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    La Tunisia vieta la pesca del polpo. “Scarsità preoccupante”

    La Tunisia ha vietato la pesca del polpo su tutta la sua costa senza fornire una data di fine divieto. Una decisione presa nei giorni scorsi per combattere la sua rarefazione, accolta da un’associazione ambientalista. È dall’inizio dell’anno, che i pescatori tunisini segnalano un “catastrofico” calo degli stock di polpo, come ricorda l’Ong Kraten, che […] LEGGI TUTTO

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    “Noi e gli animali, ripensiamoci. Anche a tavola”

    Strani paradossi del mondo moderno: tanto più cresce il tasso di tecnologia che utilizziamo ogni giorno tanto più aumenta il nostro bisogno di relazione con gli animali di affezione. Ecco, così, che il mondo animale è sempre più presente nelle nostre vite. Circa il 40% delle famiglie italiane vive con un animale in casa e la pet economy ha raggiunto fatturati enormi. Ma se tra le mura domestiche cani e gatti vengono coccolati, non tutti gli animali sono trattati con rispetto e amore, pensiamo agli allevamenti intensivi e all’industria alimentare in genere. A cinquant’anni dalla pubblicazione di Liberazione Animale del filosofo australiano Peter Singer, considerato il testo di riferimento per il movimento animalista e antispecista, è importante interrogarci sulla relazione che ci lega agli animali. Ne parliamo con Simone Pollo, professore di Filosofia morale presso la Sapienza, Università di Roma, in occasione dell’uscita del suo ultimo libro Considera gli animali.

    “Come essere umani – spiega Pollo – ci sentiamo speciali, invece, condividiamo molto con gli animali e discendiamo tutti da un antenato comune. È solo con il successivo processo evolutivo che siamo diventati differenti. Fatta questa premessa, dobbiamo riconoscere che abbiamo in comune molte capacità come quelle emotive, affettive, di pensiero, di cognizione, di comportamenti sociali complessi. Ma soprattutto la capacità di provare piacere o dolore, che dal punto di vista morale è forse la principale, è una capacità condivisa da tantissime specie, e anzi c’è chi sostiene che sia comune a tutte”.
    Eppure l’essere umano è abituato a fare distinzioni nette tra gli animali, perché?
    “Con alcuni animali riusciamo ad individuare dei legami diretti perché ci sono delle somiglianze molto evidenti e l’attivazione della simpatia, come dicevano i filosofi del ‘700, è immediata. Ci aiutano in questo processo alcune vicinanze filogenetiche evolutive. È il caso del cane, che è il primo animale ad essere domesticato. Con altri animali siamo più lontani da un punto di vista filogenetico e quindi è meno facile comunicare. Dobbiamo ammettere che solo oggi le scienze cognitive nel loro complesso stanno iniziando a individuare capacità in specie molto distanti da noi. La scienza ci aiuta a fare passi in avanti in questa direzione. Un recente documentario su un polpo, ad esempio, “Il mio amico in fondo al mare” racconta della possibilità di comunicazione, di interazione tra un cefalopode e un Homo Sapiens. Non dobbiamo cadere nell’errore di considerare solo le specie con cui entriamo in contatto. Evitiamo di rientrare in una subdola forma di antropocentrismo. Il mondo vivente è fatto di diversità che al momento non sempre comprendiamo”. LEGGI TUTTO

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    Il giallo della moria delle api, negli Usa a rischio agricoltura e miele

    Da alcuni mesi negli Stati Uniti sta succedendo qualcosa di strano: milioni e milioni di api stanno inaspettatamente morendo. Se è vero che la perdita di impollinatori nel mondo è in aumento costante, con almeno il 35% delle specie di api e farfalle considerate a rischio estinzione, quanto sta accadendo negli Usa mostra però nuovi segnali inquietanti non sempre semplici da decifrare e con ricadute che, dopo la carenza di uova legata all’uccisione di galline per via dell’influenza aviaria, potrebbero essere letali anche per i comparti agroalimentari del miele e delle coltivazioni da frutta. Si dice – anche se non è comprovato – che Albert Einstein disse che “se l’ape scomparisse dalla superficie del globo, all’uomo rimarrebbero solo quattro anni di vita”: non c’è certezza che questa frase sia sua ma è noto come il grande fisico fosse estremamente affascinato dal lavoro di questi animali, tanto da scambiarsi lettere con il Nobel Karl von Frisch autore della “danza dell’oscillazione” delle api mellifere, in cui rimarcava proprio l’importanza di questi insetti per la salute del Pianeta.

