Tumori
L’ex calciatore ha rivelato in una recente intervista di come la malattia, con cui ha combattuto negli ultimi tre anni, lo abbia cambiato come persona.
Sanihelp.it – Nel 2017 a Gianluca Vialli viene diagnosticato un tumore al pancreas. Per l’ex attaccante di Sampdoria, Juventus e dell’Italia comincia un lungo percorso che, per i primi tempi, cerca di tenere per sé e poche altre persone. «Sono sempre stato percepito come un ragazzo duro. Un ragazzo forte con molta determinazione. Non essere in quella posizione mi rendeva inquieto. Non volevo essere visto come un povero ragazzo con una malattia. Ecco perché non l’ho condiviso ampiamente per 12 mesi» ha spiegato in una recente intervista al Guardian.
Come già ha avuto modo di raccontare, è arrivato anche a indossare un maglione sotto la camicia per celare l’evidente perdita di peso, ed evitare, almeno in parte, l’interessamento altrui. «Le persone chiamano per mostrarti che stanno pensando a te. Ho pensato che invece di passare il tempo al telefono, avevo bisogno di tempo per me stesso. Questi sentimenti sono naturali e rimangono con te per un po’. E poi, almeno nel mio caso, se ne vanno. Il giorno in cui inizi a guardare le cose in modo diverso, la tua vita cambia».
C’è stato infatti un momento in cui Gianluca ha deciso di aprirsi (ha raccontato anche la sua storia in un libro) e ha scoperto quanto questo potesse essere benefico. «Ora so che è necessario liberare il dolore. Non ero particolarmente bravo a mostrare le mie emozioni e ho tenuto le cose dentro. Non è un bene. Ora mi rendo conto che ogni volta che voglio piangere, piango. Non c’è vergogna. E se vuoi ridere, ridi. Cerco di non piangere di fronte a persone che potrebbero diventare molto emotive. Provo a piangere da solo. Quando sono in un posto confortevole, non tengo nulla dentro. L’ho appena fatto uscire e dopo mi sento meglio».
Ad aprile,in una intervista a La Repubblica, annuncia, dopo 17 mesi di chemioterapia: «Gli ultimi esami non hanno evidenziato segni di malattia: sono felice, anche se lo dico sottovoce». Ha vinto la battaglia, o, forse come preferisce descrivere lui stesso sempre al Guardian, ha terminato con successo il suo viaggio: «Ho sempre pensato di non voler combattere il cancro, perché è un nemico troppo grande e potente, ho sentito tutto questo come un viaggio. Si tratta di viaggiare con un compagno indesiderato fino a quando, si spera, non si annoi e muoia prima di me». E non si nasconde più, anzi: «ora mostro le mie cicatrici con orgoglio. Sono un segno di ciò che ho passato».