Le nostre città stanno diventando delle miniere. Solo che non tutti lo sanno. Eppure con il ritmo crescente con cui consumiamo prodotti ricchi di materie prime, sempre più rare e preziose, rischiamo di buttar via tonnellate di rifiuti che invece hanno un valore. Oro, rame, alluminio, terre rare, plastica spesso contenuti in oggetti che scartiamo e buttiamo. Si chiama urban mining, ed oggi è uno dei concetti chiave dell’economia circolare: si riferisce al recupero di materie prime e materiali preziosi dai rifiuti prodotti nelle aree urbane, invece di estrarli direttamente da giacimenti naturali. Nelle miniere metropolitane, i rifiuti elettronici, quelli solidi urbani, gli scarti da costruzione e demolizione contengono quantità importanti di metalli rari che possono (devono) essere reintrodotti nel ciclo produttivo. Su questo tema la Commissione Ue sta ragionando in modo strategico e si sta preparando ad introdurre nel 2026, la normativa europea sull’economia circolare, proprio per valorizzare queste risorse che vanno perse. E che se le scartiamo, inquinano.
Ambiente
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L’Europa e le sfide da affrontare
Sicuramente, le batterie agli ioni di litio dei veicoli elettrici o di qualsiasi altro dispositivo elettronico, dipendono da materie prime critiche, come litio, nichel e cobalto. Con l’aumento della domanda di queste tecnologie, cresce anche la richiesta dei loro componenti. Specialmente in Europa, che dipende fortemente da paesi esterni per la fornitura di questi materiali. Infatti il Sudafrica fornisce il 41% della domanda dell’Ue di manganese primario, mentre il Cile provvede al 79% del suo litio lavorato. Per quanto riguarda le batterie, la Cina controlla circa il 70% dell’intera catena del valore delle batterie, dalla lavorazione delle materie prime all’assemblaggio. Di conseguenza, l’UE è altamente vulnerabile a carenze.
Il riciclo per l’UE potrebbe fornire una soluzione sia per stabilizzare l’offerta, che per minimizzare il danno ecologico. Infatti, l’estrazione delle materie prime critiche comporta costi e rischi elevati, in termini economici e ambientali. Per cominciare, le attività di esplorazione per trovare giacimenti di questi minerali possono richiedere anni, senza alcuna garanzia di successo. L’estrazione dei materiali stessi è altamente intensiva in termini di risorse: l’estrazione di 1 kg di cobalto, un componente essenziale di diverse chimiche delle batterie, consuma circa 250 kg di acqua e produce almeno 100 kg di materiale di scarto.
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I vantaggi dell’urban mining
Ecco perché molte economie avanzate stanno considerando il riciclo dei metalli e il potenziamento dell’economia circolare come valore aggiunto per i loro piani strategici. Paesi come il Giappone e la Cina, così come molti stati degli USA, hanno approvato legislazioni relative al riciclo di elettronica e batterie, seguendo l’esempio virtuoso dell’Europa.
Ma Secondo il rapporto Recycling of Critical Minerals dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), le prime 20 aziende al mondo per capacità di pre-trattamento e recupero di materiali sono tutte cinesi: le prime tre detengono circa il 15% del mercato globale del pre-trattamento e quasi il 20% del mercato del recupero dei materiali. In prospettiva, si prevede che il gigante asiatico manterrà oltre il 75% della capacità globale di recupero dei materiali nel 2030, con gli Usa al 10% e l’Ue al 5% della quota di mercato.
62 milioni di tonnellate di Raee in discarica
Ed ecco che torniamo al concetto dell’urban mining, che non riguarda solo le batterie esauste, ma anche la crescente quantità di rifiuti elettronici. Sono 62 milioni le tonnellate di RAEE che nel 2022 avrebbero potuto riempire un milione e mezzo di camion da 40 tonnellate. Invece di finire in discarica possono essere sfruttati come miniere urbane di materie prime secondarie, anche perché recuperare ciò che già possediamo manterrà queste preziose materie prime in Europa. Secondo i calcoli dell’istituto JRC, l’offerta potenziale di cobalto, componente essenziale per batterie ed elettronica, potrebbe ammontare al 42% della domanda dell’Ue entro il 2050.
Per farlo però, occorre mantenere questi processi in casa. Infatti, anche i RAEE vengono spesso lavorati fuori dai confini europei, per abbattere i costi di manodopera o perché è più semplice farlo nelle strutture dove già sono lavorate le materie prima. Ma qui, c’è necessità di cambiare il paradigma all’interno dell’UE per costruire un’industria sostenibile e competitiva.