8 Novembre 2025

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    Energia rinnovabile: come produrla in casa

    Il tema dell’energia rinnovabile non è più un argomento per addetti ai lavori, ma una questione quotidiana che riguarda milioni di famiglie italiane. Bollette sempre più alte, crisi energetica e attenzione crescente alla sostenibilità hanno spinto molti a chiedersi: come produrre energia rinnovabile in casa? Ecco, la buona notizia è che oggi le tecnologie sono mature e accessibili, ma soprattutto consentono a chiunque voglia di provare ad abbassare i consumi, abbattere i costi e in alcuni casi persino di rendersi completamente autonomi dal punto di vista energetico. In questa breve guida cercheremo di rispondere alle domande più frequenti: quali fonti rinnovabili si possono usare in casa, quali alternative esistono al fotovoltaico e se sia davvero possibile produrre energie elettrica fai da te.

    Come produrre energia rinnovabile in casa
    Produrre energia rinnovabile in casa significa sfruttare le risorse naturali disponibili (quindi sole, vento, acqua, calore del sottosuolo o biomasse) per generare elettricità o calore senza ricorrere ai combustibili fossili. Prima di arrivare alla fase della concretezza, c’è una domanda a cui ogni individuo dovrebbe rispondere: di quanta energia ho bisogno per la mia casa? Ad esempio, una famiglia media in Italia consuma tra i 2.500 e i 3.000 kWh all’anno. In base ai consumi, alla posizione geografica e alle caratteristiche dell’immobile, si può scegliere la soluzione più adatta.
    Tra gli impianti domestici più diffusi:

    Pannelli solari fotovoltaici per produrre energia elettrica;
    Solare termico per acqua calda sanitaria e riscaldamento;
    Mini-eolico per sfruttare il vento;
    Micro-idroelettrico, se si vive vicino a corsi d’acqua;
    Geotermia e pompe di calore;
    Biomasse per riscaldamento a basso impatto ambientale.

    Quali sono le energie rinnovabili da utilizzare in casa
    Appurato l’elenco delle energie rinnovabili potenzialmente usabili all’interno della propria abitazione, proviamo a vederne a una a una e capirne insieme le caratteristiche.

    Fotovoltaico: la soluzione più diffusa
    Il fotovoltaico è la tecnologia più conosciuta e ormai la più installata in Italia. I pannelli catturano l’energia del sole e la trasformano in elettricità. Con un impianto ben dimensionato e dotato di batterie di accumulo, è possibile coprire fino all’80% dei consumi di una famiglia. I vantaggi? Riduzione drastica della bolletta, incentivi fiscali e possibilità di vendere l’energia in eccesso alla rete. Tra le ultime novità, anche tegole fotovoltaiche e pannelli integrati direttamente nei tetti delle abitazioni.

    Solare termico: acqua calda gratis dal sole
    Non solo elettricità: i pannelli solari termici permettono di riscaldare l’acqua sanitaria e contribuire al riscaldamento domestico. Una tecnologia semplice, collaudata e molto diffusa soprattutto nelle regioni del Sud Italia.

    Mini-eolico: il vento in giardino
    Se si vive in zone ventose, il minieolico rappresenta un’alternativa interessante. Le turbine domestiche hanno dimensioni contenute e non richiedono necessariamente spazi enormi. L’energia prodotta può essere usata subito, accumulata o immessa in rete. Un ottimo modo per utilizzare energie rinnovabili nell’ambiente domestico.

    Idroelettrico domestico: solo dove c’è acqua
    Più raro, ma molto efficiente: i sistemi micro-idroelettrici sfruttano la forza dell’acqua di un ruscello o di un canale vicino all’abitazione. L’acqua scorre costantemente e garantisce una produzione continua, spesso superiore a quella del vento o del sole. Chiaramente si tratta di una soluzione fattibile solo per tutti coloro che vivono o in zone di campagna, di collina o comunque non nel centro traffico cittadino. È un ottimo modo per risparmiare.

