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In Svizzera gli orologi si riciclano nei forni solari

Nella Watch Valley, tra Ginevra e Basilea, i maestri orologiai adesso dispongono di due forni a energia solare che consentono di riciclare gli scarti metallici e ottenere preziosi lingotti di acciaio. Il segreto di questo successo di economia circolare si deve alla start-up giurassiana Panatere – dal dialetto locale che con lo stesso termine indica il cestino di vimini usato dai contadini per la raccolta di frutta.

“Ci sono voluti più di cinque anni per sviluppare questi forni solari. Oggi dimostriamo che una produzione industriale sostenibile, competitiva e regionale è realizzabile”, ha dichiarato il 3 ottobre Raphaël Broye, fondatore dell’azienda. A inizio ottobre infatti presso La Chaux-de-Fonds – a poco meno di 20 km da Neuchâtel – sono stati attivati due impianti che mettono insieme energia solare e materie prime riciclate per produrre acciaio inossidabile e rame riciclati al 100%, con un’impronta di carbonio prossima allo zero. Si parla nello specifico del recupero degli scarti metallici derivati dalla lavorazione degli orologi, impianti medicali o dentali o altri oggetti prodotti dalle aziende di microtecnologia della regione.

Ovviamente il volume produttivo è minimo se si considera che la Svizzera importa ogni anno circa 140mila tonnellate di acciaio ad alte prestazioni, ma sotto il punto di vista ambientale l’impatto è notevole. Jérôme Biard, direttore del produttore di orologi di lusso Roventa-Henex SA – soprattutto private label per aziende e gioiellieri prestigiosi – ha manifestato entusiasmo alla Radio Télévision Suisse (RTS) perché questo processo riduce l’impatto climatico dei metalli prodotti di un fattore 165: “Sono molto colpito. È un’idea che si respira chiaramente nell’aria. Credo che piacerà a molti dei nostri clienti”. In pratica se un acciaio convenzionale ha un impatto di 6,8 kg CO2-eq(uivalente), questo è di 0,041 kg CO2-eq.

Per altro l’acciaio inossidabile solare che si ottiene può essere usato per la fabbricazione “di pezzi che possono essere a contatto prolungato con la pelle (antiallergico), per scopi medici (biocompatibilità) e soprattutto per il suo aspetto estetico che garantisce una lucidatura perfetta”.

Le fonderie solari raggiungono i 2000 °C

“Vogliamo trattare i rifiuti metallici delle aziende locali, farlo in un circuito breve e nel modo più sostenibile possibile. E questa è davvero una prima mondiale!”, ha sottolineato con entusiasmo Broye. In effetti se nel mondo attualmente ci sono 54 forni solari, i due recentemente inaugurati in Svizzera sono un tandem unico. Il più grande da 30 kW è in grado di raggiungere i 1.700 °C e può fondere tra i 50 e i 100 kg di acciaio in un’unica operazione, grazie a un sistema automatizzato di tracciamento solare. Il piccolo da 5 kW, che sfrutta 500 specchi concavi e un eliostato per concentrare i raggi solari, invece può arrivare a 2.000 °C ed è perfetto per le fusioni rapide di piccole quantità di acciaio.

La prospettiva per questi due primi dimostratori è di produrre poche decine di tonnellate all’anno. Un’inezia rispetto alle 15.800 di cui ha bisogno l’industria orologiera e 6.500 quella medicale, ma è pur sempre un inizio. Un avvio che vede coinvolti l’Office fédéral de l’environnement (UFAM), grazie a un contributo di 800mila franchi (al cambio 864mila euro), i Cantoni di Neuchâtel, Giura e Berna, la Società industriale svizzera, la Fondazione Svizzera per il Clima ed Energy Lab e anche Socrate Industrie (Francia), Haute-École Arc (Neuchâtel) e Université de Franche-Comté (Besançon) in seno al progetto Rasol. Quest’ultimo partito nel 2024 e ormai alle battute finali, con un investimento di quasi 2 milioni di euro, punta allo sviluppo di un nuovo reattore a fusione in atmosfera controllata da inserire in un forno solare. E questo per avere “un impatto significativo sull’ecosistema regionale, migliorando la competitività delle PMI del settore orologiero, odontoiatrico, medicale e aerospaziale”.

Il nostro obiettivo è recuperare il 5% dei metalli prodotti in Svizzera, al posto di esportarli. Entro il 2028 il centro dovrebbe riuscire a produrre 1000 tonnellate all’anno di acciaio solare a filiera corta”, ha sottolineato Broye.

Al lavoro sul reattore di terza generazione

Nel quartier generale di Panatere, a Font-Romeu-Odeillo, poco lontano dal confine con la Spagna, si guarda già al futuro. “Qui stiamo testando il nostro reattore di terza generazione, utilizzando anche pellet di acciaio inossidabile provenienti dall’industria orologiera. Si tratta di un reattore più grande di quello di La Chaux-de-Fonds. Lavoriamo in atmosfera protetta. Questo ci permette di produrre acciaio di qualità superiore”, ha sottolineato Loïc Bonsack, responsabile R&S.

Una struttura gigantesca alta 50 metri e larga 60 metri che grazie a 63 eliostati piatti e un grande specchio concavo sarà in grado di far raggiungere al forno una temperatura di 3000 °C. E come ha assicurato Bonsack, procedere velocemente a fusione e poi “produrre” lingotti d’acciaio da 80 kg l’uno.

“Il nostro obiettivo è costruire, in Svizzera, a La Chaux-de-Fonds o a Sierre, una fabbrica grande circa la metà del forno solare di Odeillo, ma che sia al 100% autosufficiente dal punto di vista energetico e che produca circa 1.000 tonnellate di acciaio riciclato all’anno“, ha concluso l’esperto. In pratica l’idea è di industrializzare il processo e realizzare lo stabilimento, nella migliore delle ipotesi, nel 2028.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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