    Quell’importanza può essere tradotta in due semplici dati: le api e gli impollinatori sono responsabili, per le loro funzioni, del 75% delle coltivazioni alimentari mondiali e della salute del 35% dei terreni agricoli globali. Ecco perché quanto sta accadendo da circa otto mesi negli Stati Uniti, nonostante il presidente Donald Trump continui politiche di negazione del riscaldamento globale e tagli alla ricerca, alla scienza e alla protezione della biodiversità, dovrebbe essere un campanello d’allarme globale. Ancora non ci sono cifre esatte sulla perdita di api e sulle cause della morte ma si parla di cali intorno al 65%. Gli entomologi della Washington State University stimano le perdite commerciali delle colonie di api mellifere negli Stati Uniti tra il 60 e 70% nel 2025, rimarcando come nell’ultimo decennio le perdite siano state in genere comprese tra il 40 e il 50%. I motivi generali della perdita di api sono noti: la crisi del clima, la perdita di habitat e come spiegano dalla Washington University anche “una combinazione di fattori di stress, tra cui carenze nutrizionali, infestazioni di acari, malattie virali e possibile esposizione a pesticidi durante la precedente stagione di impollinazione”. Tutti fattori che già oggi per esempio si stanno ripercuotendo sull’industria delle mandorle, in ginocchio proprio a causa della carenza di impollinatori.

    Biodiversità

    Lavori green, l’apicoltore: “Nelle arnie il segreto del cibo sano”

    di Fiammetta Cupellaro

    15 Marzo 2025

    Ma sebbene ci sia una sorta di abitudine al sali e scendi per esempio della produzione di miele, dato che nonostante meno api sono però aumentati gli apicoltori e i produttori in diverse aree del Paese, adesso si stanno verificando morti di intere colonie difficili da spiegare. Di recente per esempio la CBS ha intervistato Blake Shook, uno dei più importanti apicoltori statunitensi che da oltre vent’anni si occupa di api in diversi stati della nazione. Shook ha spiegato di aver trovato anche lui decine di migliaia di insetti morti all’interno delle sue attività, qualcosa che non aveva “mai visto prima”. Non solo, potrebbe trattarsi della “peggiore perdita di api nella storia registrata” ha affermato. Per Juliana Rangel, entomologa della Texas A&M University, lo Stato principale in cui Shook alleva le api, dopo aver studiato gli alveari nel suo laboratorio è possibile che dietro alla moria potrebbero esserci la variazione delle temperature oppure la perdita di habitat, ma al momento “non c’è una risposta certa”. Il che è preoccupante se si pensa che per i servizi ecosistemici che offrono nella coltivazione di frutta, noci e verdura, le api sono decisive per raccolti stimati in 15 miliardi di dollari l’anno.

    “Se perdiamo l’80% delle nostre api ogni anno, l’industria non può sopravvivere, il che significa che non possiamo impollinare nella scala di cui abbiamo bisogno per produrre cibo negli Stati Uniti” si è sbilanciato a dire Shook. Lo stesso apicoltore sta coordinando una rete di vari apicoltori che stanno raccogliendo sempre più alveari morti, sostenendo che il 25% delle attività – soprattutto legate alle api da miele – di questo passo potrebbe chiudere entro fine anno. “Ho ricevuto una chiamata da un amico che aveva 20.000 alveari all’inizio dell’inverno, e ora ne ha meno di 1.000” ha detto scioccato l’apicoltore. In un sondaggio pubblicato un mese fa dal “Progetto Apis” e che ha riguardato quasi due terzi delle api mellifere gestite in America, gli apicoltori commerciali hanno segnalato di aver perso in media più del 60% delle loro colonie durante l’inverno. Un tasso di declino enorme, superiore a qualunque record del passato, forse la “più grande perdita di colonie di api mellifere nella storia degli Stati Uniti” sostiene Scott McArt, professore di entomologia alla Cornell University.

