Emissioni, finanza, foreste: i temi in discussione in una Cop in bilico
La 30esima Conferenza Onu sul clima, pur prevista in una location amazzonica altamente simbolica, in questi mesi preparatori non è riuscita a darsi un obiettivo altrettanto emblematico. Al contrario delle due edizioni che l’hanno preceduta. Nel 2023 a Dubai c’era da definire il global stocktake, una valutazione periodica dei progressi compiuti a livello mondiale in materia di azione per il clima. E, grazie a una inedita triangolazione Usa-Cina-Arabia Saudita, si inserì per la prima volta nella storia delle Cop un riferimento esplicito all’uscita dai combustibili fossili, con l’espressione transition away. L’anno successivo, a Baku, la Cop29 è stata totalmente dedicata alla finanza climatica: i Paesi ricchi hanno promesso 300 miliardi di dollari alle nazioni in via di sviluppo e ai piccoli Stati insulari entro il 2035. Più altri mille miliardi di investimenti privati non meglio definiti.
Editoriale
Cop30 – “L’ultimo appello”. Un’istituzione da difendere
di Federico Ferrazza
03 Novembre 2025
E quest’anno a Belém? Il rischio è che si continuino a fissare obiettivi e a prendere impegni senza che poi vengano centrati e mantenuti. È venuto il momento di non fare più annunci, perché di traguardi collettivi ne sono stati concordati molti, ma di usare le Cop per verificare chi tra le singole nazioni si è davvero mosso per raggiungerli. E in effetti il Brasile ha dichiarato di voler passare “dalla fase negoziale a quella attuativa degli obiettivi”. Impresa tutt’altro che semplice, in un momento in cui gli Usa si stanno ritirando dagli Accordi di Parigi e il mondo è meno concentrato sull’azione per il clima.
I tagli alle emissioni
 Se si rimane alle “promesse”, a Belém si conteggeranno quelle relative ai tagli delle emissioni di gas serra che ogni nazione si è impegnata a fare. Oltre la metà delle parti che hanno firmato l’Accordo di Parigi, inclusa la Cina, ha presentato i propri nuovi Ndc. La Ue, così come l’India, ha mancato la scadenza di settembre. Ma Bruxelles ha promesso che arriverà in Brasile con un nuovo target. Gli Usa avevano presentato il loro Ndc in anticipo, sotto l’Amministrazione Biden, ma poi è arrivato Trump… Prima dell’inizio di Cop30 l’Onu conteggerà tutte le promesse di riduzione delle emissioni e mostrerà quanto si sia lontani dall’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C. È probabile che ci si fermi non molto al di sotto dei 2,5 °C e questo dato allarmante sarà certamente al centro dei negoziati di Belém. Si farà qualcosa per correggere la rotta che ci porta al naufragio? Dopo mesi di resistenza, il Brasile sta iniziando ad accettare l’idea di negoziare una cosiddetta cover decision, un preambolo vincolante per le parti, che affronti il divario di temperatura. Ma finora c’è poca chiarezza su cosa sarà incluso, anche perché alle Cop si decide per consenso, non a maggioranza, ed è già nota la strenua opposizione a un documento del genere dei petro-Stati guidati dai sauditi. E c’è anche chi contesta lo strumento: l’eventuale cover decision sarebbe l’ennesimo documento politico che prende impegni per il futuro, quando invece è necessario agire oggi.
