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    Le proteine sostenibili che vengono dalle lumache

    “La sostenibilità è sempre stata il valore condiviso da tutti noi, un ideale che ha guidato il nostro progetto sulle proteine alternative a base di chiocciole con l’obiettivo di avere un impatto positivo sul mondo, soprattutto considerando le sfide ambientali globali”, questa la visione di Simone De Maria (CEO), Ubaldo De Santis (COO) e Andrea Catto (CTO) fondatori di Snelix, startup salentina di allevamento sostenibile di chiocciole che offre prodotti di alta qualità a basso impatto ambientale.

    In un mondo in cui le risorse naturali sono sempre più limitate e la domanda di proteine è in costante crescita, Snelix si propone di ridefinire il concetto di produzione alimentare, mettendo al centro innovazione, tecnologica e rispetto per il Pianeta. Le sue farm automatizzate per l’allevamento di chiocciole rappresentano il cuore di questa transizione. Attraverso l’uso di sistemi avanzati per il controllo del microclima e una piattaforma software basata su dati IoT, Snelix garantisce un’ottimizzazione mai vista prima nel settore dell’elicicoltura. Questo approccio ha tre vantaggi sostanziali, riduce la mortalità: le condizioni ambientali ottimali per ogni fase della vita delle chiocciole abbattono drasticamente le perdite rispetto agli allevamenti tradizionali. Aumenta la produttività: grazie alla destagionalizzazione, Snelix è in grado di moltiplicare i cicli produttivi, portando raccolti più frequenti e abbondanti durante tutto l’anno. Capitalizza le risorse: l’ottimizzazione energetica e idrica rende il sistema non solo efficiente ma più sostenibile per l’ambiente.

    I fondatori della startup Snelix  LEGGI TUTTO

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    Il cactus di Natale, come curare la pianta che rende gioiose le nostre case

    La Schlumbergera è una pianta appartenente alla famiglia delle cactaceae, ed è conosciuta per la sua spettacolare fioritura e la presenza di fusti succulenti piatti e privi di spine. Questi, che spesso si confondono per le foglie della pianta, in realtà sono chiamati correttamente cladodio e sono come un ramo, ma con l’aspetto e la funzione di una foglia. Il cactus di Natale è soprattutto conosciuto come pianta da tenere in casa ed è molto apprezzata in concomitanza delle festività natalizie. Questa pianta, originaria delle foreste pluviali brasiliane e delle coste che si affacciano sull’oceano Atlantico, apprezza condizioni di elevata luminosità e di umidità. È una pianta che in natura si adatta a qualunque luogo, crescendo anche negli incavi dei rami e delle rocce. Questo cactus si presenta come un cespuglio con “foglie” che si riversano a cascata verso il basso. Si tratta di una pianta di dimensioni ridotte, poiché non supera i 40-50 centimetri di altezza. I fusti di questa pianta si presentano separati a segmenti, con terminazioni ugualmente piatte.

    Il colore di questi elementi è verde scuro o brillante, a seconda della varietà che si acquista. I fiori del cactus di Natale sono allungati, con più petali ad artiglio e pistilli molto evidenti. Sono fiori di grande dimensione che possono variare nel loro colore: infatti, troviamo fiori rosa, rossi, viola, arancione e bianco. La fioritura di questa pianta è proprio in concomitanza del Natale, anche se a volte il periodo di fioritura è anticipato con l’arrivo delle temperature più fredde.

