Aprile 2023

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consigliato per te

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    Prof tutor per 7 euro l’ora. Ma darà punteggio in graduatoria

    Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ne ha fatto una bandiera, la cifra del suo mandato sin d’ora: “Quella dei tutor è la prima applicazione della rivoluzione del merito e noi per merito intendiamo dare la possibilità a ogni ragazzo di realizzare i propri talenti”, ha detto sul canale ministeriale di YouTube intervistato dalla giornalista Maria Latella. […] LEGGI TUTTO

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    La seconda vita di Mark fuori dalla gabbia: l’orso “da ristorante” di Tirana ora vive in un rifugio

    Non è un grande lago, ma nello stagno in cui nei giorni scorsi ha potuto fare il primo bagno della sua vita, Mark ha giocato con l’acqua. Mark è l’orso bruno di 25 anni che ha trascorso oltre 20 anni rinchiuso in una piccola gabbia accanto a un ristorante a Tirana, in Albania, prima che l’organizzazione internazionale per la protezione degli animali Four Paws lo liberasse nel dicembre 2022 dopo 6 anni di trattative con il proprietario del locale. Gli orsi bruni hanno una vita media di circa 20-30 anni.Mark è stato l’ultimo dei cosiddetti “orsi da ristorante”, una vecchia attrazione tradizionale dei ristoranti albanesi, che per i plantigradi significava un vegetare tra sofferenze in spazi angusti, sempre esposti alla vista di tutti e alle intemperie. Dopo il trasferimento da Tirana, Mark vive nella sua nuova “casa” a misura della sua specie nel rifugio per orsi di Arbesbach, nel distretto di Zwettl in Bassa Austria, gestito dalla stessa associazione che lo ha salvato e che, dopo il lungo viaggio attraverso la Macedonia settentrionale, la Grecia, la Bulgaria, la Romania e l’Ungheria, l’ha consegnato a una nuova vita in un habitat protetto.Nei primi mesi dopo l’arrivo al rifugio il comportamento di Mark ha destato grande preoccupazione nei suoi custodi e nel team di Four Paws, che però sapeva come il percorso di recupero dell’animale sarebbe stato lungo viste le condizioni in cui era stato costretto a vivere per 20 anni che gli avevano fatto perdere molti degli istinti naturali della sua specie, a cominciare da quello di andare in letargo, che è una funzione fisiologicamente necessaria per gli orsi.Agli inizi della sua nuova vita a contatto con la natura nel rifugio di Arbesbach, dove gli è stata riservata una grande area sicura tutta per lui, Mark si ritirava sempre più spesso nella sua tana, sembrava sconvolto, confermando di essere un animale traumatizzato. Usciva solo per prendere un po’ di cibo. Il team che si occupa di lui e degli altri due orsi bruni ospiti del rifugio che dispone di un’area di 14.000 mq, ha deciso di dargli tutto il tempo di cui aveva bisogno per ambientarsi, oltre a una dieta sana, indispensabile perché era notevolmente in sovrappeso, e i farmaci necessari per trattare le patologie che lo affliggevano.Ma, con grande gioia di tutti, dopo aver riposato per qualche settimana in uno stato di semi-ibernazione, Mark negli ultimi giorni ha iniziato a essere più attivo e curioso, a esplorare lo spazio che gli è stato messo a disposizione, il bosco e il prato. L’esercizio fisico, il poter camminare su zampe che finalmente non gli facevano più male dopo le cure ricevute, gli ha permesso di andare a dare un’occhiata alle zone del recinto sempre più lontane dalla tana.E ora, sotto il primo sole primaverile, il primo bagno nel laghetto. “È così bello vedere Mark che sguazza nell’acqua. Siamo orgogliosi dei progressi che fa ogni giorno”, dice Sigrid Zederbauer, direttrice del rifugio degli orsi di Arbesbach. LEGGI TUTTO

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    Dieci trucchi per l’orto in balcone

