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    Como, l’alveare urbano contro l’overtourism

    Più di quattro milioni di turisti all’anno sono tanti per una città di appena 80mila abitanti. Per questo a Como si è deciso di correre ai ripari per limitare almeno gli effetti più deleteri dell’overtourism. Mentre poco distante Varenna propone la tassa di sbarco contro l’overtourism sul Lago di Como, il capoluogo lariano sperimenta una duplice strategia: da un lato nuove regole per contenere i flussi turistici, dall’altro un innovativo progetto di rigenerazione urbana.

    Grazie a una serie di modifiche del regolamento di polizia urbana dai prossimi giorni saranno vietati i “buttadentro” dei ristoranti sulla passeggiata che dalla tarda mattina fino a ben oltre il tramonto decantano, in tutte le lingue, le meraviglie dei menù che a ben vedere si assomigliano un po’ tutti. Nelle aree del centro, al fine di garantire la vivibilità urbana, con particolare riguardo alla tutela della tranquillità e alla mobilità pedonale – si legge nell’articolo 27 bis – i gruppi di visitatori accompagnati da guide turistiche, accompagnatori o altri soggetti individuabili come referenti della visita, non possono essere composti da più di 25 persone. LEGGI TUTTO

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    Da Pisa arriva il nuovo pannello fotovoltaico in plastica trasparente, colorato e riciclabile

    “Abbiamo dimostrato che è possibile ottenere concentratori solari per pannelli fotovoltaici efficienti utilizzando plastica rigenerata invece di materie prime fossili. Il nostro obiettivo è portare il solare dentro le città, in modo colorato e sostenibile”. Il futuro dell’energia solare passa per la plastica riciclata (e colorata). Dall’Università di Pisa arriva una promettente innovazione nel settore del fotovoltaico urbano: pannelli solari realizzati non con silicio o vetro, ma con plastica rigenerata, capaci di trasformare il modo in cui l’energia solare può essere integrata nelle nostre città. I ricercatori del dipartimento di Chimica e Chimica Industriale, guidati dal professor Andrea Pucci nell’ambito del progetto LUCE (finanziato da EU – Next Generation EU), hanno testato e sviluppato una tecnologia unica e innovativa per produrre elettricità dal sole in modo più sostenibile.

    Si tratta di un pannello solare in cui le celle fotovoltaiche in silicio sono solo lungo bordi, mentre la superficie attiva che cattura la luce è in polimetilmetacrilato: ossia plexiglass, trasparente, colorato e riciclato. Si chiama concentratore solare luminescente ed è l’idea innovativa che i ricercatori hanno realizzato sfruttando il principio della fluorescenza, grazie a molecole di sintesi disperse nella parte plastica del pannello. La trasparenza consente di utilizzare i pannelli su svariate superfici, urbane e non.

    I risultati – pubblicati sulla rivista RSC Applied Polymers – confermano che le prestazioni ottiche ed elettriche dei pannelli realizzati con PMMA rigenerato, polimetilmetacrilato – noto a tutti come plexiglas – sono equivalenti a quelle dei pannelli tradizionali, ma con un impatto ambientale decisamente inferiore. Secondo i ricercatori, si può arrivare a una riduzione delle emissioni di CO2 fino al 75%. LEGGI TUTTO

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    Anche i dolcificanti artificiali hanno un impatto sull’ambiente e la nostra salute

    Oltre che sulla nostra salute, i dolcificanti artificiali potrebbero avere un impatto negativo anche sull’ambiente. A raccontarlo sono stati i ricercatori della University of Technology Sydney che, in una review appena pubblicata sul Journal of Hazardous Materials, hanno esaminato il tipo e la prevalenza di dolcificanti artificiali nelle acque reflue di ben 24 Paesi, mostrando come queste sostanze si stiano accumulando nell’ambiente, siano altamente persistenti e possano avere un impatto negativo sugli ecosistemi. Risultati, quindi, che evidenziano la necessità di strategie come monitoraggi continui, normative più rigide e tempestive e tecnologie di trattamento innovative per ridurre i rischi ambientali rappresentati da questi sostituti dello zucchero. LEGGI TUTTO

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    Un’eco-tassa per Shein e Temu: la battaglia della Francia contro il fast fashion

    Un bikini a 7 euro, un vestito a 5,50, una t-shirt a 3,80. Potrebbe essere questa la lista dello shopping online di ultra fast fashion. Un affare per il portafoglio, una catastrofe per l’ambiente. Per questo la Francia ha dichiarato guerra al settore, approvando il primo disegno di legge al mondo che prende di mira le piattaforme cinesi di ecommerce Shein e Temu, che prosperano grazie a produzione di massa e prezzi stracciati.

