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    Archeoplastica, il museo degli oggetti gettati nel mare e riapparsi dopo decenni

    Quella che per anni è stata una semplice abitudine personale – raccogliere rifiuti durante le passeggiate sulla spiaggia – si è trasformata per Enzo Suma, guida naturalistica di Ostuni, in una missione di sensibilizzazione ambientale. Sulle spiagge assolate del Salento, nel cuore della Puglia, dove il mare sta riportando a riva oggetti di plastica dimenticati, logorati dal tempo e sbiaditi dal sole. Gettati via decenni fa oggi ritornano, spiega l’attivista, con le loro storie che rappresentano un ammonimento. “Il mare ci sta sputando in faccia i nostri rifiuti”, afferma Suma oggi fondatore di Archeoplastica, il museo online degli antichi rifiuti spiaggiati: oltre 500 reperti plastici restituiti dal mare. La sua storia è apparsa sul quotidiano inglese The Guardian. LEGGI TUTTO

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    Lauroceraso: la coltivazione, la cura e le malattie

    Il lauroceraso è una pianta nota anche con il nome di prunus laurocerasus. Si tratta di un esemplare sempreverde appartenente alla famiglia delle rosacee, originario dell’Asia minore e Caucaso. È diffuso soprattutto nell’area mediterranea e oggi scopriamo tutto quello che c’è da sapere sulla corretta coltivazione e cura per evitare le più comuni malattie.
    La coltivazione del lauroceraso
    Il lauroceraso si presenta come un arbusto che può raggiungere i 15 metri di altezza. Dal punto di vista estetico, è contraddistinto da fogliame di colore verde scuro che è chiaro durante i primi anni di vita. Le foglie sono molto coriacee e hanno una forma allungata e tondeggiante verso l’apice. I bordi sono leggermente seghettati. Con l’arrivo della bella stagione, tra aprile e giugno, compaiono i fiori: questi sono bianco avorio e disposti a racemo. Il loro profumo non è particolarmente gradevole: infatti si avverte un odore leggermente acidulo. I frutti, invece, sono rossi-viola quando sono acerbi e cambiano di colore diventando blu-nero quando sono maturi. Per la corretta coltivazione di questa pianta è necessario selezionare aree in altitudine inferiore ai 700 metri. Il terreno, invece, deve essere neutro, con un pH inferiore a 7,5. È una pianta che ama l’esposizione abbastanza soleggiata almeno per una buona parte della giornata. Per quanto riguarda le temperature, tollera quelle basse, a patto però che non venga sottoposta per troppo tempo al freddo.

    La coltivazione del lauroceraso avviene soprattutto a scopo ornamentale: infatti, con questo arbusto è possibile realizzare una parete verde dal fogliame fitto. Attira una buona biodiversità, con api e insetti impollinatori che ne sono attratti. È importante maneggiare la pianta con dei guanti: infatti, le foglie e i suoi semi sono velenosi per via della presenza di acido cianidrico.

    Le varietà della pianta
    In natura si possono osservare diverse varietà di lauroceraso che si contraddistinguono tra di loro per caratteristiche differenti, create proprio nei vivai per soddisfare le esigenze climatiche. Qui di seguito ecco quelli che si possono trovare comunemente:

    Lauroceraso Rotundifolia: arriva a un’altezza massima di 30-60 centimetri ed è caratterizzato da foglie di forma rotonda, grande e verde brillante. Non è amico del gelo e non sopporta l’umidità.
    Lauroceraso Etna: è chiamato così poiché nella sua prima fase di vita ha foglie di colore rosso che poi cambiano diventando di un verde brillante. È resistente al freddo, ma non ama troppa umidità.
    Lauroceraso Caucasica: è utilizzata come siepe, giacché cresce molto veloce e crea una barriera con foglie più strette rispetto ad altre varietà. La sua crescita in larghezza non è eccessiva, tanto da essere suggerito per i giardini più piccoli.
    Lauroceraso Tico: è uno degli esemplari che resiste meglio alle temperature basse, sopportando i -20°C. Si presenta con fiori piccoli, ma decisamente profumati. I suoi germogli sono dapprima di colore verde brillante chiaro e poi cambiano tonalità diventando di bronzo.
    Lauroceraso Otto Luyken: si tratta di un esemplare che può raggiungere al massimo 1 metro di altezza e, proprio per questo, è suggerito se si è alla ricerca di una siepe bassa.
    Lauroceraso Zabeliana: è un’altra specie molto resistente al freddo e al gelo, ma cresce abbastanza lentamente. È perfetto per i giardini più piccoli, ma è importante effettuare le corrette potature per non farla allargare eccessivamente.
    Lauroceraso Herbergii: è un’altra delle proposte pensate per spazi piccoli, dove si necessita di una siepe bassa. Questa ha foglie lunghe e verde scuro e resiste molto al freddo pungente e alle gelate. Tollera di più l’umidità, ma non i ristagni idrici.
    La messa in piena terra del lauroceraso

    Il miglior momento per mettere a dimora la pianta del lauroceraso è in autunno; se si vive in un’area dove il clima è molto rigido, è meglio preferire la primavera. È importante preparare una buca di circa 100 centimetri, sia in larghezza sia in profondità. Sul fondo è necessario adagiare del materiale che aiuta il terreno ad essere più drenante, come la ghiaia. Se si ha a disposizione un esemplare che si allarga molto, è necessario sistemare la pianta distante dall’altra circa 100-120 centimetri. È suggerito aggiungere del concime organico per concludere la fase della messa in piena terra.

