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Dove c’è più luce gli uccelli cantano di più. “Ma l’inquinamento luminoso va contrastato”

BirdWeather è un progetto che registra e identifica i diversi canti degli uccelli in giro per il mondo, grazie a dei sensori distribuiti nell’ambiente. Farsi un giro tra le vocalizzazione dei volatili in giro per il mondo è piuttosto facile, basta navigare la mappa con gli audio a disposizione di tutti. Alcuni ricercatori hanno utilizzato questa enorme mole di dati per cercare di capire se e quanto l’inquinamento luminoso alterasse l’attività di alcuni uccelli diurni, in particolare provando a rispondere a questa domanda: dove ci sono più luci gli uccelli cantano più a lungo?

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Per rispondere alla domanda, oltre alle registrazione dei canti degli uccelli, gli scienziati avevano bisogno dei dati relativi all’inquinamento luminoso, che sono stati ricavati a partire dalle informazioni raccolte grazie allo strumento satellitare Visible Infrared Imaging Radiometer Suite (Viirs), spiegano i ricercatori dalle pagine di Science. Nel complesso i ricercatori hanno analizzato circa 4,5 milioni di osservazioni per circa 600 specie di uccelli diurni e hanno scoperto che sì, l’inquinamento luminoso rende le giornate più melodiose. Gli uccelli in media iniziano prima a cantare, circa 18 minuti, e smettono dopo, circa 32 minuti, così che a fine giornata cantano quasi un’oretta di più.

I dati, gli autori non lo nascondono, sono parziali, anche perché parziali sono le stesse osservazioni: navigando nella mappa è chiaro che le zone mappate siano soprattutto Europa (non molte in Italia), Nord America e in misura minore l’Australia. Ciò detto qualcosa dicono. Per esempio, accanto a un generale allungamento dei canti, i ricercatori hanno osservato che per alcune specie di uccelli l’anticipazione o la cessazione del canto erano più marcate (più lunghe) in presenza di un maggior inquinamento luminoso. Accadeva per esempio per le specie con occhi grandi o per quelli che costruiscono nidi aperti. Perché? L’ipotesi dei ricercatori è che queste caratteristiche li rendano nel complesso più abili o più suscettibili a percepire la luce rispetto agli uccelli con occhi piccoli o che nidificano al riparo, per esempio nelle cavità degli alberi. Gli effetti erano più marcati anche per le specie migratorie e per quelle con un areale più ampio, forse più flessibili e sensibili ai segnali temporali come la luce, anche se artificiale, aggiungono gli autori.

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Da un lato gli uccelli potrebbero, in luogo di questa maggiore attività diurna, avere meno tempo a disposizione per riposare, ma potrebbero avere maggior tempo per procurarsi cibo e più possibilità di riprodursi. Ma ci muoviamo, per ora, nel campo dei “forse”: servono più dati, più completi e rappresentativi, per avere un’idea degli effetti dell’inquinamento luminoso sull’attività degli uccelli. Qualche dato in realtà c’è, e mostra come troppe luci possano confondere gli uccelli e metterne a rischio la sopravvivenza. Quel che è certo, concludono i due autori, Brent S. Pease e Neil A. Gilbert, rispettivamente della Southern Illinois University e della Oklahoma State University, è che serva fare qualcosa per invertire il fenomeno dell’inquinamento luminoso a livello globale.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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