    In una recente intervista sui tantissimi comportamenti amici del clima che potremmo adottare a livello individuale, il climatologo Luca Mercalli ha suggerito a chi scrive di provare a piantare ortaggi al posto di prati e fiori. La ragione, in estrema sintesi, è subito chiara: a parità di risorse richieste, oltre alla bellezza queste piante ci restituiscono qualcosa di utile per la dispensa. La stagione è perfetta per iniziare con quest’avventura, perché da fine aprile possiamo trapiantare all’aperto quasi tutti gli ortaggi estivi. Nella pratica, come avviare un orto in vaso? Lo abbiamo chiesto a Matteo Cereda, eco-orticoltore e ideatore del portale Ortodacoltivare.it appena arrivato in libreria con la riedizione del manuale Mettete orti sui vostri balconi (Bur), aggiornata con le sue riflessioni sul cambiamento climatico.”Da un lato, l’agricoltura intensiva è responsabile del disastro ambientale che stiamo vivendo. Dall’altro, il riscaldamento globale irrompe prepotentemente sulle coltivazioni”, afferma. “Negli ultimi anni abbiamo assistito a fenomeni preoccupanti tra siccità, inverni miti, gelate tardive ed eventi estremi. Nell’estate 2022 ci siamo ritrovati a ombreggiare i pomodori per salvarli, chi l’avrebbe mai pensato prima? Senza scomodare studi scientifici, il punto di vista pragmatico del contadino restituisce una misura concreta di quanto sta accadendo e un approccio responsabile potrebbe invertire la rotta. Certo, il problema globale è molto più grande del nostro balcone e piantando ortaggi in terrazzo non modificheremo le sorti del mondo, ma in questo contesto coltivare è un fatto importante, perché ci permette di avere un rapporto con la natura e di maturare una consapevolezza maggiore”.

    Cominciamo dalla scelta dei vasi

    Per iniziare, ricordiamoci che la coltivazione in contenitore è più fragile di quella in campo, perché le piante hanno un volume di terra limitato e non possono sviluppare l’apparato radicale in profondità. Il riscaldamento globale, dunque, incide di più sul balcone, che può anche essere vessato da forti venti, in grado di disidratare le piante. “Più i vasi sono capienti, più le piante sono autonome; viceversa, la terra nei piccoli contenitori si asciuga molto velocemente. Una profondità minima di 40 centimetri ci permette di coltivare qualsiasi ortaggio, anche quelli più grandi ed esigenti come le zucche, ma possiamo anche optare per delle cassette da davanzale o per i moduli da orto verticale e concentrarci su varietà compatte. I contenitori più ecologici sono quelli di terracotta e di legno, oppure di riciclo. Qualsiasi sia il materiale scelto, evitiamo i vasi neri, perché il colore scuro si scalda facilmente e accumula più calore. A fondo vasca, dobbiamo sempre predisporre uno strato di drenaggio con alcuni centimetri di ghiaia o di argilla espansa, per evitare i ristagni d’acqua”, raccomanda Cereda.

    Quale terra scegliere?

    “Possiamo riutilizzare il terriccio delle coltivazioni precedenti, mescolandolo con un 20-30% di compost ogni anno per restituirgli nutrimento e sostanza organica. Ricordiamoci, però, di applicare la rotazione colturale: non dobbiamo mai coltivare la stessa pianta nello stesso vaso, ma è preferibile alternare diverse famiglie botaniche, per non impoverire il terreno di un solo elemento e per ridurre la probabilità di malattie. In alternativa, utilizziamo la terra del nostro giardino oppure acquistiamo del terriccio specifico per piante da orto senza torba (che viene estratta dalle torbiere e non è una risorsa facilmente rinnovabile); consiglio di mescolargli qualche manciata di terra di campagna, la quale contiene microrganismi utili in maggior misura rispetto ai terricci creati con mix artificiali e stoccati in sacchi”, assicura l’esperto.

    Gli ortaggi da trapiantare ora

    In questo momento dell’anno, anche al Nord si possono trapiantare all’aria aperta sia gli ortaggi primaverili a ciclo breve, sia quelli estivi. Ce n’è per tutti i gusti, dunque. In ordine alfabetico, anguria, basilico (alternando a quello classico genovese quello viola e quello greco a palla), bieta (tra le più belle, quelle ornamentali a coste rosse o gialle), broccoli, cavolfiori e cavoli (molto scenografico il cavolo riccio, kale), cetrioli, cicorie e radicchi, fagioli e fagiolini, finocchio, indivia, lattuga, melanzana (molto belle quelle bianche a uovo o quelle a forma di dito), melone, peperoni e peperoncini (se ne trovano di moltissimi colori e forme), pomodori e pomodorini (i ciliegini gialli e neri o i datterini gialli sembrano gioielli), porri, prezzemolo, sedano, verza, zucche e zucchini. Per crescere sani e fruttificare bene questi ortaggi hanno bisogno di almeno tre-quattro ore di sole al giorno. Le varietà rampicanti di fagioli, pomodori, cetrioli e zucchini richiedono dei sostegni, per cui possiamo sistemare nei vasi accanto alla ringhiera del balcone o metterci delle canne.