    Come concimare la pianta?
    Per procedere alla corretta concimazione del lauroceraso è importate selezionare un concime organico, da collocare una volta all’anno in autunno. È vitale utilizzare questo genere di concime, senza mai toccare l’area del tronco. In primavera, si può passare all’utilizzo di concime in forma granulare, suggerito proprio per le piante verdi. Durante la prima fase di crescita, è importante selezionare concime con azoto: questo elemento permette alla pianta di svilupparsi bene. Infine, con il termine dell’estate si può usare concime organico con urea.

    Quando potare la pianta?
    Il lauroceraso utilizzato come siepe deve essere potato al massimo due volte l’anno, prima di giugno e alla fine di settembre. Per una corretta potatura della siepe, è preferibile utilizzare le cesoie che sono più precise del tosasiepi: questo non è suggerito poiché potrebbe provocare dei danni alle foglie più grandi. Se si coltiva in vaso, è necessario procedere solo con l’eliminazione dei rami secchi o di quelli danneggiati.

    Le annaffiature dell’arbusto
    Questo arbusto gradisce un terreno fresco, ma non bisogna mai eccedere con l’acqua. Gli alberi o siepi adulti possono crescere bene anche solo con la pioggia piovana. Va detto, però, che se sono presenti dei lunghi periodi di siccità è necessario annaffiare la pianta almeno 2 volte a settimana. Se si coltiva in vaso la pianta o, comunque, si ha a che fare con una pianta giovane, è utile annaffiare da marzo a settembre in maniera regolare.

    La moltiplicazione della pianta
    È possibile moltiplicare la pianta per talea e per seme. Nel primo caso, è necessario recuperare un rametto da 10 centimetri circa e privarlo delle foglie. Dopodiché, si può sistemare in terriccio e conservarlo in un luogo fresco a mezz’ombra, purché riparato dal vento. Sarà necessario annaffiare in maniera regolare. Per quanto riguarda la propagazione per seme, invece, si può ricavare direttamente dai frutti essiccati al sole. Una volta estratti i semi è necessario farli asciugare per 2 mesi in frigo. Dopodiché si possono piantare in un mix di torba e sabbia, mantenendo il terreno umido.

    La durata della vita del lauroceraso
    Se coltivato nel modo giusto, la durata della vita del lauroceraso è lunga: infatti, riesce a crescere bene per molti anni. A mettere in pericolo la sua sopravvivenza sono degli errori durante la sua cura, l’attacco da parte di parassiti oppure le malattie.

    Le malattie e i parassiti più comuni
    Il lauroceraso può incorrere in diverse malattie e parassiti durante la sua vita. Ad esempio, tra le patologie fungine che possono comparire vi sono quelle che attaccano le foglie chiamata oidio o mal bianco. In questo caso, il fogliame mette in evidenza macchie di colore bianco, leggermente polverose, con una lamina biancastra che sembra ricordare un feltro. In presenza di questa problematica, gli esemplari di foglie più giovani avvizziscono. La cocciniglia e la psilla sono i due tipi di parassiti che colpiscono comunemente questa siepe. Nel primo caso, la cocciniglia infesta i fusti e la parte inferiore delle foglie. In questo modo, si sviluppa una melata che porta lentamente alla morte delle foglie, con ingiallimento, secchezza e caduta delle stesse. La psilla, invece, è un insetto che va sempre ad intaccare la parte inferiore delle foglie. Su queste si depositano le uova dell’insetto che vanno a far mutare il loro aspetto. Le foglie si deformano e poi ingialliscono. LEGGI TUTTO

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    Goletta Verde 2025: inquinato il 34% del mare e dei laghi italiani

    Mare trasparente? Non ovunque e non sempre. Inquinamento, cattiva depurazione delle acque reflue, scarichi abusivi e crisi climatica minacciano mare e laghi italiani. L’edizione 2025 di Goletta Verde e Goletta Laghi la storica campagna estiva di Legambiente fotografa anche quest’anno la realtà delle coste italiane. Dalla Sicilia alla Liguria, dalla Campania alla Toscana i volontari dell’associazione ambientalista hanno monitorato decine di punti critici tra metà giugno a metà luglio. I risultati parlano chiaro. Nell’estate 2025 su 388 campionamenti effettuati nelle acque costiere e lacustri in 19 regioni dagli oltre 200 volontari e volontarie di Legambiente, il 34% è risultato oltre i limiti di legge, ossia 1 campione su 3. In particolare, il 34% dei punti campionati con Goletta Verde è risultato “inquinato” o “fortemente inquinamento” con una media di un punto ogni 80 km, mentre per i laghi il 30% dei punti campionati è risultato oltre i limiti di legge.

    Biodiversità

    Le biobanche dei coralli che salvano le barriere con la criogenesi

    di Paola Arosio

    15 Luglio 2025

    Anche quest’anno le foci dei fiumi, canali e corsi d’acqua che sfociano a mare o nel lago sono risultati i punti più critici: 101 su 188 aree controllate sono risultate “inquinate” o “fortemente inquinate”. Sulla questione, Legambiente denuncia che il 56% di quelle monitorate da Goletta Verde, non controllate dalle autorità competenti e di conseguenza non balneabili, risultano essere in prossimità una spiaggia libera. Un dato preoccupante se si pensa che oltre 220 chilometri di costa sabbiosa ad oggi non sono monitorati dalle autorità competenti (sui 3.346 km di costa bassa), ovvero il 6,6%, e alle poche spiagge libere rimaste nella Penisola, soprattutto in alcune regioni.

