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    L’Everest sempre più simile ad una discarica d’alta quota: droni per ripulire la vetta

    Sulla vetta del mondo, l’Everest, tra tonnellate di rifiuti. Il problema è noto da tempo. Decenni di spedizioni hanno portato sul Monte Everest, oltre che migliaia di scalatori ed avventurieri, anche migliaia di detriti sparsi sulle pendici della montagna più alta del mondo. Tende abbandonate, bombole di ossigeno vuote, bottiglie di plastica, imballaggi alimentari, rifiuti fisiologici. Le stime più recenti indicano circa 50 tonnellate di rifiuti sparsi sulla montagna. Un luogo che dovrebbe essere simbolo di purezza, e che invece si avvicina sempre di più ad una discarica.

    Focus

    Ghiacciai neri, cosa sono e perché si tratta di una brutta notizia

    di Paola Arosio

    11 Luglio 2025

    Le autorità nepalesi e gli sherpa da tempo sono impegnati nella rimozione dei rifiuti dalle vette himalayane, già dal 2019, ma i campi più alti rimangono una sfida. Infatti, per salire e riscendere ci vogliono ore e ore di cammino. E farlo con sacchi di spazzatura è un’operazione piuttosto complicata. Per fortuna, anche in questo caso, la tecnologia arriva in aiuto per rendere possibile e più semplice queste azioni di pulizia straordinaria. L’idea viene da un’azienda locale, chiamata Airlift Technology guidata dall’ingegnere aeronautico Raj Bikram Maharjan, che ha pensato di utilizzare i droni di un noto brand cinese, per ripulire i luoghi più impervi. Infatti, fino ad oggi, i droni venivano usati per trasportare cibo o attrezzature nelle spedizioni sulle vette. Oggi invece sono gli spazzini dell’Everest.

    Questi droni possono trasportare carichi significativi, dai 15 kg ai 32 kg, in base alla lunghezza del percorso e all’altitudine da raggiungere. Si tratta, in ogni caso, di carichi piuttosto pesanti. L’azienda nepalese li sta utilizzando per trasportare rifiuti dal Campo 1, che si trova a circa 6.000 metri di altitudine, al di là della pericolosa cascata di ghiaccio del Khumbu, fino al Campo Base più in basso a 5.300 metri. Un tratto molto pericoloso da percorrere anche per figure super esperte come gli sherpa.

    Uno dei vantaggi più significativi dei droni è proprio la riduzione dei rischi per gli sherpa, che tradizionalmente devono affrontare ore di cammino attraverso il Khumbu Icefall, per trasportare rifornimenti e rifiuti. Invece, i droni possono completare lo stesso viaggio in pochi minuti, evitando agli sherpa di affrontare carichi pesanti in condizioni estreme e riducendo il rischio di incidenti mortali. Nel periodo primaverile, un solo drone è riuscito a trasportare quasi circa 1.300 kg di attrezzature e spazzatura tra i campi, rimuovendo una tonnellata di rifiuti in due mesi.

    Ma la sostenibilità di questo progetto, non si ferma solo alla pulizia, perché l’uso dei droni contribuisce a ridurre la necessità degli elicotteri, che sono più costosi, rumorosi e ovviamente hanno un maggiore impatto ambientale. Ma all’orizzonte c’è anche di più. La Airlift Technology prevede di espandere l’uso dei droni anche ad altre vette di 8.000 metri in Nepal allargando il progetto di supporto alla logistica e di pulizia straordinaria di luoghi difficilmente accessibili all’uomo.

    (foto: Airlift)  LEGGI TUTTO

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    Ginestra in fiore: tutto quello che c’è da sapere

    La ginestra, con i suoi vivaci fiori gialli e il profumo inebriante, è una protagonista indiscussa dei paesaggi mediterranei. Questa pianta, appartenente alla famiglia delle Fabaceae, non solo decora colline e pendii con la sua esplosione di colore, ma svolge anche un ruolo ecologico significativo nel consolidamento dei terreni.?

    Caratteristiche generali della ginestra
    La ginestra è un arbusto perenne che può raggiungere altezze considerevoli, spesso fino a 2-3 metri. Le sue foglie sono generalmente piccole e cadono presto, lasciando spazio a rami verdi e flessibili che svolgono la fotosintesi. I fiori, di un giallo intenso, sbocciano in primavera e inizio estate, emanando un profumo dolce e penetrante.? La ginestra in realtà non è solo bellezza, ma ha anche una forte valenza simbolica: per Giacomo Leopardi, infatti, la ginestra rappresentava la dignità dell’uomo di fronte all’indifferenza della natura, la forza di chi fiorisce nonostante la desolazione. Un messaggio che oggi, in tempi di crisi ecologica, risuona più attuale che mai.

