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    Il vischio, la pianta parassita che adorna il Natale

    Il vischio, nome scientifico viscum, è un genere di pianta cespugliosa di cui ne esistono decine di specie, tra le quali, il viscum album è quella più diffusa. Il vischio appartiene alla famiglia delle santalacee ed è una pianta presente in gran parte delle nazioni con clima temperato, dall’Europa all’area del sud-est asiatico, ma anche in paesi dell’Africa e in Australia. Il suo habitat ideale si trova in modo particolare nei boschi con conifere e diverse latifoglie, dove il vischio nasce e si sviluppa come un parassita delle altre piante. Il viscum raggiunge solitamente dimensioni modeste, comprese tra i 40 centimetri e un metro di altezza. La pianta si contraddistingue per le foglie coriacee di colore verde chiaro, nonché per le piccole infiorescenze e le bacche di colore bianco. Il vischio è anche noto per la tossicità, a causa della presenza della viscumina: le sue bacche rappresentano in modo particolare un rischio importante per la nostra salute.

    Qual è l’esposizione ideale e dove cresce in Italia?
    Il vischio è una pianta dal buon livello di rusticità: può quindi crescere senza problemi anche nelle aree che sono soggette alle gelate invernali. Per vegetare in modo ottimale, la pianta ha però bisogno di una buona quantità di luce e di soleggiamento diretto. Negli ambienti boschivi che offrono queste caratteristiche non è difficile trovarlo anche ad un’altitudine di un migliaio di metri. Nel nostro paese, il viscum si trova un po’ in tutte le regioni, con una presenza più marcata soprattutto nel territorio dell’arco alpino.

    Si può coltivare la pianta di vischio in vaso?
    Non abbiamo la possibilità di far crescere il vischio in vaso, proprio perché si tratta di una specie epifita e parassita. Per la coltivazione del viscum nel nostro giardino, dobbiamo scegliere una pianta che funga da ospite. Nel suo habitat naturale, il vischio cresce soprattutto sulle latifoglie come le querce, i salici, i pioppi, le betulle, i tigli e gli aceri, ma anche sulle conifere come i pini. Anche sui tronchi o i rami di meli, robinie e susini non è difficile scorgere la presenza del viscum. Ricordiamoci che il vischio è particolarmente tenace: se decidiamo di coltivarlo su una pianta ospite nel giardino di casa nostra, teniamo presente che una sua eventuale rimozione futura è molto difficile. In tanti casi, dobbiamo eliminare in modo definitivo il ramo che lo ospita.

    La coltivazione e la moltiplicazione della pianta
    Per prima cosa, procuriamoci dei semi di viscum: li troviamo all’interno delle bacche bianche che il vischio è solito produrre nel periodo autunnale e, soprattutto, a ridosso di Natale. Per quanto possibile, accertiamoci di selezionare solo le bacche più mature. Preoccupiamoci quindi di scegliere una pianta ospite che abbia delle fessure nella corteccia, o comunque, delle tracce di muschio o di licheni sul tronco. In questo modo, potremo inserire il seme di viscum in uno spazio ideale per favorirne l’attecchimento. Il miglior momento per dare il via alla coltivazione del vischio è agli inizi del periodo invernale, idealmente dopo le festività natalizie. Dovremo attendere almeno fino all’inizio della primavera per sapere se il nostro esperimento avrà avuto successo: la germinazione richiede infatti diversi mesi. Per capire se il vischio ha attecchito, ci basterà osservare il punto in cui abbiamo messo a dimora i semi: se si sono formate delle protuberanze, abbiamo ottenuto una nuova pianta.

    La crescita e la cura del vischio
    Il viscum è una pianta dal ritmo di crescita particolarmente lento. Oltre a richiedere alcuni mesi per germinare, il vischio ha bisogno di diversi anni per raggiungere il suo massimo sviluppo. Poiché la pianta si sviluppa in modo parassitario su un altro vegetale, non richiede particolari attenzioni nella coltivazione. Il viscum ricava infatti dalla linfa della pianta ospite l’acqua e i minerali di cui ha bisogno per crescere. Teniamo ben presente questo aspetto quando scegliamo dove coltivare il vischio, soprattutto se viviamo in aree dal clima particolarmente caldo e siccitoso: la presenza del viscum sarà infatti un ulteriore fattore di stress per la pianta che lo ospita.