    I numeri dell’emergenza
    In Campania su 31 punti campionati il 52% è risultato oltre i limiti di legge, così come in Calabria dove su 23 campioni prelevati 13 sono risultati inquinati, di cui 9 “fortemente inquinati”. Complicata la situazione sia in Toscana con il 60% dei campioni oltre la soglia che in Liguria: su 21 punti, più delle metà non è rientrato nei parametri di balneazione di cui 9 “fortemente inquinanti”. In Sicilia su 25 punti monitorati 11 (il 44%) hanno superato i limiti, la maggior parte localizzati nei pressi delle foci di fiumi e torrenti.

    Mare: “Spiagge libere considerate zone di serie B”
    Su 263 punti campionati lungo gli oltre 7.500 km di costa italiana, l’8% è stato giudicato inquinato e il 27% fortemente inquinato. I problemi principali si sono avuti alle foci dei fiumi, dove il 58% delle analisi (69 su 119) ha avuto esito negativo risultando inquinato (15) o fortemente inquinato (54). Balza agli occhi come il 71% delle foci monitorate nella campagna Goletta Verde (85 su 119) corrisponda a tratti di costa non campionati dalle autorità competenti e di queste ben 47 siano risultate oltre i limiti di legge.

    Inquinamento

    Farmaci, nicotina e plastica: nelle balenottere del Mediterraneo alti livelli di contaminanti

    di Pasquale Raicaldo

    07 Luglio 2025

    “Un’anomalia – spiega Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente – che viene spesso giustificata dalle autorità competenti con il fatto che le foci dei fiumi non sono balneabili e che si dia per scontato che siano inquinate. È questa la reale differenza tra i campionamenti eseguiti dalle autorità competenti per stabilire la balneazione di un tratto di costa, e quelle eseguite da Legambiente che hanno come obiettivo individuare le criticità dovute ad una scarsa o assente depurazione che minaccia la qualità del mare. Ma dietro questa mancanza di campionamenti alle foci dei fiumi, si cela anche un’altra criticità, spesso si trovano nei pressi delle spiagge libere oggi sempre più relegate a zone di serie B mentre i numerosi cittadini che vogliono fruirne meriterebbero di trovarle almeno in luoghi monitorati e balneabili”.

    Laghi: il problema delle microplastiche
    44 i laghi campionati da Goletta dei Laghi in 11 regioni che hanno portato al prelievo di 125 campioni di acqua sottoposto ad analisi microbiologiche. Il 30% dei campionamenti (38 su 125) è risultato oltre i limiti di legge. Nello specifico 9 sono stati i campioni giudicati inquinati e 29 quelli fortemente inquinati. Oltre alle analisi microbiologiche, nel corso della Goletta dei Laghi 2025 sono state eseguite anche delle analisi chimico fisiche su 7 laghi (lago della Serraia in Trentino-Alto Adige; lago Pertusillo in Basilicata e laghi Arvo, Cecita, Ampollino, Ariamacina e del Passante in Calabria). Tutte entro i limiti le analisi condotte che hanno riguardato i valori di azoto, nitriti, nitrati, fosforo, cloruri e solfati nei laghi calabresi e che risultano tutti nei range delle classi di qualità più elevate. Inoltre, è stata posta nuovamente l’attenzione sulle microplastiche nei laghi grazie alla tappa sul lago d’Orta.

    Inquinamento

    Microplastiche, nel lago d’Orta rilevati 17 polimeri differenti

    a cura della redazione di Green&Blue

    07 Luglio 2025

    Isole felici
    Ci sono anche isole felici in cui i livelli di inquinamento restano contenuti o assenti. Come tutti i 10 punti monitorati lungo le coste del Friuli Venezia Giulia risultati entro i limiti di legge e il Veneto con il 100 % dei campioni on regola. Situazione migliore anche per i campioni prelevati direttamente in mare o nelle acque del lago, ossia in aree lontane da foci o scarichi, dove solo il 15% è risultato oltre i limiti di legge (30 su 200).

    Mediterraneo: mai così caldo dal 2016
    Al problema dell’inquinamento e dei pochi controlli, si affianca quello della crisi climatica e dei rifiuti. Al grido “Non è caldo, è crisi climatica”, Legambiente – rielaborando i dati forniti dalle immagini satellitari di Copernicus – ha calcolato che a giugno e luglio la temperatura media delle acque superficiali del Mediterraneo è stata di 25,4°C, la più calda dal 2016 ad oggi, collocandosi al primo posto nell’ultimo decennio, e superando i precedenti record del 2022 (media 25,2°C) e quello del 2024 (25,1°C) e i valori degli anni fino al 2021 che erano intorno ai 24,5°C.

    Cosa succede al pianeta

    L’Italia e gli effetti della crisi climatica

    di Sandro Iannaccone

    29 Agosto 2025

    Un aumento sensibile di circa mezzo grado centigrado che mette a repentaglio la biodiversità marina e che amplifica gli eventi meteo estremi per via di una sempre maggiore evaporazione delle acque marine e dell’energia termica accumulata, in particolare nei mesi estivi. E poi c’è il grande tema dei rifiuti in spiaggia e a mare, affrontato da Goletta Verde quest’anno insieme a Puliamo il Mondo, campagna storica di volontariato di Legambiente, con la pulizia dei fondali e della costa in Calabria, sul lungomare di Tropea.