    Geotermia: il calore della terra
    Sotto i nostri piedi il terreno conserva una temperatura costante; le sonde geotermiche e le pompe di calore permettono di sfruttare questa energia per riscaldare e raffrescare gli ambienti domestici, oltre a produrre acqua calda sanitaria. È una soluzione particolarmente adatta alle nuove costruzioni e alle abitazioni indipendenti.

    Biomasse: dal legno all’energia
    Le biomasse comprendono scarti agricoli, legna, pellet e residui organici. Utilizzati in stufe e caldaie di nuova generazione, permettono di riscaldare gli ambienti con un impatto ambientale contenuto, soprattutto se provenienti da filiere locali.

    Quindi è possibile produrre energia elettrica in proprio?
    La risposta è chiaramente “sì”. Sempre più famiglie oggi in Italia scelgono di diventare “prosumer”, ossia produttori e consumatori di energia. A pensarci, infatti, un impianto domestico ben progettato permette sia di coprire buona parte dei consumi elettrici, di ridurre drasticamente la dipendenza da compagnie energiche, di risparmiare in bolletta fino al 70% e di contribuire alla transizione ecologica. Tuttavia, l’autoproduzione non significa solo isolamento dalla rete elettrica. La maggior parte degli impianti, infatti, è connessa e consente di scambiare energia con il gestore e di accumulare l’elettricità prodotta e/o di venderla.

    Produrre energia rinnovabile a casa: cosa sapere prima di iniziare
    Chi decide di installare un impianto per produrre energia rinnovabile in casa deve mettere in conto non solo l’investimento economico, ma anche (e soprattutto, almeno all’inizio) alcuni passaggi burocratici indispensabili per essere in regola. La procedura può sembrare un po’ complessa, ma seguendo con attenzione l’iter corretto si eviteranno ritardi e/o problemi futuri. Ad esempio, se dovessimo parlare di “step da seguire”, la verifica di fattibilità tecnica starebbe al primo posto. Si parte proprio da qui: si capisce (e si verifica, appunto), l’idoneità del sito, che sia il tetto di una casa o un terreno, e si capisce quale tipologia di impianto risponde meglio alle esigenze energetiche della famiglia.

    Poi c’è tutta la questione che riguarda la richiesta di autorizzazione. In base alla potenza dell’impianto e alla normativa locale possono essere necessarie pratiche come la DIA (Denuncia di Inizio Attività), o la PAS (Procedura Abilitativa Semplificata). Per gli impianti minori, invece, di solito è sufficiente una semplice comunicazione al Comune. Inoltre, è importante da considerare anche la connessione alla rete: l’impianto deve essere collegato alla rete elettrica nazionale, per cui la domanda va presentata al Gestore di Rete, che autorizzerà l’allaccio e disciplinerà i flussi di energia. Ci sono poi l’accesso agli incentivi, il collaudo e l’attivazione e infine, ma non per minore importanza, la manutenzione e il monitoraggio, fondamentali ai fini di una buona riuscita dell’obiettivo.

    Energia rinnovabile a casa: le tendenze del futuro
    Accanto alle soluzioni già diffuse, il settore delle energie rinnovabili in area domestica si sta impegnando ad aggiornarsi, ma soprattutto si sta muovendo verso tecnologie sempre più integrate e invisibili. Infatti, si sta parlando molto di nuove opzioni, come le tegole fotovoltaiche (in Canada già esistono), o come i tetti in vetro trasparente con sistemi di captazione termica (nascono in Svezia). Ci sono anche i moduli solari integrati nei materiali da costruzione e i dispositivi che catturano energia dall’aria o dalle vibrazioni ambientali. L’obiettivo, alla fine, è sempre uno solo: rendere ogni abitazione una piccola centrale energetica, senza però rinunciare all’estetica e riducendo al minimo l’impatto ambientale. LEGGI TUTTO