    Una protesta a Parigi contro il fast fashion (foto: Matthieu Delaty / Hans Lucas)  LEGGI TUTTO

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    Il pontile a pannelli solari che pulisce e monitora le acque

    In Italia ci sono oltre 500 marine turistiche che grazie a un aggiornamento smart dei rispettivi pontili galleggianti potrebbero rendere le aree portuali più pulite, più sostenibili e più monitorate sotto il profilo ambientale. La soluzione è stata sviluppata dalla startup romana Bettersea Power: si tratta di una serie di elementi modulari che possono essere montati su ogni tipo di pontile. Fra questi spicca anche il sistema “Sentinel”, che è in grado di vigilare sulla qualità delle acque. “Siamo nati nel 2023 con la creazione di due prototipi galleggianti pensati per assorbire gli imprevisti sversamenti di idrocarburi delle imbarcazioni nei pressi delle stazioni di servizio marine, ma i gestori non hanno grandi possibilità per investire nella pulizia delle acque e quindi abbiamo pensato alle marine, integrando anche altre tecnologie”, spiega uno dei fondatori della società e designer industriale, Thomas Fabio Borrelli. Bettersea Power nel 2024 ha ricevuto il sostegno di Lazio Innova; Joule, l’acceleratore di startup di Eni; Faros, l’acceleratore blue economy di CDP; e ricevuto diversi premi fra cui IoMobility e Most Mobility Challenge. Con i finanziamenti raccolti sono giunti a una versione finale che è appunto un ecosistema retrofit da applicare ai pontili esistenti per ottenere una centrale elettrica (magari anche da abbinare a batterie di accumulo), di pulizia e di raccolta dati.

    Il pontile con elementi fotovoltaici calpestabili
    Il primo elemento distintivo del sistema è legato all’impiego di assi fotovoltaici calpestabili capaci di generare fino a 200W al metro quadrato (circa 16 kWh da 30 m di pontile in un giorno) e di resistere a un carico di 4 tonnellate. “Abbiamo depositato due brevetti: gruppo di parabordo con filtraggio integrato e pavimentazione modulare per pontili con elementi fotovoltaici calpestabili e relativo pontile. I nostri pannelli infatti operano con una temperatura di esercizio che va dai -40° agli 80°, ma contemporaneamente grazie a una serie di accortezze tecniche vi si può camminare a piedi nudi. Rispetto a un pannello classico abbattono il calore del 40% grazie a dissipatori passivi, e volendo attivi opzionali”, sottolinea Borrelli. Come se non bastasse l’intelaiatura dissipante è in una lega di alluminio green e resistente all’azione dell’acqua salina o dolce, mentre la copertura dei pannelli è in vetro Madras, fra i pochi antiscivolo certificati ISO. Gli ingegneri stanno comunque lavorando anche a una versione in policarbonato. “La produzione dei vari elementi avviene nei nostri laboratori e abbiamo coinvolto anche fornitori italiani storici”.

