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    Motus-E: in Italia 64.400 punti di ricarica per auto elettrica

    La rete italiana delle colonnine per le auto elettriche continua a crescere, con i punti di ricarica a uso pubblico installati a quota 64.391 (+13.713 sul 2023). È quanto emerge dalla sesta edizione dello studio “Le infrastrutture di ricarica a uso pubblico in Italia”, lanciato a Key – The Energy Transition Expo da Motus-E che sottolinea come questo risultato, “nonostante il ritardo nelle vendite di auto elettriche, conferma l’Italia tra i Paesi più virtuosi d’Europa nell’infrastruttura al servizio dei veicoli a batteria”.

    Fisco verde

    Più potenza a costo zero: come risparmiare in casa con la ricarica “intelligente” per l’auto

    di Antonella Donati

    05 Marzo 2025

    La Lombardia è la prima regione per punti di ricarica (12.926) davanti a Lazio (6.917), Piemonte (6.151); Roma è la città che conta più punti di ricarica installati (3.117),
    seconda Milano (1.400) e terza Napoli (1.235). Città questa che conta più punti di ricarica in rapporto alla superficie, davanti a Torino e Milano. Guardando alla distribuzione per macroaree, al nord si concentra il 57% dei punti di ricarica, al centro il 20% e al sud il 23%.
    I punti di ricarica lungo le autostrade sono 1.087. Considerando anche quelli entro 3 chilometri dall’uscita sono 3.447.

    Innovazione

    Adelie, l’auto solare a emissioni zero che pesa solo 170 chilogrammi

    di Paolo Travisi

    25 Febbraio 2025

    Meglio di Francia, Germania e Regno Unito
    Secondo il nuovo report sull’infrastruttura per auto a batteria, la rete italiana ha raggiunto nel 2024 un’espansione di oltre il 27% e un aumento dei punti di ricarica negli ultimi due anni del 75%. Inoltre, ha già il 75-80% di conformità rispetto agli ultimi obiettivi fissati dall’Europa. E con 19 punti di ricarica a uso pubblico ogni 100 auto elettriche circolanti, l’infrastruttura italiana si conferma davanti a quelle di Francia (14 punti ogni 100 auto), Germania (8 ogni 100) e Regno Unito (7 ogni 100), conservando il primato anche se si considerano solo i punti di ricarica veloci in corrente continua.
    Fast e ultra fast
    Insieme al numero totale delle colonnine aumenta anche l’incidenza di quelle a più alta potenza: il 47% dei punti installati nel 2024 è di tipo veloce e ultraveloce, segnando un record assoluto (lo scorso anno rappresentavano il 22% delle nuove installazioni).
    Per numero di punti di ricarica per chilometro quadrato è Napoli sul gradino più alto del podio (11 punti ogni km2), davanti a Torino (8 punti) e Milano (poco meno di 8 punti).

    Sulla sostenibilità si dividono le strade di Eurozona e Usa

    11 Febbraio 2025

    Un punto di ricarica nel raggio di 10 km
    Grazie al contributo di Rse (la ricerca sul sistema energetico), il report include l’aggiornamento dell’analisi spaziale dei punti di ricarica geolocalizzati, da cui emerge che, considerando anche le aree più remote e isolate del Paese, nel 94% del territorio nazionale è presente almeno un punto di ricarica in un raggio di 10 chilometri (86% a fine 2023).

    Transizione energetica

    Come funzionano le batterie bidirezionali delle auto elettriche e perché potrebbero far risparmiare alimentando l’energia delle nostre case