    La fioritura e i frutti
    Il vischio è una pianta dioica: in natura troviamo esemplari maschili e femminili. Solo queste ultime producono i tipici frutti tondeggianti e bianchi, che appaiono solitamente nel corso dell’autunno. La fioritura invece si concentra nel periodo primaverile, quando sul viscum si sviluppa una gran quantità di fiori bianco-giallastri.

    I parassiti
    La pianta ha una buona rusticità, grazie alla quale non è particolarmente soggetta ai parassiti: ricordiamoci però di eliminare le parti secche o danneggiate del vischio, per prevenire qualsiasi potenziale problematica. LEGGI TUTTO

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    Manovra 2025, le misure sull’ambiente tra novità e tagli

    Ripartito l’iter in Senato della Manovra 2025. La legge di Bilancio è arrivata in seconda lettura a Palazzo Madama per un esame praticamente blindato. Secondo la tabella di marcia prevista dal governo, l’approdo in Aula è previsto per venerdì, con il via libera finale il giorno dopo, sabato 28 dicembre. Molte le novità in materia ambientale introdotte dalla Legge di Bilancio che hanno scatenato le reazioni dell’opposizione.

    Il confronto in Aula
    Duro in Aula il confronto soprattutto con il gruppo di Alleanza Verdi e Sinistra guidati da Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. Chiare le parole di Bonelli: “Questa finanziaria non fa un passo avanti verso la decarbonizzazione, anzi ne fa tanti indietro. Soprattutto siamo sconcertati per aver deciso la proroga ai concessionari del servizio della distribuzione di energia elettrica. Per altri venti anni. Calcolando che sarebbero dovute tornare sul mercato nel 2030, a questo punto le concessioni scadranno nel 2050. Tutto questo significa che la transizione ecologica è stata ‘cristallizzata’. Pensando a quello che sta accadendo nel mondo a causa della crisi climatica, sembra di vivere in un altro pianeta”. Non solo.

    La seconda manovra del governo Meloni è legge con 200 sì, 112 no e tre astenuti.  LEGGI TUTTO

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    Eco-ansia, sempre più diffusa tra i giovani: può portare alla paralisi dei comportamenti green

    Giovani, con un grado di istruzione elevato e con un’elevata tendenza ad adottare comportamenti pro-ambientali quotidiani come la raccolta differenziata e consumi sostenibili, dandosi obiettivi raggiungibili, inclini a fare gruppo e fare rete in favore dell’ambiente e a cercare il più possibile il contatto con la natura: è questo l’identikit della persona che tende maggiormente a percepire l’eco-ansia, l’ansia da clima.
    È quanto emerge da uno studio condotto presso l’Università Cattolica, campus di Roma dal dottor Matteo Innocenti, della Sezione di Igiene, Dipartimento di Scienze della Vita e Salute Pubblica dell’Università Cattolica, campus di Roma.

    Cos’è l’eco-ansia
    L’eco-ansia è una risposta di disagio emotivo al cambiamento climatico che si manifesta con sintomi molto simili a quelli dell’ansia generalizzata, come tristezza, paura e senso di impotenza e mancanza di controllo. Il cambiamento climatico ha implicazioni importanti per la salute e il futuro dei bambini e dei giovani, i quali però hanno poco potere per limitare i suoi danni, rendendoli quindi vulnerabili all’ansia climatica. Il primo studio su larga scala sull’ansia climatica a livello globale, apparso di recente su Lancet Planetary Health, che ha coinvolto 10.000 giovani (di età compresa tra 16 e 25 anni) in dieci paesi (Australia, Brasile, Finlandia, Francia, India, Nigeria, Filippine, Portogallo, Regno Unito e USA; 1000 partecipanti per paese), ha evidenziato che in tutti i paesi era diffusa la preoccupazione per il cambiamento climatico (il 59% era molto o estremamente preoccupato e l’84% era almeno moderatamente preoccupato). Più del 50% del campione ha riportato ciascuna delle seguenti emozioni: tristezza, ansia, rabbia, impotenza, senso di abbandono e colpa. Più del 45% dei partecipanti ha affermato che i loro sentimenti riguardo al cambiamento climatico influivano negativamente sulla loro vita quotidiana e sul funzionamento, e molti hanno riportato un alto numero di pensieri negativi sul cambiamento climatico (ad esempio, il 75% ha detto di pensare che il futuro sia spaventoso e l’83% ha detto di pensare che le persone abbiano fallito nel prendersi cura del pianeta).

