Il riscaldamento globale che porta il clima ad essere più caldo e secco sta rendendo i raccolti più imprevedibili e la produzione alimentare più altalenante, provocando gravi danni economici ma anche vere e proprie carestie. È quanto emerge da un nuovo studio guidato dall’Università della British Columbia (UBC) e pubblicato su Science Advances.
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La ricerca è la prima a mostrare su scala globale come il cambiamento climatico stia influenzando le oscillazioni delle rese di tre delle colture alimentari più importanti al mondo: mais, soia e sorgo. Per ogni grado di riscaldamento, la variabilità annuale delle rese aumenta del 7 per cento per il mais, del 19 per cento per la soia e del 10 per cento per il sorgo. Mentre le ricerche precedenti si sono concentrate sui cali dei rendimenti medi causati dal clima, questo studio evidenzia un ulteriore pericolo: l’instabilità.
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Per molti agricoltori, queste oscillazioni non sono astratte. Sono la differenza tra sopravvivere e fallire. “Gli agricoltori e le società che li pagano non vivono di medie, ma di ciò che raccolgono ogni anno”, ha affermato Jonathan Proctor, professore presso la facoltà di sistemi territoriali e alimentari dell’UBC e autore principale dello studio. “Un forte shock in un anno negativo può comportare reali difficoltà, soprattutto in luoghi senza un accesso adeguato alle assicurazioni sui raccolti o alle scorte alimentari”. Sebbene le rese medie potrebbero non crollare da un giorno all’altro, con l’aumentare delle oscillazioni annuali aumenta anche la possibilità di raccolti fallimentari.
Con un riscaldamento di soli due gradi superiore al clima attuale, i disastri agricoli potrebbero diventare più frequenti. I fallimenti dei raccolti di soia, che un tempo si verificavano una volta ogni 100 anni, si verificherebbero ogni 25 anni. I fallimenti del mais passerebbero da una volta ogni secolo a ogni 49 anni, e quelli del sorgo a ogni 54 anni. Se le emissioni continueranno ad aumentare, entro il 2100 i problemi della soia potrebbero verificarsi anche ogni otto anni.
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Alcune delle regioni più a rischio sono anche quelle meno attrezzate per far fronte alla situazione, tra cui parti dell’Africa subsahariana, dell’America centrale e dell’Asia meridionale, dove molte aziende agricole dipendono fortemente dalle precipitazioni e dispongono di reti di sicurezza finanziaria limitate. Le conseguenze non si limiteranno alle regioni a basso reddito. Nel 2012, ad esempio, una siccità e un’ondata di caldo nel Midwest degli Stati Uniti hanno causato un calo di un quinto delle rese di mais e soia, costando miliardi agli Stati Uniti e suscitando preoccupazione nei mercati di tutto il mondo. Nel giro di pochi mesi, i prezzi globali dei prodotti alimentari sono aumentati di quasi il 10%.
Lo studio dimostra che l’irrigazione può ridurre efficacemente l’instabilità delle rese laddove l’acqua per l’irrigazione è disponibile. Molte delle regioni più a rischio, tuttavia, devono già far fronte a carenze idriche o mancano di infrastrutture per l’irrigazione. Per rafforzare la resilienza, gli autori chiedono investimenti urgenti in varietà di colture resistenti al caldo e alla siccità, migliori previsioni meteorologiche, una migliore gestione del suolo e reti di sicurezza più solide, tra cui l’assicurazione sui raccolti. Ma la soluzione più affidabile è ridurre le emissioni che causano il riscaldamento globale.