in

L’intelligenza artificiale per prevenire i disastri climatici

Dati, algoritmi, mappe geospaziali. E poi alberi, radici, suolo, biossido di carbonio. Markus Reichstein, direttore scientifico del dipartimento di integrazione biogeochimica del Max Planck Institute for Biogeochemistry di Jena1 e direttore della ELLIS Unit Jena2 per l’intelligenza artificiale applicata al clima, è tra gli scienziati che più si stanno spendendo per integrare le nuove tecnologie nei sistemi di monitoraggio e previsione dei rischi ambientali. Il suo lavoro parte da un’intuizione potente: ogni evento estremo, ogni perturbazione che colpisce un ecosistema lascia tracce. Sta all’IA imparare a leggerle. Lo ha spiegato a margine dell’AIS25, il summit sull’intelligenza artificiale svoltosi a Copenaghen il 3 e 4 novembre sotto l’egida della Presidenza danese dell’UE, in collaborazione con la Commissione europea e l’Università di Copenaghen.

Dalla previsione del meteo all’impatto sul territorio

Reichstein ha presentato una serie di progetti che mostrano come l’uso integrato di AI, dati satellitari e modelli fisici possa anticipare eventi climatici complessi e fornire alle istituzioni strumenti per intervenire prima che i danni diventino irreversibili. “L’intelligenza artificiale è già stata molto efficace nel migliorare le previsioni meteorologiche. Ma il nostro punto è che può fare molto di più”, ha spiegato dal palco. “Possiamo passare dalla previsione del meteo all’allerta precoce sugli impatti, ovvero capire cosa il clima fa davvero agli ecosistemi e alle persone”. Un esempio arriva dalla Germania. Due eventi identici di pioggia intensa: 200 millimetri d’acqua in 24 ore. Uno, nel 2021, causa centinaia di vittime e danni enormi nell’ovest del Paese. L’altro, nell’est, non provoca disastri. “Stesso evento meteorologico, ma impatti completamente diversi. In un caso, il terreno argilloso e il paesaggio collinare hanno canalizzato l’acqua, creando onde distruttive. Nell’altro, suoli sabbiosi e rilievi dolci hanno assorbito l’acqua: l’evento ha addirittura aiutato a ricaricare le falde. Serve capire come il paesaggio reagisce al meteo“.

L’IA come interprete della complessità ecologica

“Prevedere l’impatto è più difficile che prevedere il tempo: l’atmosfera segue equazioni fisiche consolidate. Ma quando scendiamo al suolo entriamo in un sistema con alberi, erbe, animali, suoli molto complessi, e qui un modello fisico puro non basta”. L’obiettivo è una previsione a 10 o 20 metri di risoluzione, “per sapere cosa accadrà nel tuo campo, nel tuo giardino, alla tua casa”. Qui l’IA diventa fondamentale. Grazie ai dati dei satelliti Sentinel, è possibile osservare con continuità il comportamento dei territori. “Possiamo vedere come reagiscono a diversi climi e meteo, e creare modelli guidati dall’intelligenza artificiale che ci dicono quali saranno gli impatti”. Alcuni sono già operativi: “Abbiamo già ottime previsioni per la vegetazione e per le inondazioni, usando approcci puramente data-driven”.

Visualizzare il rischio per reagire meglio

Un altro ambito promettente è la comunicazione del rischio. “Nel caso dell’alluvione in Germania, la previsione era precisa, ma gli allarmi non sono stati presi sul serio. Le autorità non riuscivano a immaginare cosa significassero 200 millimetri o sei metri d’acqua. L’IA può dare avvisi più intuitivi: immagini fotorealistiche di strade allagate, case sommerse. L’idea è che le persone reagiscano meglio se il messaggio è più visivo”. L’IA generativa può addirittura superare i limiti umani: “Quando le persone sono sotto stress, possono avere pregiudizi, sottovalutare o esagerare. Se addestrata con attenzione, l’IA può produrre avvisi migliori di quelli umani“. Il prossimo passo? “Due, in particolare. Primo: integrare nei modelli anche i dati economici, censuari, sociali, per capire davvero gli impatti sulla società. Secondo: anticipare i rischi sistemici e composti, come siccità, incendi e ondate di calore che si sovrappongono. Per farlo servono modelli fondativi, in grado di integrare tutti questi dati diversi e restituire risposte immediate”.

RAISE e la sfida della coesione europea

In questo contesto si inserisce anche RAISE (Resource for AI Science in Europe), la nuova piattaforma virtuale lanciata il 3 novembre dalla Commissione europea durante AIS25. “È positivo che l’Europa abbia una strategia chiara e in accelerazione sull’AI. RAISE è un buon primo passo verso una maggiore competenza, ma saprà creare una vera coesione tra Paesi? Per ora, è un inizio promettente”. L’IA è uno strumento, non un fine La sfida è far sì che questi strumenti non restino confinati nei laboratori. “Serve una governance globale. L’accesso alle informazioni ambientali e alla capacità di agire non può essere un privilegio”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


Tagcloud:

Il problema delle tigri siberiane: sempre più affamate in un habitat ridotto, ora fanno più paura

Cosmetici bio dagli scarti dei pistacchi