consigliato per te

  • in

    “Sostenibilità o competitività: un falso dilemma”: al via il Festival dello sviluppo sostenibile

    Mille e duecento eventi da Bolzano a Siracusa, dal 7 al 23 maggio: torna da oggi il Festival dello Sviluppo Sostenibile: l’ASviS (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) inaugura la nona edizione del Festival dello Sviluppo Sostenibile a Milano presso il Museo Nazionale Scienza e Tecnologia “Leonardo da Vinci”, con un incontro dal titolo “Sostenibilità […] LEGGI TUTTO

  • in

    Clima, particelle di aerosol nel cielo per abbassare le temperature

    Dopo aver causato il cambiamento climatico, innalzando le temperature con le emissioni inquinanti, stiamo cercando di correre ai ripari. In ritardo, e con una consapevolezza incerta rispetto ai rischi che stiamo correndo. Ora che l’evoluzione climatica a noi sfavorevole, è in atto stiamo tentando di ristabilire l’equilibrio. Una delle tecniche più controverse per raffreddare la Terra, si chiama geoingegneria solare: un processo che raffredda in modo artificiale il pianeta, riflettendo una parte della luce solare nello spazio.

    Non si agisce sulle emissioni
    In realtà, non si agirebbe sulla causa del cambiamento climatico (cioè le emissioni di gas serra), ma sulla mitigazione degli effetti, abbassando la temperatura terrestre in modo temporaneo.Uno dei processi già noti, prevede l’immissione di particelle di aerosol riflettenti nell’atmosfera, come i solfati, imitando gli effetti di grandi eruzioni vulcaniche, che raffreddano temporaneamente il clima e che potrebbero essere rilasciate utilizzando aerei commerciali già esistenti, senza la necessità di sviluppare velivoli appositi. Questo è quanto suggerisce un nuovo studio guidato da ricercatori dell’University College London e pubblicato sulla rivista Earth’s Future, che esamina la tecnica nota come iniezione stratosferica di aerosol.

    Una strategia alternativa
    Si era ipotizzato che fosse necessario intervenire a quote molto elevate – oltre i 20 chilometri – e con aerei progettati su misura, quindi dai costi molto elevati. Il nuovo studio indica una strategia alternativa, secondo cui le particelle di aerosol rilasciate a circa 13 chilometri di altezza sopra le regioni polari, potrebbero avere dei buoni risultati, anche usando aerei come il Boeing 777F.
    Nella stratosfera
    La ricerca dimostra che spruzzando 12 milioni di tonnellate di diossido di zolfo all’anno in primavera ed estate, in prossimità dei poli nord e sud, si potrebbe abbassare la temperatura media globale di circa 0,6°C. Un raffreddamento paragonabile a quello registrato dopo l’eruzione del vulcano Pinatubo, sull’isola di Luzon, nelle Filippine, nel 1991.Il team di ricerca ha utilizzato il modello climatico UKESM1 per simulare gli effetti dell’iniezione di diossido di zolfo (che forma particelle riflettenti) in diverse aree e stagioni. Iniezione che sarebbe effettuata a latitudini di circa 60° – equivalenti a città come Oslo o Anchorage, in Alaska – sfruttando il fatto che la stratosfera è più vicina al suolo nei pressi dei poli, permettendo a normali aerei modificati di raggiungerla.

    L’intervista

    “Per vincere la sfida climatica dobbiamo cambiare mentalità. Il momento è adesso”