    Lo studio
    Lo studio dell’Università Cattolica ha esaminato il fenomeno dell’eco-ansia in un campione italiano e cercato di tratteggiare le varie modalità con cui esso si declina, inoltre di validare una scala di misura ad hoc per misurare i livelli di eco-ansia e di eco-paralisi.

    Infatti, sebbene sia stato dimostrato che l’ansia per il cambiamento climatico può potenziare i comportamenti in favore dell’ambiente (pro-ambientali o PEB) in alcuni soggetti, in altri può indurre la cosiddetta eco-paralisi, portando così gli individui a evitare qualsiasi forma di impegno in azioni contro il cambiamento climatico. In questo studio gli esperti della Cattolica hanno chiarito quali fattori influenzano la relazione tra l’ansia per il cambiamento climatico e la predisposizione ai PEB. Gli esperti hanno condotto uno studio trasversale su 394 soggetti sani che vivono in Italia, i quali hanno completato questionari di valutazione come la Scala dei Comportamenti Pro-Ambientali (PEBS), la Scala dell’Autoefficacia Generale (GSE) e la Scala dell’Ansia per il Cambiamento Climatico (CCAS).

    In primis è emerso che generalmente, così come la consapevolezza sul cambiamento climatico genera eco-ansia, questa a sua volta induce comportamenti pro-ambientali che a loro volta riducono l’eco-ansia; un po’ come avviene prima di un esame, l’ansia da esame serve da stimolo per studiare.
    “Tuttavia – spiega Innocenti – abbiamo visto che non tutti gli individui interessati da eco-ansia adottano comportamenti autoefficaci; per esempio i giovani che hanno aspettative troppo ambiziose e che credono di poter modificare alla radice la situazione del cambiamento climatico, che però è un fenomeno complesso e non si può risolvere individualmente, possono avere una paralisi. In genere – precisa Innocenti – queste finiscono poi per essere le persone che adottano meno spesso comportamenti pro-ambientali. In genere si tratta di giovani dai 15 ai 35 anni, soprattutto le donne perché tipicamente nutrono preoccupazioni non solo per il loro futuro ma anche per le generazioni future e quindi per i propri potenziali figli.

    Questi risultati mostrano che l’ansia per il cambiamento climatico ha contemporaneamente due effetti diversi sugli individui: direttamente incoraggia i PEB e indirettamente può avere effetti dannosi sui PEB, come l’eco-paralisi. Di conseguenza, gli approcci terapeutici per trattare l’ansia per il cambiamento climatico non dovrebbero mirare a razionalizzare i pensieri irrazionali, ma piuttosto ad aiutare i pazienti a sviluppare strategie di coping come i PEB che, a loro volta, favoriscono l’autoefficacia. Il senso di autoefficacia deve essere altresì alimentato dalle istituzioni e dai decisori, attuando strategie anche collettive, in modo che si passi dall’autoefficacia a quello di efficacia collettiva, conclude Innocenti. LEGGI TUTTO

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    Il pungitopo, come coltivare l’arbusto che decora le tavole delle feste

    Il pungitopo o Rusco (nome tecnico Ruscus aculeatus) è un arbusto spontaneo in grado di regalare angoli di bellezza selvaggia al giardino. Pianta della tradizione natalizia, il pungitopo ogni anno conquista per la sua bellezza decorativa e per la sua affascinante natura selvaggia. I suoi colori risaltano in mezzo al bosco, ma sono perfetti da lasciare esposti anche dentro casa durante le festività. Ottimo come regalo di Natale o come decorazione di tavole imbandite, il pungitopo simboleggia (e augura) ricchezza e prosperità per l’anno che sta per iniziare. La sua particolarità? Il colore rosso delle sue bacche, protagoniste della stagione invernale. Coltivarlo in vaso o in giardino non è complesso; data la sua estrema rusticità e la sua nota resistenza, il pungitopo si adatta a molte situazioni e non richiede troppe attenzioni.