    di Giacomo Talignani

    30 Ottobre 2024

    Maggiore attenzione nel Meridione
    “Grazie all’impegno degli operatori il processo di infrastrutturazione del Paese procede spedito ma c’è ancora un importante lavoro da fare per aumentare la capillarità in alcune aree, specialmente nel Mezzogiorno, dove la limitata penetrazione dei veicoli elettrici non agevola i grandi investimenti richiesti, in particolar modo per le colonnine ad alta potenza”, ha osservato il presidente di Motus-E, Fabio Pressi, auspicando che “vengano estesi i termini per l’utilizzo dei fondi Pnrr ancora disponibili, rivedendo i meccanismi di cofinanziamento per facilitarne l’impiego e supportare la crescita dell’infrastruttura nelle zone meno coperte, facendo leva anche sul prezioso monitoraggio della Piattaforma Unica Nazionale gestita dal Gse”.
    L’accordo per le colonnine nelle aree di servizio
    Pressi sottolinea l’importanza della collaborazione tra tutti gli attori coinvolti da questo “grande processo di infrastrutturazione del Paese”, come dimostra il recente protocollo che siglato con Unem (Unione energia per la mobilità) per le colonnine nei distributori di carburante. “Lo stesso approccio andrebbe esteso anche alla semplificazione e omogenizzazione degli iter autorizzativi”, aggiunge auspicando “un maggior coordinamento pubblico-privato, anche attraverso l’atteso aggiornamento del Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica (Pnire)”. LEGGI TUTTO

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    Polimeri “ecologici”, un nuovo studio smentisce: “I polyBFR sono pericolosi”

    Quella che sembrava l’alternativa meno inquinante in realtà rappresenta un nuovo rischio per la salute. È quanto emerge da un nuovo studio guidato dalla Jinan University e pubblicato su Nature Sustainability. Al centro della ricerca: i polimeri progettati dai ricercatori per realizzare due nuovi ritardanti di fiamma – i bromurati polimerici conosciuti con la sigla polyBFR – considerati fino adesso “ecologici”, alternative “non tossiche” ai ritardanti di fiamma vietati (ad esempio, esabromociclododecano e decabromodifeniletere). Durante questo nuovo studio si è scoperto invece che possono inquinare e rappresentare un pericolo.

    Ma cosa sono i ritardanti di fiamma?
    Si tratta di composti chimici che vengono aggiunti ai prodotti di uso domestico e industriale per evitare che possano incendiarsi o per rallentare il propagarsi delle fiamme. Sono presenti quasi ovunque: mobili, tappezzeria, materassi, tappeti, tende, nei dispositivi elettronici ed elettrici, come computer fissi e portatili, telefoni, smartphone, televisori, elettrodomestici. Nei materiali da costruzione, come gli isolanti a base di schiume di polistirene e poliuretano. Anche nei sedili e coprisedili, paraurti e altri scomparti di automobili, aerei e treni.

    Greenpeace: in Italia mancano dati sulla pericolosa contaminazione da TFA

    di Fiammetta Cupellaro

    09 Gennaio 2025

    Si pensava fossero inerti
    Fino ad ora si credeva che questo tipo polimeri fossero inerti non ponendo quindi rischi per l’ambiente e la salute. Gli autori della nuova ricerca, però, hanno dimostrato che i polimeri utilizzati come ritardanti di fiamma possono scomporsi in sostanze chimiche nocive più piccole. “Il nostro studio suggerisce che i polimeri possono agire come un cavallo di Troia per sostanze chimiche tossiche”, ha affermato Da Chen, autore senior e scienziato presso la Jinan University in Cina: “Vengono aggiunti ai prodotti come grandi molecole inerti, ma nel tempo possono degradarsi, esponendoci ai loro dannosi prodotti di degradazione”.

    Il caso

    In California timori per l’inquinamento delle polveri rosa usate per ritardare gli incendi

    di Giacomo Talignani

    15 Gennaio 2025

    I test di tossicità
    I ricercatori hanno testato due ritardanti di fiamma bromurati polimerici (polyBFR) le famose alternative considerate “non tossiche” ai ritardanti di fiamma vietati. Hanno invece scoperto che entrambi i polyBFR si scomponevano in decine di tipi di molecole più piccole. I test di tossicità di queste molecole più piccole nei pesci zebra hanno mostrato un potenziale significativo per causare disfunzione mitocondriale e danni allo sviluppo e cardiovascolari.

    Rilevati nell’aria e nel terreno
    Gli scienziati hanno anche cercato questi prodotti di degradazione dei polimeri nell’ambiente e li hanno rilevati nel terreno, nell’aria e nella polvere. I livelli erano più alti vicino agli impianti di riciclo dei rifiuti elettronici e diminuivano allontanandosi dagli impianti.