    Ovviamente i pontili possono ospitare le classiche colonnine di ricarica per i natanti, ma anche colonnine smart dotate di sistemi eolici verticali, stazioni meteo e rilevatori di sostanze aree nocive. “Durante l’Expo 2025 di Osaka l’operatore giapponese NTT ci ha chiesto se fosse possibile installare anche piccoli ripetitori mobili. Perché no? La colonnina può essere personalizzata in base alle esigenze”, ha aggiunto il CEO di Bettersea Power. Un altro componente chiave è rappresentato dai cosiddetti skimmer, ovvero una serie di parabordi che agiscono da purificatori. In pratica le cavità interne grazie a spugne oleo-assorbenti trattengono gli idrocarburi e gli sversamenti generati dai natanti. Per le acque dolci invece viene impiegata l’ultrafiltrazione a fibra cava per batteri, protozoi e virus, e carbone attivo granulare/resine a scambio ionico per rimuovere cloro, pesticidi e metalli pesanti. Gli elementi di filtraggio ovviamente sono soggetti a periodica manutenzione ma Borrelli assicura che questa attività è stata ingegnerizzata per essere agevole e veloce. “La sperimentazione che abbiamo fatto a Nettuno è stata molto positiva e ci ha confermato che il sistema sarebbe ideale per qualsiasi corpo d’acqua. La difesa di mari, fiumi e laghi coincide anche con la difesa dei diritti alimentari e idrici”, sostiene il CEO della startup. La capacità di produrre energia in abbondanza inoltre consente di alimentare un’ampia dotazione di sensoristica e anche di rifornire i natanti, oppure immettere in rete il surplus.

    Sentinel analizza l’acqua
    Sentinel è l’unità scientifica opzionale (e di allerta precoce) del sistema che può essere personalizzata con sensoristica di diverso tipo in relazione alle esigenze. Per altro potrebbe anche agevolare la fornitura di acqua potabile ed energia a comunità rurali e indigene. Attualmente sono previsti un misuratore di pH, che può far comprendere la disponibilità di nutrienti e la salute dell’ecosistema e un rilevatore di conducibilità elettrica, per stabilire la presenza di sali disciolti e la concentrazione di ioni, aiutando a rilevare contaminazioni da agricoltura, acque reflue o scarichi industriali. Senza contare un misuratore di ossigeno disciolto che indica i livelli di vita acquatica ed eventuali segnali di inquinamento, nonché un’unità che misura la torbidezza che segnala presenza di sedimenti, inquinanti organici o rifiuti industriali. Poi si può comprendere la concentrazione di nitrati (NO3-N) che è chiave rilevare il deflusso agricolo e della contaminazione da acque reflue, collegato all’eutrofizzazione e ai rischi sanitari trasmessi dall’acqua. Infine si può scoprire la contaminazione di origine petrolifera, valutando l’inquinamento da idrocarburi derivante da attività industriali e altre fonti.

    Marine private e istituzioni
    “Siamo in trattativa con diverse marine private italiane. C’è interesse anche da parte della FAO, che in occasione del Science and Innovation Forum del World Food Forum 2025 ci ha concesso uno spazio espositivo. E recentemente abbiamo partecipato a New York al meeting preparatorio della conferenza delle Nazioni Unite dedicata alle acque (UN Water 2026). Poi comunque il mercato di elezione per il momento rimane l’Italia e grazie ai fondi per la sostenibilità delle acque sono convinto che molte marine si faranno avanti”, conclude Borelli. Bettersea Power sta completando l’iter di certificazioni poiché la componente energetica in ambito marino è soggetta a livelli di sicurezza molto alti e rigorosi. Entro la fine dell’anno però è prevista la completa commercializzazione di tutte le linee prodotto. Il team oggi oltre che da Borrelli è formato da Leonardo Petretti, Andrea Schiavoni, Luca D’Elia, Ludovica Bussoletti e Giorgio Levi della Vida. LEGGI TUTTO

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    Energia solare subacquea: la perovskite cattura la luce anche in immersione

    L’energia solare potrebbe presto trovare una nuova e sorprendente applicazione: il fondo del mare. Una ricerca pubblicata sulla rivista Energy & Environmental Materials ha, infatti, dimostrato che le celle solari a perovskite possono funzionare in modo efficiente anche in ambiente acquatico, aprendo la strada a tecnologie energetiche innovative per l’uso subacqueo. Lo studio è frutto della collaborazione tra il Consiglio nazionale delle ricerche – coinvolto con l’Istituto di struttura della materia (Cnr-Ism) e l’Istituto per i processi chimico-fisici (Cnr-Ipcf) – l’università di Roma Tor Vergata e la società BeDimensional Spa, leader nella produzione di materiali bidimensionali.

