato fine inferiore alla quantità stabilita dalle linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità. E, di queste 13, solo due (Faro e Funchal in Portogallo) non appartengono all’area geografica dell’Europa settentrionale. Guidano la classifica le svedesi Uppsala e Umea, seguite da località come Reykjavik, Oulu, Tampere, Tallinn, Stoccolma e Bergen.
    Le città italiane sono indietro
    L’aria delle città italiane, di contro, non sembra godere di ottima salute. La più alta in classifica è Sassari, al ventunesimo posto, con solo altre quattro il cui livello di particolato fine è considerato “accettabile” dall’Agenzia europea per l’ambiente, ovvero Livorno (65°), Savona (148°), Battipaglia (161°) e Siracusa (167°). Il resto si perde nella parte bassa della graduatoria, specie le città della Pianura Padana: Milano è al 354° posto, Torino al 362°, Venezia al 367°, con Cremona addirittura alla 370° posizione. Peggio fanno solo Nowy Sacz, in Polonia, e la croata Slavonski Brod, dove il carbone è ancora una delle principali fonti energetiche.
    La classifica si basa sui dati raccolti da 500 stazioni di monitoraggio e fotografa la qualità dell’aria negli anni 2022 e 2023, focalizzandosi sulle concentrazioni a lungo termine di Pm2.5, l’inquinante atmosferico coi maggiori impatti negativi sulla salute. Considerando che tre europei su quattro vivono in aree urbane, l’analisi evidenzia come la maggior parte di loro sia esposta a livelli preoccupanti di inquinamento atmosferico. Proprio per ribadire questo concetto, l’Agenzia ha già annunciato un’ulteriore analisi incentrata sul’impatto che la scarsa qualità dell’aria ha sugli ecosistemi e sulla salute umana, includendo stime sui decessi e sulle malattie ad essa attribuibili. L’inquinamento atmosferico è infatti la principale causa ambientale di molteplici malattie mentali e fisiche e di morti premature, specie tra bambini, anziani e cosiddetti “fragili”. Influisce inoltre molto negativamente sulla biodiversità, riducendo la capacità degli ecosistemi di attivare meccanismi difensivi.
    I target del Green Deal
    Per correre ai ripari, il Green Deal varato dalla Commissione europea ha fissato per il 2030 l’obiettivo di ridurre le morti causate dal particolato fine del 55% rispetto ai livelli registrati nel 2005, puntando poi al traguardo di “inquinamento zero” entro il 2050. Oltre all’inquinamento atmosferico, ad essere salvaguardati dovranno essere anche il suolo, arginando le perdite di nutrienti e l’uso di pesticidi chimici, e l’acqua, con la drastica riduzione di rifiuti e microplastiche rilasciate in mare. Per quanto riguarda le città, il piano della Commissione prevede anche un abbattimento della produzione di rifiuti urbani residui e dell’inquinamento acustico causato dai trasporti. LEGGI TUTTO

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    Von der Leyen punta ancora sul green deal: lo rivelano gli incarichi dati ai commissari

    La nuova Commissione Europea rinuncia al Green Deal, come auspicato da Confindustria e dalla premier Meloni? A sfogliare i documenti ufficiali che arrivano da Bruxelles in occasione della presentazione della squadra di Ursula von Der Leyen, non pare proprio. Si tratta delle “lettere di missione”, una sorta di conferimento di incarico, con le quali la riconfermata presidente della Commissione Ue ha “arruolato” i suoi nuovi vicepresidenti e commissari (in attesa che il Parlamento li voti, dopo averli ascoltati nelle rispettive audizioni). Ebbene, in tali lettere lo European Green Deal appare, al contrario, come un fulcro della futura politica europea, altro che rottamazione.