    di Giacomo Talignani

    22 Aprile 2025

    Tecnica controversa
    Tuttavia, la geoingegneria solare è una tecnica molto controversa, che “comporta rischi significativi e necessita di ulteriori ricerche”, ha dichiarato Alistair Duffey, dottorando presso il Dipartimento di Scienze della Terra della UCL, secondo il quale “l’analisi mostra che raffreddare il pianeta con questa tecnica potrebbe essere più semplice del previsto, il che apre riflessioni su tempi e modalità di attuazione.”
    Ma quali sono le limitazioni? Rilasciando aerosol al di sotto dei 20 km da Terra, l’efficacia è ridotta di circa un terzo rispetto all’iniezione ad alta quota, il che implicherebbe l’utilizzo di tre volte più aerosol, aumentando i rischi collaterali come le piogge acide. Questo perché con l’iniezione di anidride solforosa a 20 km, le particelle restano nella stratosfera per diversi anni, mentre per pochi mesi a 13 km.
    Da utilizzare per scenari di emergenza
    Inoltre, raffredda soprattutto le zone polari e molto meno i tropici, dove gli effetti del cambiamento climatico sono spesso più gravi. Certamente per scenari di emergenza climatica potrebbe avere senso, perché il pianeta si raffredderebbe con rapidità, ma bisogna fare i conti con gli effetti collaterali globali imprevedibili, come le piogge alterate, cambiamenti nei monsoni, acidificazione. E ancora, se venisse interrotta questa pratica, le temperature potrebbero risalire rapidamente. Infatti, qualsiasi iniezione di aerosol stratosferico dovrebbe essere introdotta gradualmente e ridotta gradualmente, per evitare impatti catastrofici dovuti a un riscaldamento o raffreddamento improvviso.
    “Non è una scorciatoia: bisogna agire sulle emissioni”
    Gli autori avvisano che la geoingegneria non sostituisce la necessità di ridurre le emissioni di gas serra. “Non è una scorciatoia, né una soluzione miracolosa” avverte uno degli autori, Matthew Henry, dell’Università di Exeter, per il quale “solo arrivando a emissioni nette zero potremo ottenere una stabilità climatica duratura”. LEGGI TUTTO

  • in

    Biennale 2025: l’architettura impara dalla scienza per combattere la crisi del clima

    Per decenni la progettazione architettonica ha cercato di rispondere alla crisi climatica con la “mitigazione”, cercando di ridurre il nostro impatto, ma oggi questo approccio non è più sufficiente. Stiamo vivendo nell’età dell’adattamento: le condizioni climatiche ci costringono a ripensare nuovi modi di vivere e abitare. Questo è il messaggio che la Biennale Architettura 2025 che s’inaugura il 10 maggio (pre apertura il 7-8-9) invia al mondo. “L’architettura rappresenta da sempre una risposta alle sfide poste dalle condizioni climatiche. Fin dalle ‘capanne primitive’, la progettazione umana è stata guidata dalle necessità di ripararci per sopravvivere: le nostre creazioni hanno cercato di colmare il divario tra ambienti ostili e spazi sicuri e vivibili. Oggi però per affrontare un mondo in fiamme l’architettura deve sfruttare tutta l’intelligenza che ci circonda”.

    Carlo Ratti, curatore della Biennale Architettura 2025  LEGGI TUTTO

  • in

    Roma, è la terza capitale più verde d’Europa. Dopo Oslo e Berlino

    C’è anche Roma nella top ten delle capitali più verdi d’Europa. Con i suoi 310 chilometri quadrati di alberi è terza dopo Oslo e Berlino. Lo dice l’European Forest Institute (Efi), l’organizzazione internazionale di ricerca in ambito forestale, su dati European Environmental Agency, analizzando le città europee con più di 50mila abitanti. Un terzo posto […] LEGGI TUTTO

  • in

    Reddito energetico 2025: come funziona e limiti di accesso

    Al via a breve le domande per il Reddito energetico 2025 che consente di ottenere un impianto fotovoltaico destinato all’autoconsumo in maniera del tutto gratuita. L’agevolazione è riservata alle famiglie con un reddito Isee entro i 15.000 euro o 30.000 in caso di quattro figli a carico. Il fondo a disposizione è di 100 milioni di euro l’anno e nel 2024 le risorse disponibili sono andare esaurite in pochi giorni. Nel nuovo decreto di attuazione, firmato a inizio maggio, sono previste alcune semplificazioni riferite sia alla potenza ammissibile degli impianti, sia alla polizza multi-rischi obbligatoria. Per presentare la domanda è necessario scegliere in anticipo l’impresa che andrà a realizzare l’impianto.

