L’abbattimento dei lupi attraverso la caccia non sarebbe una strategia efficace per ridimensionarne le popolazioni nelle aree in cui la crescita delle popolazioni sembra minacciare contadini, agricoltori e residenti delle comunità montane: non comporterebbe infatti un automatico calo delle predazioni del bestiame. Le ultime evidenze arrivano da uno studio americano, appena pubblicato sulla rivista Science Advances a più firme (Leandra M. Merz, Bernhard Clemm von Hohenberg, Nicolas T. Bergmann, Jeremy T. Bruskotter, Neil H. Carter). I ricercatori sono partiti dalla constatazione che l’espansione delle popolazioni di lupo in Europa e Nord Americo accresce il rischio di predazione del bestiame, alimentando un allarme sociale sempre più diffuso e inducendo la politica a prendere di mira il mammifero studiando strategie di contenimento, in primis la caccia. Eppure, pochi studi empirici – sottolinea la ricerca – hanno sin qui documentato l’efficacia della selezione del predatore per antonomasia e la sensazione diffusa è che ci sia spesso lasciati guidare dall’onda emotiva di proteste e lamentele. “Proprio così. – confermano gli studiosi, che sono partiti dai numeri, incontrovertibili – Utilizzando modelli di equazioni strutturali e nelle differenze di dati provenienti dagli Stati Uniti nord-occidentali tra il 2005 e il 2021, abbiamo analizzato l’impatto della caccia al lupo sulla predazione del bestiame da parte dei lupi e sulla rimozione dei lupi da parte del governo, tenendo in considerazione anche variabili sociali e ambientali”.
Lo studio americano
L’attenzione si è focalizzata in particolare su Montana, Idaho, Oregon e Washington, realtà accomunate da un (controverso) processo di legalizzazione della caccia ai lupi. Ebbene, spiegano i ricercatori, la rimozione dei lupi non si traduce nell’effetto diretto, e misurabile, di un calo di predazioni. E quando ciò accade, è perché l’eliminazione di un esemplare particolarmente confidente può portare effettivamente portare il branco a essere più elusivo. Ma è, questa, solo una delle possibilità contemplate dai ricercatori, che – anzi – evidenziano il rischio che l’abbattimento di uno o più esemplari possa interrompere dinamiche sociali o strutture di equilibri interni al gruppo, traducendosi addirittura in una esacerbazione dei danni. Solo un intervento su larghissima scala, considerato poco fattibile e non auspicabile socialmente, politicamente ed ecologicamente, potrebbe portare, secondo i ricercatori, al raggiungimento “della soglia necessaria per un impatto sostanziale sulla predazione del bestiame”.
E del resto a confortare questa tesi, citati nel lavoro, ci sono anche casi più vicini alla nostra realtà, in primis le strategie di selezione dei lupi adottate in Slovacchia e in Svizzera: in entrambi i casi non si è giunti ai risultati attesi. Evidenze che suggerirebbero, piuttosto, l’adozione di nuovi modelli di coesistenza con il lupo, mirati a raggiungere un auspicabile equilibrio senza, per questo, intervenire sulle popolazioni del grande carnivoro.
Biodiversità
“Fidatevi della scienza, sostenete i lupi, rifiutate il declassamento”
16 Luglio 2025
Il caso dell’Alto Adige e le polemiche del Wwf
Un tema decisamente caldo in Italia, dove nella notte tra l’11 e il 12 agosto si è registrato, in Alto Adige, il primo abbattimento legale di un lupo dopo più di cinquant’anni. L’ordinanza della Provincia autonoma di Bolzano del 30 luglio scorso aveva autorizzato la rimozione di due lupi nell’area di malga Furgles, dove tra maggio e luglio si erano verificati 31 attacchi al bestiame. Un caso sul quale era intervenuto con forza il Wwf Italia, denunciando come “la deroga per l’abbattimento non rispetti i criteri previsti dalla Direttiva Habitat” e puntando l’indice anche contro Ispra, che aveva dato parere favorevole. “L’idea di abbattere due lupi a caso non risolve il problema. – aveva annotato Wwf Italia in una nota – Come evidenziato da alcuni studi sul tema, l’abbattimento di singoli lupi non rappresenta uno strumento efficace sul medio-lungo termine per mitigare il conflitto. Atri lupi prenderanno il loro posto e continueranno a predare il bestiame se non si attuano corrette strategie di prevenzione, le uniche a garantire un’efficacia duratura”.
Genovesi (Ispra): “No a estremismi, il controllo delle popolazioni può aiutare”
“Lo studio americano fornisce utili strumenti di discussione ma non consente, per stessa ammissione dei ricercatori, conclusioni solide”, commenta Piero Genovesi, responsabile della conservazione della fauna e del monitoraggio della biodiversità per Ispra. “Anzitutto, è da sottolineare la differenza tra caccia e controllo: nel primo caso, si consente l’abbattimento indistinto, non selettivo, di esemplari; nel secondo l’abbattimento mira a ridurre i danni in situazioni di danni particolarmente elevati, quando si sia tentato di ridurre le predazioni anche con misure di prevenzione. Va detto che nel caso dei lupi, gli abbattimenti mirati finalizzati a contenere danni al bestiame hanno comunque delle complicazioni intrinseche proprio per l’etologia della specie, che ne limitano l’efficacia: se con gli orsi l’abbattimento di esemplari problematici riduce significativamente i rischi per l’uomo, i lupi agiscono in branco e non è detto che abbattere uno o più esemplari riduca i fenomeni di predazione del bestiame. Ma una pianificazione ben disegnata della selezione, con prelievi realizzati nei siti specifici della predazione, può essere utile nell’ambito di una gestione integrata delle popolazioni di lupo che non prescinda dagli strumenti di prevenzione, rappresentati dalla recinzione notturna del bestiame e dalla presenza di cani da guardiania e dei pastori, come sta per esempio accadendo in Svizzera. Quanto all’Alto Adige – conclude Genovesi – va ricordato che la decisione di abbattere è sempre politica: Ispra ha verificato la coerenza di questa opzione, legata all’entità dei danni, all’esclusione di rischi per la conservazione generale della specie nell’area e, non ultimo, all’adozione contestuale di adeguati strumenti di prevenzione, ma la decisione di intervenire con abbattimenti è una scelta non tanto tecnica quando politica”.