    Come abbinare gli ortaggi: le “accoppiate vincenti”

    Combinare diverse varietà, oltre ad abbellire il terrazzo, può avere effetti benefici per le piante. Anche in questo caso vale la regola “più biodiversità = meno pesticidi”. Entrando nello specifico, alcune piante, se coltivate nello stesso vaso, hanno influssi benefici reciproci perché si compensano dal punto di vista degli elementi nutritivi, si scambiano elementi preziosi, ottimizzano lo spazio, si ombreggiano a vicenda e producono aromi ed essudati radicali che allontanano insetti di vario genere. “Tra le consociazioni più azzeccate, ovvero le accoppiate vincenti in grado di creare tra loro delle sinergie: cipolle e carote; cetrioli e mais; cipolle e finocchio; fragole e fagiolini, lattuga e fragole; melanzana/peperone con fagioli/fagiolini; zucchine o zucche con fagioli rampicanti e mais (per le grandi fioriere)”.

    L’effetto benefico delle piante aromatiche

    Abbinare gli aromi agli ortaggi presenta ulteriori vantaggi. “L’aneto, vicino ai fagioli, è sgradito agli afidi; il basilico e la melissa sono presenze positive per i pomodori; la camomilla aiuta cipolle e cavoli; il rosmarino respinge gli insetti che attaccano carote, finocchio e sedano; la salvia attira le api e altri impollinatori, ma anche insetti che predano i parassiti; il cerfoglio allontana i bruchi dai cavoli; la santoreggia allontana gli afidi; il timo è amato dalle coccinelle, ma allontana i bruchi”, assicura Cereda. Attenzione però: ci sono anche accoppiate che è meglio evitare: “Tra le piante che non si trovano sempre bene insieme possiamo citare cavoli e fragole, oppure finocchio con legumi e anche piselli con aglio e cipolle. La menta, invece, non è un buon vicino per nessuno perché tende a colonizzare tutto il vaso”.

    Cinque ricette pronte per l’orto in cassetta

    Per chi è alle prime armi e desidera iniziare l’avventura dell’orto pensile riciclando, una cassetta della frutta foderata con del tessuto non tessuto e riempita di terriccio può diventare un piccolo modulo di coltivazione. Di seguito, cinque ricette per l’orto in cassetta suggerite da Matteo Cereda: “fagioli e peperoncini, perché i primi, in quanto leguminose, apportano l’azoto che concima i secondi; un finocchio e due porri, che stanno bene in una sola cassetta; prezzemolo o sedano con biete, una delle poche associazioni che si può accontentare anche di una esposizione meno assolata; timo e rosmarino, oppure salvia, che sono perenni e si compensano per le forme; mirtillo e fragole, perché amano entrambi un terreno acido e il cespuglio fa ombra alle fragole”. Non dimentichiamo di infilare qua e là dei fiori belli e utili come tageti, nasturzi, calendule e lavanda.

    Come scegliere le piantine e trapiantarle

    In questo momento dell’anno le piantine di tutte le varietà citate finora si trovano in vendita nei vivai in contenitori alveolari. Come sceglierle? “Preferiamo piantine ben dritte, con un fusto robusto e senza ingiallimenti delle foglie o macchie. Piante troppo allungate indicano una lunga permanenza nel garden center, dove possono aver sviluppato radici aggrovigliate a causa del lungo tempo trascorso nel vasetto. Sfilando delicatamente una delle nostre piantine dal contenitore, inoltre, dovremo osservare radici bianche (segno che sono sane) e non gialle o marroncine. Una volta a casa, cerchiamo di trapiantare il prima possibile, mai nelle ore calde. L’ideale è farlo di sera. Non cerchiamo di estrarre gli ortaggi tirandoli per il fusto o per le foglie, ma premiamo leggermente sui lati e sul fondo del vasetto in modo da far staccare il pane di terra. Poi adagiamo la piantina nella buca a livello del terreno (mai troppo in profondità) e pressiamo con due dita intorno, quindi bagniamo abbondantemente per far aderire la terra alle radici”. I contenitori li possiamo riutilizzare per le semine d’autunno oppure avviare alla raccolta differenziata.

    I consigli per bagnare di meno

    Per capire quando innaffiare, infiliamo un dito nella terra per due-tre centimetri; se “sentiamo” che è asciutta, è ora di intervenire. “Bagniamo la terra e non la pianta e facciamolo la sera oppure di mattina presto, usando acqua a temperatura ambiente: ciò serve per evitare di sprecare liquido a causa dell’evaporazione eccessiva, per scongiurare le scottature sulle foglie e per non causare shock termici agli ortaggi. Adottare dei vasi grandi ci permetterà di bagnare di meno, perché i volumi maggiori trattengono più umidità; ricordiamoci, inoltre, di arricchire il terreno con ammendanti come compost e humus, che assorbono acqua e la rilasciano lentamente. Infine, ricordiamoci di fare la pacciamatura, cioè spargiamo sulla superficie attorno alle piante uno strato di paglia per proteggere il terreno dal sole diretto e ridurre la traspirazione”, raccomanda Cereda.