    Come funziona il reddito energetico
    Il Reddito energetico è un finanziamento in conto capitale finalizzato alla realizzazione di impianti fotovoltaici a uso domestico, di potenza non inferiore a 2 kW e non superiore a 6 kW. Le risorse finanziarie rese disponibili per gli anni 2024 e 2025 sono complessivamente pari a 200 milioni di euro e, per ciascuna annualità sono previsti:
    80 milioni di euro alle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia;
    20 milioni di euro alle restanti Regioni e per le Province Autonome.
    Il Fondo consente ai beneficiari di realizzare impianti fotovoltaici e utilizzare l’energia prodotta per l’autoconsumo senza alcuna spesa. I finanziamenti, infatti, andranno a coprire i costi sostenuti da parte dei soggetti installatori. L’eventuale quota di energia e prodotta e non autoconsumata è resa disponibile per 20 anni al Gse, che la utilizzerà per finanziare il Fondo.

    Chi può presentare la domanda
    L’accesso al Reddito energetico è riservato ai nuclei familiari con un Isee inferiore a 15.000 euro, oppure inferiore a 30.000 euro per chi ha almeno quattro figli a carico, residenti un’abitazione di proprietà sulla quale andrà installato l’impianto. Gli impianti possono avere una potenza da 2kW a 6kW e devono essere collegati a utenze di consumo per le quali, al momento della richiesta di accesso dell’agevolazione, sia attivo un contratto di fornitura di energia elettrica intestato al beneficiario o a un membro del suo nucleo familiare, come definito ai fini Isee. Chi presenta la richiesta può beneficiare dell’agevolazione una sola volta, in quanto è esclusa ogni ipotesi di doppia agevolazione per lo stesso nucleo familiare. Non è possibile richiedere l’accesso al beneficio per impianti realizzati ai fini del soddisfacimento della quota d’obbligo di integrazione delle fonti rinnovabili negli edifici.

    Impianti e assicurazione obbligatoria
    Le domande di accesso alle agevolazioni devono essere inviate al Gse da parte del beneficiario con il supporto dell’impresa scelta per la realizzazione dell’impianto. Potranno ottenere i finanziamenti solo le imprese in regola relativamente ai requisiti di formazione e aggiornamento obbligatori richiesti per le attività di installazione e manutenzione da fonti di energia rinnovabile. Inoltre l’impresa dovrà sottoscrivere una polizza decennale multirischio. Con le novità introdotte dal decreto per il 2025 la polizza dovrà coprire non solo eventuali danni all’impianto, rischi di disservizio e relativa mancata produzione di energia, ma anche da eventuali danni diretti e indiretti in seguito a un attacco informatico. Le imprese potranno scegliere di rivolgersi anche a diverse compagnie di assicurazioni per coprire i diversi rischi. Il costo della polizza è compreso nelle spese per le quali l’impresa ha diritto al rimborso in conto capitale. Sul sito del Gse è possibile trovare una lista di installatori in regola con i requisiti richiesti. LEGGI TUTTO

  • in

    Aumento delle temperature e resistenza ai microbici: un legame allarmante

    L’antibiotico resistenza, o più propriamente la resistenza agli antimicrobici senza dimenticare anche le resistenze contro altri microrganismi, quali funghi, virus e protozoi, riguarda una moltitudine di microrganismi. E tanti sono anche i fattori che possono concorrere ad aumentarne o alleggerirne il peso sulla nostra salute. E tra questi un ruolo di primo piano potrebbe averlo anche il clima, motivo per cui le azioni di prevenzione nella lotta al fenomeno non dovrebbero dimenticarlo.
    A mettere sul piatto la questione questo, fornendo un’analisi dettagliata – sebbene con qualche inevitabile lacuna, come gli stessi autori riconoscono – è uno studio appena apparso sulle pagine di Nature Medicine. Nella loro analisi il team di Lianping Yang della Sun Yat-sen University di Guangzhou ha raccolto i dati provenienti da alcuni sistemi di sorveglianza antimicrobica di un centinaio di paesi relativi alle analisi compiute su oltre trenta milioni di colture batteriche di sei tra i principali microrganismi resistenti. Si tratta, in particolare, di Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae resistenti a cefalosporine di terza generazione e di E.coli, K.pneumoniae, Acinetobacter baumanni e Pseudomonas aeruginosa resistenti ai carbapenemi.