    Inquinamento

    Gli utensili in plastica nera sono nocivi per la salute?

    di Paola Arosio

    01 Gennaio 2025

    Questi risultati confermano che l’uso di polyBFR nell’elettronica porta al rilascio di prodotti di degradazione tossici nell’ambiente con potenziale danno per l’uomo e la fauna selvatica. “L’uso diffuso di questi polyBFR nell’elettronica può causare esposizioni quando questi prodotti vengono fabbricati, quando sono nelle nostre case e quando vengono scartati o riciclati”, ha affermato Miriam Diamond, coautrice e professoressa presso l’Università di Toronto che sottolinea “Dato che si sospetta che i volumi di produzione siano molto elevati il potenziale di inquinamento, e i conseguenti gravi danni alle persone e alla fauna selvatica, mi preoccupano molto”. LEGGI TUTTO

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    Più potenza a costo zero: come risparmiare in casa con la ricarica “intelligente” per l’auto

    Tornano le agevolazioni sul costo di ricarica delle auto elettriche per chi usa le colonnine domestiche. È partita infatti la nuova campagna di sperimentazione a cura del GSE che consente di ricaricare il proprio veicolo elettrico con una potenza di 6 kW, di notte, di domenica e negli altri giorni festivi, senza un amento dei […] LEGGI TUTTO

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    Ora Trump ordina l’abbattimento di migliaia di ettari di foreste

    Non solo la scure per i tagli alle spese pubbliche, ma anche la motosega per abbattere gli alberi. Nel weekend il presidente Usa Donald Trump ha approvato un ordine esecutivo che prevede l’abbattimento di migliaia di ettari di foreste americane, aggirando potenzialmente le indicazioni sulla protezione delle specie, nel tentativo di ottenere legname più velocemente e ridurre le importazioni dal Canada, Paese con cui è in corso un importante braccio di ferro sulla questione dazi. La direttiva voluta dal neo presidente Usa mira a soddisfare l’aumento di offerta interna di legname per avvantaggiare costruttori di case e industria edile. Dunque la motosega simbolo del presidente argentino Javier Milei, Trump la imbraccia per davvero: l’obiettivo è una “immediata espansione nella produzione di legname”.

    Il vertice

    Cop16 chiude con un accordo (al ribasso) sulla biodiversità

    28 Febbraio 2025

    Le preoccupazioni di scienziati e ambientalisti
    “La produzione di legname, carta, bioenergia e altri prodotti in legno è fondamentale per il benessere della nostra nazione” scrive Trump nero su bianco e giustificando l’uso della scure su tutto il territorio nazionale, quasi 113 milioni di ettari di foreste nazionali e terre pubbliche.
    Una mossa che non fa che aumentare le preoccupazioni di scienziati e ambientalisti per lo smantellamento continuo, nell’ultimo mese, delle politiche climatiche e ambientali degli Stati Uniti. Dopo l’uscita dagli Accordi di Parigi, la rimozione e l’oscuramento dei concetti di crisi climatica dai siti federali e le migliaia di licenziamenti di dipendenti pubblici che riguardano in particolar modo ricercatori, forestali ed esperti delle agenzie federali su clima, meteo e protezione della natura, mentre l’America punta a “trivellare” ovunque e spingere sui combustibili fossili, ora c’è il rischio che anche i grandi alleati nella lotta al surriscaldamento globale, ovvero quei miliardi di alberi che assorbono CO2 e preservano la biodiversità, vengano presto abbattuti per alimentare l’industria del legname.