    Cosa succede al pianeta

    Stiamo cambiando gli equilibri della natura

    di Elena Dusi

    11 Agosto 2025

    “Intervenire subito sugli scarichi non depurati”
    “Bisogna intervenire sugli scarichi non depurati e sugli sversamenti illegali nelle acque superficiali. La maladepurazione resta il grande tallone d’Achille del nostro Paese che ha già pagato sanzioni pecuniarie per circa 210 milioni di euro, a cui vanno aggiunti i ritardi ormai cronici rispetto al trattamento delle acque reflue – commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – Con la recente approvazione della revisione normativa della Direttiva Acque Reflue, gli impianti del paese dovranno adattarsi ai nuovi requisiti, una spesa che è stata stimata tra i 645 milioni e 1,5 miliardi di euro solo per gli impianti di maggiori dimensioni. Al Governo chiediamo di definire al più presto il Piano nazionale per la tutela di mare e laghi per ammodernare i sistemi di depurazione. Sullo sviluppo delle rinnovabili in mare, dopo l’approvazione del decreto porti, è urgente stanziare le risorse per le infrastrutture dei due hub cantieristici di Taranto e di Augusta, che potranno garantire anche nuova occupazione green a due aree portuali che hanno sempre avuto a che fare con la logistica delle fonti fossili. Una svolta per quei territori”. LEGGI TUTTO

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    “Dobbiamo capire che non esiste business in un Pianeta morto”

    “Dobbiamo imparare a capire che non esiste business in un Pianeta morto. La nuova narrativa in atto con Trump e anche in Europa è molto pericolosa: stiamo prendendo troppo dalla Terra, svegliamoci”. Parole del Ceo di Patagonia, il marchio più sostenibile del Pianeta. Nella sede di Patagonia a Ventura, in California, sono abituati a parlare pochissimo. Yvon Chouinard, lo storico fondatore del brand, raramente ha rilasciato interviste: l’ultima volta fu con il New York Times per annunciare la sua intenzione – senza precedenti – di cedere le azioni dell’azienda per mettere come “primo azionista il Pianeta” per il bene dell’ambiente.

    Tre anni dopo quella scelta ora un nuovo vento – più nero che verde – preoccupa Patagonia. Mentre la crisi del clima avanza inesorabile, Donald Trump sta infatti smantellando ogni politica verde per puntare su petrolio e combustibili fossili e anche in Europa i profitti sembrano spesso venire prima dell’esigenze della natura. Da sola, una singola azienda, difficilmente può guidare un cambiamento: “Serve una risposta collettiva”. Per questo il Ceo Ryan Gellert – ora alla guida di Patagonia – ha deciso di parlare con Green&Blue e scendere in prima linea: non solo per tentare di salvare gli ultimi fiumi selvaggi rimasti in Europa, tra cui il nostro Tagliamento, ma anche per mandare un messaggio all’amministrazione Usa alle altre aziende e ai cittadini, prima che sia troppo tardi.

    Stiamo vivendo una crisi ambientale senza precedenti. Eppure, sia la politica che le aziende non riescono a dare risposte concrete. Cosa vorrebbe dire ai suoi colleghi e a chi l’ascolta?
    “Inizierei sollevando la questione in modo più ampio, ricordando che innanzitutto su un Pianeta morto non si possono fare affari, non esiste business, punto e basta. Ma voglio anche precisare che il problema non riguarda il futuro di governi, aziende, o altro, ma quello degli esseri umani. Viviamo su questo Pianeta, dipendiamo da questo Pianeta: dovrebbe essere nel nostro interesse proteggere quanto di più prezioso abbiamo. Ogni nostro ricordo più bello della vita è spesso legato alla natura, a luoghi selvaggi. Per avere ancora questi ricordi, non c’è un singolo componente che può agire, ma tutti e tre insieme: i governi, le aziende, la società civile. Negli ultimi anni avevamo iniziato a provarci, ma ora la narrazione è totalmente cambiata: dall’idea di proteggere siamo passati alla narrativa popolare contrapposta, ovvero che dobbiamo estrarre e prendere il più possibile dalla Terra per far crescere le economie”.

    Questo la spaventa?
    “Sì, mi spaventa molto. Mi spaventa soprattutto il fatto che si stia perdendo fiducia nella scienza. Per esempio la scienza della conservazione è il fondamento per cercare di proteggere l’aria pulita, l’acqua, i suoli. La scienza è composta di fatti, non di opinioni. Invece ora ci basiamo più sulle opinioni. Chiunque ha diritto alla sua opinione sulle cose, ma non a mettere insieme un proprio insieme di fatti, se non è uno scienziato. E invece questo sta avvenendo: quello per cui dobbiamo lavorare dunque, soprattutto ora con le attuali pressioni sulla Scienza negli Usa e altrove, è tornare ad essere d’accordo sui fatti, sul metodo scientifico, e seguire quella direzione al di là delle questioni economiche. E’ esattamente quello che sta succedendo con il fiume Vjosa in Albania. Un luogo che a parole sarà protetto, ma a fatti meno” .