    Il cactus di Natale può stare fuori?
    Come capita per molte piante succulente, anche il cactus di Natale non può stare fuori: infatti, non si tratta di una pianta da esterno, poiché non gradisce temperature che vanno sotto i 10°C. La coltivazione ideale di questa pianta richiede temperature di circa 15-20°C, mai superiori a 25°C e, soprattutto, lontano da fonti di calore o correnti d’aria. Se si decide di coltivare la pianta in appartamento è importante non collocarla in prossimità delle finestre. Il suggerimento è di sistemare il cactus di Natale vicino al davanzale delle finestre rivolte a est oppure nord. Potrà stare anche in bagno, visto che apprezza l’umidità moderata.
    Qual è la terra migliore per la pianta?
    Questo cactus gradisce un mix di terra pensato proprio per le pianta cactacea con composto organico. Inoltre, è importante considerare che apprezza il terreno umido, ma non i ristagni idrici. Proprio per questo, è necessario accertarsi che il terreno sia asciutto prima di procedere con l’annaffiatura.
    Come farlo fiorire?
    Esistono delle condizioni che favoriscono la fioritura del cactus di Natale: la prima cosa da tenere a mente riguarda l’esposizione che non dovrà mai ricevere luce diretta dei raggi solari. Dovrà ricevere luce tra le 12-14 ore al dì. È importante offrire una temperatura compresa tra i 13°C e i 18°C durante la stagione autunnale e invernale. Inoltre, è importantissimo evitare il ristagno d’acqua e nutrire la pianta con un fertilizzante. Durante la fioritura è necessario eliminare i fiori secchi, così da favorire la comparsa di nuovi boccioli. La fioritura durerà alcune settimane e sarà particolarmente bella.
    Quando e come annaffiarlo?
    Le annaffiature del cactus di Natale devono essere fatte in maniera moderata, ma regolare. È importante controllare con le dita se il primo strato del terreno è asciutto ed è pronto per essere nuovamente bagnato. In questo modo, si evitano tutti i problemi che possono derivare dall’eccesso di acqua. Con l’arrivo della stagione invernale, le annaffiature devono essere ridotte.
    La concimazione del cactus di Natale
    Per concimare il schlumbergera è necessario selezionare un concime specifico per le piante cactacee, succulente o grasse. Si può dare il concime alla pianta circa due volte a settimana, diluendolo con l’acqua dell’innaffiatura. Questo prodotto dovrà contenere elevate percentuali di fosforo e potassio, elementi nutritivi che sono importanti per la cura del cactus di Natale.
    È possibile ottenere delle talee?
    Per proteggere la specie che avete in casa si può decidere di ottenere delle talee: è necessario piantare in un vaso con torba e sabbia 2-3 segmenti dei fusti. Nel giro di qualche settimana metterà le radici e si potrà procedere con il rinvaso in un contenitore più grande.
    Che fare se le foglie sono molli?
    Quando il cactus di Natale presenta foglie molli significa che è stato annaffiato troppo e potrebbe essere già compromessa la sua vita. È importante intervenire per tempo, salvando i fusti sani e realizzando una talea per dare vita a una nuova pianta.
    Il rinvaso e la potatura
    Il rinvaso del cactus di Natale dovrebbe avvenire generalmente nel giro di 2-3 anni, durante la stagione primaverile lontano dalla fioritura giacché si potrebbe rischiare di far cadere i fiori. È necessario selezionare un vaso con diametro leggermente più grande rispetto a quello iniziale. Per quanto riguarda la potatura, invece, è importante togliere i fiori secchi per favorire la crescita di nuovi boccioli. Si potranno togliere anche i fusti morti e danneggiati, così da pulire bene la pianta e stimolarne la crescita.
    Le malattie e i parassiti in cui può incorrere
    Anche questa pianta soffre di alcuni problemi causati da malattie o da parassiti che la possono attaccare. Oltre al marciume radicale provocato dall’eccesso di acqua, citiamo la cocciniglia e il ragnetto rosso. Entrambi i problemi possono essere prevenuti offrendo le giuste condizioni climatiche alla pianta natalizia. LEGGI TUTTO

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    Il vischio, la pianta parassita che adorna il Natale

    Il vischio, nome scientifico viscum, è un genere di pianta cespugliosa di cui ne esistono decine di specie, tra le quali, il viscum album è quella più diffusa. Il vischio appartiene alla famiglia delle santalacee ed è una pianta presente in gran parte delle nazioni con clima temperato, dall’Europa all’area del sud-est asiatico, ma anche in paesi dell’Africa e in Australia. Il suo habitat ideale si trova in modo particolare nei boschi con conifere e diverse latifoglie, dove il vischio nasce e si sviluppa come un parassita delle altre piante. Il viscum raggiunge solitamente dimensioni modeste, comprese tra i 40 centimetri e un metro di altezza. La pianta si contraddistingue per le foglie coriacee di colore verde chiaro, nonché per le piccole infiorescenze e le bacche di colore bianco. Il vischio è anche noto per la tossicità, a causa della presenza della viscumina: le sue bacche rappresentano in modo particolare un rischio importante per la nostra salute.

