“Prendiamo le bucce di patate scartate dall’industria, le processiamo, le secchiamo, le maciniamo e le combiniamo con altri ingredienti. Col processo di termoformatura produciamo le vaschette. Il nostro obiettivo è creare un circuito virtuoso che parta dagli scarti, un bene prezioso”. A parlare è Massimo Bagnani, veronese, diploma al Fracastoro e laurea in Bioingegneria al Politecnico di Milano, ha sviluppato a Zurigo, dove si trovava per un dottorato di ricerca, questa tecnologia dirompente da cui è nata PeelPack.
La startup italo-svizzera fondata nel 2025 da Massimo Bagnani (CTO) e Slava Drigloff (CEO) realizza contenitori in bioplastica compostabili per frutta e verdura, ricavati da bucce di patate industriali, pensati per sostituire gli imballaggi in plastica nella grande distribuzione.
Com’è nata l’idea? “L’idea è nata dopo aver realizzato quanti scarti di bucce di patate fossero prodotti dalle aziende agricole, durante il mio dottorato all’ETH di Zurigo (tra le università più prestigiose al mondo), dove ho iniziato a lavorare sui materiali sostenibili – racconta a Green&Blue Massimo Bagnani –. Volevamo mettere a frutto questo materiale di scarto, e ci siamo resi conto che poteva essere usato per contenere frutta e verdura. Ora stiamo portando questa tecnologia in Italia grazie al programma FoodSeed, per svilupparla a livello industriale”.
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Le vaschette prodotte dalle bucce di patate
Come nascono le vostre vaschette? “Utilizziamo le bucce di patate scartate dall’industria alimentare e le trasformiamo in un nuovo materiale compostabile. Le bucce vengono essiccate, macinate e mescolate con altri ingredienti naturali. Attraverso un processo speciale di lavorazione termoplastica e termoformatura, otteniamo vaschette resistenti e adatte a contenere frutta e verdura. In questo modo diamo una seconda vita agli scarti alimentari, riducendo l’uso di plastica e l’impatto ambientale”.
“PeelPack risponde a un’importante opportunità di mercato nel settore europeo delle bioplastiche – aggiunge Bagnani -, trasformando milioni di tonnellate di scarti di bucce di patata in imballaggi completamente compostabili e sicuri per gli alimenti per i cestini di frutta e verdura”.
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Mentre l’UE intensifica le normative contro le plastiche di origine fossile e aumenta la domanda di alternative sostenibili e locali, l’innovativo materiale di PeelPack offre una soluzione circolare ed economicamente vantaggiosa che riduce le emissioni, l’inquinamento da microplastiche e la dipendenza dalle bioplastiche importate. Il suo vantaggio risiede nella tecnologia proprietaria che crea imballaggi durevoli e compostabili a livello industriale direttamente dai rifiuti agricoli, si integra perfettamente nelle catene di fornitura esistenti ed è convalidata dai partner industriali.
“Non solo – precisa Bagnani -. Le nostre vaschette aumentano anche la self life della frutta come fragole, lamponi che – di regola – dopo cinque giorni hanno già la muffa. I risultati dimostrano che possiamo allungare di qualche giorno, che non è poco, la durata di questi prodotti. I nostri contenitori sostanzialmente al contrario della plastica che non fa respirare la frutta, hanno proprietà specifiche che fanno respirare il prodotto sia dal punto di vista di scambio di gas, che di umidità. In questo modo l’umidità non condensa, evitando la crescita di funghi batteri. Siamo molto orgogliosi della nostra tecnologia che crediamo possa avere un impatto ambientale su più fronti: non solo nella diminuzione dell’inquinamento da plastica – che come sappiamo è devastante -, ma anche sullo spreco di cibo”.
Quali sono i vostri prossimi passi? “Siamo stati selezionati tra 200 candidature e grazie al percorso di FoodSedd adesso gettiamo le basi per rientrare in Italia nei prossimi mesi. L’obiettivo è trasferire la produzione proprio nella packaging valley, secondo un modello di economia circolare che ci permetta di ridurre i costi e anche l’impatto ambientale”.
PeelPack lavora in stretta collaborazione con agricoltori, rivenditori, industrie alimentari e impianti di compostaggio per costruire una catena del valore completamente circolare. La loro soluzione riduce le emissioni di gas serra, l’inquinamento da microplastiche e la dipendenza da imballaggi di origine fossile, trasformando i rifiuti alimentari locali in alternative sostenibili e scalabili per il settore agroalimentare.
“Il futuro del cibo in chiave sostenibile”
PeelPack è tra le sette startup innovative, selezionale dall’acceleratore FoodSeed per ridisegnare in chiave sostenibile il futuro del cibo. E’ questo l’obiettivo di FoodSeed, l’acceleratore promosso da Cdp Venture Capital insieme a Fondazione Cariverona, UniCredit ed Eatable Adventures, che ha presentato il 21 ottobre a Verona i progetti selezionati per la terza edizione. In sei mesi di accompagnamento strategico, le giovani imprese hanno lavorato per passare dalla tecnologia di laboratorio a prototipi pronti per il mercato.
I sette progetti selezionati uniscono ricerca scientifica, tecnologie d’avanguardia e visione strategica per trasformare in chiave sostenibile l’intera filiera agroalimentare. Con un investimento iniziale di 17mila euro, che potrà crescere fino a 500mila per le realtà più promettenti e dirompenti. “Li accompagniamo in un percorso su misura, che parte dalla validazione tecnologica fino a costruire un business model solido e replicabile – ci dice Alberto Barbari, Regional VP di Eatable Adventures –. Il nostro è un ecosistema di innovazione che collega startup, imprese, investitori e istituzioni. Con FoodSeed stiamo dimostrando che l’innovazione può diventare una leva strategica per il tessuto industriale agroalimentare italiano. In questi tre anni abbiamo costruito un ponte solido tra startup, imprese e centri di ricerca, favorendo la nascita di collaborazioni che trasformano le idee in soluzioni concrete per la filiera. I progetti selezionati in questa edizione ne sono la prova: realtà capaci di affrontare le sfide di oggi e di rafforzare la competitività del nostro sistema produttivo per un agroalimentare italiano più responsabile e innovativo.”