    Agricoltura

    Meteo estremo, inquinamento e import: il miele italiano è ancora in crisi

    di Antonio Piemontese

    01 Novembre 2024

    I motivi di queste perdite anomale per portata sono da ricercarsi secondo gli scienziati sicuramente negli impatti del nuovo clima, ma per esempio anche nella diffusione dilagante del Varroa destructor, parassita che attacca le api Apis mellifera e Apis cerana. Eppure, anche se c’è probabilmente la complicità di parassiti e virus tra le cause delle morti, queste potrebbero non essere le sole spiegazioni di quanto sta accadendo, tanto che il dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti ha aperto una indagine per studiare api, cera e polline e capire cosa sta succedendo. Ci vorrebbero anche ulteriori ricerche, ma i tagli al personale da parte di Trump hanno costretto a un rallentamento negli studi sulle cause. Un’altra delle spiegazioni possibili relative alla moria è la perdita, sempre per azioni antropiche, di determinate colture e di piante che fungono da protezione per le api: senza, hanno meno chance di sopravvivere. Ma anche in questo caso si parla di concause, non di certezze. Come dice McArt, che sta portando avanti una serie di studi su quanto accaduto, attualmente “non c’è una cosa in particolare che colpisce le api, ma stiamo cercando di capire quali siano gli stress più importanti in questo momento. Ci sono sospetti su molte cose al momento e ci sono anche teorie su un nuovo virus coinvolto, ma dobbiamo raccogliere i dati. Non possiamo escludere nulla in questa fase”. Però bisogna fare in fretta: “A rischio ci sono interi settori delle coltivazioni degli Stati Uniti”. LEGGI TUTTO

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    Clima: in orbita il primo satellite europeo per misurare i flussi di CO2

    Il primo satellite europeo dedicato alla misurazione della CO2 in atmosfera MicroCarba, sarà lanciato a luglio. Il satellite fa parte di un progetto che prevede la fornitura di dati “sovrano” sul gas a effetto serra. Lo ha annunciato il Centro nazionale francese per gli studi spaziali (Cnes) durante la presentazione del progetto a Tolosa. Costo: […] LEGGI TUTTO

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    Carburante green, la risposta dalla lenticchia d’acqua. Grazie alla genetica

    Un gruppo di ricerca britannico ha presentato uno studio che dimostra come sia possibile produrre carburante green da un vegetale. Secondo i ricercatori grazie alla genetica, le lenticchie d’acqua (Lemna minor L.) potranno essere utilizzate per produrre biocombustibile o anche mangime per animali ecosostenibile. È quanto emerge da uno studio guidato dal Cold Spring Harbor […] LEGGI TUTTO

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    A scuola in bici? Lo stato della ciclabilità nei Comuni italiani

    Andare a scuola in bici, si può fare. Ma qual è il grado di ciclabilità dei comuni in Italia? In diverse città la presenza di zone scolastiche (zone urbane in prossimità delle scuole in cui è garantita una particolare protezione dei ciclisti e dei pedoni) e iniziative come il “bicibus” o il “pedibus” (gruppi di scolari in bicicletta o a piedi che si recano e tornano da scuola accompagnati da genitori e/o volontari, lungo percorsi prestabiliti e messi in sicurezza) incentivano la mobilità attiva.

    Secondo la valutazione FIAB (Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta), su 141 Comuni valutati, quelli che negli anni non hanno accresciuto o diminuito le linee Bicibus sono stati la quasi totalità (92,9%, ovvero 131 su 141); il 41% (59) non ha invece modificato la situazione delle linee Pedibus; il 53,5% (76) ha mantenuto costante l’esistenza di Zone scolastiche. LEGGI TUTTO

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    Plastica, mozziconi e cotton fioc: sulle spiagge 892 rifiuti ogni 100 metri

    Nel 2025, su un’area complessiva di 196.890 mq, sono stati 56.168 i rifiuti raccolti e catalogati. Una media di 892 rifiuti ogni 100 metri lineari. Non è per niente rassicurante il bilancio del marine litter registrato da Legambiente in base al Clean Coast Index (CCI), un indicatore utilizzato a livello internazionale che stabilisce il livello di pulizia di una spiaggia sulla base della densità dei rifiuti presenti nelle aree campione monitorate. LEGGI TUTTO

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    Se non si ferma la crisi del clima saremo più poveri del 40%

    In un futuro non tanto lontano, di questo passo, un qualunque cittadino medio del mondo sarà più povero del 40% rispetto ad oggi. La colpa? Gli effetti del riscaldamento globale. Uno scenario, questo, che potrebbe tranquillamente valere per un bambino nato in questi anni ma che nel 2100 si ritroverà – a differenza dell’attuale popolazione […] LEGGI TUTTO