    Qual è l’esposizione ideale e dove cresce in Italia?
    Il vischio è una pianta dal buon livello di rusticità: può quindi crescere senza problemi anche nelle aree che sono soggette alle gelate invernali. Per vegetare in modo ottimale, la pianta ha però bisogno di una buona quantità di luce e di soleggiamento diretto. Negli ambienti boschivi che offrono queste caratteristiche non è difficile trovarlo anche ad un’altitudine di un migliaio di metri. Nel nostro paese, il viscum si trova un po’ in tutte le regioni, con una presenza più marcata soprattutto nel territorio dell’arco alpino.

    Si può coltivare la pianta di vischio in vaso?
    Non abbiamo la possibilità di far crescere il vischio in vaso, proprio perché si tratta di una specie epifita e parassita. Per la coltivazione del viscum nel nostro giardino, dobbiamo scegliere una pianta che funga da ospite. Nel suo habitat naturale, il vischio cresce soprattutto sulle latifoglie come le querce, i salici, i pioppi, le betulle, i tigli e gli aceri, ma anche sulle conifere come i pini. Anche sui tronchi o i rami di meli, robinie e susini non è difficile scorgere la presenza del viscum. Ricordiamoci che il vischio è particolarmente tenace: se decidiamo di coltivarlo su una pianta ospite nel giardino di casa nostra, teniamo presente che una sua eventuale rimozione futura è molto difficile. In tanti casi, dobbiamo eliminare in modo definitivo il ramo che lo ospita.

    La coltivazione e la moltiplicazione della pianta
    Per prima cosa, procuriamoci dei semi di viscum: li troviamo all’interno delle bacche bianche che il vischio è solito produrre nel periodo autunnale e, soprattutto, a ridosso di Natale. Per quanto possibile, accertiamoci di selezionare solo le bacche più mature. Preoccupiamoci quindi di scegliere una pianta ospite che abbia delle fessure nella corteccia, o comunque, delle tracce di muschio o di licheni sul tronco. In questo modo, potremo inserire il seme di viscum in uno spazio ideale per favorirne l’attecchimento. Il miglior momento per dare il via alla coltivazione del vischio è agli inizi del periodo invernale, idealmente dopo le festività natalizie. Dovremo attendere almeno fino all’inizio della primavera per sapere se il nostro esperimento avrà avuto successo: la germinazione richiede infatti diversi mesi. Per capire se il vischio ha attecchito, ci basterà osservare il punto in cui abbiamo messo a dimora i semi: se si sono formate delle protuberanze, abbiamo ottenuto una nuova pianta.

    La crescita e la cura del vischio
    Il viscum è una pianta dal ritmo di crescita particolarmente lento. Oltre a richiedere alcuni mesi per germinare, il vischio ha bisogno di diversi anni per raggiungere il suo massimo sviluppo. Poiché la pianta si sviluppa in modo parassitario su un altro vegetale, non richiede particolari attenzioni nella coltivazione. Il viscum ricava infatti dalla linfa della pianta ospite l’acqua e i minerali di cui ha bisogno per crescere. Teniamo ben presente questo aspetto quando scegliamo dove coltivare il vischio, soprattutto se viviamo in aree dal clima particolarmente caldo e siccitoso: la presenza del viscum sarà infatti un ulteriore fattore di stress per la pianta che lo ospita.

    La fioritura e i frutti
    Il vischio è una pianta dioica: in natura troviamo esemplari maschili e femminili. Solo queste ultime producono i tipici frutti tondeggianti e bianchi, che appaiono solitamente nel corso dell’autunno. La fioritura invece si concentra nel periodo primaverile, quando sul viscum si sviluppa una gran quantità di fiori bianco-giallastri.

    I parassiti
    La pianta ha una buona rusticità, grazie alla quale non è particolarmente soggetta ai parassiti: ricordiamoci però di eliminare le parti secche o danneggiate del vischio, per prevenire qualsiasi potenziale problematica. LEGGI TUTTO

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    Manovra 2025, le misure sull’ambiente tra novità e tagli

    Ripartito l’iter in Senato della Manovra 2025. La legge di Bilancio è arrivata in seconda lettura a Palazzo Madama per un esame praticamente blindato. Secondo la tabella di marcia prevista dal governo, l’approdo in Aula è previsto per venerdì, con il via libera finale il giorno dopo, sabato 28 dicembre. Molte le novità in materia ambientale introdotte dalla Legge di Bilancio che hanno scatenato le reazioni dell’opposizione.