    Il radicchio cresce meglio nella serra in perovskite

    di Sandro Iannaccone

    16 Marzo 2025

    Sotto i 50 metri di profondità, solo la luce blu-verde riesce a penetrare efficacemente: le celle solari a perovskite, già note per la loro efficienza e versatilità, si sono dimostrate particolarmente adatte a sfruttare questa luce residua. I test condotti con una specifica perovskite (di composizione FaPbBr3), hanno mostrato prestazioni sorprendenti: immerse nei primi centimetri d’acqua, queste celle producono più energia rispetto a quando sono esposte all’aria.

    “Merito delle caratteristiche ottiche dell’acqua e del suo effetto rinfrescante, che migliora l’efficienza del dispositivo”, spiega Jessica Barichello, ricercatrice del Cnr-Ism che ha coordinato lo studio. “Un ulteriore test di durata ha verificato anche l’aspetto ambientale: grazie all’efficace incapsulamento, basato su un adesivo polimerico idrofobico sviluppato da BeDimensional, dopo 10 giorni di immersione in acqua salata, le celle solari hanno rilasciato quantità minime di piombo, ben al di sotto dei limiti imposti per l’acqua potabile”.

    Energia

    Un fotovoltaico da record di efficienza con il tandem silicio-perovskite

    Dario D’Elia

    06 Febbraio 2024

    “Grazie alla collaborazione con il Cnr-Ism e BeDimensional e alla tecnologia disponibile nel nostro laboratorio Chose, abbiamo validato l’intero processo per l’applicazione del materiale fotovoltaico in perovskite in ambienti subacquei dove vengono sfruttate efficacemente le sue proprietà. Una nuova sperimentazione per noi – commenta Fabio Matteocci, professore associato del dipartimento di Ingegneria elettronica dell’università di Roma Tor Vergata – dal momento che il nostro studio parte dallo sviluppo di nuovi dispositivi fotovoltaici semitrasparenti tramite processi industriali facilmente scalabili per applicazione su edifici”.

    Oggi troviamo pannelli solari su tetti, serre, edifici, persino nello spazio, ma l’ambiente marino è ancora una frontiera poco esplorata. “Questo lavoro pionieristico non solo mostra che le perovskiti possono operare anche in condizioni umide, ma apre nuove possibilità per l’utilizzo sostenibile dello spazio subacqueo, sempre più impiegato in attività come l’agricoltura marina, l’invecchiamento del vino e altre applicazioni innovative”, conclude Barichello. LEGGI TUTTO

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    Case green, verso la rimodulazione degli incentivi con la direttiva Ue

    Pronte le linee Guida della Ue per l’attuazione della Direttiva Case Green. A partire da settembre entrerà nel vivo la definizione del Piano Nazionale di Ristrutturazione degli Edifici (NBRP) con la prima bozza da presentare entro il 31 dicembre 2025 e il recepimento definitivo della Direttiva previsto per il 14 maggio 2026. Prevista una rimodulazione […] LEGGI TUTTO

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    Ispra presenta la Nomr, il laboratorio galleggiante per proteggere il Mediterraneo

    L’Italia avrà, per la prima volta, una nave oceanografica progettata per scopi civili. Finora infatti queste imbarcazioni erano sempre state riadattate prima di essere messe a disposizione della comunità scientifica. Presto ce ne sarà una ad hoc. Presentata alla Camera dei deputati, la nave Nomr (Nave oceanografica maggiore da ricerca) dell’Ispra verrà varata nel giugno 2026 e sarà pienamente operativa per l’inizio del 2027. Ma già oggi è possibile farsi un’idea precisa di come sarà e, soprattutto, cosa consentirà di fare. La Nomr è un concentrato di tecnologia che a qualcuno potrebbe ricordare il Nautilus del capitano Nemo. Certo, non è un sottomarino ma è dotata di due unità che potranno immergersi ed esplorare i fondali. La prima è un Rov, un veicolo teleguidato (dalla nave o da terra), 100% elettrico e dotato di bracci robotici per prelevare dei campioni e riportarli a bordo, oltre a un laser ottico per la mappatura ad alta precisione dei fondali e telecamere 4K. La seconda unità è l’Auv: “È una sorta di siluro che, una volta immerso, è in grado di muoversi in autonomia nell’ambito di un’area che gli verrà assegnata in partenza: la scandaglierà tutta; grazie a un sistema anticollisione eviterà gli ostacoli e tornerà a bordo e a quel punto basterà scaricare i dati per iniziare ad analizzarli sulla nave” spiega Giordano Giorgi dell’Ispra, coordinatore del progetto Mer (Marine ecosystem restoration) finanziato con fondi Pnrr. L’Auv potrà operare fino a 60 ore senza bisogno di ricarica.