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    Dal siero di latte i prodotti per la cosmesi

    Nata in Emilia-Romagna la startup Alma Serum trasforma il siero di latte, ‘prezioso’ scarto della lavorazione lattiero-casearia, in sottoprodotti ad alto valore. Grazie a un’innovativa macchina proprietaria di elettrospinning e a una membrana nanotecnologica sviluppata dalla startup, il siero viene filtrato localmente recuperando, da un lato, acqua pulita riutilizzabile nei processi industriali lattiero-caseari e, dall’altro, rotoli di membrana arricchiti con proteine, vitamine e minerali, pronti per essere trasformati in maschere e patch per l’industria cosmetica. Le dimensioni compatte delle macchine consentono l’installazione di mini-linee produttive direttamente negli stabilimenti lattiero-caseari, riducendo sensibilmente i costi di trasporto e le emissioni di CO2, mentre i caseifici possono accedere a nuove fonti di ricavo trasformando quello che era considerato uno scarto in prodotti di valore per due diversi mercati.

    “L’idea di Alma Serum – spiega Antonia Bellina, fondatrice e Ceo di Alma serum – non è nata tra le pareti di un laboratorio, ma da una profonda riflessione sul valore dello spreco. Il mio percorso è legato da sempre all’uso creativo e sostenibile delle risorse: l’esplorazione del potenziale del latte, già trasformato in fibra tessile con il progetto DueDiLatte, ha rappresentato il punto di partenza”. Secondo la manager Alma Serum “è stata una naturale evoluzione, una vera e propria chiamata all’azione. Mi trovavo di fronte al siero di latte, un enorme sottoprodotto dell’industria casearia italiana, spesso confinato al ruolo di ‘rifiuto speciale’ ad alto impatto ambientale. Vedere questa risorsa incredibilmente ricca di proteine e bioattivi naturali – un autentico elisir di benessere biologico – sprecata o, nella migliore delle ipotesi, destinata a complesse lavorazioni estere, era inaccettabile. La nostra missione è stata chiudere questo ciclo, riportando l’eccellenza in Italia e, soprattutto, dimostrando che la salute e la bellezza possono nascere da un processo di economia circolare virtuosa. L’obiettivo primario era trasformare radicalmente un problema di smaltimento in un’opportunità unica per i settori della cosmesi e della nutraceutica”.

    Il siero del latte, risorsa preziosa per la cosmetica innovativa
    La startup è composta da un gruppo di scienziati fondatori: Antonella Bellina (Ceo), Giorgio Iviglia (Cto Chemistry dept.), Stefano Linari (Cto Engineering dept.), e Alessandro Manfredi (Cfo). L’azienda affonda le sue radici operative in Italia, nel cuore della tradizione casearia del Nord (Emilia Romagna), dove il siero di altissima qualità è abbondante. “Alma Serum è stata formalmente fondata a fine giugno del 2025, coronando anni di esperienza nella valorizzazione sostenibile del siero di latte. La nostra eccellenza ingegneristica e il cuore operativo dei macchinari di elettrofilatura hanno trovato la loro culla in Toscana (Pisa). La transizione dal tessile alla biotecnologia applicata al siero di latte riflette la mia convinzione che l’innovazione debba unire etica ambientale e massima efficacia”, dice Bellina. “Il cuore dell’innovazione – continua – non è un prodotto, ma un processo che eleva il siero di latte da scarto a nuova risorsa di valore”. La novità sta nell’utilizzare il siero di latte ‘tal quale’ – ovvero nella sua forma liquida originale e biologicamente attiva – in sostituzione dell’acqua e dei tradizionali ingredienti in polvere liofilizzata. “Sfruttiamo – spiega Bellina – un processo di filtrazione innovativo e brevettato che si svolge a Km Zero, direttamente in prossimità dei caseifici, per intercettare il siero nella sua massima freschezza”.