    Il confronto in Aula
    Duro in Aula il confronto soprattutto con il gruppo di Alleanza Verdi e Sinistra guidati da Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. Chiare le parole di Bonelli: “Questa finanziaria non fa un passo avanti verso la decarbonizzazione, anzi ne fa tanti indietro. Soprattutto siamo sconcertati per aver deciso la proroga ai concessionari del servizio della distribuzione di energia elettrica. Per altri venti anni. Calcolando che sarebbero dovute tornare sul mercato nel 2030, a questo punto le concessioni scadranno nel 2050. Tutto questo significa che la transizione ecologica è stata ‘cristallizzata’. Pensando a quello che sta accadendo nel mondo a causa della crisi climatica, sembra di vivere in un altro pianeta”. Non solo.

    La seconda manovra del governo Meloni è legge con 200 sì, 112 no e tre astenuti.  LEGGI TUTTO

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    Eco-ansia, sempre più diffusa tra i giovani: può portare alla paralisi dei comportamenti green

    Giovani, con un grado di istruzione elevato e con un’elevata tendenza ad adottare comportamenti pro-ambientali quotidiani come la raccolta differenziata e consumi sostenibili, dandosi obiettivi raggiungibili, inclini a fare gruppo e fare rete in favore dell’ambiente e a cercare il più possibile il contatto con la natura: è questo l’identikit della persona che tende maggiormente a percepire l’eco-ansia, l’ansia da clima.
    È quanto emerge da uno studio condotto presso l’Università Cattolica, campus di Roma dal dottor Matteo Innocenti, della Sezione di Igiene, Dipartimento di Scienze della Vita e Salute Pubblica dell’Università Cattolica, campus di Roma.

    Cos’è l’eco-ansia
    L’eco-ansia è una risposta di disagio emotivo al cambiamento climatico che si manifesta con sintomi molto simili a quelli dell’ansia generalizzata, come tristezza, paura e senso di impotenza e mancanza di controllo. Il cambiamento climatico ha implicazioni importanti per la salute e il futuro dei bambini e dei giovani, i quali però hanno poco potere per limitare i suoi danni, rendendoli quindi vulnerabili all’ansia climatica. Il primo studio su larga scala sull’ansia climatica a livello globale, apparso di recente su Lancet Planetary Health, che ha coinvolto 10.000 giovani (di età compresa tra 16 e 25 anni) in dieci paesi (Australia, Brasile, Finlandia, Francia, India, Nigeria, Filippine, Portogallo, Regno Unito e USA; 1000 partecipanti per paese), ha evidenziato che in tutti i paesi era diffusa la preoccupazione per il cambiamento climatico (il 59% era molto o estremamente preoccupato e l’84% era almeno moderatamente preoccupato). Più del 50% del campione ha riportato ciascuna delle seguenti emozioni: tristezza, ansia, rabbia, impotenza, senso di abbandono e colpa. Più del 45% dei partecipanti ha affermato che i loro sentimenti riguardo al cambiamento climatico influivano negativamente sulla loro vita quotidiana e sul funzionamento, e molti hanno riportato un alto numero di pensieri negativi sul cambiamento climatico (ad esempio, il 75% ha detto di pensare che il futuro sia spaventoso e l’83% ha detto di pensare che le persone abbiano fallito nel prendersi cura del pianeta).

    Lo studio
    Lo studio dell’Università Cattolica ha esaminato il fenomeno dell’eco-ansia in un campione italiano e cercato di tratteggiare le varie modalità con cui esso si declina, inoltre di validare una scala di misura ad hoc per misurare i livelli di eco-ansia e di eco-paralisi.