    Tipi di ginestra più comuni
    La famiglia della ginestra comprende numerose specie spontanee e ornamentali, utilizzate in ambito paesaggistico per bordure, siepi informali e rinaturalizzazioni. Tra le più comuni ci sono:

    Spartium junceum: nota come ginestra odorosa (o ginestra “comune”), è la più diffusa in Italia è un albero o arbusto dal portamento elegante, con lunghi rami verdi e sottili, quasi privi di foglie. I fiori giallo intenso, molto odorosi, sbocciano tra maggio e giugno. Raggiunge i 2-4 metri di altezza;
    Cytisus scoparius: conosciuta come “ginestra dei carbonai”, presenta fusti eretti e fiori gialli brillanti (anche se possono essere rossi, arancioni o bianchi).? È adatta a giardini di dimensioni contenute, ma alcune varietà nane sono ideali per la ginestra in vaso;
    Genista tinctoria: detta “ginestra dei tintori”, storicamente impiegata per estrarre coloranti naturali.? Specie selvatica bassa e diffusa, ha un portamento tappezzante ed è particolarmente indicata per aiuole rustiche, scarpate o come copri suolo resistente alla siccità;
    Genista etrusca: Cresce spontaneamente nei terreni calcarei dell’Italia centrale. Ha un aspetto più selvatico, con fiori gialli raccolti in grappoli.

    Coltivazione della ginestra: terreno, esposizione e trapianto
    La ginestra è una pianta rustica che si adatta a diverse condizioni ambientali, ma predilige terreni ben drenati e posizioni soleggiate. Come ci si prende cura di questa pianta dai colori meravigliosi e dal profumo avvolgente? Bastano poche ma regolari accortezze, che ne garantiranno la sua salute a 360°.

    Partendo dal terreno, bisogna dire che la ginestra predilige suoli poveri, sabbiosi o ghiaiosi, che però abbiano un buon drenaggio. Per una buona fioritura, poi, è necessario lasciarla esposta in pieno sole, che ama. Va quindi posizionata in un luogo molto luminoso, esposto a sud o sud-ovest. Se lasciata all’ombra o anche in mezz’ombra, la fioritura sarà ridotta o addirittura assente.

    Effettuare la messa a dimora della ginestra è possibile, basterà seguire con cura i passaggi necessari. Il trapianto in piena terra si effettua preferibilmente in autunno o a fine inverno, in modo che la pianta possa sviluppare un buon apparato radicale prima della stagione calda. Per trapiantare correttamente la ginestra, quindi, si consiglia di:

    Scavare una buca ampia (almeno il doppio del vaso);
    Inserire materiale drenante (ghiaia, sabbia grossolana) sul fondo;
    Collocare la pianta e coprire con terra asciutta e ben assestata;
    Innaffiare solo al momento del trapianto.

    Ginestra in giardino: una scelta sostenibile
    Rustica, resistente alla siccità, capace di prosperare su terreni poveri: la ginestra è una pianta perfetta per giardini sostenibili. Si sposa bene con altre essenze mediterranee come lavanda, rosmarino, santolina, elicriso. Ideale per scarpate e pendii, giardini secchi e a bassa manutenzione e progetti di rinaturalizzazione. Insomma, una pianta multitasking, perfetta e dai risultati estetici sempre meravigliosi.
    Prendersi cura della ginestra: irrigazione, potatura e concimazione
    Una volta stabilita, la ginestra non ha bisogno di irrigazione regolare. Resiste bene alla siccità e se coltivata in vaso o nei primi mesi dopo il trapianto, può richiedere acqua in caso di prolungata assenza di pioggia.
    Eseguire la potatura è consigliabile, soprattutto dopo la fioritura, quindi in estate. Questo è uno step particolarmente importante dal punto di vista della stimolazione: ripulendo la pianta la forma sarà contenuta e la nuova vegetazione nascerà più rigogliosa di prima. Attenzione a non tagliare troppo: i fiori si formano sui rami dell’anno precedente.

