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Fondi del caffè per produrre pannelli risparmiando il legno

Da rifiuto a preziosa risorsa, come economia circolare vuole. E tutto è iniziato con una tazzina di caffè. Si, perché i fondi del caffè diventano uno strumento in più per combattere le emissioni di CO2, quindi il cambiamento climatico. Come? Un’innovativa azienda austriaca, la startup Sturc, ha trovato il modo per usare gli scarti del caffè e trasformarli in materiale utile per la produzione dei pannelli MDF, acronimo di Medium Density Fibreboard.

Sostenibilità

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Si tratta di un derivato del legno, da molti anni diffusissimo nell’industria, che viene prodotto attraverso la lavorazione di fibre finissime di legno, spesso scarti di lavorazione, pressate ad alte temperature insieme a colle e resine per formare un pannello compatto e omogeneo. Un materiale particolarmente usato nella produzione di mobili, che fanno ricorso all’MDF per abbassare i costi finali, senza ricorrere a del nuovo legno. La sua composizione con fibre finissime lo rende estremamente liscio e uniforme, oltre ad essere particolarmente versatile, più semplice da lavorare e sagomare, senza le classiche “sbriciolature” che invece si possono riscontrare in altri pannelli come il truciolato.

Ma torniamo ai fondi del caffè. Sturc ha sviluppato un metodo che permette di usare il 45% dei fondi di caffè riciclati nella produzione di pannelli in MDF, riducendo del 50% l’emissione di CO2, quasi della metà l’uso del legno vergine, oltre ad abbassare anche i livelli di formaldeide, una sostanza chimica tossica presente in molti materiali da costruzione. Il risultato è un prodotto chiamato WMC, sigla di WoodMeetsCoffee, tradotto letteralmente, “il legno che incontra il caffè”. Un’idea che ha portato alla nascita di questa azienda austriaca, fondata da Claudia M. Heinzl e Robin Skala, entrambi lucidi sostenitori dell’economia circolare. Ad ispirare il progetto, le conversazioni tra Claudia e suo zio, un coltivatore di caffè in Brasile.

Il focus

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Il racconto di migliaia di tonnellate di fondi di caffè, che una volta esauriti venivano bruciati lasciando fumi acri e qualche problema ambientale, ha fatto sorgere la domanda: “Non possiamo dare una seconda vita a questo scarto?” Da qui il confronto con suo marito Robin, che come architetto conosceva bene la crescente crisi della deforestazione, il deperimento dell’abete rosso e l’aumento dei prezzi nel settore dei prodotti in legno.Le stime attuali indicano che a livello globale vengono abbattuti tra i 10 e i 15 miliardi di alberi all’anno per lasciare spazio alle colture, ma anche per la produzione di legname, mobili, carta, solo per citare i settori principali. A livello dell’Unione Europea, ad esempio, il legno (che include anche l’uso per i mobili) rappresenta circa l’8,6% dei prodotti importati con provenienza da terreni disboscati.

L’idea innovativa di Claudia e Robin, dunque era semplice, ma molto potente. Smettere di bruciare il caffè e iniziare a trasformarlo in pannelli che consentissero di risparmiare il legno. “Per affrontare questa crisi serve una trasformazione profonda dell’industria manifatturiera. Dobbiamo progettare materiali e tecnologie che riducano il nostro impatto sull’ambiente e valorizzino l’ambiente costruito” sostengono i due imprenditori.

Dopo un periodo di ricerca e sviluppo è nato il pannello WMC, già pronto all’uso, (attualmente in attesa della certificazione di brevetto in Austria) che rispetta tutti gli standard europei e può essere utilizzato specialmente nel campo dell’arredamento: tavoli, scaffali e armadi. Ma anche all’interno degli esercizi commerciali, per gli allestimenti di mensole ed ancora nell’edilizia di interni per pannelli decorativi e rivestimenti. Insomma, tutti gli impieghi per cui attualmente sono usati i pannelli in MDF.

Il progetto austriaco dimostra, che basta una buona idea, per arginare lo spreco di risorse naturale, innovare processi industriali puntando sui principi di economia circolare. L’innovazione di Sturc, infatti, si rivolge sia ai giganti della produzione di mobili che ai produttori di caffè, perché può connettere due settori fino ad oggi distanti, e senza nulla in comune. Ebbene, ora una tazzina di caffè unisce mondi distanti migliaia di chilometri.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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