Come ogni anno, da oltre quarant’anni, gli scienziati nei mesi scorsi – tra gennaio ed aprile – si aspettavano di osservare un fenomeno chiave del Pacifico che regola vita e clima. Con molta sorpresa, e una preoccupazione difficile da nascondere, quel fenomeno però in questo 2025 per la prima volta in assoluto non si è verificato. Un cambiamento chiave, inatteso, che apre a una domanda: siamo davanti a un pericoloso punto di non ritorno? Il fenomeno in questione riguarda le acque e le correnti dell’oceano Pacifico, un oceano sempre più caldo, acido e dove la biodiversità è in costante difficoltà. Ogni anno tra gennaio e aprile una grande massa di acqua fredda solitamente risale dalle profondità del Golfo di Panama verso la superficie: questo passaggio è quello decisivo che regola sistemi climatici e vita marina nella regione. Da quando esistono studi e rilevazioni, è sempre avvenuto con puntualità. Ma all’inizio del 2025 gli scienziati hanno osservato quella che è stata definita “una interruzione senza precedenti”, ben raccontata all’interno di uno studio pubblicato su PNAS da un gruppo internazionale di ricercatori.
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Per via di correnti e acqua fredda che risalgono in superficie solitamente le acque del Pacifico al largo della costa di Panama registrano tra gennaio e aprile un drastico calo della temperatura che, a sua volta, causa una complessa interazione tra atmosfera e oceano. Questa risalita fa parte di un processo naturale che, tra le altre cose, contribuisce a mettere in circolo i ricchi nutrienti dei fondali oceanici che a loro volta alimentano la vita (e la pesca) degli organismi marini di un Golfo da sempre soggetto ai forti venti settentrionali che, quando si incanalano verso sud attraverso Panama e il Pacifico, contribuiscono a rimescolare le acque.
Fin dagli anni Ottanta le rilevazioni hanno sempre indicato la risalita iniziare intorno alla terza settimana di gennaio per poi concludersi ad aprile, un evento capace di abbassare la temperatura media dell’acqua intorno ai 18 gradi. Quest’anno però l’evento non è avvenuto prima di marzo e le acque più fredde sono rimaste in superficie pochissimo, meno di un paio di settimane, tant’è che le temperature medie dell’acqua superficiale sono scese solo a 23 °C.
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“È stata una sorpresa” sostiene al New York Times Ralf Schiebel, paleoceanografo del Max Planck Institute for Chemistry che studia la regione. “Non avevamo mai visto niente del genere prima” ha poi aggiunto. La causa non è chiara. Complice potrebbe essere la scarsa intensità dei venti alisei che spingono l’acqua calda superficiale lontano dalla costa, risultati in genere nel 2025 meno forti e persistenti. Ma i ricercatori non escludono allo stesso tempo che possa trattarsi di un fenomeno collegato alla crisi del clima. Di certo, aggiunge Steven Paton, fra i coautori dello studio e ricercatore dello Smithsonian Tropical Research Institute, “possiamo affermare con chiarezza che è accaduto qualcosa di molto insolito a cui dobbiamo prestare attenzione”.
Fra le possibilità individuate come cause oltre al cambiamento degli alisei tipici della stagione secca a Panama c’è anche un possibile cambiamento nei sistemi di alta e bassa pressione che influenzano i modelli meteorologici stagionali (che a loro volta modificano l’intensità degli alisei) oppure i possibili impatti legati al fenomeno naturale de La Niña, la fase fredda di un ciclo oscillante di temperature dell’acqua nell’Oceano Pacifico, ma anche le temperature elevate dovute a ondate di calore e crisi del clima sono sul banco degli imputati.
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Per capire l’impatto a lungo termine di questi fattori e come potrebbero aver cambiato le dinamiche nel Golfo di Panama serviranno ulteriori ricerche spiegano gli esperti. Comprenderlo, è però fondamentale per un fatto: senza più quelle acque fredde cariche di nutrienti la vita marina del Pacifico potrebbe essere compromessa e avere “importanti ripercussioni sull’intera catena alimentare” dicono gli scienziati.
Dall’esistenza di piccoli pesci sino a quella di coralli o alla vita di delfini e balene migratrici, la maggior parte degli organismi marini dipende infatti proprio dalle dinamiche di correnti e acque. Per esempio la massa fredda del Golfo di Panama offre ai coralli maggiori possibilità di sopravvivere alle ondate di calore marino rispetto ad altre aree del mondo. Ora i ricercatori – sostenendo di dover indagare ancora – temono che questo fenomeno possa rivelarsi un punto di non ritorno: per questo osservate speciali nei prossimi mesi saranno anche le masse d’acqua fredda delle Galapagos, del Costa Rica e di altri luoghi e sistemi degli oceani dove gli alisei potrebbero calare. In particolare, osservato speciale sarà poi tutto il Pacifico, oceano che, come ha scritto recentemente sui social anche il meteorologo e ricercatore del CNR-Lamma Giulio Betti, sta subendo un cambiamento radicale a causa di “temperature superficiali del mare troppo alte” con ripercussioni che potranno farsi sentire ovunque. “Non sorprendiamoci se nei prossimi mesi continueremo a parlare di caldo anomalo ed eventi alluvionali – scrive Betti -. Siamo ufficialmente entrati in una fase ignota, perché se 2023 e 2024 potevano essere eccezioni, il 2025 suona come una conferma: siamo ad un tipping point“.