    Pungitopo: tutto sulla sua coltivazione
    Il Rusco, conosciuto tradizionalmente come Pungitopo, è una pianta perenne appartenente alla famiglia delle Liliaceae. Nasce in modo del tutto spontaneo nei boschi d’Europa, ma si coltiva anche in casa a scopo per lo più ornamentale. In particolare, la sua presenza aumenta durante il periodo natalizio: il pungitopo diventa protagonista di appartamenti e decora tavoli o mobili, un po’ come il suo collega, l’agrifoglio. Coltivare il pungitopo non è così complesso e questo lo si deve alla sua natura rustica e resistente, che fanno sì che si adatti a condizioni ambientali eterogenee. Preferisce crescere in luoghi più ombreggiati e umidi e resiste particolarmente bene sia al freddo, sia al caldo.

    Pungitopo in giardino: come coltivarlo
    Il pungitopo può essere coltivato tranquillamente in giardino e/o in aiuole, in piccole siepi basse e bordure. Ad esempio, nel caso in cui in giardino si abbia disponibilità di spazi ombreggiati di difficile riempimento, il pungitopo può essere la soluzione perfetta. Può essere collocato in aiuole, sotto gli alberi o in piccole siepi e/o bordure volte a delimitare sentieri o zone dello spazio aperto. Ovunque si decida di piantarlo lui crescerà in modo spontaneo senza troppi problemi.

    Come coltivare il Rusco in vaso: irrigazioni e concimazione
    Il pungitopo può essere coltivato anche in vaso; per farlo, però, è necessario munirsi di un contenitore abbastanza grande da posizionare preferibilmente all’esterno, su un balcone o su un terrazzo (ma può essere lasciato anche dentro casa). L’esposizione dovrà essere ombreggiata e durante i mesi più freddi non sarà necessario coprirlo: l’adattabilità è il suo punto forte. Per mantenerlo sano e rigoglioso anche in vaso basterà seguire alcuni passaggi fondamentali. Intanto, l’irrigazione dovrà essere effettuata con la giusta regolarità, assicurandosi che il terreno sia umido e ricco di humus ed evitando che si secchi, specialmente in estate, quando le temperature si alzano in modo esponenziale. Come avviene per la maggior parte delle piante, anche il pungitopo non ama i ristagni d’acqua, nemici del suo benessere. Fate quindi sempre caso al sottovaso, che non deve contenere acqua. Per quanto riguarda invece la concimazione, sarebbe utile utilizzare un concime liquido o granulare durante la primavera. In questo modo si favorirà la crescita della pianta, che si svilupperà forte, esteticamente rigogliosa e bellissima.

    Potatura e riproduzione
    Caratteristico per le sue “foglie” pungenti e per le sue bacche rosso vivo, il pungitopo non richiede in realtà una potatura regolare. Tuttavia, si consiglia di eliminare i rami secchi e/o danneggiati quando si avvicina l’inverno o, eventualmente, anche verso l’inizio della primavera. Così facendo la pianta sarà sempre in ordine ma soprattutto la si aiuterà a crescere in modo sano e forte. Per riprodurre il pungitopo, invece, la soluzione più efficace consiste nel tagliare il rizoma in più parti facendo particolare attenzione che ogni parte abbia un getto e una radice. Questa operazione andrebbe svolta all’inizio della stagione primaverile o dell’autunno, ricordandosi di interrare conseguentemente le parti di rizoma, dalle quali nasceranno – e dunque si riprodurranno – nuove piante di pungitopo.

    La fioritura del pungitopo
    Tra le caratteristiche che maggiormente rendono il pungitopo una pianta affascinante, la fioritura è senza ombra di dubbio la prima in classifica. Questa avviene nel mese di aprile, con piccoli fiori bianchi-verdastri poco stravaganti. Ciò che colpisce l’occhio sono invece le bacche, tinte di rosso acceso, che riempiono l’intero fogliame della pianta: esse iniziano a spuntare in inverno, dando quel tocco di magia in più al Rusco, che diventa subito simbolo delle festività natalizie (da non confondere però con l’agrifoglio).