    Infatti, sebbene sia stato dimostrato che l’ansia per il cambiamento climatico può potenziare i comportamenti in favore dell’ambiente (pro-ambientali o PEB) in alcuni soggetti, in altri può indurre la cosiddetta eco-paralisi, portando così gli individui a evitare qualsiasi forma di impegno in azioni contro il cambiamento climatico. In questo studio gli esperti della Cattolica hanno chiarito quali fattori influenzano la relazione tra l’ansia per il cambiamento climatico e la predisposizione ai PEB. Gli esperti hanno condotto uno studio trasversale su 394 soggetti sani che vivono in Italia, i quali hanno completato questionari di valutazione come la Scala dei Comportamenti Pro-Ambientali (PEBS), la Scala dell’Autoefficacia Generale (GSE) e la Scala dell’Ansia per il Cambiamento Climatico (CCAS).

    In primis è emerso che generalmente, così come la consapevolezza sul cambiamento climatico genera eco-ansia, questa a sua volta induce comportamenti pro-ambientali che a loro volta riducono l’eco-ansia; un po’ come avviene prima di un esame, l’ansia da esame serve da stimolo per studiare.
    “Tuttavia – spiega Innocenti – abbiamo visto che non tutti gli individui interessati da eco-ansia adottano comportamenti autoefficaci; per esempio i giovani che hanno aspettative troppo ambiziose e che credono di poter modificare alla radice la situazione del cambiamento climatico, che però è un fenomeno complesso e non si può risolvere individualmente, possono avere una paralisi. In genere – precisa Innocenti – queste finiscono poi per essere le persone che adottano meno spesso comportamenti pro-ambientali. In genere si tratta di giovani dai 15 ai 35 anni, soprattutto le donne perché tipicamente nutrono preoccupazioni non solo per il loro futuro ma anche per le generazioni future e quindi per i propri potenziali figli.

    Questi risultati mostrano che l’ansia per il cambiamento climatico ha contemporaneamente due effetti diversi sugli individui: direttamente incoraggia i PEB e indirettamente può avere effetti dannosi sui PEB, come l’eco-paralisi. Di conseguenza, gli approcci terapeutici per trattare l’ansia per il cambiamento climatico non dovrebbero mirare a razionalizzare i pensieri irrazionali, ma piuttosto ad aiutare i pazienti a sviluppare strategie di coping come i PEB che, a loro volta, favoriscono l’autoefficacia. Il senso di autoefficacia deve essere altresì alimentato dalle istituzioni e dai decisori, attuando strategie anche collettive, in modo che si passi dall’autoefficacia a quello di efficacia collettiva, conclude Innocenti. LEGGI TUTTO

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    Il pungitopo, come coltivare l’arbusto che decora le tavole delle feste

    Il pungitopo o Rusco (nome tecnico Ruscus aculeatus) è un arbusto spontaneo in grado di regalare angoli di bellezza selvaggia al giardino. Pianta della tradizione natalizia, il pungitopo ogni anno conquista per la sua bellezza decorativa e per la sua affascinante natura selvaggia. I suoi colori risaltano in mezzo al bosco, ma sono perfetti da lasciare esposti anche dentro casa durante le festività. Ottimo come regalo di Natale o come decorazione di tavole imbandite, il pungitopo simboleggia (e augura) ricchezza e prosperità per l’anno che sta per iniziare. La sua particolarità? Il colore rosso delle sue bacche, protagoniste della stagione invernale. Coltivarlo in vaso o in giardino non è complesso; data la sua estrema rusticità e la sua nota resistenza, il pungitopo si adatta a molte situazioni e non richiede troppe attenzioni.

    Pungitopo: tutto sulla sua coltivazione
    Il Rusco, conosciuto tradizionalmente come Pungitopo, è una pianta perenne appartenente alla famiglia delle Liliaceae. Nasce in modo del tutto spontaneo nei boschi d’Europa, ma si coltiva anche in casa a scopo per lo più ornamentale. In particolare, la sua presenza aumenta durante il periodo natalizio: il pungitopo diventa protagonista di appartamenti e decora tavoli o mobili, un po’ come il suo collega, l’agrifoglio. Coltivare il pungitopo non è così complesso e questo lo si deve alla sua natura rustica e resistente, che fanno sì che si adatti a condizioni ambientali eterogenee. Preferisce crescere in luoghi più ombreggiati e umidi e resiste particolarmente bene sia al freddo, sia al caldo.

