Lo smog ci fa ammalare. Sotto accusa: i livelli di microparticolato Pm10 nell’aria. Principali fonti di queste micropolveri sono gli scarichi delle automobili, la fuliggine, la combustione del legno, le industrie, le attività agricole e zootecniche che le immettono nell’aria dove possono restare sospese. Una volta respirate, le polveri sottili scendono nei polmoni. Ma se fino adesso gli effetti nocivi a breve e lungo termine sulle salute sono stati analizzati per le malattie respiratorie, cardiopolmonari e cardiovascolari e l’indebolimento del sistema immunitario, un nuovo studio rivela una possibile connessione tra Parkinson.
La ricerca “Moli-sani”
La ricerca coordinata dall’Irccs Neuromed di Pozzilli, l’Università Lum di Casamassima (Bari), l’Università dell’Insubria (Varese) e la Sapienza è stata pubblicata sulla rivista Parkinson’s Disease. Si basa sull’analisi di un ampio campione della popolazione italiana, i partecipanti al progetto epidemiologico Moli-sani, che coinvolge 25 mila adulti residenti in Molise la cui salute viene monitorata da 20 anni. Di queste persone è stata valutata l’esposizione ad alcuni inquinanti ambientali, in particolare le cosiddette Pm10, particelle inferiori a 10 millesimi di millimetro presenti nell’aria che possono penetrare nelle vie respiratorie e venire assorbite dall’organismo. Partendo dai dati forniti dall’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Molise (ARPA Molise), provenienti da quattordici stazioni di monitoraggio, i ricercatori hanno ricostruito un quadro dettagliato dell’ambiente in cui ciascun partecipante ha vissuto nel corso degli anni, incrociando queste informazioni con le diagnosi di Parkinson.
L’esposizione al Pm10
“Abbiamo osservato – spiega il primo autore Alessandro Gialluisi dell’Università Lum di Casamassima – che un incremento dei livelli di Pm10 nell’aria si associa a un notevole aumento del rischio di sviluppare il Parkinson. Questa associazione appare indipendente da una serie di altri fattori di rischio che includono l’età, il sesso, altre patologie prevalenti e fattori occupazionali”. Il dato ottenuto attraverso lo studio di una popolazione italiana e con un lungo periodo di osservazione supporta l’ipotesi di un ruolo centrale delle polveri sottili nell’incrementare il rischio di malattia.
Una proteina, il possibile mediatore
“Un dettaglio interessante dello studio – prosegue Gialluisi – riguarda la lipoproteina(a), una molecola che ha un ruolo nel rischio cardiovascolare, che interagisce con l’alfa-sinucleina. Questa proteina è risultata, infatti, un possibile mediatore della relazione tra Pm10 e rischio di Parkinson, spiegandone una piccola, ma significativa parte. Naturalmente saranno necessari ulteriori studi per chiarire a fondo il suo ruolo”. Il lavoro scientifico si colloca in un ambito di ricerca più ampio che da alcuni anni studia i fattori di rischio per l’insorgenza di patologie neurologiche.
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“La malattia di Parkinson è una delle principali cause di disabilità nella popolazione anziana – sottolinea il professor Alfredo Berardelli, professore emerito di Neurologia presso l’Università la Sapienza e coordinatore dell’Unità di Ricerca e di Neurofisiopatologia Clinica dell’Ircss Neuromed – Comprendere i fattori ambientali che possono contribuire al suo sviluppo è fondamentale per pensare a strategie di prevenzione efficaci, che possano affiancarsi agli sforzi in atto nella ricerca farmacologica”.
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Lo studio è parte del progetto PNRR AGE-IT che studia gli effetti dell’inquinamento atmosferico e il cambiamento climatico sulle patologie legate all’invecchiamento. “L’inquinamento atmosferico è uno dei più rilevanti problemi di salute pubblica a livello mondiale – commenta la professoressa Licia Iacoviello, responsabile dell’Unità di Epidemiologia e Prevenzione del Neuromed – Questo studio aggiunge un tassello importante al quadro dei danni che l’esposizione a inquinanti può provocare soprattutto in una popolazione fragile come gli anziani, evidenziando l’urgenza di politiche ambientali mirate a ridurre le emissioni di particolato fine, a tutela non solo della salute respiratoria e cardiovascolare, ma anche di quella neurologica”.