Rischio tsunami in crescita nel Mediterraneo a causa della crisi climatica
A causa del cambiamento climatico nei prossimi 50 anni la probabilità di tsunami nel Mediterraneo potrebbe registrare un incremento compreso tra il 10% e il30%. Con potenziali criticità per le coste più basse del Mare Nostrum, tra le più popolate al mondo. L’ultimo allarme arriva da due studi appena pubblicati sulla rivista internazionale Scientific Reports dal titolo “Including sea-levelrise and vertical land movements in probabilistic tsunami hazard assessment for the Mediterranean Sea” e nel volume edito dalla Elsevier intitolato “Probabilistic Tsunami Hazard and Risk Analysis”, a cui hanno collaborato i ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
I riflettori dei ricercatori sono stati puntati sul previsto aumento del mare causato dal riscaldamento globale, combinato con i movimenti geologici costieri: un fenomeno in grado di accrescere il rischio e le conseguenze dei maremoti per le oltre 150 milioni di persone che vivono nelle aree costiere del Mediterraneo, un’area che sarà sempre più vulnerabile agli effetti del climate change. Per sviluppare modelli efficaci in grado di prevedere il rischio legato agli tsunami, i progetti europei Savemedcoasts2 e TSUMAPS-NEAM – entrambi coordinati dall’Ingv – sono così partiti dal calcolo dell’impatto dell’innalzamento del livello del mare, che attualmente è quantificabile sui circa 4 millimetri all’anno ma che è in accelerazione, come certificano le proiezioni fino al 2150 fornite dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), utilizzate per lo studio.
“Il Mediterraneo è tra le aree più sismiche del pianeta”
“Alla fine di questo secolo, il livello medio globale del mare potrebbe salire fino a circa 1,1 metri rispetto a oggi, a causa dello scioglimento dei ghiacciai dell’Antartide, Groenlandia e di quelli montani interni come Himalaya e Alpi e dell’espansione termica degli oceani che assorbono gran parte del calore che arriva sulla Terra”, spiega Marco Anzidei, ricercatore dell’Ingv, coautore dello studio e coordinatore del progetto Savemedcoasts2. “Abbiamo misurato i rischi crescenti per le popolazioni costiere – aggiunge – certificando un rischio maggiore per alcune aree, dalla Sicilia orientale alle coste del Nord Africa, fino al delta del Po, dove un’onda di maremoto in futuro potrebbe generare danni ben più consistenti rispetto a oggi”.
Il riscaldamento globale non è causa diretta degli tsunami, dunque, ma ne può amplificare fatalmente le conseguenze. “I maremoti non sono fenomeni climatici estremi, ma si generano per l’improvviso spostamento di una grande massa d’acqua a causa di terremoti, eruzioni vulcaniche o frane. – aggiunge Anzidei – Il Mediterraneo è tra le aree a più alta sismicità del Pianeta e sapere che gli effetti di questa sismicità potranno essere, in un futuro prossimo, ancor più consistenti può aiutare i decisori politici”. Del resto, la storia di quest’area racconta di maremoti significativi, non ultimo quello che nel 1908 si riversò su Messina e Reggio Calabria, con vittime e danni ingenti.
“Opere costiere di contrasto non sono la soluzione”
“Nello studio abbiamo considerato anche come i movimenti geologici possano sommarsi all’innalzamento marino, aggravando il rischio nelle zone dove il suolo tende ad abbassarsi”, commenta Anita Grezio, ricercatrice dell’Ingv e prima autrice dello studio: sono dunque state integrate le analisi sui movimenti verticali delle coste, come la subsidenza, che amplificano gli effetti locali dell’innalzamento del livello del mare. “La nostra ricerca – conclude – fornisce nuovi strumenti per valutare il pericolo tsunami, integrando scenari futuri che tengono conto sia dei cambiamenti climatici che dei fenomeni geologici”, aggiunge. I ricercatori non forniscono soluzioni, se non – indirettamente – attraverso l’auspicio di un più efficace contrasto al cambiamento climatico. “Opere costiere che attutiscano l’effetto di possibili terremoti sarebbero soltanto palliativi – conclude Anzidei – tanto più perché il fenomeno dell’innalzamento dei mari è globale e non territorialmente limitato”. LEGGI TUTTO