    L’iniziativa

    La salute del Pianeta? Dipende dagli oceani

    21 Aprile 2025

    Oms: ogni anno 1,2 milioni di morti
    Una volta raccolti i dati, relativi al periodo che va dal 1999 al 2022, i ricercatori hanno estrapolato delle stime di prevalenza della resistenza agli antimicrobici insieme a dei trend temporali. In questo modo hanno osservato che, in media, dal 2000 il fenomeno è cresciuto nella stragrande maggioranza dei paesi analizzati, con un ritmo più elevato nei paesi a basso e medio reddito. Secondo i dati disponibili, inoltre, la prevalenza della resistenza agli antimicrobici – che secondo l’Oms, ogni anno causa 1,27 milioni di morti direttamente e concorre al decesso di 5 milioni di persone – risulta maggiore nell’Asia meridionale, nel Medio Oriente, nel Nord Africa e nell’Africa subsahariana.

    I fattori ambientali e sociali
    I ricercatori hanno quindi approfondito il loro studio spingendosi ad analizzare l’associazione tra il fenomeno della resistenza agli antimicrobici con alcuni fattori ambientali e sociali, cercando anche di capire come le loro variazioni possano influenzarne la prevalenza. Secondo quanto si legge nel paper, l’inquinamento da particolato, il fenomeno del ruscellamento, il consumo di antimicrobici e i costi sanitari diretti – specchio di prescrizioni troppo facili, sottolineano gli esperti – sono associati alla resistenza agli antimicrobici, ovvero quanto più aumentavano allo stesso modo cresceva il problema. Al crescere della spesa sanitaria, delle coperture vaccinali e del deflusso sotterraneo invece diminuiva la prevalenza del fenomeno, continuano gli autori.

    Crisi del clima

    Più arsenico nel riso a causa del cambiamento climatico

    23 Aprile 2025

    La riduzione del consumo potrebbe contenere il fenomeno
    L’aspetto più interessante però del loro lavoro è quello relativo alle simulazioni per gli anni a venire. La riduzione del consumo di antimicrobici potrebbe contenere il fenomeno del 2,1% entro il 2050 (per un dimezzamento dei consumi). Benefici, singolarmente minori ma insieme ben maggiori, si potrebbero avere anche a fronte di un aumento delle vaccinazioni, dei servizi igienici e soprattutto della riduzione della spesa sanitaria diretta. Combinando insieme tutte le misure, compresa la riduzione dei consumi, i benefici sarebbero ancora maggiori. La crisi climatica però potrebbe remare contro.

    Inquinamento

    Anche le gomme da masticare rilasciano microplastiche

    23 Aprile 2025

    Gli scenari
    Nello specifico, nel peggiore degli scenari possibili, scrivono gli esperti, per uno scenario con una crescita delle temperature di oltre 2°C ed alte emissioni per il 2050, potremmo assistere a un aumento del 2,4% della resistenza antimicrobica, ma potrebbe superare il 4% per i paesi a basso e medio reddito. I cambiamenti climatici, proseguono i ricercatori, potrebbero favorire eventi estremi che distruggono i servizi di prevenzione e cura, stravolgere gli ecosistemi favorendo la diffusione di patogeni. E bisognerebbe tenerne conto, concludono gli esperti: “Sebbene le iniziative di sviluppo sostenibile a breve termine e gli sforzi per ridurre il consumo di antimicrobici possano contribuire a mitigare la rapida crescita del fenomeno della resistenza, è importante riconoscere che le conseguenze a lungo termine dei cambiamenti climatici e delle attività umane continueranno a influenzare le dinamiche della resistenza agli antimicrobici”. LEGGI TUTTO

  • in

    Come allontanare le vespe dal giardino

    Dall’inconfondibile colore giallo e nero, le vespe presentano una forma slanciata, che si restringe tra il torace e l’addome, e con i loro pungiglioni generano ansia e paura, essendo tra gli insetti più temuti. Le loro visite in giardino sono un problema diffuso, che porta a mettere in campo disparate strategie pur di allontanarle. Tenere le vespe alla larga dalle nostre oasi verdi può sembrare complesso, ma con le giuste accortezze e avvalendosi di una serie di rimedi diventa semplice.