    Il caso

    “Ci rubano l’acqua per il turismo di massa”. A rischio uno degli ultimi fiumi selvaggi d’Europa

    27 Luglio 2024 LEGGI TUTTO

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    Lantana: varietà, coltivazione e cura

    La lantana è una pianta perenne della famiglia delle verbenaceae: ha origini tropicali, anche se la troviamo spesso come pianta ornamentale in Italia, coltivata in vaso e in piena terra. Per coltivarla e prendersene cura nel modo migliore, ecco una guida utile a conoscere le sue varietà per una bella fioritura colorata.
    La coltivazione e la cura della lantana
    La lantana è una pianta che troviamo disponibile sia in versione erbacea sia nella variante arbustiva. Le sue origini sono riconducibili alle regioni tropicali dell’America e del territorio africano, anche se in realtà, la si può coltivare anche nel nostro paese come pianta ornamentale. È spesso presente come pianta da vaso o nelle aiuole. Nelle isole maggiori cresce in maniera del tutto spontanea, offrendo fioriture davvero molto colorate. Si presenta con foglie lanceolate e di colore verde scuro, ricoperte da venature in rilievo. Sono rugose ed emanano un forte odore. In generale, la maggior parte delle specie di lantana non supera i 30 centimetri di altezza, ma si possono trovare anche arbusti ramificati di un metro. Per quanto riguarda la temperatura, la lantana apprezza tra i 15°C e i 41°C. La pianta ama il sole: infatti, per la cura corretta della lantana è importante esporla per 5-6 ore al sole. In questo modo, la fioritura è prolungata e il portamento dell’arbusto è folto. Con l’arrivo della stagione autunnale, si può spostare la lantana in un punto riparato, ma sempre soleggiato.

    Un aspetto importante da considerare per la coltivazione della lantana riguarda la tossicità: la lantana è velenosa per cani, gatti e cavalli. Infatti, ogni sua parte può provocare problemi di salute se ingerite. Proprio per questo, è necessario tenere conto di questo aspetto se si hanno animali domestici.

    Le varietà della pianta
    La lantana comprende una grande varietà di piante: infatti, è possibile citare almeno 150 specie. Qui di seguito abbiamo elencato quelle che si trovano più comunemente.

    Lantana camara: è un arbusto sempreverde che si presenta come una specie invasiva nelle aree tropicali, poiché gli uccelli trasportano facilmente i semi. È addirittura resistente agli incendi ed è tra le prime piante a comparire in seguito all’incidente. Si trova comunemente nell’area mediterranea ed ha graziosi fiorellini di colore bianco, di forma a trombetta, e un cuore giallo.
    Lantana montevidensis: è una pianta a cespuglio che cresce con estrema velocità e può raggiungere i 30 cm di altezza. I suoi fiori sono colorati e profumati, con infiorescenze globose di colore bianco, rosa o giallo.
    Lantana strisciante: si presenta con fiori a mazzi colorati che possono essere tra il bianco e il giallo oppure di colore arancione, rosa o rosso. Le foglie sono lanceolate e la sua crescita è vigorosa.
    Lantana sellowiana: è una specie diffusa nelle aree mediterranee che raggiunge i 200 centimetri di altezza che si può coltivare con facilità sia in vaso che a terra. I fiori sono sulla tonalità del viola vivace.

    Lantana in vaso
    La lantana è una pianta perfetta da coltivare in vaso, così come in piena terra per creare delle aiuole colorate. Nel caso in cui si volesse ottenere una bella chioma fiorita in balcone, sarà fondamentale offrire il massimo del comfort alla pianta. In tal senso, è necessario selezionare un vaso profondo di circa 20-25 centimetri, poiché la pianta presenta un apparato radicale grosso. Per il terriccio, invece, è importante selezionarne uno che riesca a mantenere asciutte le radici. La lantana non ama i ristagni idrici! Sul fondo del vaso è preferibile adagiare dell’argilla espansa, così da favorire un buon drenaggio. In seguito al rinvaso, è importante collocare in ombra per 3-4 giorni la pianta, così da prepararla all’esposizione continua.
    Il terreno ideale
    La lantana gradisce un terreno drenato e fertile, ricco di sostanze organiche. È anche in grado di tollerare i terreni di tipo sabbioso e poveri, anche se è sempre importante occuparsi della sua corretta cura con il fertilizzante.
    Lantana in inverno: resiste al freddo?
    La lantana resiste al freddo fino ai 0°C, ma non apprezza assolutamente il gelo prolungato. Proprio per questo, se si decide di coltivare un esemplare in vaso è necessario spostare il contenitore in un luogo protetto. Nelle zone d’Italia dove l’inverno è rigido è preferibile scegliere proprio questo tipo di coltivazione, così da evitare problemi. Infatti, la si può sistemare in serra o in un ambiente protetto come l’interno delle scale.
    La fioritura
    La peculiarità di questa pianta perenne è proprio la fioritura. Infatti, è continua tra la primavera e l’autunno, regalando così un angolo sempre colorato in balcone o nel giardino. I fiori, piccoli e riuniti, possono anche cambiare di colore durante il ciclo di fioritura. In seguito alla fioritura, compaiono delle bacche di colore nero. Il profumo dei fiori è delicato e dolce. Inoltre, i fiori attirano molti insetti, tra cui le api e le farfalle.
    La concimazione
    È importante concimare la lantana già dopo il trapianto poiché è un esemplare che consuma molta energia. Successivamente, si può dare il concime per piante fiorite alla pianta ogni 15 giorni circa, nel periodo compreso tra giugno e agosto. Con la fine della stagione della fioritura è necessario ridurre la concimazione. Infatti, si passa alla concimazione effettuata ogni 20 giorni fino a che non si sposta in serra o la si ripara correttamente dalle gelate.
    La potatura della pianta perenne
    Per quanto riguarda la potatura della lantana è importante. Quindi, non è necessario preoccuparsi se si effettua una potatura drastica della lantana e gli arbusti restano spogli. Con l’arrivo della prossima stagione della fioritura, la pianta crescerà ancora più resistente e avrà una germogliazione più portentosa.
    Le annaffiature
    La lantana non gradisce tanta acqua, specie se è stata sistemata in piena terra. È utile annaffiare la pianta in estate con acqua abbondante ogni 5 giorni, se posizionata in giardino. Se, invece, si coltiva la lantana in vaso è suggerito dare ogni 3 giorni l’acqua.
    Come riprodurla?
    La propagazione della lantana è possibile in due modi: per semi e per talea. Nel primo caso, si possono raccogliere i semi dalla pianta madre in autunno. Dopodiché, i semi vanno tenuti all’asciutto per un mese prima di metterli in terra. In questo modo, si favorisce la probabilità di far germinare il seme. Per quanto riguarda la riproduzione attraverso talea, invece, è più complicata, anche se i risultati potrebbero essere più veloci. In primavera/estate è necessario tagliare un rametto della lantana di 15-20 centimetri dalla pianta madre. Dopodiché si può sistemare il rametto in terra drenata e in un luogo caldo e luminoso. La pianta svilupperà le radici e sarà pronta poi per continuare la germinazione e regalare una bella fioritura.
    Le malattie e i parassiti più comuni
    Anche se la coltivazione di questa pianta è considerata facile, poiché si tratta di una pianta perenne resistente, in realtà può incorrere in alcuni parassiti. Per esempio, durante la cura della lantana con i primi germogli potrebbero comparire gli afidi. In tal caso, è importante la tempestività: si dovranno asportare i germogli molto infestati e utilizzare uno spray apposito. In ambienti particolarmente secchi, può essere attaccata anche dal ragnetto rosso. Un altro problema comune della lantana riguarda le foglie: se si notano macchie gialle, è stata attaccata da una malattia fungina. In questa situazione è importante utilizzare uno spray fungicida e togliere le foglie cadute alla base dei fusti. La pulizia permette di evitare la propagazione di spore fungine sul resto della pianta. LEGGI TUTTO