    Il vertice

    Cop16 chiude con un accordo (al ribasso) sulla biodiversità

    28 Febbraio 2025

    “Legno troppo protetto dalle norme”
    La visione di Trump indica come gli States abbiano “una abbondanza di risorse di legname” da sfruttare, ma finora il legno è stato a suo dire troppo protetto da normative – come quelle relative alla protezione delle specie a rischio nelle foreste – che hanno impedito un rapido accesso a queste risorse. Il dito è puntato in particolare contro l’Endangered Species Act che richiede valutazioni ambientali approfondite per garantire per esempio che attività come il disboscamento non danneggino la fauna selvatica e gli ecosistemi, valutazioni che possono far durare anni i processi di approvazione per i progetti di disboscamento. Di conseguenza, con l’ordine firmato il primo marzo, Trump punta a fare emanare “nuove linee guida” che possano agevolare l’aumento della produzione di legname, aggirando quelle norme di protezione.

    Gli ambientalisti: “Peggiorerà effetti sul clima”
    Per l’associazione no profit sui diritti ambientali Earthjustice “questo ordine esecutivo mette in moto una motosega libera per tutti nelle nostre foreste federali. Gli americani apprezzano le nostre foreste per tutti i benefici che offrono, come svago, aria pulita e acqua potabile pulita. Ma questo ordine ignora questi valori e apre la porta al saccheggio di terre selvagge, il tutto per nient’altro che un guadagno aziendale. A lungo termine, questo peggiorerà gli effetti del cambiamento climatico, distruggendo anche l’habitat critico della fauna selvatica” sostiene Blaine Miller-McFeeley di Earthjustice.

    Il vertice

    Cop16 chiude con un accordo (al ribasso) sulla biodiversità

    28 Febbraio 2025

    L’ordine emanato dal presidente Usa si basa sul concetto che la dipendenza del legname da altri Paesi sia un fattore che “minaccia la sicurezza nazionale”, per tanto – mentre il presidente sta considerando tariffe sulle importazioni di legno da Canada, Brasile e altri Paesi – l’idea è quella di una sorta di via libera alla possibilità di aggirare gli attuali livelli di protezione (delle specie e degli alberi) per dare vita a un mercato interno del legname “affidabile”.
    Per Randi Spivak del Centre for Biological Diversity quest’ordine “scatenerà motoseghe e bulldozer sulle nostre foreste federali”, minando la funzione degli alberi nella lotta alla crisi climatica e aumentando la perdita di quella biodiversità che è stata recentemente al centro degli accordi di 150 Paesi nella Convenzione sulla Biodiversità, la COP16 che si è tenuta a Roma, dove però i delegati degli Stati Uniti non erano presenti.

    78 milioni di ettari di foreste a rischio
    Anche se gli scienziati hanno ricordato come nei devastanti incendi che hanno colpito il Paese ci sia lo zampino della crisi climatica, che tra terreni più secchi e aumento delle temperature rende i fenomeni meteo e la devastazione più intensi, l’amministrazione Trump sostiene che aumentare il numero dei tagli sia un modo per “ridurre il rischio di incendi boschivi”, un sistema che viene indicato anche nel famoso Project2025, le linee guida conservatrici della Heritage Foundation che suggerivano tagli ai principali istituti scientifici.
    In tutto ciò la scorsa settimana Trump ha nominato Tom Schultz, ex dirigente dell’industria del legname, a capo del Forest Service, l’agenzia che dovrebbe supervisionare almeno 78 milioni di ettari di foreste nazionali e terreni pubblici. Nel frattempo, sebbene molte delle scelte della amministrazione Usa siano state spiegate con la necessità di “migliorare la gestione forestale”, nell’America dove migliaia di forestali sono appena stati licenziati si stanno anche interrompendo i finanziamenti relativi alla piantumazione di alberi.
    Stop ai finanziamenti
    In molte aree degli Stati Uniti, come per esempio in quelle che furono colpite vent’anni fa dall’uragano Katrina, erano in corso programmi e progetti per ripristinare chiome arboree e foreste che erano state distrutte. Uno dei più grandi finanziamenti, 75 milioni di dollari da destinare alla Arbor Day Foundation da parte del Forest Service, è stato infatti recentemente interrotto dal governo: la sovvenzione faceva parte della legge sul clima firmata dall’ex presidente Joe Biden, l’Inflation Reduction Act, ma Trump – con l’ennesimo colpo di motosega – ha deciso di tagliarla, esattamente come farà in futuro per molti dei grandi alberi americani. LEGGI TUTTO