    E la concimazione? In terreni poveri può essere utile somministrare alla ginestra un fertilizzante leggero a lento rilascio, povero di azoto. Step da eseguire in primavera, evitando di utilizzare concimi troppo ricchi che favoriscono la vegetazione a scapito dei fiori.
    Parassiti e malattie della ginestra: cosa sapere
    Generalmente resistente, la ginestra può occasionalmente essere attaccata da afidi o cocciniglie. Monitorare la pianta e intervenire con trattamenti specifici se necessario.
    Fioritura della ginestra: quando sboccia e quanto dura
    La fioritura della ginestra è un evento spettacolare che colora il paesaggio di giallo intenso. Avviene principalmente tra maggio e giugno, a seconda delle condizioni climatiche. Per garantire una fioritura rigogliosa è consigliabile assicurarsi di posizionare la pianta alla luce del sole (almeno 6 ore di luce diretta al giorno) e, come visto pocanzi, di eliminare tutti i fiori appassiti per favorire la produzione di nuovi boccioli.

    La ginestra è velenosa?
    È vero, alcune specie di ginestra sono velenose se ingerite. In particolare, la ginestra dei carbonai (Cytisus scoparius) contiene alcaloidi tossici per l’uomo e per gli animali domestici. È bene evitare di piantarla in luoghi accessibili a bambini e animali. La semplice manipolazione non è pericolosa, ma è sempre buona norma lavare le mani dopo averla potata. LEGGI TUTTO

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    Fotovoltaico, incentivi anche agli “autoconsumatori virtuali”

    Non solo CER e Gruppi di autoconsumo. Anche chi installa un impianto fotovoltaico sulla propria casa può accedere agli incentivi gestiti dal GSE a patto di avere due utenze elettriche intestate in due immobili diversi e di “collegarle” allo stesso pannello. In questo caso infatti si rientra nella configurazione dell’Autoconsumatore virtuale a distanza e diventa possibile ottenere due benefici: il risparmio in bolletta per l’utenza direttamente collegata al pannello, e l’incasso della Tariffa incentivante per il consumo della seconda utenza. Per questa configurazione non è possibile accedere al contributo PNNR a fondo perduto per l’installazione dell’impianto ma si può usufruire del bonus fiscale del 50% o 36%, a seconda che si tratti di prima o seconda casa.

    Due case un pannello
    Tecnicamente l’autoconsumatore virtuale a distanza è un soggetto titolare di almeno due punti di connessione distinti: uno collegato a un’utenza di consumo e uno a cui è collegato un impianto di produzione che si deve trovare in una zona diversa ma nell’ambito di una stessa cabina primaria (snodo della rete verso le cabine secondarie e di qui verso singole utenze). In città una cabina primaria può coprire fino a quattro quartieri, e nei centri rurali fino a quattro comuni, questo significa che ci sono molte possibilità di approfittare dei vantaggi economici offerti da questo sistema. In pratica chi è intestatario di due utenze, ad esempio casa e ufficio, casa e negozio, casa e box in un altro condominio, può installare un impianto unico e costruirsi una rete virtuale di consumo condiviso e ottenere i benefici del risparmio diretto e l’incentivo su quello virtuale.

    Quanto vale l’incentivo
    Il meccanismo di calcolo da parte del GSE, infatti, è lo stesso per tutte le configurazioni, per cui la Tariffa incentivante viene riconosciuta sulla quota complessiva di consumi registrata alla stessa ora da tutti i punti di prelievo presenti nella configurazione rispetto alla produzione oraria dell’impianto. Così ad esempio posta una produzione di 100 e un consumo di 70 sommando tutte le utenze, ossia quella collegata direttamente e quelle che fanno parte della rete virtuale dell’autoconsumatore a distanza, l’incentivo sarà su 70, mentre la quota in eccesso potrà essere venduta tramite il sistema del Ritiro dedicato.

    Incentivi anche in caso di accumulo
    In pratica quando ci si trova nell’immobile dove sono installati i pannelli, l’energia solare viene co-consumata direttamente, generando il massimo risparmio possibile sulla bolletta elettrica. Negli orari in cui il proprietario si trova nell’altro immobile, invece, l’energia prodotta dai pannelli viene “condivisa” virtualmente attraverso la rete elettrica e si ottiene in termini economici un beneficio maggiore rispetto alla vendita diretta. Per l’energia “condivisa” virtualmente si ottiene la tariffa incentivante GSE (10,4 c€/kWh) più il contributo ARERA (0,8 c€/kWh). E’ anche possibile installare batterie di accumulo e anche l’energia immagazzinata contribuisce al conteggio, in quanto l’obbiettivo degli incentivi è appunto quello di favorire l’autoconsumo.