    Pungitopo: come proteggere la pianta da malattie e parassiti
    Che cosa fare se sulle foglie del pungitopo si presentano macchie di polvere bianca? Intanto, significherebbe che la pianta è stata colpita dall’oidio, anche conosciuto come “mal bianco”. Se si dovesse presentare questa situazione, il primo tentativo risiederebbe nell’uso dell’aceto di mele. Diluendo un cucchiaino di prodotto in un litro d’acqua e nebulizzando il composto direttamente sul fogliame del Rusco, l’aspetto dovrebbe migliorare e il “mal bianco” scomparirà. Questa procedura sarebbe meglio svolgerla in un momento della giornata non troppo caldo, quindi il pomeriggio andrà benissimo. LEGGI TUTTO

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    La stella di Natale, come curare il simbolo delle festività

    Simbolo per antonomasia delle feste, la stella di Natale è la protagonista assoluta delle case durante le festività. Questa pianta, tanto bella quanto delicata, richiede specifici accorgimenti grazie ai quali potrà essere rigogliosa e in salute anche dopo il periodo natalizio: infatti, se curata con le giuste attenzioni, può dare grandi soddisfazioni nel corso di tutto l’anno.

    Dove posizionare la stella di Natale
    Il suo vero nome è euphorbia pulcherrima, ma tutti la conoscono come stella di Natale. Chiamata anche poinsettia, si tratta di una pianta tropicale perenne e dalla crescita rapida, originaria del Messico. Le foglie rosse la rendono un grande classico delle feste natalizie, anche se esistono varietà dai colori differenti, quali rosa, bianco, cannella, e dalle tonalità screziate. La stella di Natale solitamente cresce in territori montuosi e collinari, dove il clima è temperato e non ci sono eccessivi sbalzi di temperatura, e predilige temperature tra i 15 e i 22 gradi. Proprio per questo dovrà essere posta in un luogo luminoso, umido, arieggiato e che non sia freddo, lontano da correnti d’aria ma anche da stufe, termosifoni e camini. Un davanzale può essere uno spazio perfetto per accogliere la pianta, prestando attenzione agli spifferi. Malgrado la poinsettia richieda tanta luce e sia importante custodirla in un punto luminoso, è necessario, però, evitare i raggi solari diretti e non esporla alla luce per più di 8 ore al giorno, visto che è cruciale mantenerla al buio per una sua fioritura rigogliosa.

    Se nel periodo invernale la stella di Natale deve essere collocata in un ambiente luminoso e fresco, durante la primavera e l’estate può essere spostata all’esterno, proteggendola dalla luce solare diretta. In autunno sono valide le medesime condizioni previste durante la stagione invernale, per far sì che si formino le sue peculiari foglie rosse prima dell’arrivo delle feste: in particolare, essendo una pianta fotoperiodica, è cruciale a partire da metà settembre premurarsi che sia posta al buio per 13 ore al giorno, per un totale di 10 settimane. Questi accorgimenti permettono di contare su una pianta sana e bella nel tempo, anche se gli sforzi messi in campo devono essere preceduti da un’approfondita analisi prima di acquistarla: le cure più attente sono vane se la stella di Natale è stata trattata in modo inadeguato prima di entrare nella nostra casa. Pertanto è sempre bene verificare che sia stata conservata al meglio nel negozio dove la si compra, in un ambiente che non sia troppo freddo, tenendo conto che sotto i 12 gradi le sue foglie tendono a cadere. Tra gli aspetti da verificare spiccano lo stato del suolo, che non dovrebbe essere né asciutto, ma neanche troppo bagnato, e la presenza di una vegetazione fitta.

    Stella di Natale, ogni quanto annaffiarla
    Per quanto riguarda l’irrigazione della stella di Natale questa operazione va svolta con grande attenzione. Infatti, per mantenere in salute la pianta è davvero importante che le sue radici non siano troppo bagnate, ma allo stesso tempo neanche eccessivamente asciutte. Ogni due o tre giorni è necessario darle da bere in modo moderato: in caso di sovradosaggio dell’acqua, questa va eliminata, rischiando altrimenti che l’apparato radicale marcisca. Se la poinsettia si trova nei pressi di un termosifone e l’ambiente è secco si dovranno intensificare le irrigazioni, da effettuare ogni giorno. Un aspetto da considerare in merito all’annaffiatura è la dimensione del vaso, visto che se questo è piccolo sono necessarie più irrigazioni a differenza di un contenitore grande. Altro check da effettuare riguarda la quantità di umidità presente nel recipiente che ci consente di capire se la pianta richieda di essere bagnata: basta sollevarlo e se questo è leggero significa che è necessario darle da bere.