    Quali concimi utilizzare

    In generale, gli ortaggi sono piante a crescita veloce, esigenti in termini di nutrimento, ma gli eccessi di concimazione sono dannosi quanto le carenze, senza contare che il surplus di fertilizzante viene sprecato perché dilavato con le irrigazioni. “L’ideale è piantare in un substrato già ben concimato con prodotti organici che oltre a fornire gli elementi necessari, migliorano le caratteristiche del terreno, per esempio una miscela di terriccio con un terzo di compost oppure di stallatico sfarinato. Tra i concimi biologici da utilizzare in fase di coltivazione, quando le piante iniziano a fruttificare, quelli più comuni sono lo stallatico pellettato e la pollina. Distribuiamoli in piccole dosi perché sono molto concentrati, in ragione di un cucchiaio raso per pianta, da interrare leggermente in superficie, per poi bagnare abbondantemente. Il miglior concime e ammendante in assoluto è l’humus di lombrico, che non dà alcun problema di sovraddosaggio e contiene anche enzimi e microrganismi utili all’apparato radicale”, assicura l’esperto.

    L’orto in un metro quadrato

    Un sistema pratico, bello e di sicura riuscita per cominciare con l’orto si basa sul metodo dello square foot gardening ideato dall’americano Mel Bartholomew, che prevede un modulo di coltivazione costituito da un cassone quadrato di un metro di lato e 50 o 60 centimetri di profondità. “Per organizzare le colture dobbiamo suddividere la superficie in quadrati più piccoli, per esempio adagiandovi delle canne. Quattro quadrati da 50 cm ciascuno sono adatti a piante ingombranti quali zucchine, cetrioli e pomodori rampicanti. Nove quadrati da 33×33 cm sono perfetti per peperoncini e pomodori nani. Sedici quadrati da 25×25 centimetri sono adatti per colture mignon come insalate, carote e cipolle. Ovviamente, per ogni parcella possiamo anche fare delle consociazioni tra ortaggi, aromi e fiori, seguendo gli abbinamenti indicati sopra”. LEGGI TUTTO

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    Energy Dome, nuovo round di finanziamenti da 40 milioni di euro per la startup che cattura energia da sole e vento

    La startup italiana Energy Dome, che ha brevettato un sistema per immagazzinare energia da sole e vento basato sulla CO2, ha chiuso un nuovo round di finanziamenti da 40 milioni di euro, portando il totale raccolto a 54 milioni. Il round è stato guidato da Eni Next insieme a Neva Sgr, la società di venture capital di proprietà del gruppo bancario Intesa Sanpaolo. Hanno partecipato anche investitori già presenti come Sustainable Impact Capital di Barclays, Cdp Venture Capital, Invitalia, Novum Capital Partners e 360 Capital, con l’aggiunta di altri soggetti che vanno da Japan Energy Fund ad Elemental Excelerator.

    Tecnologia

    L’impianto sardo dove l’energia viene stoccata in una mega batteria di CO2

    di Dario D’Elia

    17 Maggio 2022

    I sistemi di accumulo delle rinnovabili sono essenziali visto che eolico e fotovoltaico producono energia in maniera non continuativa secondo la presenza di sole e vento. Servono quindi delle “batterie” per salvare la produzione in eccesso così da poter continuare ad erogare il servizio anche quando le turbine e i pannelli non producono. Di soluzioni innovative ce ne sono diverse ed Energy Dome non è certo l’unica realtà italiana impegnata su questo fronte.Esistono diversi tipi di sistemi, da quelli che agiscono in un arco di tempo breve per stabilizzare micro-fluttuazioni nella produzione, a quelli per lo stoccaggio più a lungo termine. I primi si affidano in molti casi a grandi batterie agli ioni litio; i secondi a impianti basati sull’idrogeno. Energy Dome si propone come terza via, per un energy shifting (uno spostamento energetico) tra le 4 e le 24 ore: ciò che viene prodotto in mattinata può essere quindi emesso nel pomeriggio oppure il giorno dopo.Nell’impianto dimostrativo di Ottana, in provincia di Nuoro, Energy Dome ha costruito il suo sistema che si basa su meccanica e principi termici. Acquista anidride carbonica, ovvero CO2, che viene poi immessa in un gasometro a pressione e temperatura ambiente. In questa cupola, dome in inglese, l’anidride carbonica compressa produce calore. Raffreddandola fino a temperatura ambiente si condensa per essere mantenuta sotto forma di CO2 liquida.

    startup

    Green Energy Storage, la batteria che rende possibile la transizione energetica

    di Luca Fraioli

    20 Aprile 2023

    Tutto il processo avviene grazie all’energia proveniente da impianti rinnovabili. Dopodiché, quando serve la CO2 viene riscaldata per farla tornare allo stato gassoso, si  muove una turbina che di conseguenza produce energia. Usando un quantitativo pari a 100 di energia nella prima fase, si ottiene 75 nella seconda senza emissioni. La perdita c’è, ma intanto si conserva l’energia per quando serve. Una soluzione promettente che è stata premiata nel concorso tecnologico Bloomberg New Energy Finance Pioneers 2022. 