    Come presentare la domanda
    La richiesta per ottenere la Tariffa incentivante si presenta esclusivamente online attraverso il portale del GSE, utilizzando le proprie credenziali SPID o quelle fornite dal gestore. La procedura è completamente digitale: dopo aver caricato la documentazione richiesta – schema elettrico dell’impianto, verbali dei contatori e titoli di proprietà degli immobili – il sistema genera automaticamente la dichiarazione da firmare digitalmente. A differenza di altri incentivi che hanno finestre temporali limitate, per l’Autoconsumatore a distanza è possibile fare richiesta in qualsiasi momento dopo l’installazione dell’impianto. L’istruttoria del GSE dura al massimo sessanta giorni. Gli incentivi percepiti per l’energia condivisa sono integralmente esenti da imposte per l’intera durata ventennale del riconoscimento. LEGGI TUTTO

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    “Liberare il mare”: 800 chili di reti fantasma recuperate con i pescatori

    Sono una delle principali minacce agli ecosistemi marini. Nemici invisibili soprattutto per pesci e tartarughe. Sono le reti da pesca fantasma, perse dai pescatori accidentalmente o volontariamente abbandonate sul fondo del mare. Ci sono però due luoghi in Sicilia dove cittadini, amministrazione, pescatori e gli uomini della Guardia Costiera tutti insieme stanno facendo qualcosa di concreto per risolvere il problema. Almeno in parte. Siamo a Siracusa e a Terrasini, comune costiero in provincia di Palermo affacciato sul golfo di Castellamare. Grazie al progetto “Liberare il mare, Destinazione Rifiuti Zero Sicilia” sono state recuperati 800 chili di reti da pesca abbandonate in due aree di elevato pregio naturalistico e turistico: tra lo Scoglio del Corallo e Cala Rossa a Terrasini, e al largo della Baia di Ognina a Siracusa. Entrambe le iniziative, realizzate in collaborazione con Abyss Clean Up, associazione specializzata nella rimozione di rifiuti marini e reti fantasma, con il supporto scientifico del Cnr e resa possibile grazie al sostegno di TUI Care Foundation. Liberati anche diversi animali marini ancora in vita trovati intrappolati nelle reti, tra cui stelle marine una specie protetta.

    Una fase del progetto “Liberare il mare” al largo di Terrasini e Siracusa (per gentile concessione di Sicily Environment Fund)  LEGGI TUTTO

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    Pittura al grafene per scaldare gli appartamenti: più efficiente dei termosifoni

    La pittura al grafene si candida a diventare il sistema di riscaldamento per appartamenti più innovativo e minimal di questa fase storica. Nel rispetto dei principi di sostenibilità, BeDimensional spin-off dei Graphene Labs dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), ha recentemente completato lo sviluppo di un pigmento capace di generare calore tramite alimentazione elettrica. Il risultato è un sistema di riscaldamento radiante unico al mondo, per di più “sottile, integrabile e privo di componenti meccaniche”. In pratica si parla di una vera e propria vernice, che una volta stesa su una superficie e collegata a semplici elettrodi di rame, genera calore grazie all’effetto Joule – il classico effetto termico generato dal passaggio della corrente attraverso un conduttore. L’emissione è una radiazione a bassa energia e non nociva, che non viene dispersa nel riscaldamento dell’aria, ma agisce direttamente sul corpo, generando una sensazione di benessere termico.

    Sostenibilità

    Lavori green, il bioarchitetto: “Costruiamo secondo le leggi della natura”

    di Marco Angelillo

    28 Marzo 2025

    “Abbiamo concluso con successo la fase sperimentale in ambienti reali, dimostrando l’efficienza, la sicurezza e la facilità d’uso della tecnologia. Inoltre i primi potenziali partner per strutturare l’industrializzazione e la distribuzione su scala ci sono, anche perchè il prodotto è pronto per la commercializzazione”, ha confermato a Green&Blue, Vittorio Pellegrini, Ceo di BeDimensional.

    Il segreto del grafene
    Ovviamente è “semplice” il risultato percepito – il calore appunto – ma gli elementi giocati dai ricercatori appartengono alla sfera delle complessità. Prima di tutto il grafene è un materiale formato da un singolo strato di atomi di carbonio, a loro volta disposti come le maglie di una rete da pesca. Un’ipotetica visione dall’alto regalerebbe l’immagine di una sorta di gigantesca arnia d’api, composta da esagoni perfetti. Dato che si tratta di file di atomi, quindi con uno spessore infinitesimale, è considerato un materiale bidimensionale dalle proprietà molto speciali. Di base è caratterizzato da altissima resistenza, grande flessibilità, trasparenza e altre qualità. Ma l’ulteriore valore aggiunto è che se ne possono modificare le caratteristiche per ottenere specifiche prestazioni. Nel caso della vernice BeDimensional si ottiene una soluzione a elevatissima conducibilità termica che consente addirittura il riscaldamento di superfici murarie e di conseguenza di ambienti.