    Vespe, gli aspetti da tenere in considerazione
    Insetti infestanti, la loro superficie non è pelosa, possono pungere diverse volte, si nutrono di altri insetti e del nettare dei fiori e mostrano un temperamento aggressivo di fronte a pericoli. Le vespe appartengono alla famiglia dei Vespidi e sono presenti sul Pianeta in molte specie, che si distinguono tra solitarie e sociali.

    Malgrado sia necessario mettere in campo le giuste strategie per allontanare le vespe dal giardino, è importante non eliminarle, vista la loro importanza per l’ecosistema. Le vespe si nutrono di insetti, rappresentando dei disinfestanti naturali, cacciando zanzare, afidi e mosche, contenendo così i parassiti e la loro azione nociva per l’uomo e l’agricoltura. Oltre a questo, contribuiscono all’impollinazione delle piante, anche se in misura inferiore rispetto alle api, e sono preda di specie di uccelli protetti.

    Le vespe sono attive da aprile a settembre, con giugno e luglio che rappresentano i loro mesi di picco. Qualora si possieda un giardino, in questi periodi dell’anno ci si può ritrovare a fare i conti con la loro presenza, non solo per via di eventuali nidi nelle vicinanze, ma anche in quanto attratte dai fiori e dai frutti degli alberi. In queste situazioni è necessario correre ai ripari, allontanando le vespe dal giardino per scongiurare incontri ravvicinati con loro, rischiando di essere punti, eventualità che si verifica quando le vespe diventano aggressive per proteggere il nido, oppure se vengono allontanate con gesti bruschi o toccate in modo inavvertito.

    I rimedi per allontanare le vespe dal giardino
    Con la stagione calda gli insetti diventano spesso un problema in giardino. Nel caso in cui si debba fare i conti con le vespe, se la situazione non è grave e ci si trovi ad affrontare visite limitate da parte di queste, è possibile allontanarle affidandosi a una serie di accorgimenti.
    Per mettere in campo soluzioni naturali e non invasive un alleato su tutti è il caffè che, grazie al suo aroma intenso, funge da repellente per questi insetti: basta inserirne un cucchiaio all’interno di un contenitore realizzato con della carta stagnola per poi dargli fuoco, generando così un fumo il cui odore è sgradito dalle vespe, allontandole facilmente.

    Altro ingrediente della cucina utile per liberare il giardino dalle vespe è l’aglio, da usare in polvere, aggiungendolo in uno spruzzino con dell’acqua per poi usare il composto per irrigare le piante, facendo così in modo che le vespe scappino. Anche il cetriolo è un repellente per le vespe: se adagiato su un foglio di alluminio, da porre nel giardino, emana un odore cattivo per questi insetti.

    Qualora si cerchi una soluzione naturale più profumata ci si può affidare agli oli essenziali, come quello di alloro o di eucalipto, capaci di svolgere un’azione repellente. Inoltre, si possono posizionare in punti strategici del giardino dei sacchetti con all’interno pastiglie di canfora oppure naftalina. Un’altra possibilità è aggiungere nella nostra oasi verde piante come citronella, eucalipto e lavanda che, con il loro odore forte, sono particolarmente efficaci per allontanare gli insetti.

    Si può inoltre ricorrere a uno spray casalingo creato con acqua, aceto bianco e una piccola quantità di candeggina, usando dei guanti quando lo si prepara per proteggere la pelle. Dopo averlo agitato, si procede spruzzando il composto nelle zone del giardino in cui sono presenti le vespe: l’odore pungente di questo mix le allontanerà.

    Per evitare incontri ravvicinati con le vespe mentre si mangia all’aperto si può accendere una candela di citronella, capace di farle fuggire, permettendoci di consumare il pasto indisturbati.