    I fondi ottenuti grazie a questo nuovo giro di finanziamenti saranno ora utilizzati per entrare nella fase commerciale. Fra i mercati ai quali la stratup guarda, oltre all’Europa, c’è quello degli Stati Uniti. LEGGI TUTTO

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    La Pianura Padana fra le zone più inquinate d’Europa. Sassari è la città con la qualità dell’aria migliore in Italia

    Anno dopo anno, i dati continuano a confermarci che la Pianura Padana e l’Italia sono fra le aree con la qualità dell’aria peggiore in Europa, soprattutto se si parla di particolato fine. Il recente rapporto “Europe’s air quality status 2023” dell’Agenzia europea dell’ambiente (Aea) ribadisce infatti come il nord del nostro Paese, per esempio a livello di Pm 2,5, registra valori preoccupanti e ben superiori ai limiti fissati dall’Oms.Valori, quelli europei, che secondo la ricerca espongono migliaia di bambini a un forte inquinamento atmosferico e a potenziali malattie. Lo smog provoca infatti la morte prematura di 1200 bambini ogni anno in tutta Europa e molti altri sono soggetti a malattie di tipo respiratorio e problemi di salute fisica e mentale che potrebbero avere conseguenze per tutta la vita, sostiene l’Agenzia europea dell’ambiente.

    Inquinamento

    Nel mondo soltanto in 6 Paesi le polveri sottili sono nei limiti dell’Oms

    di Cristina Nadotti

    15 Marzo 2023

    Lo studio, che ha analizzato la qualità dell’aria di 37 paesi, quelli membri dell’Unione Europea più altri come Norvegia, Islanda, Svizzera, Turchia, Serbia, Kosovo e Montenegro, ha esaminato la presenza di inquinanti atmosferici come particolato o biossido di azoto nelle principali città e sostiene che la maggior parte delle realtà urbane in cui viviamo è sotto agli standard necessari per respirare aria pulita.In Europa si stima che il 97% della popolazione, di tutte le età, sia esposta a livelli di inquinamento atmosferico superiori ai limiti Oms.Il problema, come spiega Gerardo Sanchez Martinez, esperto di ambiente e salute presso l’Aea, è che “non si può pensare ai bambini come a piccoli adulti, quando si parla di inquinamento atmosferico loro “assorbono” più inquinamento e questa fase inizia già nel grembo materno e continua all’asilo e poi oltre. Stiamo deludendo i nostri figli e il loro futuro”. Diversi studi hanno infatti dimostrato che l’esposizione ad alti livelli di inquinanti durante l’infanzia può inibire la capacità polmonare, causare asma e portare a livelli più elevati di malattie respiratorie e infezioni, così come ritardi nello sviluppo cerebrale. Avendo una frequenza respiratoria più veloce, i bambini – che passano più tempo all’aperto – sono dunque decisamente più esposti rispetto ai loro genitori. 

    Lo studio

    La nebbia? È smog. Monet e Turner dipingevano l’inquinamento

    di Fiammetta Cupellaro

    02 Febbraio 2023

    Per questo motivo, come spiega Hans Bruyninckx, direttore esecutivo dell’Aea, è necessario fare di più per ridurre lo smog. “I livelli di inquinamento atmosferico in tutta Europa sono ancora pericolosi e le politiche europee sulla qualità dell’aria dovrebbero mirare a proteggere tutti i cittadini, ma soprattutto i nostri bambini, che sono i più vulnerabili agli impatti sulla salute dell’inquinamento atmosferico. È urgente continuare a intensificare le misure a livello dell’Ue, a livello nazionale e locale. Il modo più efficace per tenerli al sicuro è rendere più pulita l’aria che respiriamo tutti”.Per riuscire a respirare un’aria migliore dovremmo rivedere la combustione di fonti fossili, dei sistemi di riscaldamento delle case, delle industrie e del traffico stradale. Nello specifico, per aiutare i più piccoli, bisognerebbe poi ragionare sulla creazione di zone di “aria pulita” intorno alle scuole, dove limitare traffico ed eventi di combustione, così come sarebbe necessario piantare “alberi e siepi” intorno alle aree da gioco, oppure dotare le strutture scolastiche di sistemi di ventilazione e filtri per ridurre l’impatto dell’inquinamento.