    Tutorial

    Dall’A alla Z, il vocabolario della casa green

    di Paola Arosio

    04 Aprile 2025

    Consuma fino al 40% in meno di un radiatore
    Lo sviluppo della vernice ha richiesto a BeDimensional e ai suoi partner industriali oltre tre anni di lavoro. Ma questo impegno ha consentito poi di certificarne le prestazioni raggiunte, grazie al lavoro svolto da BuildTech, un altro spin-off dell’IIT che però si occupa di trasferire tecniche e prodotti innovativi nel mondo della progettazione e della riqualificazione, “allo scopo di realizzare spazi esterni e interni efficienti e confortevoli con un impatto ambientale positivo”. I test tecnici e le simulazioni hanno confermato non solo l’altissima conducibilità termica raggiunta, ma anche una grande efficienza.
    I tecnici hanno riscontrato una riduzione media dei consumi fino al 40% rispetto ai radiatori tradizionali e un leggero vantaggio anche rispetto al riscaldamento a pavimento basato su pompe di calore, con l’ulteriore plus di ridotti costi di installazione, di esercizio e manutenzione. Si calcola che a pieno regime, con una stesura ipotetica sul soffitto, si può ottenere una temperatura superficiale superiore ai 110 °C con un consumo medio di soli 35 Watt su metro quadrato.

    Tutorial

    Come migliorare la qualità dell’aria in casa con le piante

    a cura della redazione di Green&Blue

    09 Giugno 2025

    Compatibile con gli impianti e i contratti esistenti
    La pittura al grafene, a detta dei tecnici, diffonde calore per irraggiamento in modo omogeneo e senza il minimo rumore – anche se in effetti è collegata all’impianto elettrico. Il sistema si accende e si spegne secondo necessità e prevede l’integrazione con minime modifiche degli impianti elettrici. Inoltre l’inerzia termica è così ridotta che permette una regolazione precisa e puntuale della temperatura, anche via termostato o sistemi domotici. Insomma è progettato per essere compatibile con i tradizionali contratti elettrici da 3 kW, a seconda della superficie da riscaldare. Nelle stagioni calde poi semplicemente non viene attivato.
    La vernice può essere applicata analogamente a una tradizionale, quindi impiegando ad esempio un rullo o la tecnica a spruzzo. E anche per i materiali non vi sono limiti: è compatibile persino con cartongesso, pannelli sandwich in PVC e poliuretano. Questo dovrebbe tradursi in grande versatilità quindi si possono immaginare applicazioni nelle nuove costruzioni, in progetti di ristrutturazione relativi ad ambiti residenziali, commerciali e industriali.
    In ambienti critici come bagni, cucine o locali seminterrati può prevenire la formazione di condensa e muffe. Non sono da escludere anche applicazioni modulari, l’edilizia prefabbricata e le costruzioni leggere a bassa inerzia. BeDimensional sottolinea che “questa innovazione si allinea perfettamente agli obiettivi europei e nazionali di transizione energetica e riduzione delle emissioni, confermando l’impegno di nella strategia di decarbonizzazione e sviluppo industriale sostenibile”. LEGGI TUTTO

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    Polemica per le marmotte di plastica in montagna. Il Cai: “Un simbolo per riflettere”

    Una marmotta gigante rosa shocking o blu elettrico, in alta quota, visibile da lontano, nel silenzio, all’ingresso di un rifugio, davanti ad un ghiaccio. Il progetto si chiama “Soul of the mountain” ed è promosso dal Cai di Biella insieme al collettivo artistico Cracking Art e al Museo di Scienze Naturali della Val d’Aosta “Efisio Noussan”. Iniziativa che ha scatenato una polemica tra gli ambientalisti e il mondo dell’escursionismo. “Anche se è arte, si tratta sempre di plastica in montagna”, questa è più o meno la critica rivolta ai promotori dell’iniziativa accusati di snaturare l’ambiente naturale.

