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Aumento delle temperature e resistenza ai microbici: un legame allarmante

L’antibiotico resistenza, o più propriamente la resistenza agli antimicrobici senza dimenticare anche le resistenze contro altri microrganismi, quali funghi, virus e protozoi, riguarda una moltitudine di microrganismi. E tanti sono anche i fattori che possono concorrere ad aumentarne o alleggerirne il peso sulla nostra salute. E tra questi un ruolo di primo piano potrebbe averlo anche il clima, motivo per cui le azioni di prevenzione nella lotta al fenomeno non dovrebbero dimenticarlo.

A mettere sul piatto la questione questo, fornendo un’analisi dettagliata – sebbene con qualche inevitabile lacuna, come gli stessi autori riconoscono – è uno studio appena apparso sulle pagine di Nature Medicine. Nella loro analisi il team di Lianping Yang della Sun Yat-sen University di Guangzhou ha raccolto i dati provenienti da alcuni sistemi di sorveglianza antimicrobica di un centinaio di paesi relativi alle analisi compiute su oltre trenta milioni di colture batteriche di sei tra i principali microrganismi resistenti. Si tratta, in particolare, di Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae resistenti a cefalosporine di terza generazione e di E.coli, K.pneumoniae, Acinetobacter baumanni e Pseudomonas aeruginosa resistenti ai carbapenemi.

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Oms: ogni anno 1,2 milioni di morti

Una volta raccolti i dati, relativi al periodo che va dal 1999 al 2022, i ricercatori hanno estrapolato delle stime di prevalenza della resistenza agli antimicrobici insieme a dei trend temporali. In questo modo hanno osservato che, in media, dal 2000 il fenomeno è cresciuto nella stragrande maggioranza dei paesi analizzati, con un ritmo più elevato nei paesi a basso e medio reddito. Secondo i dati disponibili, inoltre, la prevalenza della resistenza agli antimicrobici – che secondo l’Oms, ogni anno causa 1,27 milioni di morti direttamente e concorre al decesso di 5 milioni di persone – risulta maggiore nell’Asia meridionale, nel Medio Oriente, nel Nord Africa e nell’Africa subsahariana.

I fattori ambientali e sociali

I ricercatori hanno quindi approfondito il loro studio spingendosi ad analizzare l’associazione tra il fenomeno della resistenza agli antimicrobici con alcuni fattori ambientali e sociali, cercando anche di capire come le loro variazioni possano influenzarne la prevalenza. Secondo quanto si legge nel paper, l’inquinamento da particolato, il fenomeno del ruscellamento, il consumo di antimicrobici e i costi sanitari diretti – specchio di prescrizioni troppo facili, sottolineano gli esperti – sono associati alla resistenza agli antimicrobici, ovvero quanto più aumentavano allo stesso modo cresceva il problema. Al crescere della spesa sanitaria, delle coperture vaccinali e del deflusso sotterraneo invece diminuiva la prevalenza del fenomeno, continuano gli autori.

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La riduzione del consumo potrebbe contenere il fenomeno

L’aspetto più interessante però del loro lavoro è quello relativo alle simulazioni per gli anni a venire. La riduzione del consumo di antimicrobici potrebbe contenere il fenomeno del 2,1% entro il 2050 (per un dimezzamento dei consumi). Benefici, singolarmente minori ma insieme ben maggiori, si potrebbero avere anche a fronte di un aumento delle vaccinazioni, dei servizi igienici e soprattutto della riduzione della spesa sanitaria diretta. Combinando insieme tutte le misure, compresa la riduzione dei consumi, i benefici sarebbero ancora maggiori. La crisi climatica però potrebbe remare contro.

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Gli scenari

Nello specifico, nel peggiore degli scenari possibili, scrivono gli esperti, per uno scenario con una crescita delle temperature di oltre 2°C ed alte emissioni per il 2050, potremmo assistere a un aumento del 2,4% della resistenza antimicrobica, ma potrebbe superare il 4% per i paesi a basso e medio reddito. I cambiamenti climatici, proseguono i ricercatori, potrebbero favorire eventi estremi che distruggono i servizi di prevenzione e cura, stravolgere gli ecosistemi favorendo la diffusione di patogeni. E bisognerebbe tenerne conto, concludono gli esperti: “Sebbene le iniziative di sviluppo sostenibile a breve termine e gli sforzi per ridurre il consumo di antimicrobici possano contribuire a mitigare la rapida crescita del fenomeno della resistenza, è importante riconoscere che le conseguenze a lungo termine dei cambiamenti climatici e delle attività umane continueranno a influenzare le dinamiche della resistenza agli antimicrobici”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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