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Neve ai minimi storici sull’Himalaya: due miliardi di persone a rischio siccità

Due miliardi di persone rischiano di restare senza acqua a causa della mancanza di neve. Succede in Nepal, dove le nevicate della catena montuosa Hindu Kush hanno raggiunto il minimo degli ultimi 23 anni, mettendo in pericolo l’approvvigionamento idrico della popolazione che dipende dallo scioglimento della neve. Il significativo calo della persistenza della neve, pari al 23,6% sotto la norma, per il terzo anno consecutivo, fa presagire una potenziale riduzione dei deflussi fluviali, una maggiore dipendenza dalle acque sotterranee e un aumentato rischio di siccità. A denunciarlo, in un rapporto appena pubblicato, lo Hkh Snow Update Report 2025, gli scienziati dello International Center for Integrated Mountain Development (Icimod).

Come suggerisce il nome, i rapporti dell’Icimod monitorano da anni le anomalie stagionali della neve nella regione Hindu Kush Himalaya, e forniscono un’analisi della persistenza della neve stagionale (novembre-marzo), ovvero la frazione di tempo in cui la neve rimane al suolo dopo una nevicata. Dal momento che lo scioglimento della neve che contribuisce in media a circa un quarto del deflusso annuo totale di dodici importanti bacini fluviali della regione, le anomalie appena registrate influenzano la sicurezza idrica dei quasi due miliardi di persone che dipendono da questi bacini. Il rapporto appena pubblicato evidenzia che il 2025 non è solo stato il terzo anno consecutivo di persistenza della neve inferiore alla norma, ma ha anche toccato un minimo storico degli ultimi 23 anni, raggiungendo per l’appunto quota -23,6% rispetto alla media.

Clima

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20 Dicembre 2021

Meno neve dappertutto

Come sottolineato nel documento, quattro dei cinque inverni passati tra il 2020-2021 e il 2024-2025 hanno visto una persistenza della neve inferiore alla norma in tutti e dodici i bacini fluviali interessati, e i declini più importanti sono stati osservati nel bacino del Mekong (-51,9%) e del Salween (-48,3%), seguiti dall’altopiano tibetano (-29,1%), dal Brahmaputra (-27,9%), dallo Yangtze (-26,3%) e dal Gange (-24,1%). Anche i bacini a prevalenza nevosa, come l’Amu Darya (-18,8%) e l’Indo (-16%) hanno contribuito a registrare una riduzione della persistenza della neve.

Caldo e sete

“Quest’anno, le nevicate sono iniziate tardi a gennaio”, ha spiegato Sher Muhammad, autore principale del rapporto, “e sono rimaste basse in media durante la stagione invernale”. Diversi paesi della regione hanno già emesso allarmi di siccità, legati al fatto che i prossimi raccolti e l’eccesso all’acqua saranno a rischio per popolazioni già provate da ondate di calore sempre più lunghe, più intense e più frequenti. Un ulteriore deficit di acqua comporterebbe una minore portata dei fiumi nei mesi secchi, il che rende urgente la necessità di mettere a punto strategie di gestione adattativa delle (poche) risorse idriche per mitigare gli impatti della carenza di acqua, specialmente per le comunità a valle che affrontano estati sempre più estreme.

Agire in fretta

Per queste ragioni, gli autori del rapporto raccomandano che le autorità competenti si preparino per tempo, mettendo a punto programmi di allocazione ottimizzata dell’acqua e istituendo meccanismi di risposta alla siccità per un soccorso efficace e tempestivo a eventuali emergenze. Alla base di tutto, come al solito, ci sono la crisi climatica e le emissioni di gas climalteranti: “Le emissioni di anidride carbonica”, ha commentato Pema Gyamitsho, direttore generale dell’Icimod, “hanno già innescato una serie irreversibile di anomalie nevose dell’Hindu Kush Himalaya. Bisogna cambiare urgentemente le politiche per affrontare questa situazione nel lungo termine”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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