Un evento climatico estremo e catastrofico, l’ennesimo, appena documentato nel cuore dell’Amazzonia. Durante la siccità e l’ondata di calore senza precedenti del 2023, le acque di numerosi laghi amazzonici hanno raggiunto temperature mai viste prima: in alcuni bacini, addirittura, l’acqua ha superato la temperatura di 41°C, trasformando così l’habitat in una trappola mortale per le specie che vi dimorano. Ad attestarlo uno studio appena pubblicato sulla rivista Science, condotto dai ricercatori dell’Instituto de Densevolvimento Sustentável Mamirauá in Brasile (e di decine di altri istituti), che oltre a raccontare la moria di massa di pesci e delfini di fiume in seguito al surriscaldamento delle acque, ne ha identificato le cause principali (acqua bassa, sole e soprattutto assenza di vento, condizioni che hanno creato una “tempesta perfetta”) e ha lanciato l’allarme sulla drammatica vulnerabilità degli ecosistemi tropicali rispetto alla crisi climatica: i laghi amazzonici, in particolare si stanno riscaldando a un ritmo doppio rispetto alla media globale.
Il lago Tefé, epicentro della catastrofe
Nel complesso, i ricercatori hanno monitorato dieci laghi della regione, osservando come le acque di cinque di essi abbiano superato i 37°C; quello più colpito è stato il lago Tefé, un bacino lungo circa 60 chilometri nello stato brasiliano di Amazonas, le cui acque, il 18 ottobre 2023, hanno toccato la temperatura record di 41°C. Per di più, non si è trattato di un riscaldamento solo superficiale: le misurazioni hanno confermato che colonne d’acqua fino a due metri di profondità avevano raggiunto uniformemente temperature estreme, il che ha impedito agli animali di trovare rifugio in profondità; nel lago si sono registrati sbalzi termici molto significativi, con variazioni diurne (tra giorno e notte) fino a 13,3°C. Queste condizioni così estreme sono durate parecchio: per 19 giorni nel solo mese di ottobre, scrivono i ricercatori, le acque del lago hanno stabilmente superato i 37°C durante il pomeriggio, e in questo scenario – cui ha contribuito la siccità, che aveva già ridotto del 75% la superficie del lago – le acque sono diventate praticamente inabitabili per molte delle forme di vita che vi nuotavano.
Strage di delfini e pesci
Le conseguenze sulla fauna, purtroppo, sono state immediate e devastanti. Lo studio documenta, testuali parole degli autori, una “mortalità massiccia e senza precedenti” di delfini di fiume amazzonici (Inia geoffrensis) e tucuxi (Sotalia fluvialitis): tra la fine di settembre e l’ottobre 2023, nel solo lago Tefé sono state recuperate oltre duecento carcasse di delfini, con un picco di 70 carcasse recuperate in un singolo giorno, il 28 settembre, quando la temperatura dell’acqua ha raggiunto per la prima volta i 39,5°C. Una “febbre” fatale, insomma: come se non bastasse, la moria ha colpito anche i pesci e l’acquacoltura locale, con un caso di 3mila pesci morti in un singolo stagno.
“Gli animali tropicali come i pesci amazzonici”, scrivono i ricercatori, “si sono evoluti in ambienti stabili, e hanno intervalli di tolleranza termica molto ristretti: diversi studi di laboratorio avevano già mostrato che la sopravvivenza della maggior parte delle specie è compromessa da esposizioni prolungate a temperature superiori ai 33°C, e sappiamo che l’acqua calda trattiene meno ossigeno, portando alla morte per ipossia”, e le osservazioni sperimentali sono state la tragica conferma di queste considerazioni. Come se non bastasse, l’impatto si è esteso anche agli esseri umani: migliaia di persone che vivono lungo i fiumi sono rimaste isolate e senza accesso a cibo, acqua potabile e medicine proprio a causa dei livelli minimi dei corsi d’acqua, diventati non più navigabili.
Una “tempesta perfetta”
I modelli idrodinamici sviluppati dai ricercatori hanno evidenziato che l’evento estremo del 2023 è stato il risultato di una “tempesta perfetta” di fattori, tutti legati alla siccità e alle condizioni meteorologiche: acqua bassa (dovuta alla siccità) e torbida (la sospensione dei sedimenti ha causato un maggior assorbimento del calore), alta radiazione solare (la regione è stata colpita da una sequenza anomala di 11 giorni consecutivi senza nuvole) e bassa velocità del vento. Quest’ultimo elemento, in particolare, sembra essere stato quello cruciale: solitamente, il vento sulla superficie dell’acqua aiuta a raffreddarla tramite l’evaporazione, e l’assenza di vento di fine 2023 ha impedito questo processo di raffreddamento notturno.
Le simulazioni al computer hanno confermato che, con venti deboli, le temperature dell’acqua potevano facilmente salire oltre i 40°C. In ogni caso, gli scienziati sottolineano che l’evento osservato non è da considerarsi “straordinario”, ma purtroppo inserito in un trend allarmante: analizzando i dati satellitari di 24 grandi laghi amazzonici, lo studio ha rivelato che nell’ultimo trentennio (1990-2020) la temperatura media delle acque superficiali della regione è aumentata di oltre mezzo grado per decennio, un tasso che è quasi il doppio rispetto alla media globale di riscaldamento dei laghi, stimata in 0,34°C per decennio. “È assolutamente necessario e urgente”, concludono i ricercatori, “implementare sistemi di monitoraggio a lungo termine, perché i sistemi tropicali, finora poco studiati, si stanno rivelando tra i più vulnerabili. Le conseguenze sulla biodiversità e sulle popolazioni umane potrebbero essere ancora più gravi negli anni a venire”.