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    La pianta dalla doppia fioritura che resiste al caldo

    In Italia e nei Paesi mediterranei cresce una pianta che ha un piano B per sopravvivere ai cambiamenti climatici e alla perdita di biodiversità. Fiorisce sia in primavera che in estate per attirare il maggior numero possibile di impollinatori diversi, dalle api fino alle formiche. Molte lo fanno, per carità, alcune anche per sbaglio perché […] LEGGI TUTTO

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    Dalla parte degli insetti, parla Vicki Hird: “Sì, chiediamoci se le formiche sono felici”

    L’entomologa suona la carica. Perché l’aragosta, per citare un memorabile libro di David Foster Wallace, va considerata. E con lei la lunga, sterminata schiera di invertebrati di cui poco s’interessa il grande pubblico. Anche per questo la biologa inglese Vicki Hird scende in campo, ancora una volta, al fianco degli insetti. Dopo il suo Rebugging the planet (mai tradotto in italiano), un appassionato atto d’amore per gli invertebrati, ha fatto molto discutere in questi giorni un articolo per The Guardian dal titolo emblematico: “I vermi provano dolore e le formiche sono felici? Perché la ricerca sui sentimenti degli invertebrati si sta evolvendo”.

    Il tema, molto dibattuto in letteratura scientifica, è quello del benessere degli insetti e della presenza di meccanismi di regolazione della nocicezione, ancorché primitivi: qualcosa di potenzialmente simile al dolore propriamente inteso. Vicki Hird – che nella sua biografia ufficiale si definisce bug lover – ne parla a Green&Blue dalla sua casa di Londra.