    Non a tutti sono piaciute
    L’obiettivo in realtà non è di voler installare opere d’arte in montagna. Come spiegano gli artisti di Cracking Art: “Si tratta di una sorta di ‘bestiario fantastico’ rappresentativo del nostro tempo, pensato per suscitare emozione e stimolare una riflessione sui temi ambientali contemporanei. Per questo abbiamo utilizzato forme e colori che creano empatia”. Le installazioni – ce ne sono 23 esemplari – prendono spunto dalla marmotta preistorica emersa dal ghiacciaio del Lyskamm sul Monte Rosa nel 2024 risalente a 6 mila anni fa considerata un simbolo del cambiamento climatico e della memoria del territorio. L’idea nasce da lì. Ora le marmottone colorate troneggiano davanti sui rifugi: al Coda e Rivetti nel Biellese, al Quintino Sella e al Vittorio Sella in Valle d’Aosta. Ma non a tutti sono piaciute.

    La marmotta della Cracking Art colora Saint-Pierre in Valle d’Aosta  LEGGI TUTTO

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    Trattato globale sulla plastica: a Ginevra ripartono i negoziati Onu

    Nel Palais des Nations a Ginevra va in scena l’ultima sfida per un trattato globale contro l’inquinamento da plastica. Si apre il 5 agosto l’ultima e decisiva fase dei negoziati delle Nazioni Unite (cominciati nel 2022) per cercare di definire un trattato globale e giuridicamente vincolante. Si tratta del quinto ciclo di negoziati e durerà dieci giorni. Più di 170 delegazioni internazionali sono attese a Ginevra con l’obiettivo di mettere nero su bianco un accordo su un testo condiviso. Il trattato potrebbe segnare un punto di svolta normativo, simile all’accordo di Parigi. Ma la strada è ancora in salita.

    Pressioni dall’industria petrolifera
    I negoziati fanno seguito alla risoluzione adottata nel 2022 dall’Assemblea delle Nazioni Unite per l’Ambiente, che ha richiesto un approccio globale capace di affrontare l’intero ciclo di vita della plastica: dalla produzione alla progettazione, fino allo smaltimento. L’ultima, svoltasi a dicembre 2024 a Busan, in Corea del Sud, avrebbe dovuto concludere i lavori, ma i delegati dell’industria petrolchimica mondiale presenti ai negoziati con i rappresentanti dei propri Paesi sono riusciti a bloccare i tentativi di limitare la produzione, causando lo stallo del processo. Le trattative sono quindi state aggiornate e si è deciso di proseguire i lavori con una seconda parte del quinto round negoziale, chiamata ufficialmente “Intergovernmental Negotiating Committee (INC) – 5.2”. L’Onu intanto avverte: senza interventi la produzione mondialedi plastica raddoppierà entro il 2050. Ogni anno infatti ne vengono prodotte oltre 460 milioni di tonnellate di cui il 75% finisce tra i rifiuti invadendo oceani e ecosistemi in tutto il mondo. Se le cose non cambiano nel giro di breve tempo, la produzione annuale, diventerà di 884 tonnellate. Ogni anno.

    Ambiente

    L’Everest sempre più simile ad una discarica d’alta quota: droni per ripulire la vetta

    di Paolo Travisi

    06 Agosto 2025

    La posta in gioco
    Il punto di partenza dei colloqui sarà il cosiddetto “Testo del Presidente”, un documento preliminare scaturito dalle precedenti sessioni che raccoglie circa 300 punti ancora oggetto di disaccordo. L’obiettivo è trovare un’intesa su questi nodi entro il 14 agosto. Giornate intense di incontri per colmare un vuoto normativo da cui dipendono i rischi non solo per salute dell’ambiente, ma anche per quella umana. Recentemente, un gruppo di 27 scienziati internazionali ha lanciato l’allarme sulle microplastiche – sono state scoperte perfino nella placenta – invitando i negoziatori a considerare i dati sanitari: la plastica è infatti legata, hanno spiegato, a malattie importanti come la cardiopatia e il cancro, con danni economici stimati in 1,5 trilioni di dollari in 38 paesi. La posta in gioco è dunque alta. Ma il contesto rimane complesso soprattutto a casa del blocco di Paesi produttori di petrolio. «Vogliamo un trattato efficace che copra l’intero ciclo della plastica», ha dichiarato nei giorni scorsi Felix Wertli, capo della Divisione affari internazionali dell’UFAM ( l’Ufficio Federale dell’Ambiente).