    L’Italia e la Pianura padana fra le peggiori d’Europa

    Se si guarda ai Paesi con le peggiori statistiche legate ad esempio a particolato fine e altri inquinanti, quelli dell’est e dell’Europa orientale pagano il conto per un forte uso della combustione di carbone per il riscaldamento domestico, ma a livello di zone specifiche è la Pianura padana a registrare alcuni dei valori più preoccupanti. 

    Startup

    Wiseair, i sensori che monitorano lo smog nelle città

    di Arcangelo Rociola

    07 Aprile 2023

    Fanalino di coda tra le città italiane è Cremona, 372esima e quartultima nella classifica delle città europee con la migliore qualità dell’aria, riferita alla presenza di Pm 2,5, ma va male per esempio anche la capitale economica d’Italia, Milano, al 349° posto, oppure  Padova (367°) e Venezia (362°). Roma è 257esima, Napoli 241esima.Tra le migliori si contano invece sul podio italiano Sassari (16°), Livorno (33°) e Battipaglia (72° posto).Guardando alla classifica generale, i primi tre posti delle città con l’aria meno inquinata da Pm 2,5 sono Faro in Portogallo e le città svedesi di Umeå e Uppsala, mentre le peggiori, le ultime dopo Cremona nella lunga lista, sono le polacche Piotrków Trybunalski (373°) e Nowy Sacz (374°).  Ultima in classifica risulta la cittadina croata di Slavonski Brod (375°). LEGGI TUTTO

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    Oasi naturali, escursioni e plogging: le idee per un Primo Maggio nella natura

    Dalle visite guidate nelle oasi del WWF, ai campi di avvistamento della Lipu e di antibracconaggio in Toscana e in Sicilia, al Bike Festival sul lago di Garda e i percorsi del CAI appena inaugurati. Sono tante le iniziative organizzate in occasione dell’Earth day 2023 e che proseguono in questi giorni. Ecco qualche consiglio per trascorrere il prossimo lungo weekend del Primo Maggio all’insegna della sostenibilità e della tutela dell’ambiente. Senza dimenticare le nostre abitudini green.Proseguiranno fino al 21 maggio i 5 weekend di aperture straordinarie nelle oasi protette del WWF in Italia, patrimonio di biodiversità. Quella di quest’anno è un’edizione più ricca delle Giornate delle Oasi: un intero mese di eventi speciali per immergersi nella natura. Per celebrare la Giornata della Terra, il 22 aprile, hanno deciso di festeggiare con aperture straordinarie e visite guidate, come la Riserva Naturale Statale e Oasi Cratere degli Astroni (NA) che ospiterà un doppio tour culturale e gastronomico che accompagnerà i visitatori alla scoperta del bosco degli Astroni.Ma saranno tante le oasi aperte. Dalla storica Oasi del Lago di Burano in Toscana alle maestose Gole del Sagittario in Abruzzo, dai prati alpini di Valtrigona in Trentino alle scogliere di Torre Salsa in Sicilia, tutte le Oasi WWF svolgono un ruolo centrale per difendere migliaia di specie, fare educazione in natura e promuovere uno sviluppo davvero sostenibile. E tutte hanno un richiamo speciale a cui rispondere nell’arco di ben cinque weekend, con decine di iniziative tra cui scegliere.Un programma ricco anche per i più piccoli; in molte Oasi, infatti, si svolgeranno attività per bambini a stretto contatto con la natura. Tra i tanti esempi, L’Oasi Ripa Bianca di Jesi (AN) ospiterà dei laboratori ludico-creativo: un laboratorio di mangiatoie per uccelli, mentre i piccoli visitatori scopriranno il mondo degli impollinatori creando bombe di semi di fiori. LEGGI TUTTO

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    La squadra di serie C che punta allo scudetto per la sostenibilità

    “Siamo l’unica squadra italiana che affronta ogni partita con il logo dell’Agenda 2030 dell’Onu sul petto, è un modo per testimoniare il nostro impegno per l’ambiente. Perché ormai è chiaro: il futuro della Terra dipende dalle nostre scelte quotidiane. La grande sfida? Cambiare mentalità. Cominciando da chi, come noi, ogni domenica scende in campo e ha un grande impatto comunicativo sulla comunità dei tifosi che ci seguono. Anche le maglie realizzate con le bottiglie di plastica riciclate, va in questa direzione. Ma è solo l’inizio”.