    Potatura e rinvaso della stella di Natale
    Un aspetto molto importante nella cura della stella di Natale è la potatura, operazione da effettuare dopo la sua fioritura, alla fine della primavera, nel momento in cui i rami si spogliano, si devono accorciare. I fusti vanno potati intorno ai 15 centimetri e le foglie che si presentano secche, flosce e prive di colore devono essere eliminate, facendo in modo però di non potare la stella di Natale oltre il 30% della sua superficie. Per svolgere l’intervento è necessario ricorrere a dei guanti da giardinaggio tenendo presente che, quando si taglia la pianta, questa rilascia una linfa bianca, responsabile di irritazioni della pelle e di danni a foglie e steli, dovendo rimuoverla dalla sua superficie, ricorrendo a uno straccio umido. Successivamente si procede con il rinvaso, impiegando un terriccio drenante (al pari di quello utilizzato per le piante grasse e acidofile) e arioso, in modo da prevenire il marciume radicale. Questa operazione va eseguita intorno a maggio, ricorrendo a una vaso di terracotta: la poinsettia può raggiungere grandi dimensioni, ma se si desidera fare in modo che resti compatta ogni mese dovrà essere controllata, potando i rami al bisogno, facendo in modo che non superino i 20 centimetri di lunghezza, per poi interrompere questa operazione a novembre.

    Manutenzione della stella di Natale: consigli utili
    Per una stella di Natale sana e rigogliosa è cruciale prestare attenzione a determinati segnali. Quando per esempio le sue foglie sono flosce e con una lamina aperta significa che sono troppo secche e che bisogna intensificare le irrigazioni, mentre, al contrario è necessario diminuirle nel momento in cui queste appaiono flesse e arrotolate. Se le foglie sono raggrinzite il problema sono i colpi d’aria e bisogna cambiare la collocazione della pianta, allontanandola da eventuali sbalzi di temperatura. Le foglie rosse che cadono sono il campanello d’allarme di un ambiente troppo caldo e qualora lo stesso accada a quelle ingiallite e aperte significa che la pianta sta patendo per via di una quantità d’acqua troppo esigua. Altra criticità si verifica quando la base del fusto tende ad annerirsi, spia di un assorbimento eccessivo di acqua da parte delle radici. L’assenza di fioritura è determinata da un’eccessiva esposizione alla luce solare, dovendo intervenire mantenendo la pianta più ore al buio durante la giornata. La stella di Natale può essere anche colpita da parassiti come la cocciniglia, responsabile di macchie biancastre e filamenti sulla pianta, e il ragnetto rosso, la cui presenza è dettata dall’aria secca e in conseguenza del quale le foglie si scoloriscono in modo puntiforme. Questi parassiti possono essere entrambi rimossi ricorrendo a un batuffolo di cotone imbevuto di alcool denaturato, oppure con prodotti specifici nei casi più gravi. Inoltre, la pianta può essere messa a repentaglio da malattie come le infestazioni fungine, che si presentano con delle macchie grigie, da contrastare con soluzioni ad hoc. LEGGI TUTTO

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    Stella Bellomo: “Le feste sostenibili? La vera rivoluzione è quella che facciamo in casa nostra”

    Stella Bellomo, 43 anni, autrice di libri (per Mondadori e Gribaudo), blogger e green influencer, racconta come realizzare decorazioni natalizie fai da te sostenibili. “Vivo – racconta Bellomo – nel biellese con la mia famiglia. Sono cresciuta in un piccolo paese trascorrendo la maggior parte dei fine settimana in cascina dai miei nonni con mia sorella e le mie cugine, libera di girare in bicicletta, andare per i boschi, per i campi, nei frutteti, nel grandissimo orto che curava mia nonna con gli animali e la possibilità di vivere la natura profondamente. In quegli anni, oltre a giocare spensierata, ho avuto un vero e proprio imprinting verso la natura e su tutto quello che è sostenibilità e nutrimento consapevole. Osservavamo e seguivamo mia nonna che cucinava tutto quello che raccoglieva dall’orto o che producevano i suoi animali per una famiglia molto numerosa perché la domenica ci riunivamo tutti ed eravamo sempre più di quaranta persone a tavola”.