    In tutte quelle spedite, la premessa è chiara: “Il successo di questa nuova Commissione sarà misurato sulla nostra abilità nel centrare gli obiettivi che ci siamo dati, in particolare quelli contenuti nello European Green Deal…. Mi aspetto che tutti voi contribuiate al raggiungimento degli obiettivi climatici concordati, in particolare quelli fissati per il 2030 e la neutralità climatica entro il 2050”. Se poi si scorre quella indirizzata alla prima vicepresidente esecutiva, la socialista spagnola, ministra della transizione ecologica a Madrid, Teresa Riberà, il mandato non può essere più esplicito: “Vorrei che tu guidassi il lavoro per assicurare che si mantenga la rotta verso gli obiettivi stabiliti nello European Green Deal”. Una rotta indicata anche dal Rapporto Draghi, che Von Der Leyen aveva ricevuto già a maggio e che probabilmente è stato fonte di ispirazione (e ombrello parafulmini, vista l’autorevolezza dell’autore) per il nuovo programma della Commissione): “Il futuro della competitività dell’Europa dipende dal raggiungere la decarbonizzazione grazie a una transizione giusta. Questo riflette le analisi contenute nel Rapporto Draghi, che auspica una economia circolare e decarboinizzata, ed è in linea con i principi che guidano lo European Green Deal”.

    Il personaggio

    Teresa Ribera, chi è la nuova responsabile dell’ambiente della Commissione Ue

    di  Luca Fraioli

    17 Settembre 2024

    E veniamo a Raffaele Fitto, vicepresidente esecutivo alla Coesione. Sarà lui a boicottare il Green Deal Europeo come vorrebbero da Palazzo Chigi e Viale dell’Astronomia? Difficile, a meno che non voglia fin da subito considerare carta straccia l’incarico formale ricevuto da Ursula von Der Leyen. Nella lettera di missione a lui indirizzata si legge infatti: “La coesione europea significa portare i cittadini europei più vicini all’Europa, e gli europei più vicini gli uni agli altri. Rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale nella Ue significa creare lavori qualificati, stimola la produttività, l’innovazione e la competitività ed è essenziale per raggiungere i nostri obiettivi legati alle transizioni gemelle, quella verde e quella digitale, inclusi quelli dello European Green Deal”. “Sostenibile” è l’aggettivo ricorrente: “…rafforzare la competitività, la resilienza e la sostenibilità del settore alimentare e agricolo”. “…lavorare sulla mobilità e il turismo sostenibile per connettere parti diverse d’Europa”. “Aiuterai ad assicurare che il settore della pesca diventi più resiliente, sostenibile e competitivo nei mercati globali, e guiderai il lavoro per potenziare una blue economy competitiva e sostenibile”. E a proposito di clima, la presidente scrive al suo vice italiano: “Dovresti contribuire al Climate Adaptation Plan e alla European Water Resilience Strategy, focalizzando la tua attenzione alle sfide specifiche che riguardano le città e le aree regionali”.

    Fitto, si dirà, avrà un ampio margine di manovra. La formula adottata dalla Von der Leyen è sottile: “Le azioni elencate in questa lettera modelleranno il tuo lavoro”. Ma aldilà della forma e dei documenti, è la squadra costruita dalla presidente a segnalare la determinazione di proseguire, con buona pace della Meloni, la rotta della transizione ecologica. Teresa Ribera, socialista, ha le idee chiarissime e lo ha dimostrato nella Cop28 di Dubai. E avrà un portafogli che tiene insieme le due transizioni ritenute fondamentali per il futuro del continente: green e digitale. L’olandese Woepke Hoekstra, riconfermato commissario al Clima, non sarà istrionico come il suo predecessore Timmermans, ma si è speso per l’uscita dai combustibili fossili. Lo stesso si può dire del danese Dan Jorgensen, candidato a diventare commissario all’Energia: è stato uno degli architetti dietro la “Beyond Oil and Gas Alliance” (BOGA), che la Danimarca insieme alla Costa Rica ha lanciato alla COP 26 nel 2021. Infine la commissaria all’Ambiente e all’economia circolare, la svedese popolare di sinistra Jessika Roswall, da sempre favorevole al Green Deal. Imporbabile che Raffaele Fitto, unico a venire dalla fila di Ecr, tra commissari e vicepresidenti popolari, socialisti, liberali, possa loro far cambiare idea. LEGGI TUTTO