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    Sfida ai bracconieri: corni di rinoceronte resi radioattiviti

    Continuamente cacciati per il loro prezioso corno, che viene poi commercializzato a delle cifre elevate, un gruppo di scienziati sudafricani ha iniettato materiale radioattivo proprio nei corni di alcuni rinoceronti. Naturalmente si tratta di un dosaggio non pericoloso per l’animale e nemmeno per l’ambiente. Sono due piccolissimi chips per renderli facilmente rilevabili ai controlli radiometri […] LEGGI TUTTO

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    Alessia Iotti: “I miei fumetti per denunciare la crisi climatica”

    “Meglio un passato di verdure che un futuro di merda”, si legge in una vignetta in cui una ragazza buffa e spettinata mangia con gusto un piatto tutto vegetale. Alessia Iotti (@alterales), classe 1994, è una fumettista ironica che, attraverso i suoi disegni, denuncia con coraggio la crisi ecologica in atto e le sue conseguenze. Attiva sui social, soprattutto su Instagram, dove conta circa 15mila follower, ha così espresso la propria dichiarazione d’intenti: “Disegno per chi è curioso, per chi sceglie il proprio futuro, per chi non riesce a stare fermo, ma agisce”.

    Non a caso lei lotta per l’ambiente tenendo la matita in mano.
    “Sì, spesso si parla di cambiamenti climatici in modo tecnico, attraverso statistiche, numeri, grafici. Io cerco, invece, di tradurre la scienza in immagini, con l’obiettivo di rendere accessibili a tutti concetti complessi e di coinvolgere più persone possibili. Le trasformazioni del clima sono democratiche e così deve essere anche la loro conoscenza. Inoltre, i disegni riescono a suscitare emozioni. E questo è un bene, perché le emozioni incoraggiano l’azione”.

    Due i libri che lei ha realizzato. Il primo, edito da Mondadori nel 2023, si intitola La crisi climatica esiste, non è un unicorno. Il secondo, dato alle stampe nel 2024, è Al lago! Al lago!. Cosa li caratterizza e quale messaggio voleva inviare?
    “Il primo è un progetto globale, che tratta vari temi: dall’effetto serra alla decarbonizzazione, fino alla qualità dell’aria. Il secondo racconta, invece, la storia di un lago a Roma, un luogo ricco di biodiversità. Le zone umide come questa sono importanti perché, nonostante occupino solo una piccola parte del territorio, sono in grado di immagazzinare grandi quantità di carbonio nel suolo e nella vegetazione, limitando così la concentrazione nell’atmosfera e contribuendo a rallentare il riscaldamento globale”.

    Come ha raccontato in più occasioni, la sua passione per il disegno è cominciata fin da bambina, tra pennarelli colorati e fogli di carta. Quando è nato, invece, il suo interesse per i temi ambientali?
    “Ho trascorso la mia infanzia a Gualtieri, un piccolo paese di campagna nei pressi di Reggio Emilia. Nel tempo, ho iniziato a notare che orti e cortili stavano lasciando progressivamente il posto a palazzi cementificati e a rifiuti di plastica abbandonati lungo le strade. Cercavo di raccogliere questi scarti, ma purtroppo senza grandi risultati. La svolta è avvenuta quando mi sono trasferita a Brescia per frequentare l’Accademia di Belle Arti Santa Giulia. Proprio in questa città sono venuta in contatto con Fridays for Future, il movimento internazionale fondato da Greta Thunberg nel 2018”.

