Nel sottobosco, la vita si propaga attraverso segnali silenziosi: una foglia che ingiallisce, una colonia di funghi che si espande, un insetto che scompare da un’area un tempo brulicante. Ogni elemento racconta qualcosa, ma spesso in modo frammentario. È proprio in queste crepe dell’osservazione che l’intelligenza artificiale può inserirsi, ricucendo i dati e restituendo mappe dinamiche della natura. A guidare questa visione è Sašo Džeroski, tra i pionieri dell’Intelligenza artificiale applicata all’ambiente. Dirige il dipartimento di Tecnologie della Conoscenza dell’Istituto Jožef Stefan di Lubiana e spesso insegna all’Università di Trento. In apertura al suo intervento, al summit internazionale AIS252 di Copenaghen, ha posto una domanda: può un algoritmo aiutare a proteggere la biodiversità senza snaturare la relazione tra esseri umani e ambiente?
Quando l’algoritmo legge il paesaggio
L’attività di Džeroski spazia dalla modellazione delle dinamiche forestali alla previsione di impatti climatici, passando per l’analisi di dati ambientali su larga scala. “L’intelligenza artificiale può aiutarci a monitorare lo stato dell’ambiente, ad esempio attraverso immagini satellitari”, spiega Džeroski. “È difficile raccogliere dati direttamente nei boschi o in altri ambienti naturali, mentre le immagini da satellite sono disponibili con alta frequenza e grande dettaglio”. Proprio da lì è partita la sua ricerca: osservare i processi di ricolonizzazione spontanea delle foreste sui campi agricoli abbandonati. Un fenomeno osservato in molte aree rurali dell’Europa orientale, dove l’abbandono delle coltivazioni ha permesso il ritorno di ecosistemi boschivi. Oggi quelle stesse tecniche permettono di costruire modelli capaci di leggere e prevedere la trasformazione del paesaggio: ad esempio, di stimare l’altezza e la densità degli alberi e calcolare il rischio di incendi. “Se sai dove le foreste sono più dense o più secche, puoi allertare i vigili del fuoco e la protezione civile”, sottolinea. Una prevenzione guidata dai dati, che permette di anticipare gli impatti.
Agricoltura, habitat, intelligenza
Il laboratorio di Džeroski lavora anche su un altro fronte: l’agricoltura sostenibile. “Usare l’intelligenza artificiale in agricoltura significa anche aiutare l’ambiente”, afferma. Il suo gruppo ha sviluppato sistemi di supporto alle decisioni per ridurre l’uso di pesticidi, grazie a previsioni meteorologiche, analisi dei suoli e presenza di insetti dannosi. “Abbiamo realizzato un sistema che suggerisce quando e come intervenire, tenendo conto del tipo di coltura, del meteo e del tipo di infestazione. Così si evitano trattamenti inutili che finiscono per inquinare le acque.” Ma non solo. L’IA viene impiegata per mappare gli habitat delle specie benefiche, come le coccinelle che si nutrono di afidi: “Con l’IA possiamo modellare gli habitat e capire dove creare corridoi ecologici tra i campi”.
Alberi sotto attacco, algoritmi in aiuto
L’IA può intervenire anche quando il danno è già in atto. In Slovenia, racconta Džeroski, “i nostri boschi sono attaccati dal bostrico, un insetto favorito dal cambiamento climatico. Usando il telerilevamento e il machine learning possiamo identificare le aree colpite e agire in fretta, prima che l’infestazione si diffonda”. Un nuovo paradigma di gestione forestale, basato sulla previsione. E, soprattutto, sulla capacità di leggere segnali deboli in ecosistemi complessi.
Intelligenza sì, ma ecologica
Per Džeroski, la sfida dell’IA ambientale non è solo tecnica, ma anche epistemologica. “I modelli devono essere comprensibili, utili, interpretabili. Se sono troppo complicati, non aiutano chi deve prendere decisioni sul campo.” La tecnologia, insomma, deve restare uno strumento, non sostituirsi alla conoscenza ecologica. E serve anche un cambiamento culturale: costruire sistemi aperti, accessibili, che integrino sapere scientifico, esigenze locali e visione ecologica. Solo così l’AI potrà davvero diventare un alleato della biodiversità.
Una nuova alleanza
Nell’epoca dei cambiamenti rapidi e delle crisi interconnesse, l’intelligenza artificiale si rivela uno strumento potente per ascoltare la natura, coglierne i segnali deboli, anticiparne le trasformazioni. Ma la vera sfida resta aperta: usare la tecnologia non per semplificare ciò che è vivo, ma per rispettarne la complessità. Come ricorda Džeroski, “l’IA ci aiuta a comprendere meglio gli ecosistemi, ma anche a gestirli in modo più saggio”. A condizione che resti al servizio della natura, e non il contrario.
