Non tutto il verde luccica, al contrario. Ci sono piante pericolose per noi e per l’ecosistema, altre che avvelenano il terreno o vivono alle spalle di grandi alberi. Poca poesia e tanta cattiveria. Sono stronze per natura per dirlo con le parole di Francesco Broccolo, il giovane insegnante di agraria molto conosciuto sui social che ha dedicato un erbario divulgativo a questo curioso genere Piccolo erbario delle piante stronze, in uscita ai primi di settembre per Rizzoli Illustrati. Una guida per raccontare con ironia, e la mano di Marina Cremonini, 22 piante comuni che quando possono giocano brutti scherzi.
Cosa significa pianta stronza?
“È quella che cresce dove non vuoi, anche al decimo piano, dove a stento ci arriva l’ascensore, e si riproduce a velocità record. Hanno spine o arpioni, tossine o pollini super allergenici, e radici invadenti che sfasciano marciapiedi e fondamenta delle abitazioni. Ci sono specie che addirittura avvelenano il terreno attorno per eliminare la concorrenza. Sono di certo furbe, senza dubbio fastidiose e decisamente stronze”.
Si comportano peggio con noi o tra di loro?
“Con noi sicuramente, ma anche tra di loro spesso non sono certo amichevoli. Capita che molte piante celebrate sotto il profilo estetico abbiano poi un lato oscuro che pochi conoscono. A quel punto, hai voglia a dire che sia bella”.
La più stronza di tutte.
“Il podio spetta all’ailanto, un albero invasivo che può arrivare fino a trenta metri. Dalle radici rilascia un diserbante naturale che impedisce ad altre specie di crescere mentre dalle foglie emette un repellente per tenere alla larga ospiti indesiderati. Crea il deserto. Eppure, dal momento che è una mellifera, alcuni l’hanno sdoganato. Anche se il miele è buono la pianta è quello che ho definito un unno vegetale”.
Nel tuo erbario hai inserito anche un albero con un forte simbolismo come il cipresso parlando di magia nera. Perché?
“In realtà è fastidioso per tutti. Il diavolo, in questo caso, si nasconde nei suoi fiori maschili: quei piccoli conetti gialli che rilasciano però una strabordante quantità di polline. La magia nera botanica è questa. Il cipresso non si limita a una modesta spruzzatina: al culmine della stagione sembra quasi fumare. Basta qualche minuto perché gli occhi di chiunque inizino a bruciare”.
Queste piante avranno anche qualche comportamento più virtuoso.
“Nella loro arroganza vegetale hanno spesso un ruolo fondamentale negli ecosistemi e persino nella nostra vita quotidiana. L’acacia o l’olmo sono infestanti ma ci aiutano a stabilizzare i terreni e le scarpate oltre a fornire riparo e nutrimento a molti insetti e animali”.
Non è tutto da buttare allora.
“Non confondiamoci, le specie invasive vanno tenute sotto controllo perché non diventino un problema come è accaduto per l’ailanto”.
All’appello del tuo erbario mi sembra mancare il forasacco di Gussone ma in compenso c’è lo stracciabraghe (Smilax aspera) e la carota selvatica che definisci “La gentile adesiva dal tocco irritante”. Cosa significa?
“Dopo una passeggiata estiva in campagna o su un sentiero capita di trovarsi minuscoli pallini spinosi aggrappati a pantaloni, lacci delle scarpe, tra i capelli, sulle gambe e sulle braccia. Sono le infiorescenze della carota selvatica, la responsabile di questa aggressione”.
Ci sono specie che hanno creato enormi danni economici?
“Le orobanche che i contadini nostrani chiamano succiamele: è sufficiente un numero ristretto di esemplari per rendere un campo inutilizzabile per la coltivazione delle fave per un periodo tra i venti e i venticinque anni. Sono storicamente il terrore dei coltivatori di legumi: in Etiopia è diventata talmente invasiva che molti agricoltori hanno dovuto abbandonare. Si ritiene che la piaga sia stata introdotta in quelle zone attraverso aiuti umanitari: semi di orobanche mescolati accidentalmente a partite di legumi distribuite come cibo durante le carestie degli anni Ottanta”.
Cosa abbiamo in comune con queste piante?
“Tutti gli esseri viventi sulla Terra vogliono sempre di più. Pensa alle piante rampicanti come l’edera: arrivata in cima a una quercia, che cosa fa? Emette le foglie e fa nuovi germogli fino a quando non avvolge tutta la chioma della quercia e, di conseguenza, le toglie luce e spazio. La quercia, quindi, muore di fame. Significa letteralmente, sputare sul piatto dove mangi. Ma l’edera è giustificata perché la natura non ha morale, solo strategia”.