La leggenda vuole che Goethe sia stato sepolto con qualche foglia di questa palma nana che cresce nell’Orto botanico di Padova, il più antico del mondo. Il grande poeta tedesco ne rimane stregato durante il suo viaggio in Italia nel 1786. La pianta, a quel tempo, ha appena superato i duecento anni perché è stata messa a dimora nel 1545. Oggi ne ha più quattrocento ma da allora questo monumento vegetale è conosciuto come la palma di Goethe ed è una delle principali attrazioni dell’orto patavino patrimonio dell’umanità dell’Unesco.
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15 Agosto 2025
È coltivata in una spettacolare serra verticale a base ottagonale progettata su misura per contenerne l’esuberanza e assicurarne la stabilità. I segreti della sua estrema longevità e adattabilità sono codificati nel genoma che ora, per la prima volta, è stato sequenziato per intero dall’Università degli studi di Padova. Conosciuta anche come palma nana (il cui nome scientifico è Chamaerops humilis) compare nel Terziario, circa 65 milioni di anni fa, ed è l’unica specie autoctona del Mediterraneo: tutte le altre oggi presenti nei giardini o nel verde urbano sono aliene, così come si definiscono in botanica. Cresce sul limite più settentrionale della famiglia delle palme ed è un’eredità sopravvissuta alle glaciazioni che hanno sconvolto il continente europeo fino a circa 12.000 anni fa. Quella di Padova è la più antica vivente: tollera la neve così come la canicola estiva e la siccità estrema.
Lo studio del codice genetico ha rivelato che il carattere così efficiente della palma secolare dipende in parte da quello che per molto tempo è stato considerato dagli scienziati DNA spazzatura. Si tratta delle sequenze ripetute che, per semplificare, si possono paragonare doppioni. Sono quasi la metà del genoma umano ma nella palma di Goethe sono quasi il 90%. “Sono tracce di antichi adattamenti che, con ogni probabilità, hanno permesso alla specie di crescere in ambienti aridi e caldi come quelli del Mediterraneo. – spiega Francesco Dal Grande, docente di Botanica sistematica ed Ecologia applicata all’Università di Padova e coordinatore dello studio pubblicato in questi giorni dalla rivista internazionale Scientific Data – Un numero così elevato di sequenze ripetute ci dice che il genoma è stato modellato da pressioni evolutive intense, probabilmente legate al clima”.
In natura, la palma nana cresce in forma spontanea lungo le coste del Mediterraneo occidentale e per sopravvivere ha imparato anche a tenersi alla larga dagli esseri umani orientandosi verso habitat inaccessibili allo sfruttamento delle risorse naturali. La pianta attraversa tutta la storia della civiltà del Mare nostrum: i profili delle foglie e del fusto di Chamaerops humilis sono stati riprodotti sulle antiche monete del tesoro di Kamarina, sulle medaglie di Segesta e sui vasi di Agrigento. Mentre Goethe, dopo quella visita all’orto botanico il 27 settembre 1786, scrive la celebre opera La metamorfosi delle piante ispirandosi alla palma di Padova eletta a una sorta di pianta madre assoluta (Urpflanze).
Malgrado la teoria di Goethe sia poi stata superata dalla botanica moderna, il genere Chamaerops per adattarsi a un nuovo ambiente spesso può differenziarsi e generare nuove varietà. Come la palma nana blu o cerifera, che in natura cresce fino a quasi duemila metri solo sulla catena dell’Atlante in Marocco o la varietà compacta che sopravvive in forma esclusiva nelle valli tormentate delle isole Eolie.
Nello studio dell’Università di Padova, a cui hanno collaborato il Centro per la Biodiversità Genomica di Francoforte e altri partner internazionali, viene presentano il primo assemblaggio genomico di alta qualità di Chamaerops humilis. Il sequenziamento è stato ottenuto grazie a tecnologie all’avanguardia che consentono di leggere e organizzare il DNA con estrema precisione. Ad oggi, questo genoma è il più contiguo e completo all’interno della famiglia delle palme. “Questi risultati rappresentano un significativo progresso nella genomica della conservazione della specie e gettano le basi per nuove strategie di conservazione. – conclude Dal Grande – In questo scenario i giardini botanici sono e, sempre di più, saranno attori protagonisti nella salvaguardia della biodiversità globale”.