    In vista delle feste di Natale, Stella Bellomo (@stella_bellomo_) spiega sul suo blog e nel suo libro, “La magia dell’inverno” (Mondadori), come realizzare delle decorazioni natalizie comodamente a casa e nel rispetto dell’ambiente. “Io adoro le ghirlande. Nel tempo – spiega Bellomo- ne ho possedute di tutti i tipi, ma adesso non possono mancare quelle in vetro e con materiali naturali, come foglie e frutti. Io ne ho fatta una raccogliendo rami di pino dal giardino e qualche bacca rossa durante una passeggiata nel bosco. Non servono grandi abilità, solo un po’ di tempo e voglia di fare. Ho preso una vecchia gruccia di metallo, quella delle lavanderie, e l’ho modellata in un cerchio. Poi ho iniziato ad avvolgere rami di pino attorno alla base, fissandoli con del fil di ferro che avevo in casa. Aggiungendo qualche pigna e un po’ di agrifoglio la ghirlanda ha iniziato a prendere vita. La parte più bella è il profumo del pino fresco che invade tutta la stanza. Possiamo inoltre creare piccole ghirlande con rami di rosmarino da usare come segnaposto o come decorazioni fai da te per i pacchetti regalo. Una piccola cosa, lo so, ma fa una grande differenza perché racconta della cura e dell’amore che mettiamo nel pensare e confezionare i nostri doni”.

    (foto: Francesca Giovannini)  LEGGI TUTTO

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    Gaultheria, i colori che vestono il giardino d’inverno

    Con il nome di gaultheria ci riferiamo ad un genere di piante arbustive, composto da numerose specie, che appartiene alla famiglia delle ericacee. La gaultheria si trova tipicamente in America Settentrionale, in alcuni paesi dell’Asia – in particolare il Nepal e l’area del sud-est, nonché in Australia. Il suo habitat ideale è la foresta. La pianta raggiunge solitamente un’altezza di poche decine di centimetri (circa 20-30), mentre in larghezza può arrivare ad occupare tra gli 80-100 centimetri. La gaultheria è caratterizzata da un fogliame di colore verde intenso e coriaceo, con un profumo che ricorda quello della canfora. Tra le specie più note di gaultheria possiamo citare la mucronata (talvolta con le bacche bianche), la procumbens (nota anche come “tè del Canada”) e l’erecta (contraddistinta dal fogliame di una tonalità più chiara di verde). La pianta deve il suo nome al botanico di origini francesi Jean-François Gaulthier.

    L’esposizione suggerita per la pianta
    La gaultheria è una pianta che predilige gli ambienti luminosi, tuttavia, non dev’essere esposta al soleggiamento diretto. Alle nostre latitudini, anche a causa del clima particolarmente mite, l’esposizione ideale per la gaultheria è in un luogo ombreggiato o, comunque, in penombra. La pianta è particolarmente rustica e, grazie alla capacità di sopportare temperature minime di -10 gradi, può essere coltivata all’aperto in tante aree del nostro paese.

    Il terreno più indicato per la sua coltivazione
    Per coltivare con successo la gaultheria dobbiamo scegliere un terreno acido e caratterizzato da un buon drenaggio, poiché la pianta non sopporta in alcun modo il ristagno di acqua, che è causa dell’insorgenza del marciume radicale. Per coltivare la gaultheria possiamo quindi scegliere una miscela di torba e sabbia, in modo tale da assicurare un buon compromesso tra l’umidità e il drenaggio. Se coltiviamo la gaultheria in vaso, ricordiamoci di aggiungere un po’ di concime organico al terriccio. Per quanto riguarda il rinvaso della pianta, dobbiamo preferire il periodo invernale, tenendo conto che è necessario rinvasare la gaultheria solo quando le radici non hanno più lo spazio per svilupparsi. Accertiamoci di non danneggiare l’apparato radicale durante l’operazione: lasciamo intatto il pane di terra e scegliamo un contenitore di un paio di centimetri più ampio di quello che andremo a sostituire.