    Nido di vespe in giardino: come intervenire
    Nel caso in cui ci si ritrovi davanti a una situazione più grave e si debba fare i conti con un nido di vespe in giardino è essenziale affrontare la situazione con preparazione. La calma e la cautela sono fondamentali quando si parla di vespe, tenendo conto che i movimenti bruschi aumentano le possibilità di essere punti.

    Durante l’intervento di rimozione è necessario vestirsi in modo adeguato, coprendosi il più possibile, creando poi una fonte di fumo che porterà le vespe ad allontanarsi. Per farlo si può ricorrere a un contenitore di metallo senza coperchio, da posizionare sotto il nido di vespe, facendo bruciare al suo interno della carta. Una volta che le vespe si sono allontanate si può procedere rimuovendo il nido con un bastone oppure un manico di scopa, facendolo cadere in un sacco di plastica per poi chiuderlo con attenzione e gettarlo. Quando le vespe scappate torneranno sul posto, non trovando più il nido, se ne andranno cercando un’altra dimora. Se il nido è molto grande oppure si trova in una posizione difficile da raggiungere è bene affidarsi a un’impresa specializzata nella disinfestazione delle vespe.

    Come prevenire la presenza delle vespe in giardino
    Per far sì che le vespe non siano una presenza fissa in giardino è importante agire in ottica di prevenzione, controllando di tanto in tanto i punti in cui potrebbero creare dei nidi e sigillando eventuali crepe, fessure e buchi. Inoltre, angoli nascosti e grondaie devono essere puliti regolarmente e liberati da detriti in cui si potrebbero insidiare le vespe con un nuovo nido.
    Altro aspetto cruciale è imparare a gestire correttamente i rifiuti alimentari che fungono da esche per questi insetti. Il cibo non dovrebbe essere mai lasciato incustodito nel giardino per evitare che sia invaso dalle vespe, che sono attratte dagli odori degli alimenti, soprattutto di quelli dolci. Oltre a questo, se i bidoni della spazzatura si trovano all’esterno è cruciale chiuderli correttamente e assicurarsi che non fuoriescano resti di cibo, che potrebbero attirare le vespe. LEGGI TUTTO

  • in

    Un filtro per l’acqua potabile che rimuove anche i PFAS

    Scoperta una nuova tecnologia di filtraggio per rendere l’acqua potabile sempre più sicura. Anche a casa. La qualità idrica in Europa è generalmente elevata, ma molti fattori contribuiscono ad aumentare il numero di contaminanti rilasciati nell’ambiente resistenti alle tecnologie di purificazione convenzionali. È tutta italiana questa innovativa tecnica basata sull’ossido di grafene, per sviluppare un nanomateriale, in grado di rimuovere contaminanti dall’acqua potabile a livello domestico. Concepito proprio per garantire a tutti un’acqua di rubinetto sicura. Infatti, dopo un lungo periodo di ricerca, il Consiglio nazionale delle ricerche insieme all’azienda Medica, è stato sviluppato un filtro speciale a base di fibre capillari cave, che può catturare i contaminanti. L’obiettivo principale è affrontare la crescente presenza di sostanze inquinanti, come pesticidi, farmaci, metalli pesanti e composti perfluorurati, meglio noti come PFAS, che non sono facilmente rimovibili con le attuali tecnologie di depurazione tradizionali.

    La legge

    In arrivo un decreto per limitare l’inquinamento da Pfas dell’acqua potabile

    di Giacomo Talignani

    28 Marzo 2025

    Cosa finsice nell’acqua potabile
    Secondo un’indagine indipendente condotta da Greenpeace Italia, tra settembre e ottobre 2024, su 260 campioni di acqua potabile prelevati in 235 città italiane, ben il 79% dei campioni è risultato contaminato da PFAS, noti anche come inquinanti eterni. Sostanze nocive che aumentano il rischio di patologie gravi come il tumore ed interferenze con il sistema endocrino. Una contaminazione che non salva nessuna regione italiana e che ha risparmiato solo 54 campioni, pari al 21% del campione. L’indagine ha coperto le reti degli acquedotti in tutte le regioni, dove finiscono gli inquinanti contenuti in farmaci, prodotti agricoli, filtri solari, cosmetici e molto altro. Da questo contesto si capisce il valore dello studio del CNR, pubblicato sulla rivista scientifica Nature Water. Infatti i filtri progettati rimuovono dall’acqua destinata all’uomo, sia le per- e polifluoroalchiliche (PFAS), antibiotici chinolonici e piombo. Ma soprattutto, quello che è stato sperimentato, è che la nuova tecnologia si presta a uno sviluppo a carattere industriale che può integrarsi con le linee di produzione esistenti, a costi contenuti e con l’uso minimo di ossido di grafene nelle membrane filtranti.