    Davvero siamo in grado di comprendere se un verme prova dolore se calpestato?“C’è un crescente corpus di lavori che affrontano le tipologie di criteri e misurazioni che si potrebbero usare per valutare se gli invertebrati, che – ricordo – rappresentano il 95% di tutte le specie animali, siano senzienti. È un’area di studio entusiasmante, che coinvolge diversi ricercatori o nel Regno Unito, tra cui Andrew Crump, che è stato in grado di dimostrare – attraverso una serie di misurazioni – che gli invertebrati più grandi, in particolare granchi e polpi, possano ‘sentire’, utilizzando metodi simili per testare la sensibilità dei vertebrati. Quindi è solo questione di tempo. Ma abbiamo bisogno di misurazioni multiple: non esiste un singolo attributo del comportamento che ci dia le risposte. Spero vivamente che si possano elaborare risposte per i vermi e tutti gli esseri del pianeta. L’obiettivo ultimo è di assicurarci di trattarli nel modo più umano possibile”.Se gli invertebrati avvertono dolore, c’è un tema non marginale che si fa largo e riguarderebbe i loro diritti. Da un punto di vista legislativo, quali sono i Paesi più avanzati? Ritiene che le cose potrebbero cambiare in futuro?“Questa è una domanda molto interessante: non tutti sanno, del resto, che già oggi esistono leggi sulla sensibilità per gli animali, inclusi cefalopodi e crostacei decapodi, in diversi paesi tra cui Nuova Zelanda, Svizzera, Norvegia, Canada e persino in alcuni Paesi dell’Unione Europea. Nel Regno Unito, per la prima volta, gli invertebrati sono stati inclusi nell’Animal Welfare (Sentience) Act 2022, che è stato modificato per includere alcuni grandi invertebrati ed è stato approvato solo di recente. Per quanto ne so, però, non esistono ancora tutele legislative per gli invertebrati ‘inferiori’, che costituiscono di gran lunga il maggior numero di animali sul pianeta”.Nelle pagine del suo “Rebugging the Planet” sottolinea quanto gli invertebrati siano essenziali, per il bene nostro e del pianeta. Da dove nasce il suo grande interesse per formiche, api e granchi?“Ho iniziato da piccola ad affascinarmi agli invertebrati, insetti in primis, e un po’ a tutto il mondo naturale. Allevavo formiche in una scatola, sotto il letto. Ho poi avuto un grande insegnante di biologia a scuola, che mi ha indirizzato sulla strada della ricerca: così, ho conseguito una laurea in biologia e ho finito per studiare gli impatti dei pesticidi e, subito dopo, a intraprendere un master in gestione dei parassiti con focus sull’agricoltura. Il resto è nato da quell’interesse”.Le popolazioni di insetti nel Regno Unito stanno diminuendo a un ritmo allarmante, al punto che il governo sta valutando di mettere in atto piani per monitorare e ridurre l’uso e la tossicità dei pesticidi prima che sia troppo tardi. La situazione è così allarmante?“Sì, lo è. Perché allarmante è il ritmo con il quale registriamo il declino di alcune specie e, soprattutto, perché stiamo esaurendo il tempo a nostra disposizione. Alla base del declino di molte specie di insetti ci sono molti fattori: dalla perdita di habitat e dal cambiamento climatico all’inquinamento luminoso, fino naturalmente ai pesticidi. Stiamo ancora aspettando un sistema efficace per affrontare questo problema in modo efficace, elaborando magari un nuovo National Action Plan on The Sustainable Use of Pesticides, con sette anni di ritardo. Ci sono stati alcuni progressi su alcune sostanze chimiche davvero problematiche, penso ad esempio al recente divieto di insettici di neonicotinoidi, che sono estremamente tossici: attaccano infatti il sistema nervoso degli insetti e, anche a basse dosi, le api e i bombi sono disorientati, non trovano più il loro alveare. Ma sono considerati molto efficaci e così vengono ancora utilizzati in tutto il mondo. E ora nel Regno Unito abbiamo un sostegno finanziario per gli agricoltori che utilizzano sistemi di gestione integrata dei parassiti: si tratta di un passo molto importante”.Qual è la sua opinione sul consumo di insetti per uso alimentare?“Due miliardi di persone in tutto il mondo mangiano regolarmente insetti, non mi sentirei di dire che non dovrebbero farlo: sono, anzi, una fonte vitale di proteine e del resto vengono utilizzate da molte centinaia di anni. Ma la moderna produzione industriale di insetti come cibo, beh, è più problematica: potrebbe avere un ruolo nel sostituire fonti di proteine molto più problematiche e dannose, in particolare la carne di animali da allevamento intensivo. Ma dovrebbe essere effettuata in modo sostenibile, avendo realmente a cuore il benessere degli animali a cuore e il rispetto delle normative. Ma non credo che l’allevamento di miliardi di insetti come mangime per animali sia giustificabile: potrebbe sostenere un sistema di allevamento intrinsecamente crudele e insostenibile da cui ben guardarci, dato il suo impatto sulla fauna selvatica, sul clima, sulla salute umana e così via.

    Lei è anche Strategic Lead on Agriculture per il “The Wildlife Trusts” ed è stata responsabile di “Sustainable Farming for Sustain”, l’alleanza per un cibo e un’agricoltura migliori. Ha più volte sostenuto l’opportunità di non vietare la carne d’allevamento. Come pensa che si possa risolvere, allora, il problema della sostenibilità alimentare?“Per trent’anni ho sostenuto campagne volte a ripensare il sistema agricolo e alimentare su traiettorie molto differenti, in cui carne e latticini si configurino come parte residuale della nostra dieta. Non ci si aspetta che vengano eliminati del tutto e in molte regioni possono essere una parte vitale della cultura, degli ecosistemi, delle comunità e delle economie. Ma non possiamo risolvere la maggior parte dei problemi di utilizzo delle risorse, mitigazione dei cambiamenti climatici, giustizia ambientale, cattiva salute correlata alla dieta umana e ripristino della natura senza una consistente riduzione del consumo di carne e latticini”.Ha paura delle politiche ambientali di Trump?“Sì. Il taglio alla ricerca e all’azione sul clima sono un autentico disastro. Anche la protezione della natura è fondamentale. Quello che sta facendo il presidente degli Stati Uniti è terrificante: la conseguenza è che ora è il resto del mondo a dover fare un passo avanti con maggiore determinazione. In fretta”.Qual è il suo rapporto con l’Italia?“Adoro visitarla, trovo gli italiani accoglienti e affascinanti, adoro il cibo e sono estremamente interessata alla sua storia. Il mio ultimo viaggio è stato in Sud Italia, tra Napoli, Sorrento e il Vesuvio”. LEGGI TUTTO