    Come curare la pianta: l’innaffiatura, la concimazione e la potatura
    La gaultheria va annaffiata in modo regolare durante il periodo estivo, avendo però l’accortezza di attendere sempre che il terreno sia asciutto tra un’innaffiatura e l’altra. Se la pianta è coltivata in vaso ed è presente un sottovaso, ricordiamoci di svuotarlo: il ristagno di acqua potrebbe favorire il marciume radicale. Durante le altre stagioni, bisogna annaffiare solo quando la terra è asciutta. La gaultheria può essere concimata con un po’ di concime organico tra la fine di febbraio e i primi di marzo. Quale alternativa, possiamo ricorrere al classico concime in granuli a rilascio lento, che possiamo aggiungere una volta ogni 3-4 mesi. Non sono necessarie particolari potature: ricordiamoci però di rimuovere i rami che sono danneggiati o secchi.

    Quando fiorisce
    La gaultheria regala una bella fioritura nel corso del tardo periodo primaverile ed estivo. I fiori hanno la classica forma a campanula e un bel colore bianco, che talvolta assume anche delle leggere sfumature rosate. Nel corso del periodo autunnale, la gaultheria produce delle bacche che ricordano delle piccole mele, che sono solitamente di colore bianco (esistono però anche delle varietà con bacche rosa o bianche). Le bacche restano sulla pianta per tutto l’inverno.

    Come si moltiplica la pianta
    Per ottenere un nuovo esemplare di Gaultheria possiamo sfruttare i semi oppure una talea. Nel primo caso, il momento più indicato è all’inizio dell’autunno: sistemiamo i semi in un vasetto con torba e terriccio universale. I primi germogli spunteranno dopo circa un mese e potranno essere messi a dimora l’anno seguente. Le talee si possono ottenere invece nel periodo estivo, utilizzando una miscela di terriccio con torba e sabbia, indicato per la germinazione. Le talee germogliano solitamente nel corso della primavera seguente, mentre la messa dimora dovrebbe avvenire in linea di massima durante l’inverno.

    Le malattie e i parassiti più comuni
    La gaultheria è una pianta piuttosto rustica, che non è particolarmente colpita da cocciniglie o dagli afidi. Può capitare però che sia attaccata dall’oidio, il cosiddetto “mal bianco”. In questo caso, per contrastare la malattia dobbiamo eseguire un trattamento con un fungicida ad hoc. Se notiamo che la nostra gaultheria ha le foglie secche, soprattutto nei periodi più aridi, dobbiamo assicurare un’annaffiatura più costante e sufficiente. Se necessario, possiamo anche prevedere di nebulizzare le foglie in modo da assicurare un buon livello di umidità, soprattutto nei periodi siccitosi e secchi. LEGGI TUTTO

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    A Natale puoi anche vivere una vacanza slow

    Passeggiare sulla neve, seguire lezioni di cucina in un agriturismo, visitare siti archeologici, chiese e musei di notte, intraprendere antichi itinerari da percorrere a piedi oppure accompagnare i bambini a seguire favole animate nei parchi e nei piccoli centri. Tra il 24 dicembre e il 6 gennaio, oltre 18 milioni di italiani sposteranno per le festività natalizie e di fine anno. Di questi, 7 milioni e 600 mila partiranno per le vacanze di Natale, quasi 5 milioni per Capodanno. Quale momento migliore per cambiare prospettiva di viaggio e provare l’esperienza di turismo slow? Meno impattante e sicuramente più unico. Andare fuori rotta, lasciandosi alle spalle l’overtourism, andando alla ricerca di luoghi poco conosciuti. Rallentando. Magari per vivere la natura in modo consapevole e sostenibile, prendendosi più tempo. Si può fare. Anche se si tratta di un piccolo spostamento appena fuori città o addirittura restando nel luogo dove si abita. La buona notizia è che esistono ancora “oasi” un po’ segrete dove godere della natura, della buona cucina, della lentezza e del silenzio. Alcune volte sono anche vicine e bisogna solo scoprirle.
    Ecco qualche consiglio.

    Una passeggiata con le ciaspole (ansa) LEGGI TUTTO