    Quali sono stati i suoi primi passi nell’organizzazione?
    “All’inizio mi limitavo a seguire i dibattiti online, poi Giovanni Mori, che guidava il gruppo bresciano, mi ha coinvolta. Così ho scoperto chi sono gli attivisti: persone competenti, amiche tra loro, che condividono gli stessi ideali. Ciascuno di noi aveva il desiderio di migliorare le sorti del Pianeta, partendo dalle proprie competenze. Durante uno dei primi incontri ho chiesto a cosa servisse fare le manifestazioni di piazza. E mi hanno risposto, senza mezzi termini: ‘Sicuramente non farle non serve a niente’. Ho, quindi, iniziato a partecipare agli scioperi per il clima, durante i quali ho percepito il potere della collettività. Il sostegno degli altri regala forza e determinazione nella lotta: migliaia di persone unite dallo stesso obiettivo”.

    Quali sono i suoi compiti all’interno del gruppo?
    “Io sono esperta di arte e comunicazione e perciò mi occupo di questo. Ma chiunque può essere utile: da chi ha conoscenze tecniche a chi vanta abilità organizzative, fino a chi sa cucinare per gruppi numerosi”.

    Impegnarsi come attivista richiede molti sacrifici?
    “Non li definirei sacrifici, si tratta di un investimento per un futuro migliore. E ciascuno può dare una mano in base al tempo libero che ha a disposizione”.

    Se dovesse suggerire a chi non è un attivista piccole azioni da fare quotidianamente a favore dell’ambiente, cosa consiglierebbe?
    “Anzitutto sconsiglio di agire da soli, per non farsi sopraffare dalla fatica e dalla frustrazione. Meglio creare un piccolo collettivo, un gruppo di supporto formato da quattro-cinque amici, colleghi, vicini di casa, che si impegnano a comprare alimenti rispettosi dell’ambiente e degli animali, a scegliere una banca etica, a non acquistare fast fashion, a utilizzare i mezzi pubblici ogni volta che è possibile”.

    Cosa direbbe, invece, ai negazionisti?
    “Di guardare fuori dalla finestra, dato che il problema è ormai sotto gli occhi di tutti ed è innegabile”.

    E agli indifferenti?
    “Non li sopporto. Credo, però, che quando saremo in tanti ad attivarci per contrastare la crisi climatica, loro si adegueranno alla maggioranza e inizieranno a fare la loro parte”.

    I problemi ambientali sono numerosi. Quale ritiene sia il più urgente da affrontare?
    “Direi l’eliminazione dei combustibili fossili. Le soluzioni sono note e i governi dovrebbero impegnarsi a metterle in pratica”.

    Nel 2024 è stata testimonial della Carovana dei Ghiacciai, la campagna itinerante promossa ogni anno da Legambiente.
    “Amo le montagne e fare trekking in quota. Per questo, quando l’associazione mi ha proposto di diventare testimonial ho detto subito di sì, consapevole dello scioglimento delle distese ghiacciate. In effetti, anche questa sarebbe una questione da affrontare con urgenza”.

    Progetti per il futuro?
    “Attualmente sto continuando a partecipare a eventi e a organizzare laboratori aperti al pubblico. Sono in attesa del prossimo progetto: spero riguarderà le montagne”. LEGGI TUTTO

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    Cosa coltivare ad agosto

    In estate l’orto non va in vacanza e, anzi, con agosto il lavoro si intensifica, tra raccolta, semina e trapianto di molteplici colture. Nonostante le temperature estive, queste settimane sono cruciali per porre le basi di un raccolto di successo nei prossimi mesi. Le colture che trovano ampio spazio nell’orto di questo periodo sono innumerevoli, consentendo di raccogliere i loro frutti in autunno e inverno. Di seguito, approfondiamo cosa coltivare durante il mese di agosto.

    Cosa seminare ad agosto nell’orto
    Per quanto riguarda la semina diretta, tra le colture da interrare ad agosto spicca il cavolo, noto per le sue varietà ricche di sapore. Alcune di queste, come cavolo broccolo, cavolfiore, cavolo nero e cavolo verza, possono essere piantate in questo periodo dell’anno. Per una crescita rigogliosa, l’ortaggio richiede un terreno ben drenato e ricco di sostanza organica, dovendo sempre mantenerlo umido, evitando però i ristagni d’acqua. Per la maggior parte delle varietà, la profondità di semina si attesta intorno a un centimetro. I semi vanno piantati in gruppi di 2-3 per buca, lasciando tra di loro una distanza tra i 30 e i 45 centimetri. Subito dopo il trapianto le irrigazioni devono essere regolari. Ad agosto ci si può dedicare alla coltivazione del finocchio, optando per varietà a maturazione autunnale. L’ortaggio, ricco di proprietà benefiche e dal sapore inconfondibile, deve essere seminato in un terreno drenato e in un luogo soleggiato. I semi vanno posti a una profondità pari a un centimetro, lasciando tra di loro 30 centimetri. Per una crescita rigogliosa, l’irrigazione deve essere costante, ma non eccessiva in modo da evitare le malattie radicali.

    Nell’orto di agosto è protagonista anche la cima di rapa. Questo ortaggio necessita di luce solare diretta, pur crescendo anche in mezz’ombra, e un substrato drenato, leggero, dotato di sostanza organica e privo di ristagni idrici. La sua profondità di semina è pari a 1-2 centimetri, dovendo lasciare tra i semi una distanza di 20 centimetri. Le irrigazioni devono essere continue, per mantenere il terreno umido, evitando tuttavia quantitativi d’acqua eccessivi. Tra le spezie più usate in cucina, il prezzemolo può essere seminato ad agosto. Questa nota erba aromatica prospera in luoghi di sole indiretto o parzialmente in ombra e i suoi semi vanno interrati a una profondità di un centimetro, lasciando tra ciascuno una distanza di 3-5 centimetri. Per velocizzare la germinazione i semi possono essere messi in ammollo 24-48 ore prima della semina. Il substrato va irrigato costantemente, mantenendolo umido, ma non zuppo. Per favorire una crescita ottimale si può concimare la coltura ogni 4-6 settimane.