    Il commento

    Il calcio non può girare la testa, la sostenibilità ambientale è una priorità

    di Michele Uva*

    06 Aprile 2023

    Michele Cignareale, manager del Potenza Calcio, squadra che milita nella serie C  (ma che da maggio disputerà i play-off per tentare di salire di categoria) ha le idee chiare su quanto il mondo dello sport, in generale, e del calcio, in particolare, possa fare per contribuire alla tutela della sostenibilità ambientale, etica e sociale.Con in testa l’idea che “essere sostenibili anche per un club sportivo significa fare scelte precise”, i calciatori rossoblu lucani sono passati dalle parole ai fatti, dimostrando che è possibile innescare un cambiamento di mentalità. Prova concreta del loro impegno è la decisione presa dai vertici delle società, prima di abolire completamente la plastica dentro e fuori lo stadio e pure negli spogliatoi. Poi, di far giocare i calciatori (tutti giovanissimi: l’età media è 23 anni) ogni domenica già dall’inizio di Campionato, indossando una maglia con il logo dell’Onu e i suoi 17 obiettivi per salvare il Pianeta. “Lo stesso logo lo abbiamo riprodotto su tutti gli oggetti del club non brandizzati. Vogliamo che il messaggio arrivi anche a chi non viene allo stadio. Alla comunità che vive a Potenza”, tiene a sottolineare Cignareale. Rispetto per gli sponsor e marketing a favore dell’ambiente. Si può fare. LEGGI TUTTO

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    I parassiti che prosperano col cambiamento climatico (e uccidono le piante)

    In meno di due anni, a partire da una semplice coppia di insetti, la famiglia si può allargare fino a sette miliardi tra zii, cugini e nipoti. La cocciniglia tartaruga, originaria di una vasta area dal Canada al Messico, non ha problemi di denatalità. Ed è un problema perché sugli alberi di pino questo piccolo animale si comporta come un vampiro nutrendosi della linfa delle piante. La cocciniglia ha pochi antagonisti naturali e con temperature più miti può rivelare capacità riproduttive fuori dal comune. Nei Caraibi ha fatto quasi tabula rasa della specie indigena Pinus caribaea. In Italia è stata segnalata per la prima volta nel 2015 in Campania e da allora si è diffusa in modo inarrestabile nel Lazio e in altre regioni devastando anche la pineta della residenza presidenziale di Castelporziano.Ma la cocciniglia tartaruga è solo uno tra i più pericolosi parassiti delle piante che in questi ultimi anni sono stati favoriti dal riscaldamento globale con tutto il corredo di siccità prolungate ed eventi climatici estremi. Queste invasioni seguono un copione che sembra ripetersi in declinazioni diverse.”All’origine delle devastazioni ci sono spesso introduzioni involontarie di piante e frutti infetti ma l’ospite indesiderato può nascondersi anche in un container o in un imballaggio – spiega Pio Federico Roversi, direttore dell’Istituto Nazionale di Riferimento per la Protezione delle Piante (CREA Difesa e Certificazione) – l’aumento delle temperature e la siccità prolungata agiscono poi come acceleratori sia indebolendo le piante che riducendo i tempi di adattamento di questi parassiti esotici ai nostri ambienti”.Secondo la comunità scientifica internazionale l’introduzione di specie aliene è una delle prime cause di perdite di biodiversità a livello mondiale anche a causa dei cambiamenti climatici. in Italia non ci sono piante immuni. Dalle cultivar agricole alle varietà ornamentali fino alle specie forestali tutte hanno un insetto, un batterio o un fungo che le molesta da quando il termometro ha perso la bussola. Molte di queste patologie sono da quarantena e prevedono l’eliminazione degli esemplari per non lasciar diffondere l’infezione. Ecco una rassegna dei nuovi e più pericolosi parassiti.      

    Ambiente

    Il clima cambia e le piante si muovono al Nord veloci come animali

    di Anna Lisa Bonfranceschi

    20 Febbraio 2023

    Il vampiro dei pini

    I pini sono tra le specie più tartassate da questi nuovi insetti favoriti da temperature più miti. La cocciniglia tartaruga, nel suo ambiente di origine, non fa danni ma quando esce dai confini diventa una calamità naturale. In assenza di inverni rigidi, che praticano una sorta di selezione naturale su questi insetti, la cocciniglia può riprodursi con maggiore facilità. A ogni nidiata la femmina può deporre fino a 500 uova. In Italia è in una fase di diffusione piuttosto rapida e rischia di azzerare il pino domestico, ovvero l’albero da cui non solo si ricavano i pinoli ma che è parte del paesaggio naturale di molte città italiane come Roma.Per il momento l’unica cura per fermare la cocciniglia tartaruga è l’iniezione nel tronco di una miscela insetticida derivata da un batterio che vive nel terreno. Ma si tratta di un tampone provvisorio, un genere di cura che non può protrarsi all’infinito. Tra poche settimane i ricercatori del CREA partiranno per una missione sulle isole caraibiche di Turks e Caicos dove pare che l’introduzione della cocciniglia abbia innescato una reazione dell’ambiente in grado di contenerne la diffusione. Un altro nemico di queste piante alle porte è il Bursaphelenchus xylophilus o nematode del legno di pino. Si tratta di un minuscolo verme che in Portogallo ha portato il pino marittimo sull’orlo della scomparsa. In Italia questo nematode finora è stato trovato solo in una partita di corteccia di pino proveniente dal Portogallo e destinata alle pacciamature per i giardini. Contro questo nematode non ci sono cure se non la distruzione degli alberi colpiti. Gli esperti stimano nel caso riesca a diffondersi in Europa si rischiano perdite nel settore del legname pari a oltre 20 miliardi di euro. 