    Inquinamento

    Più gli animali vengono esposti a microplastiche, più vogliono mangiarle

    di Giacomo Talignani

    05 Luglio 2025

    Ginevra: ultima chiamata
    L’Unione europea che tratta a nome dei Ventisette, intende affrontare la questione con un approccio transnazionale, ossia superando l’ottica in cui ogni Paese decide autonomamente quali regole darsi, dato che l’inquinamento non si ferma ai confini statali. Non solo. Va cambiato anche l’approccio. Attualmente, gli impegni internazionali si concentrano soprattutto sulle azioni che riguardano il ciclo di vita dei prodotti già immessi nel mercato, come la gestione e smaltimento dei rifiuti contenenti sostanze plastiche. Alcuni Paesi stanno adottando misure per ridurne il consumo e aumentare il riciclaggio, oppure stanno intervenendo per rimuovere direttamente alcuni prodotti dal mercato, come i contenitori monouso. Ma bisogna andare oltre.
    L’Ue vorrebbe invece focalizzare gli sforzi su una regolamentazione più organica che coinvolga anche l’intero processo di produzione. Per quanto gli interventi downstream rimangano centrali, occorre mettere mano anche a tutte le fasi che vanno dalla scelta stessa di creare un prodotto fino al design, l’assemblaggio, il packaging, fino alla spedizione e la commercializzazione.

    Giornata Mondiale dell’Ambiente 2025: la plastica è ovunque, alleanza globale contro l’inquinamento

    di Loredana Diglio

    05 Giugno 2025

    “Chi inquina paga”
    Riuscire a introdurre degli impegni chiari e assicurarne il rispetto permetterà, secondo la Ue, anche alle aziende di muoversi all’interno di un quadro normativo prevedibile capace di garantire parità di condizioni anche a livello economico. Per questo uno dei princìpi guida, dovrebbe essere per Bruxelles, quello per cui “chi inquina paga“. Da parte sua, la delegazione elvetica porterà al tavolo proposte per eliminare gradualmente i prodotti più problematici e garantire che l’accordo sia applicabile anche nei Paesi con risorse limitate, grazie a meccanismi di sostegno finanziario. Tra le proposte svizzere figura anche la candidatura di Ginevra a sede del segretariato del futuro accordo, in competizione con Nairobi, che aveva ospitato il terzo round di negoziati. Vedremo. LEGGI TUTTO

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    Tillandsia, come coltivare la “pianta dell’aria”

    Sospese tra cielo e terra, le tillandsie crescono dove il suolo non arriva. Le si incontra sulle cime degli alberi, abbracciate ai rami, oppure ancorate alle rocce. Piante epifite, sì, ma anche poetiche, capaci di nutrirsi di umidità e luce grazie a una strategia evolutiva raffinata: i tricomi. Minuscole strutture sull’epidermide che si aprono quando la pianta ha sete e si richiudono quando ha raccolto abbastanza. Le foglie – talvolta strette, altre carnose, a volte color smeraldo, altre d’argento – sono uno spettacolo cangiante a seconda della specie. I fiori, spesso esplosivi nelle tinte, spuntano tra brattee come lampi di viola, rosa o rosso e, in alcune varietà, si riuniscono in infiorescenze dalla forma quasi architettonica.

    Le principali varietà di tillandsia
    Ne esistono oltre 600 specie, tutte appartenenti alla famiglia delle Bromeliaceae, ma possiamo dividerle in due grandi gruppi a seconda dell’habitat e dell’aspetto.
    Tillandsie atmosferiche (o aeree)
    Queste vivono letteralmente “nell’aria”, senza bisogno di suolo, assorbono acqua e nutrienti attraverso i tricomi delle foglie e hanno un aspetto più argentato, grazie alla peluria che le protegge dal sole e conserva l’umidità. Tra le specie più note ci sono:
    Tillandsia ionantha: piccola, compatta, con foglie verdi che diventano rosse in fioritura;
    Tillandsia caput-medusae: dalla forma bizzarra, foglie contorte che ricordano i serpenti di Medusa;
    Tillandsia tectorum: una delle più scenografiche, tutta bianca e “soffice”, sembra coperta di neve;
    Tillandsia xerographica: la regina delle tillandsie, con foglie larghe e arrotolate, perfetta per composizioni di design.

    Tillandsie mesiche (o da ambiente umido)
    Vivono in zone più umide, come le foreste pluviali. Le foglie sono più verdi, lisce, meno “pelose”, e si sviluppano spesso a rosetta. Le specie di questa categoria? Principalmente tre:
    Tillandsia cyanea: nota anche come “fiore rosa” è tra le poche che si coltivano anche in vaso. Bellissimo il fiore blu-viola su brattee rosa;
    Tillandsia lindenii: simile alla cyanea, ma con foglie più lunghe e fiori più grandi;
    Tillandsia flabellata: dalla fioritura rossa brillante, molto apprezzata per l’effetto decorativo.

