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Un aiuto dai fichi contro la crisi climatica: trasformare l’anidride carbonica in roccia

Sono i re Mida dell’ambiente. Ma invece che in oro, trasformano in roccia. Si tratta di alcune specie di alberi di fico dalle sorprendenti abilità e che potrebbero rappresentare uno strumento prezioso nella lotta ai cambiamenti climatici. A raccontarlo è stato un team di ricerca internazionale che ha scoperto come questi alberi possono assorbire l’anidride carbonica dall’atmosfera e immagazzinarla sotto forma di “rocce” di carbonato di calcio. La ricerca è stata presentata durante la Goldschmidt 2025 Conference, la conferenza dedicata al mondo della geochimica più importante al mondo in corso in questi giorni a Praga.

Assorbire anidride carbonica

Tutti gli alberi, inclusi quelli di fico, si servono della fotosintesi per assorbire anidride carbonica dall’atmosfera e trasformarla in carbonio organico per lo sviluppo di tronco, rami, foglie e radici, in un processo, quindi, che ne riduce la quantità nell’aria. Proprio per questo motivo gli alberi vengono considerati un potenziale mezzo per mitigare le emissioni di questo gas serra. Alcune specie di alberi, tuttavia, utilizzano l’anidride carbonica per produrre cristalli di ossalato di calcio, che vengono poi convertiti da specifici batteri in carbonato di calcio, lo stesso minerale del calcare o del gesso. Il carbonio in forma minerale, però, può rimanere nel suolo molto più a lungo rispetto a quanto possa farlo nella materia organica dell’albero, rendendo questo metodo più efficace per immagazzinare l’anidride carbonica.

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Cibo e anidride carbonica

La maggior parte della ricerca su questa abilità, chiamata anche come percorso ossalato-carbonato, si è concentrata su alberi non da frutto. Tra questi c’è notoriamente la Milicia excelsa, che cresce nell’Africa tropicale, viene utilizzata per il legname e può immagazzinare una tonnellata di carbonato di calcio nel corso della vita. “Conosciamo da tempo questo percorso, ma il suo potenziale non è stato ancora pienamente considerato”, ha commentato Mike Rowley, tra gli autori dello studio. “Se piantiamo alberi per l’agroforestazione e per la loro capacità di immagazzinare CO2 sotto forma di carbonio organico, producendo al contempo cibo, potremmo scegliere alberi che offrano un ulteriore vantaggio sequestrando anche carbonio inorganico, sotto forma di carbonato di calcio”.

Gli alberi di fico

In particolare, i ricercatori si sono concentrati su tre specie di ficus coltivate nella contea di Samburu, in Kenya, scoprendo che producevano carbonato di calcio dalla CO2 e che questo si formava sia sulla superficie dei tronchi che più in profondità, dove intere strutture radicali si sono praticamente trasformate in carbonato di calcio nel terreno. “Man mano che si forma il carbonato di calcio, il terreno intorno all’albero diventa più alcalino”, ha spiegato l’esperto. “Il carbonato di calcio si forma sia sulla superficie dell’albero che all’interno delle strutture del legno, probabilmente perché i microrganismi decompongono i cristalli superficiali e penetrano più in profondità nell’albero. Ciò dimostra che il carbonio inorganico viene sequestrato nel legno a una profondità maggiore di quanto pensassimo in precedenza”. Delle tre specie di fico prese in esame, gli scienziati hanno scoperto che il Ficus wakefieldii era il più efficace nell’immagazzinare la CO2 sotto forma di carbonato di calcio.

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Le potenziali applicazioni

Il prossimo passo ora sarà quello di valutare l’idoneità di questo albero all’agroforestazione, misurandone alcuni parametri come il fabbisogno idrico, la resa dei frutti, e la capacità di immagazzinare anidride carbonica in diverse condizioni. Ma se un giorno i fichi potessero essere inclusi nei futuri progetti di riforestazione, potrebbero diventare sia una fonte di cibo che un pozzo di carbonio. “È più facile identificare il carbonato di calcio in ambienti più secchi. Tuttavia, anche in ambienti più umidi, il carbonio può comunque essere sequestrato”, ha commentato Rowley. “Il percorso ossalato-carbonato potrebbe rappresentare un’opportunità significativa, ma inesplorata, per contribuire a mitigare le emissioni di CO2 quando piantiamo alberi per la silvicoltura o la frutta”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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