    Pungitopo in giardino: come coltivarlo
    Il pungitopo può essere coltivato tranquillamente in giardino e/o in aiuole, in piccole siepi basse e bordure. Ad esempio, nel caso in cui in giardino si abbia disponibilità di spazi ombreggiati di difficile riempimento, il pungitopo può essere la soluzione perfetta. Può essere collocato in aiuole, sotto gli alberi o in piccole siepi e/o bordure volte a delimitare sentieri o zone dello spazio aperto. Ovunque si decida di piantarlo lui crescerà in modo spontaneo senza troppi problemi.

    Come coltivare il Rusco in vaso: irrigazioni e concimazione
    Il pungitopo può essere coltivato anche in vaso; per farlo, però, è necessario munirsi di un contenitore abbastanza grande da posizionare preferibilmente all’esterno, su un balcone o su un terrazzo (ma può essere lasciato anche dentro casa). L’esposizione dovrà essere ombreggiata e durante i mesi più freddi non sarà necessario coprirlo: l’adattabilità è il suo punto forte. Per mantenerlo sano e rigoglioso anche in vaso basterà seguire alcuni passaggi fondamentali. Intanto, l’irrigazione dovrà essere effettuata con la giusta regolarità, assicurandosi che il terreno sia umido e ricco di humus ed evitando che si secchi, specialmente in estate, quando le temperature si alzano in modo esponenziale. Come avviene per la maggior parte delle piante, anche il pungitopo non ama i ristagni d’acqua, nemici del suo benessere. Fate quindi sempre caso al sottovaso, che non deve contenere acqua. Per quanto riguarda invece la concimazione, sarebbe utile utilizzare un concime liquido o granulare durante la primavera. In questo modo si favorirà la crescita della pianta, che si svilupperà forte, esteticamente rigogliosa e bellissima.

    Potatura e riproduzione
    Caratteristico per le sue “foglie” pungenti e per le sue bacche rosso vivo, il pungitopo non richiede in realtà una potatura regolare. Tuttavia, si consiglia di eliminare i rami secchi e/o danneggiati quando si avvicina l’inverno o, eventualmente, anche verso l’inizio della primavera. Così facendo la pianta sarà sempre in ordine ma soprattutto la si aiuterà a crescere in modo sano e forte. Per riprodurre il pungitopo, invece, la soluzione più efficace consiste nel tagliare il rizoma in più parti facendo particolare attenzione che ogni parte abbia un getto e una radice. Questa operazione andrebbe svolta all’inizio della stagione primaverile o dell’autunno, ricordandosi di interrare conseguentemente le parti di rizoma, dalle quali nasceranno – e dunque si riprodurranno – nuove piante di pungitopo.

    La fioritura del pungitopo
    Tra le caratteristiche che maggiormente rendono il pungitopo una pianta affascinante, la fioritura è senza ombra di dubbio la prima in classifica. Questa avviene nel mese di aprile, con piccoli fiori bianchi-verdastri poco stravaganti. Ciò che colpisce l’occhio sono invece le bacche, tinte di rosso acceso, che riempiono l’intero fogliame della pianta: esse iniziano a spuntare in inverno, dando quel tocco di magia in più al Rusco, che diventa subito simbolo delle festività natalizie (da non confondere però con l’agrifoglio).

    Pungitopo: come proteggere la pianta da malattie e parassiti
    Che cosa fare se sulle foglie del pungitopo si presentano macchie di polvere bianca? Intanto, significherebbe che la pianta è stata colpita dall’oidio, anche conosciuto come “mal bianco”. Se si dovesse presentare questa situazione, il primo tentativo risiederebbe nell’uso dell’aceto di mele. Diluendo un cucchiaino di prodotto in un litro d’acqua e nebulizzando il composto direttamente sul fogliame del Rusco, l’aspetto dovrebbe migliorare e il “mal bianco” scomparirà. Questa procedura sarebbe meglio svolgerla in un momento della giornata non troppo caldo, quindi il pomeriggio andrà benissimo. LEGGI TUTTO

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    La natura al centro della tavola delle feste: le idee green di Chiara Brigatti