    Bagno turco per la vite

    In Italia la flavescenza dorata e il suo insetto vettore Scaphoides titanus sono una delle principali minacce alla viticoltura malgrado sia oggi ancora confinata nelle aree agricole delle regioni settentrionali fino alla latitudine della Toscana (ma è stata rintracciata anche a Ischia nel 2011).La flavescenza è una malattia epidemica nella vite scoperta alla fine degli anni ’50 in Francia, ora presente in buona parte dell’Europa. La comunità scientifica ritiene che l’aggravarsi di questa malattia sia dovuto anche ai cambiamenti climatici in atto per l’influenza esercitata sul patogeno e per lo stress vegetativo causato alle piante. Per la flavescenza, non esiste cura ma si può prevenire sterilizzando il materiale vivaistico con un immersione in acqua a 55 gradi per 45 minuti. Per il controllo dell’insetto vettore, una cicalina, l’Università di Padova in collaborazione con il CREA ha avviato un programma di studio per verificare la fattibilità di interventi di lotta biologica con antagonisti naturali provenienti dall’areale di origine della cicalina.  

    Botanica

    Ginestre e orchidee, così le piante si adattano agli ambienti tossici

    di Fabio Marzano

    06 Aprile 2023

    Parassiti da eventi estremi

    Il riscaldamento globale può avere anche effetti indiretti sulla salute delle piante. Come per il bostrico dell’abete rosso, un piccolo coleottero che di norma attacca le piante deboli o stroncate. Questo insetto, presente in Italia dalle Alpi fino all’Appennino, può colonizzare anche interi boschi a seguito di eventi estremi. La tempesta Vaia del 2018 ha aperto la strada a questo coleottero che, una volta sviluppata una popolazione sufficiente, è in grado di attaccare le piante sane. Anche perché molti degli abeti rossi delle nostre foreste sono dei disadattati, se così possiamo dire: nella maggior parte provengono da semi di origine centro-europea dove gli alberi hanno stress idrici inferiori a quelli che oggi si registrano alle nostre latitudini.

    Il tarlo asiatico arrivato con i bonsai

    La Lombardia ha speso più di dieci milioni di euro per contrastare l’invasione del tarlo asiatico, Anoplophora chinensis. La città di Roma, con il CREA, ne ha fermato la diffusione eliminando una a una le piante colpite a ridosso delle Mura Aureliane.In Toscana è stato necessario radere al suolo ettari di vivai. Conosciuto anche come cerambicide degli agrumi dalle lunghe antenne, Anoplophora chinensis, di origine asiatica, attacca più di cento specie di alberi. Privilegia in particolare le latifoglie che costituiscono le principali alberature stradali di molte città come platani, faggi, aceri e ippocastani. Ma non disdegna piante da frutto come pero e melo così come alcune arbustive ornamentali dei giardini come le rose. Il tarlo asiatico è spesso stato individuato nel fusto di bonsai infetti. Con il cambiamento climatico la distribuzione di questo parassita si sta allargando a livello globale. A oggi anche per il tarlo asiatico in Italia è obbligatorio l’abbattimento delle piante colpite.

    Basta una mosca

    Come il tarlo asiatico anche la mosca orientale della frutta è di bocca buona. Questo insetto, anch’esso arrivato accidentalmente dall’Asia, può svilupparsi nei frutti di più di cinquecento cultivar agricole: dal melo alla pesca fino al cachi.La specie è inclusa negli elenchi degli organismi da quarantena per l’Unione Europea per la sua pericolosità. Con i trend climatici in atto la mosca si sta allargando anche su altri territori. La presenza del parassita ha portato alla istituzione da parte della Regione Campania di una apposita unità di crisi per questa emergenza che rappresenta una minaccia grave per le esportazioni di frutta tanto che a livello italiano è stato avviato un apposito programma di monitoraggio che interessa l’intero territorio nazionale. LEGGI TUTTO