    Tutorial

    Dal rossetto allo smalto, i consigli per smaltire i cosmetici

    di Paola Arosio

    20 Aprile 2025

    L’ossido di grafene
    Considerato uno dei materiali più efficaci nella purificazione dell’acqua grazie alle sue eccezionali proprietà fisiche e chimiche. Il primo grande vantaggio è rappresentato dalla sua superficie: ogni grammo di ossido di grafene può offrire fino a 2.600 metri quadrati di area disponibile per interagire con le molecole inquinanti. Questo permette di catturare una quantità molto elevata di contaminanti in uno spazio ridotto, aumentando notevolmente l’efficienza del filtraggio.
    Un altro elemento che lo rende unico è la presenza di numerosi gruppi chimici funzionali sulla sua superficie, che gli conferiscono una reattività chimica che attrae e trattiene diverse categorie di sostanze tossiche. Inoltre l’ossido di grafene agisce come una sorta di spugna molecolare, grazie alla sua struttura atomica che riesce a trattenere molecole molto diverse tra loro, comprese quelle organiche complesse. Infine le sue proprietà antibatteriche, che non solo filtrano le impurità chimiche, ma limitano la proliferazione di batteri all’interno dei sistemi di filtraggio, prevenendo la formazione di biofilm e altre contaminazioni secondarie.

    Inquinamento

    La mappa della contaminazione da PFAS delle acque potabili

    di Pasquale Raicaldo

    22 Gennaio 2025

    La ricerca
    L’aspetto determinante di questa ricerca combinata, lunga 10 anni, è stata l’integrazione con il polisulfone, (polimero plastico ad alte prestazioni), che ha permesso lo sviluppo di membrane innovative, fino alla realizzazione di una linea di produzione semi-industriale, nell’ambito del progetto europeo Graphil, finanziato da Graphene Flagship, che ha consentito di portare la tecnologia dai prototipi di laboratorio fino alla fase commerciale curata da Medica, per migliaia di filtri all’anno. “Si tratta di un esempio efficace di come la ricerca fondamentale, se orientata verso i bisogni industriali e sostenuta da finanziamenti pubblici mirati, possa portare a risultati tecnologici concreti,” ha dichiarato Vincenzo Palermo, uno degli autori del lavoro e direttore dell’ Istituto per la sintesi organica e fotoreattività del Cnr di Bologna (Cnr-Isof).

    La normativa

    La Francia mette al bando i Pfas in cosmetici e tessuti

    a cura della redazione di Green&Blue

    21 Febbraio 2025

    L’adsorbimento chimico
    Infatti nel 2024, la collaborazione tra Cnr e l’azienda Medica ha portato al lancio del Graphisulfone, una nuova generazione di membrane composite polisulfone-grafene-ossido, in grado di combinare ultrafiltrazione e adsorbimento in un’unica tecnologia. Nel primo caso, le fibre cave della membrana agiscono come un setaccio, rimuovendo batteri e virus con elevati livelli di ritenzione; nel secondo, l’adsorbimento chimico (diverso dall’assorbimento) è un processo in cui molecole, atomi o ioni si attaccano alla superficie di un materiale, in questo caso contaminanti chimici, come metalli pesanti, PFAS, antibiotici e pesticidi, che vengono trattenuti, purificando l’acqua. L’obiettivo, dunque, è produrre filtri innovativi per l’acqua che possano essere facilmente collegati direttamente al lavandino di casa o utilizzati come dispositivi portatili di depurazione dell’acqua, per garantire un facile accesso all’acqua potabile a costi sostenibili. LEGGI TUTTO