Per la maggior parte blu, ma a volte, a tratti in maniera più o meno apprezzabile, anche verde. Parliamo dei colori di mari e oceani, dove vivono, tra gli altri, piccolissimi e preziosi organismi complessivamente noti come fitoplancton, come alghe e batteri fotosintetici, alla base della catena alimentare marina. Ma a viverci sono sempre meno: una recente analisi, appena pubblicata su Science Advances, mostra infatti che l’abbondanza del fitoplancton è diminuita a partire dagli inizi degli anni Duemila, parallelamente all’acuirsi della crisi climatica. Autori del nuovo lavoro sono alcuni ricercatori sparsi tra Cina, Gran Bretagna e Usa, che hanno cercato di capire se ci sono stati dei trend negli anni sulle variazioni della biomassa del fitoplancton.
I dati in materia, scrivono, sono infatti poco chiari: alcuni parlano di una chiara diminuzione in concomitanza con l’aumento delle temperature delle acque, altri invece sostengono che questo riscaldamento avrebbe favorito l’aumento del fitoplancton, con fioriture algali eccezionali. I ricercatori hanno provato ad aggiungere la loro, cercando di superare quelli che secondo loro erano i limiti della ricerca condotta finora nel campo, come buchi delle osservazioni satellitari dovuti a determinate condizioni meteorologiche e la mancanza di consistenza nella raccolta di dati sul campo. Il metodo per analizzare le variazioni del fitoplancton negli ultimi due decenni è stato quello di sviluppare una rete neurale per stimare le concentrazioni giornaliere della clorofilla-a (il pigmento usato capire quanti organismi fotosintetizzanti sono presenti). La rete neurale si chiama Ocean Chl-a reconstruction Neural Ensemble Network (OCNET) e mette insieme dati provenienti da osservazioni satellitari e sul campo (ottenute grazie al progetto BGC-Argo, che utilizza dei galleggianti robotici per acquisire informazioni di tipo biogeochimico) con i fattori che influenzano il fitoplancton (come temperatura dell’acqua, salinità e disponibilità di radiazione).
I ricercatori hanno lavorato in particolare per assicurare continuità temporale alle osservazioni ed eliminare eventuali buchi nei dati. I risultati mostrano che dal 2001 al 2023, per le regioni comprese nella fascia tra latitudine 45°N 45°Sud, la biomassa di fitoplancton a livello globale è diminuita. In media la diminuzione è stata di 0,35 mg per metro cubo per anno, ma più del doppio si è osservato lungo le coste. I ricercatori ammettono che localmente possono anche essersi verificati aumenti della biomassa di fitoplancton e fioriture algali – in alcune aree prossime al Brasile, alle Canarie e all’Australia – ma questi si perdono allargando lo sguardo. E si tratterebbe di eventi riconducibili a un aumento nella quantità di nutrienti dovute ad attività umana, proseguono gli esperti. Nel complesso però, di nuovo, gli oceani stanno diventando sempre meno verdi. “Queste tendenze sono guidate principalmente dall’aumento delle temperature superficiali del mare, che intensificano la stratificazione oceanica, inibiscono la risalita dei nutrienti e limitano la crescita del fitoplancton – scrivono gli autori, sottolineando le implicazioni di tutto questo – Questi risultati suggeriscono un declino a lungo termine della produzione primaria marina e una ridotta incidenza di fioriture di fitoplancton, con potenziali effetti negativi sulle interazioni trofiche e sul ciclo oceanico del carbonio”.