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    Escallonia: tutte le varietà e la giusta cura per una bella fioritura

    L’escallonia si presenta come una pianta sempreverde, originaria del nord e sud America, e appartenente alla famiglia delle escalloniacea. Per prendersene cura nel modo migliore, abbiamo elaborato una piccola guida per la coltivazione delle diverse varietà, così da poter ottenere una bella fioritura profumata e colorata.

    La coltivazione e la cura dell’escallonia
    Questo arbusto sempreverde è una pianta utilizzata molto spesso per creare delle belle siepi sistemando le piante a 60-100 cm di distanza le une dalle altre. Non ha particolari richieste per la cura l’escallonia, poiché si tratta di una specie abbastanza rustica. L’escallonia, però, non è solo ideale per la coltivazione in piena terra: infatti, è possibile sistemare la pianta anche in balcone, coltivando la pianta in vaso. Va rammentato anche che si tratta di una pianta che resiste molto alla salsedine e, di conseguenza, può essere la soluzione ideale per tutti quei giardini e terrazzi in località di mare. Si tratta di arbusti che sopportano un’esposizione diretta anche alla luce del sole e al vento. Dal punto di vista estetico, questa pianta di presenta con foglie lucide e di colore verde scuro che creano una fitta vegetazione per delimitare le abitazioni. Non cresce molto in altezza, poiché raggiunge al massimo 1.5-2,5 metri. La temperatura ideale per la sua crescita è compresa tra i 10°C e i 25°C per quanto riguarda le aree temperate, ma se si selezionano esemplari più resistenti come l’escallonia rubra macrantha si può avere più tolleranza. Infatti, a seconda della varietà prescelta si riesce ad avere una pianta che resiste fino a -5°C/-10°C. Ad ogni modo, con lunghi periodi di freddo è necessario acquistare del tessuto non tessuto per preservare la pianta e il terreno dal gelo.

    Le varietà più note
    Sono diverse le varietà di escallonia che si può decidere di coltivare in piena terra oppure in balcone. Qui di seguito abbiamo raccolto alcune delle varietà che si possono trovare con maggiore facilità e che differiscono tra di loro per le caratteristiche con cui si presentano:
    Escallonia rubra: detta anche escallonia rossa, è una specie originaria del Cile meridionale e dell’Argentina e può raggiungere i 3,6 metri d’altezza. È una sempreverde con foglie lucide, ellittiche e seghettate con corteccia ruvida di colore leggermente rosso che man mano sfuma verso il marrone-grigio. I fiori, che sbocciano tra luglio e ottobre, hanno una forma di tromba, sono a grappoli e di colore rosa-cremisi.
    Escallonia red dream: questo arbusto ha foglie verde brillante e fiori di colore rosso che si possono ammirare tra l’estate e l’autunno. Le siepi si adattano a qualunque terreno, ma se si verificano gelate è fondamentale proteggerle.
    Escallonia nana: è un arbusto di piccole dimensioni che può arrivare a un massimo di 60-80 centimetri. La fioritura è di colore rosso e si può osservare tra maggio e settembre.
    Escallonia illinita: è una sempreverde che si adatta anche alle aree più ventose ed ha un profumo speziato, specie con l’arrivo della stagione invernale. I fiori di questa pianta, che arriva a 2,5 metri al massimo, sono di colore rosa e si possono ammirare tra luglio e agosto. È molto resistente al freddo.
    Escallonia apple blossom: per creare piccole bordure si può sfruttare questa pianta che si presenta con fogliame verde luminoso e fiori di colore rosa che ricordano, proprio come dice il nome, quelli della mela. È resistente al vento, al freddo e alla salinità.
    Escallonia laevis pink elle: è un cespuglio con foglie lucide e una fioritura estiva con fiori di colore rosa e sfumature di bianco. La fioritura può proseguire per tutta l’estate e protrarsi anche in autunno. Raggiunge gli 80-100 cm di altezza ed è ideale per le aiuole.