Verso Cop30
Cop30, strada in salita ma il dibattito sul clima è centrale in Europa
di Luca Fraioli
30 Ottobre 2025
La finanza climatica
 Anche qui promesse: chi ha mantenuto quelle fatte a Baku? E come mobilitare il fantomatico miliardo di dollari di investimenti pubblici? Nella capitale Azera era stata varata una Roadmap from Baku to Belém, che avrebbe dovuto rispondere a tali quesiti. Dove abbia condotto tale roadmap lo scopriremo dal 10 al 21 novembre. Sarebbe bene che gli investimenti pubblici si concentrassero sull’adattamento, anziché sulla mitigazione. Perché creare campi fotovoltaici in Paesi in via di sviluppo è un business redditizio e ci saranno sempre imprese private pronte a investirci. Mentre creare infrastrutture che mettano persone e proprietà al riparo dagli eventi estremi, innescati dal riscaldamento globale, è un intervento che non ha ritorni economici nel breve termine che solo la finanza pubblica si può permettere. Non sembra plausibile a Cop30 un accordo su un nuovo obiettivo di finanza climatica sull’adattamento, tuttavia i negoziatori potrebbero lavorare per ridurre gli indicatori di resilienza ai cambiamenti climatici dagli attuali 400 a circa 100, in modo da rendere più semplici gli investimenti e le rendicontazioni.
Il fondo per le foreste tropicali
 Per avere almeno un risultato certo, da incassare già in apertura e da rivendicare come obiettivo centrato, in fase di bilancio a sipario calato, la presidenza brasiliana ha profuso molte energie per creare consenso intorno alla sua proposta di un “Fondo per le foreste tropicali per sempre”: 125 miliardi di dollari, per finanziare i Paesi che mantengono in vita i loro patrimoni forestali. Ma c’è chi annovera questa misura tra quelle che in ogni Conferenza Onu sul clima permettono di fare annunci, distraendo media e opinione pubblica dal vero traguardo (ridurre le emissioni di gas serra eliminando i combustibili fossili) e dall’eventuale fallimento nel raggiungerlo.
I combustibili sostenibili
 Un altro annuncio “a effetto” da dare a Belém durante la due-giorni preliminare che vedrà sfilare i capi di Stato e di governo, potrebbe sancire la rivincita dei biocarburanti. La possibilità si è concretizzata qualche settimana fa, quando il ministero degli Esteri brasiliano ha reso pubblica l’iniziativa “Impegno di Belém per i carburanti sostenibili”, con l’obiettivo di quadruplicare la produzione e l’uso di combustibili alternativi a quelli fossili entro il 2035. Nome in codice: Belém 4x. Per “carburanti sostenibili” si intendono “biocarburanti liquidi, biogas, idrogeno rinnovabile e carburanti a base di idrogeno”. Ma considerando i costi ancora proibitivi per fare della molecola H2 una seria opzione al posto di benzina e gasolio, Belém 4x sembra voler essere soprattutto una spinta ai combustibili “bio”, quelli derivati da coltivazioni, scarti alimentari, deiezioni animali. “Cerchiamo il sostegno del maggior numero possibile di Paesi, per inviare un segnale politico, anche agli attori economici”, ha dichiarato João Marcos Paes Leme, direttore del dipartimento dell’Energia del ministero degli Esteri di Brasilia. E in effetti l’Italia, insieme a India e Giappone, ha espresso il suo supporto al progetto. D’altra parte, non è una novità che il nostro governo punti sui biocarburanti per rendere meno “traumatica” la transizione verso l’elettrificazione dei trasporti.
Il multilateralismo
 Da anni le Cop sono messe in discussione per la lentezza con cui affrontano la crisi climatica. Non c’è da stupirsi se anche a Belém accadrà altrettanto. Ma quest’anno le Nazioni Unite, che organizzano la conferenza, dovranno fare i conti anche con il terremoto Trump che ha scosso alle fondamenta l’edificio del multilateralismo, non solo in ambito climatico. Sarà da monitorare l’eventuale nascita di nuove alleanze, con gli occhi puntati sui Brics, di cui il Brasile è un esponente importante. Ma anche sulle delegazioni europea e cinese, che in assenza degli Usa, potrebbero decidere di collaborare maggiormente in un’ottica di decarbonizzazione e di tecnologie green. Forse il vero successo di Cop30 sarebbe riuscire a dimostrare che ha ancora senso ritrovarsi, in quasi 200 Paesi, intorno allo stesso tavolo, per discutere delle sorti dell’umanità e del Pianeta. Purtroppo le defezioni annunciate di molti leader, con il declassamento della Cop a evento minore, non sono un segnale incoraggiante. LEGGI TUTTO
 