    Come coltivare le tillandsie: le regole da seguire
    La tillandsia vuole luce, ma non troppa; umidità, ma senza eccessi. È una pianta che premia chi sa osservare e rispettare i suoi ritmi. Non richiede terra, ma attenzione. Per lei niente vasi, ma un supporto a cui aggrapparsi: che sia un pezzo di legno, un sasso levigato o un vetro soffiato non importa, purché sia a tutti gli effetti un sostegno, non un contenitore a terra.

    Luce e temperatura: l’esposizione ideale
    Questa particolare pianta ama la luce, ma non quella diretta del sole. Collocarla vicino a una finestra orientata a est o a sud-est è l’ideale; resiste bene alle alte temperature, ma non sopporta il freddo. Fate sempre molta attenzione all’oscillare dei gradi: sotto i 10°C, ad esempio, la tillandsia inizia a soffrire e, nel peggiore dei casi, persino morire. Nel caso in cui si decida di tenerla all’esterno, fate sempre molta attenzione ai cali di temperatura bruschi: un telo protettivo potrà salvarla.

    Acqua e umidità: quando e come annaffiare la tillandsia
    Se coltivata in esterno, la tillandsia non richiede l’acqua, perciò l’innaffiatoio non servirà. In questi casi, infatti, la pianta dell’aria si vaporizza e assorbe l’umidità notturna e l’acqua piovana. Dunque, a meno che non si trovi in una zona dal clima molto arido e secco, le irrigazioni di cui avrà bisogno saranno molto poche. Basteranno due spruzzate al giorno (una al mattino e una alla sera), per garantirle il giusto benessere e la giusta idratazione. Nei mesi freddi l’irrigazione si può ridurre, ma attenzione a non lasciarla troppo a secco. Si consiglia l’uso di acqua piovana, demineralizzata o, in alternativa, acqua di rubinetto bollita e raffreddata con qualche goccia di aceto: il calcare non è da considerare un alleato. Se coltivata in interno, invece, la pianta dell’aria va annaffiata con regolarità durante la stagione fredda, mentre nei mesi più caldi dovrà essere irrigata con una maggiore frequenza: come? Nebulizzando l’acqua direttamente sulle foglie. Ci sono casi, perlopiù estremi, in cui la tillandsia richieda la necessità di essere innaffiata con il metodo dell’immersione. Questo consiste nell’irrigare la pianta con un’abbondante quantità di acqua a temperatura ambiente e farlo con l’uso di una bottiglia.

    Concimazione leggera e mirata
    Durante la bella stagione, da aprile a settembre, una concimazione ogni due settimane con un fertilizzante liquido diluito può favorire la fioritura della tillandsia. In autunno e inverno, invece, sarà sufficiente una volta al mese. Attenzione sempre all’esagerazione: troppo fertilizzante può bruciare le foglie.

    Parassiti e malattie: meglio prevenire
    Le Tillandsie sono resistenti, ma non invulnerabili. Se si dovessero iniziare a notare foglie secche o dall’aspetto malato, la prima cosa da fare sarebbe controllare esposizione e umidità. Troppa luce diretta o troppo poco vapore, infatti, possono metterle in crisi. E se compaiono macchie bianche o piccole formazioni farinose? Potrebbero essere cocciniglie. In quel caso, si agirà con delicatezza: un batuffolo imbevuto d’alcol o una spugna e acqua saponata. Gli afidi, più rari, si combattono con antiparassitari naturali, ma sempre con cautela.

    Tillandsia in vetro: l’eleganza della leggerezza
    Collocata in una sfera trasparente o in un cilindro sospeso, la tillandsia diventa un complemento d’arredo che unisce l’essenzialità dell’aria al minimalismo estetico. Perfetta per chi ama il verde ma non vuole rinunciare a ordine e pulizia. È una pianta altamente versatile, che permette di integrarle in contesti decorativi eterogenei, come:
    Supporti naturali: possono essere fissate su pezzi di legno, rocce o conchiglie, creando composizioni uniche;
    Terrari e globi di vetro: per un tocco sofisticato e super moderno;
    Installazioni sospese: utilizzando fili di nylon o supporti specifici, è possibile creare giardini aerei che donano leggerezza e movimenti agli spazi circostanti. Oltre al loro indiscutibile valore estetico, le tillandsie offrono vantaggi ecologici significativi. Grazie ai tricomi, non solo assorbono umidità, ma catturano e metabolizzano agenti inquinanti presenti nell’aria, contribuendo a migliorare la qualità dell’ambiente domestico. Coltivare una tillandsia regala soddisfazioni. LEGGI TUTTO