    La fioritura
    La fioritura di questo cespuglio sempreverde è in estate. Sui rami nuovi si possono notare grandi fioriture e, proprio per questo, in primavera è suggerito effettuare la potatura. I fiori hanno una forma di stella e sono riuniti in gruppi. A seconda della varietà che si decide di coltivare nel proprio giardino o in balcone è possibile avere fioriture di diverso colore. Infatti, ci sono fiori di colore rosa, rosso e bianco.

    Il terreno e le annaffiature
    L’escallonia gradisce un tipo di terreno privo di eccessi idrici: proprio per questo, è preferibile selezionare dei terreni ben drenati. In alternativa, se si decide di coltivare la pianta in vaso è fondamentale scegliere un terriccio universale libero e leggero, magari posizionando sul fondo del contenitore dell’argilla espansa o mischiando il terriccio con della sabbia. Rammentiamo che è una pianta che sopporta abbastanza bene i periodi di lunga siccità. Quindi, per quanto riguarda le annaffiature è importante considerare che si devono fare nella bella stagione, sempre facendo attenzione al fatto che il terreno sia asciutto.

    La concimazione
    L’escallonia può essere concimata con un fertilizzante a lenta cessione: in questa maniera, l’arbusto si mantiene rigoglioso e sano, offrendo sempre una meravigliosa fioritura. La concimazione si fa tra la primavera e l’estate, così da lasciare riposare la pianta nella fase in cui è terminata la fioritura. In inverno, trattandosi di un periodo di riposo, non è più necessario somministrare del fertilizzante.

    La moltiplicazione della pianta
    È possibile ottenere nuove piante di escallonia effettuando una talea semilegnosa di 10-15 cm. A tal proposito, è importante recuperare un rametto sano e non fiorito dalla parte bassa del sempreverde e controllare che siano presenti almeno due serie di foglie in cima. In questo modo, si può sistemare il bastoncino in acqua oppure direttamente nel terreno, attendendo la comparsa delle prime radici.

    Il rinvaso e la potatura
    Il rinvaso di un esemplare come quello nano, che si addice maggiormente alla coltivazione in vaso, si può effettuare in primavera. È importante selezionare un vaso che si di poco più grande così da offrire il giusto spazio alla pianta. Inoltre, bisogna utilizzare un buon terreno drenante e sterile, così da non incorrere in nessuna problematica. Per quanto riguarda la potatura, invece, è da farsi con temperature miti: a maggio e alla fine del mese di agosto si può operare al meglio sulla pianta, utilizzando delle cesoie pulite. Prima dell’inverno si potrà sistemare la siepe per donare una forma più arrotondata e favorire così una bella fioritura e una forma più ordinata.

    Le malattie e i parassiti più comuni
    Come avviene per molte piante, anche l’escallonia può essere attaccata dagli afidi. Non appena si nota il problema è necessario acquistare un prodotto specifico che permette di eliminarli. Tra gli ulteriori problemi che possono sorgere con la coltivazione dell’escallonia ricordiamo quelli connessi all’eccessiva somministrazione di acqua: la pianta odia i ristagni idrici e, nei casi peggiori, potrebbe anche morire per via del marciume radicale. Può essere attaccata anche da funghi che invadono i tessuti della pianta e ne ostacolano il passaggio dei nutrimenti e dell’acqua. LEGGI TUTTO

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    In Europa ridotto l’inquinamento atmosferico, ma i livelli restano alti

    Il quarto “Clean Air Outlook”, il rapporto della Commissione europea e dell’Agenzia europea dell’ambiente (Aea) conferma che le emissioni di inquinanti atmosferici nei paesi della Ue continuano a diminuire. Se da una parte l’analisi che arriva dal monitoraggio “Zero Pollution” è una buona notizia, dall’altra i ricercatori sottolineano che nonostante i progressi ottenuti, i livelli […] LEGGI TUTTO