    Uno dei fiori all’occhiello della nave oceanografica, continua Giorgi, è la silenziosità: “Lo scafo è stato progettato per produrre pochissima turbolenza. E questo consente alle strumentazioni acustiche sotto alla chiglia di registrare un dato ‘pulito’, di altissima risoluzione”. Grazie ai suoi tanti sensori la nave potrà misurare la profondità, la temperatura, salinità, torbidità, ossigeno disciolto e fluorescenza, metano e anidride carbonica e un magnetometro potrà cercare oggetti metallici nascosti sotto al fondale. Vale a dire, relitti o ordigni inesplosi. “Questo è molto importante, non necessariamente per recuperarli ma per sapere dove si trovano, nel momento in cui bisogna posare cavi o condotte sottomarine” precisa il responsabile Ispra.

    Mare da tutelare
    Potendo esplorare tutte le caratteristiche della colonna d’acqua fino a quasi quattromila metri di profondità, la nave Nomr sarà un formidabile detective per capire, anzitutto, come sta il nostro mare di cui, ancora oggi, sappiamo pochissimo soprattutto sotto i mille metri. La possibilità di analizzare specie e frammenti in ambienti estremi, dove finora è stato impossibile inoltrarsi, aiuterà la comunità a scientifica a valutare l’impatto del cambiamento climatico sul Mediterraneo, ma non solo. Una delle maggiori potenzialità dell’imbarcazione è anche lo studio dei monti sottomarini (che è già iniziato quest’anno, con altri strumenti) e il monitoraggio di reti fantasma e rifiuti inabissati.

    Un’isola “autonoma” di scienza
    Non solo Mediterraneo, dicevamo. Benché la nave sia stata concepita per operare soprattutto nel mare nostrum, la richiesta dei ricercatori (esaudita) era di poter disporre di un’autonomia di circa seimila miglia nautiche, sufficienti per attraversare Atlantico e Pacifico senza mai approdare. Sarà anche un’autonomia operativa, perché nei cento metri quadrati di laboratori a bordo della Nomr si potranno immediatamente studiare e analizzare pesci, piante, rocce e altri campioni, anche grazie a celle frigorifere, congelatori, incubatori, vasche per la conservazione in vivo e altro ancora. Non ci sarà quindi bisogno di approdare, sbarcare tutto il materiale e analizzarlo a terra. Il vantaggio è che non si perderanno giorni preziosi, sfruttando al massimo le condizioni meteo ideali per stare in mare. “Si lavorerà su campagne di 30 giorni” continua Giorgi, “che in questo ambito sono davvero tanti”.

    Mare come risorsa
    Il mare non viene visto però solo come un bene da proteggere, ma anche come un alleato in grado di fornire risorse-chiave per l’energia, le comunicazioni e le tecnologie di domani. Grazie allo studio dei fondali e del sottosuolo marino, la nave di Ispra sarà di grande aiuto per individuare la presenza di minerali critici, a volte piuttosto rari e per questo oggetti di competizione geopolitica. “Ma pensiamo anche agli impianti eolici offshore – aggiunge Giorgi – la maggior parte delle volte costituiti da pale eoliche galleggianti che hanno bisogno di ancoraggi sicuri. A bordo della nave avremo le tecnologie necessarie per fare tutti i rilievi di cui c’è bisogno, comprese delle stratigrafie per diversi metri sotto al fondale, per assicurarci che le pale posino su un terreno sicuro”. Poi c’è un’altra questione di sicurezza. In un periodo piuttosto turbolento dal punto di vista geopolitico, neanche i cavi e le condotte sottomarine possono considerarsi al sicuro. Nel caso in cui queste infrastrutture vengano danneggiate, la Nomr potrà avvicinarsi al luogo del “fattaccio” e verificare, magari mandando il proprio robot sottomarino, cos’è successo e stimare l’entità del danno. LEGGI TUTTO