    Noto per il suo sapore tipicamente amarognolo, il radicchio può essere coltivato ad agosto, in particolare nelle sue varietà tardive. L’ortaggio si adatta bene a molteplici terreni, pur preferendo quelli drenati, freschi, dotati di sostanza organica e leggeri. I semi vanno interrati superficialmente, a una profondità di 0,5 centimetri, lasciando tra loro una distanza di 30 centimetri. Dopo la semina il substrato deve essere mantenuto umido, irrigandolo in modo regolare, ma non eccessivo, dovendo nelle prime settimane eliminare le erbacce per evitare competizione tra le piantine. Le cipolle possono essere coltivate ad agosto in caso di clima mite, optando per varietà precoci adatte a questo periodo dell’anno. Per prosperare questo ortaggio ricco di nutrienti e proprietà benefiche predilige una posizione soleggiata e un terreno drenato, non argilloso e leggero. A 1-2 centimetri di profondità si interrano i suoi semi, lasciando tra ciascuno una distanza di 10-15 centimetri. Dopo la semina le irrigazioni devono essere regolari e moderate, dovendo evitare i ristagni d’acqua. Con il loro colore verde e il sapore amarognolo o dolce a seconda delle varietà, gli spinaci possono essere coltivati anche ad agosto. L’ortaggio preferisce una posizione soleggiata o semi ombreggiata e un terreno ben drenato e leggero, da arricchire con compost maturo, per una crescita rigogliosa. Il substrato deve essere mantenuto umido, stando alla larga però dagli eccessi idrici. La profondità di semina dell’ortaggio è 1-2 centimetri, dovendo lasciare tra i semi una distanza di 5 centimetri.

    La barbabietola è facile da coltivare e può essere protagonista anche nell’orto di agosto con le sue varietà tardive, in particolare nelle zone dal clima mite. La coltura predilige una posizione soleggiata. I semi vanno posti a 2-3 centimetri di profondità e a una distanza di 10-15 centimetri. Il terreno deve essere fertile, ben drenato e irrigato regolarmente, scongiurando però i ristagni idrici, responsabili del marciume radicale. Nelle zone dal clima mite è possibile coltivare le carote ad agosto. Questo amatissimo ortaggio color arancio richiede una posizione soleggiata e un terreno sabbioso, drenato e ben concimato, in cui interrare i suoi semi a 3-4 centimetri di profondità, lasciando tra di loro 5 centimetri. In seguito alla semina il terreno va irrigato in modo moderato, ma regolare, mantenendolo umido. Durante il mese di agosto si può coltivare anche la lattuga, optando per particolari varietà come ad esempio la lattuga da taglio, che è resistente alle temperature elevate. I suoi semi vanno interrati in un terreno drenato e ricco di sostanza organica, a un centimetro di profondità, lasciando tra loro una distanza di 2-3 centimetri. Per quanto riguarda le irrigazioni queste devono essere regolari per mantenere il terreno umido, evitando però i ristagni idrici, responsabili del marciume radicale.

    Cosa trapiantare nell’orto ad agosto
    Durante il mese di agosto ci si può dedicare anche al trapianto di diverse colture. Si tratta di un processo molto delicato, che prevede di spostare nell’orto le piantine già formate, cresciute in semenzaio, tra cui per esempio: basilico, porro, cavoli, zucchine, sedano, cardi, bieta, lattuga, cicoria e indivia. Nel corso di questa operazione è importante prestare molta attenzione, premurandosi di non arrecare danni all’apparato radicale delle piante. Dopo il trapianto è necessario eseguire subito le operazioni di irrigazione, evitando però di eccedere con i quantitativi d’acqua, per garantire lo sviluppo corretto delle colture. Per quanto riguarda il raccolto, l’orto di agosto dà molte soddisfazioni, offrendo produzioni ricche come melanzane, zucchine, pomodori, fagioli, fagiolini, peperoni, lattuga, cicoria, rucola e basilico.

    Consigli utili per un orto produttivo nel mese di agosto
    Per l’orto agosto è un mese molto importante, che gioca un ruolo essenziale per garantire una produzione ricca e soddisfacente in autunno e inverno. Tuttavia, le operazioni possono essere complesse, tenendo conto delle temperature elevate del momento, soprattutto in determinate zone d’Italia: in particolare, bisogna prestare attenzione alla corretta gestione delle risorse idriche, facendo in modo che il substrato non sia mai secco, scongiurando così eventuali danni alle semine appena piantate. Durante il periodo estivo è bene prestare molta attenzione al clima, adattando le annaffiature di conseguenza e concentrandole al mattino presto o alla sera. Oltre a garantire alle semine il giusto apporto idrico, è necessario ricorrere ad acqua a temperatura ambiente, evitando gli shock idrici. Inoltre, per proteggere le piante dal caldo si possono impiegare delle reti ombreggianti, che aumentano la circolazione dell’aria, prevenendo l’insorgere di eventuali malattie, riducendo le scottature e rendono l’ambiente più fresco. Per mantenere il terreno maggiormente umido si può ricorrere alla pacciamatura, una tecnica che prevede di coprire il terreno attorno alle piante con materiali quali foglie secche, teli speciali o paglia, in modo che il substrato sia umido a lungo e le radici protette dalle temperature eccessive. LEGGI TUTTO