    Chiara Brigatti, 36 anni, architetto green, nel suo profilo Instagram spiega come creare un centrotavola naturale, perfetto per decorare le feste in modo sostenibile e creativo. È una delle diverse eco idee raccolte nel “Calendario della luce”, per un’edilizia a basso impatto ambientale.“Vivo – spiega Brigatti – a Castello dell’Acqua, un piccolo paesino immerso nei boschi di castagno delle Orobie valtellinesi, un luogo dove il tempo sembra essersi fermato e il silenzio è ancora un privilegio. Il borgo è delimitato da due delle valli più selvagge d’Italia: la Val d’Arigna e la Val Malgina, angoli di natura quasi incontaminata dove lo sguardo si perde e la mente ritrova la quiete. Sono cresciuta in Brianza e già da piccola avevo le idee chiare: volevo diventare architetta e un giorno vivere qui, tra queste valli selvagge. Mi han fatto credere che sarebbe stato un sogno irraggiungibile: chi credeva davvero che fosse possibile lavorare nel mondo dell’architettura abitando in un luogo così remoto? Ma la vita ha saputo sorprenderci: grazie a Internet e alla tecnologia, oggi posso progettare spazi sostenibili per clienti in Italia e all’estero, mentre vivo nel mio luogo del cuore. Il mio studio, ECO HUB design, è la sintesi di questa visione: un luogo dove unisco tradizione, materiali naturali e innovazione tecnologica per portare il bosco dentro casa, trasformando spazi in armonia con le persone e la natura. Una missione selvatica e ribelle, proprio come me”. LEGGI TUTTO

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    La stella di Natale, come curare il simbolo delle festività

    Simbolo per antonomasia delle feste, la stella di Natale è la protagonista assoluta delle case durante le festività. Questa pianta, tanto bella quanto delicata, richiede specifici accorgimenti grazie ai quali potrà essere rigogliosa e in salute anche dopo il periodo natalizio: infatti, se curata con le giuste attenzioni, può dare grandi soddisfazioni nel corso di tutto l’anno.

    Dove posizionare la stella di Natale
    Il suo vero nome è euphorbia pulcherrima, ma tutti la conoscono come stella di Natale. Chiamata anche poinsettia, si tratta di una pianta tropicale perenne e dalla crescita rapida, originaria del Messico. Le foglie rosse la rendono un grande classico delle feste natalizie, anche se esistono varietà dai colori differenti, quali rosa, bianco, cannella, e dalle tonalità screziate. La stella di Natale solitamente cresce in territori montuosi e collinari, dove il clima è temperato e non ci sono eccessivi sbalzi di temperatura, e predilige temperature tra i 15 e i 22 gradi. Proprio per questo dovrà essere posta in un luogo luminoso, umido, arieggiato e che non sia freddo, lontano da correnti d’aria ma anche da stufe, termosifoni e camini. Un davanzale può essere uno spazio perfetto per accogliere la pianta, prestando attenzione agli spifferi. Malgrado la poinsettia richieda tanta luce e sia importante custodirla in un punto luminoso, è necessario, però, evitare i raggi solari diretti e non esporla alla luce per più di 8 ore al giorno, visto che è cruciale mantenerla al buio per una sua fioritura rigogliosa.

    Se nel periodo invernale la stella di Natale deve essere collocata in un ambiente luminoso e fresco, durante la primavera e l’estate può essere spostata all’esterno, proteggendola dalla luce solare diretta. In autunno sono valide le medesime condizioni previste durante la stagione invernale, per far sì che si formino le sue peculiari foglie rosse prima dell’arrivo delle feste: in particolare, essendo una pianta fotoperiodica, è cruciale a partire da metà settembre premurarsi che sia posta al buio per 13 ore al giorno, per un totale di 10 settimane. Questi accorgimenti permettono di contare su una pianta sana e bella nel tempo, anche se gli sforzi messi in campo devono essere preceduti da un’approfondita analisi prima di acquistarla: le cure più attente sono vane se la stella di Natale è stata trattata in modo inadeguato prima di entrare nella nostra casa. Pertanto è sempre bene verificare che sia stata conservata al meglio nel negozio dove la si compra, in un ambiente che non sia troppo freddo, tenendo conto che sotto i 12 gradi le sue foglie tendono a cadere. Tra gli aspetti da verificare spiccano lo stato del suolo, che non dovrebbe essere né asciutto, ma neanche troppo bagnato, e la presenza di una vegetazione fitta.

