Parola d’ordine “pragmatismo”. Con questo richiamo, a Venezia sull’isola di San Servolo, dal 16 all’18 ottobre, studenti, professori, aziende, policy makers e rappresentati provenienti da tutto il mondo si riuniranno per la quarta Dolomite Conference Global Governance del Climate Change and Sustainability – Venice Edition per tentare di indicare soluzioni concrete alla crisi climatica e alla sostenibilità “in modo da suggerire qualcosa di pragmatico in vista della COP30. Ad esempio: come affrontare il fondo perdite e danni per i Paesi meno sviluppati, ma anche ripensare al mercato delle case in Italia, che non funziona più” spiega il professor Francesco Grillo, docente che insegna sostenibilità ed economia all’Università Bocconi di Milano e all’Istituto Universitario Europeo di Fiesole ed è direttore del think tank Vision che ha organizzato la conferenza. A lui abbiamo chiesto perché, oggi più che mai, sia necessario riportare la questione climatica al centro dopo oltre due anni di offuscamento tra la rilevanza delle guerre in corso e l’oscurantismo portato avanti dalle politiche negazioniste di Donald Trump.
Con quale scopo, a un mese dalla COP30, a Venezia si tiene una conferenza globale per affrontare nel concreto la crisi del clima? Quali soluzioni si aspetta possano emergere? “Il nostro compito sarà quello di suggerire risposte concrete per affrontare la crisi climatica: mi aspetto dunque che emergano delle soluzioni, sia in termini di ridisegno delle codifiche di contrasto al cambiamento climatico sia in termini di individuazioni di tecnologie e modelli di business che possano essere replicati altrove e che possano diventare un vantaggio competitivo anche per le aziende europee. Questa non sarà una conferenza celebrativa, ma pragmatica. Ci sarà una forte presenza di studenti, un gruppo globale da Cina, Medio Oriente e Africa di partecipanti e poi ci saranno imprese, media, policy makers, mondo universitario. Speriamo di dare un contributo in particolare sul Loss and Damage, il fondo perdite e danni per supportare i paesi in via di sviluppo su cui hanno lavorato i gruppi di studenti, ma anche per esempio sulla transizione energetica parlando di modernizzazione delle infrastrutture e poi in generale sull’agrifood. Qui con noi ci saranno il think tank brasiliano CEBRI e la presidenza COP30, un motivo in più per portare messaggi chiari in Brasile. La crisi del clima sta accelerando, ma oggi il contesto politico è molto diverso e tende a smarcarsi: dobbiamo riportare il clima al centro”.
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Dopo anni di guerre e conflitti e leggi green impoverite, ha la sensazione che il mondo stia mettendo la questione climatica in secondo piano?
“La politica, forse, ma c’è però un intero mondo che non ha abbandonato la questione climatica, anzi. Le conseguenze della crisi del clima sono nette e ben visibili, anche da noi in Italia se pensiamo alle alluvioni che ci hanno colpito. Ogni questione oggi purtroppo polarizza l’opinione pubblica: chi si preoccupa e combatte e chi invece si smarca. Direi che chi è preoccupato di più sono i giovani perché sono loro che hanno più futuro davanti e tanto da perderci, ma c’è anche una larga parte del mondo economico. Pensiamo alle imprese immediatamente impattate dal surriscaldamento globale, come le assicurazioni, le aziende energetiche, il settore automobilistico o l’agricoltura. Perfino chi ha interessi diversi si sta allenando nella battaglia perché, come mi disse il presidente della COP28 Al Jaber, che è di fatto un petroliere, la questione climatica divide il mondo non in buoni e cattivi, ma in chi sa che non c’è alternativa al’ innovazione e chi invece continua ostinatamente a difendere lo status quo. Se anche lui si rende conto che il futuro non è il petrolio, dovremmo tutti aprire gli occhi”.
Lei ha scritto un fondo sul The Guardian dicendo come, alla COP30, l’assenza di Donald Trump e degli Stati Uniti potrebbe essere una opportunità. Perchè?
“La vedo un po’ come con la Brexit: quando uscì dall’Europa un partner importante come la Gran Bretagna economicamente e commercialmente furono fatte operazioni prima impensabili, qualcosa che l’Europa – anche se solo in parte – riuscì a cogliere. Oggi abbiamo la stessa opportunità alla COP30: senza Usa gli altri Paesi potrebbero e dovrebbero compattarsi, magari con una guida Ue. L’ Europa è particolarmente vulnerabile sia a guerre commerciali sia agli effetti del cambiamento climatico che qui va a doppia velocità: dunque deve cercare nuovi alleati per reagire. Uno potrebbe essere proprio il Brasile che organizza la COP: insieme possono creare un ponte fra il vecchio mondo occidentale e il nuovo global south emergente, sia per accelerare le politiche climatiche sia per ripensare a una riforma delle COP che con questo format non funzionano più. Mi riferisco al fatto, per esempio, che organizzare una COP a Dubai sia costato oltre 100 milioni euro: soldi necessari, in un solo anno, a un Paese meno sviluppato per riparare ai danni del clima. In questo Trump ha ragione, l’attuale sistema non funziona: servono COP più unite, veloci, inclusive e meno costose”.
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Infine a Venezia parlerete anche di situazioni locali: per esempio il mercato delle case italiane che, anche per il clima, è da riformare.
“Sì, appunto vorremmo portare soluzioni concrete su questo. Attualmente in Italia il mercato delle case non sta funzionando più. Una questione che vale in generale anche per l’Europa: abbiamo un patrimonio abitativo vecchio, inquinante, energivoro. Pensate che in Belgio l’età media di un immobile è di oltre 80 anni, decisamente inquinante. Le attuali condizioni del mercato riflettono anche la crisi del clima. A Milano per esempio aumentano le notti tropicali, quelle che non scendono sotto i 20 gradi e non consentono di riposare bene, eppure è una città dove di gran lunga i prezzi degli affitti stanno aumentando, un bel paradosso che è ancor più tale se si pensa che un terzo delle case a Milano, secondo i dati dell’Agenzie delle entrate, sono chiuse e non abitate. Ecco, bisogna lavorare per ridefinire il mercato, anche nel piano casa a cui sta pensando il governo. Però non solo con sussidi a giovani coppie, ma con innovazione energetica, riutilizzo degli immobili vuoti e ridisegnando il tutto per adattarci alla crisi del clima. Dobbiamo ripensare a un mercato che non funziona più e su questo proveremo a diffondere nuove idee”.