    Stella di Natale, ogni quanto annaffiarla
    Per quanto riguarda l’irrigazione della stella di Natale questa operazione va svolta con grande attenzione. Infatti, per mantenere in salute la pianta è davvero importante che le sue radici non siano troppo bagnate, ma allo stesso tempo neanche eccessivamente asciutte. Ogni due o tre giorni è necessario darle da bere in modo moderato: in caso di sovradosaggio dell’acqua, questa va eliminata, rischiando altrimenti che l’apparato radicale marcisca. Se la poinsettia si trova nei pressi di un termosifone e l’ambiente è secco si dovranno intensificare le irrigazioni, da effettuare ogni giorno. Un aspetto da considerare in merito all’annaffiatura è la dimensione del vaso, visto che se questo è piccolo sono necessarie più irrigazioni a differenza di un contenitore grande. Altro check da effettuare riguarda la quantità di umidità presente nel recipiente che ci consente di capire se la pianta richieda di essere bagnata: basta sollevarlo e se questo è leggero significa che è necessario darle da bere.

    Potatura e rinvaso della stella di Natale
    Un aspetto molto importante nella cura della stella di Natale è la potatura, operazione da effettuare dopo la sua fioritura, alla fine della primavera, nel momento in cui i rami si spogliano, si devono accorciare. I fusti vanno potati intorno ai 15 centimetri e le foglie che si presentano secche, flosce e prive di colore devono essere eliminate, facendo in modo però di non potare la stella di Natale oltre il 30% della sua superficie. Per svolgere l’intervento è necessario ricorrere a dei guanti da giardinaggio tenendo presente che, quando si taglia la pianta, questa rilascia una linfa bianca, responsabile di irritazioni della pelle e di danni a foglie e steli, dovendo rimuoverla dalla sua superficie, ricorrendo a uno straccio umido. Successivamente si procede con il rinvaso, impiegando un terriccio drenante (al pari di quello utilizzato per le piante grasse e acidofile) e arioso, in modo da prevenire il marciume radicale. Questa operazione va eseguita intorno a maggio, ricorrendo a una vaso di terracotta: la poinsettia può raggiungere grandi dimensioni, ma se si desidera fare in modo che resti compatta ogni mese dovrà essere controllata, potando i rami al bisogno, facendo in modo che non superino i 20 centimetri di lunghezza, per poi interrompere questa operazione a novembre.

    Manutenzione della stella di Natale: consigli utili
    Per una stella di Natale sana e rigogliosa è cruciale prestare attenzione a determinati segnali. Quando per esempio le sue foglie sono flosce e con una lamina aperta significa che sono troppo secche e che bisogna intensificare le irrigazioni, mentre, al contrario è necessario diminuirle nel momento in cui queste appaiono flesse e arrotolate. Se le foglie sono raggrinzite il problema sono i colpi d’aria e bisogna cambiare la collocazione della pianta, allontanandola da eventuali sbalzi di temperatura. Le foglie rosse che cadono sono il campanello d’allarme di un ambiente troppo caldo e qualora lo stesso accada a quelle ingiallite e aperte significa che la pianta sta patendo per via di una quantità d’acqua troppo esigua. Altra criticità si verifica quando la base del fusto tende ad annerirsi, spia di un assorbimento eccessivo di acqua da parte delle radici. L’assenza di fioritura è determinata da un’eccessiva esposizione alla luce solare, dovendo intervenire mantenendo la pianta più ore al buio durante la giornata. La stella di Natale può essere anche colpita da parassiti come la cocciniglia, responsabile di macchie biancastre e filamenti sulla pianta, e il ragnetto rosso, la cui presenza è dettata dall’aria secca e in conseguenza del quale le foglie si scoloriscono in modo puntiforme. Questi parassiti possono essere entrambi rimossi ricorrendo a un batuffolo di cotone imbevuto di alcool denaturato, oppure con prodotti specifici nei casi più gravi. Inoltre, la pianta può essere messa a repentaglio da malattie come le infestazioni fungine, che si presentano con delle macchie grigie, da contrastare con soluzioni ad hoc. LEGGI TUTTO