    Come funziona
    1. Filtrazione Nanotecnologica: Utilizzo di membrane all’avanguardia per filtrare il siero.
    2. Recupero Attivo e Idrico: Le membrane trattengono tutte le preziose sostanze bioattive (proteine, amminoacidi, minerali) necessarie alla cosmesi. Contemporaneamente, il processo rilascia acqua pulita che può essere immediatamente reimmessa nei cicli produttivi aziendali o utilizzata in agricoltura.
    3. Upcycling Estremo: A fine ciclo di filtrazione, le membrane stesse cariche di bioattivi vengono trasformate in veri e propri dispositivi di bellezza, come maschere viso e patch per la skincare avanzata e bio.

    “In sintesi, Alma Serum è la prova tangibile che un ‘refluo’ può diventare una materia prima preziosa, di grande valore e 100% naturale per l’industria del benessere, realizzando una perfetta simbiosi tra natura e nanoscienza” spiega Bellina. Le fasi critiche sono due: “Il siero di latte è per sua natura estremamente deperibile. Il nostro processo è focalizzato su due fasi critiche: raccolta immediata e fresca, interveniamo subito dopo la caseificazione per prelevare il siero nella sua massima integrità biologica. E trattamento avanzato e purificazione, utilizziamo biotecnologie specifiche per abbattere la carica batterica e stabilizzare il siero, mantenendolo rigorosamente in forma liquida. Otteniamo così una base liquida ricchissima di proteine, vitamine e minerali che conserva integralmente la sua bioattività”.

    Poi c’è la trasformazione del prodotto. “Abbiamo – continua Bellina – la filtrazione meccanica avanzata: la base liquida è sottoposta a filtrazione, dove le nostre membrane nanotecnologiche trattengono i principi bioattivi e rilasciano acqua pulita. E infine, la matrice attiva per la cosmesi: questa tecnica ci permette di ottenere una matrice biologica ricca e iper-attiva, ideale per l’impiego cosmetico in prodotti di skincare avanzata come maschere viso e patch, garantendo una veicolazione e un assorbimento eccellenti sulla pelle”. LEGGI TUTTO

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    Enrico Mattea, lo scienziato-alpinista che vuole salvare i ghiacciai in Tagikistan

    In Tagikistan, nel cuore del Pamir, le vette innevate tagliano il cielo. Nell’aria sottile d’alta quota, il campo base sfida un infinito deserto bianco. Scarponi, occhiali antiriflesso, giacche tecniche, zaini carichi di attrezzi. Ogni respiro parla di fatica. Ogni passo, immerso nel silenzio, è calibrato. Un gruppo internazionale composto da 13 scienziati, tra cui anche l’italiano Enrico Mattea, 31 anni, fisico e glaciologo dell’Università di Friburgo, avanza lungo il pendio. Il team è riuscito a estrarre, per la prima volta in questa zona, due carote di ghiaccio complete dalla calotta di Kon Chukurbashi, a 5.800 metri, nella regione di Murghab.

    Il viaggio e il prelievo dei campioni
    L’impresa, che rientra nel progetto Ice Core attivo dal 2022 e finanziato dallo Swiss Polar Institute, con la partecipazione di numerose università svizzere, giapponesi, americane, è durata cinque settimane. Atterrati a Dushanbe, la capitale del Paese, i ricercatori hanno proseguito via terra per oltre mille chilometri su piste sterrate e passi montani a oltre 4mila metri. Poi gli studiosi hanno continuato a piedi, con carichi trasportati da mezzi leggeri e da animali fino a raggiungere l’accampamento. Da qui è partita la missione scientifica verso la sommità del ghiacciaio, che ha richiesto strumenti appositamente progettati per mantenere la catena del freddo e impedire la contaminazione del ghiaccio.

    “I tentativi precedenti sono stati ostacolati da difficoltà di accesso al sito e da una logistica complessa”, spiega Mattea. “Questa campagna è andata a buon fine perché ha superato sfide umane e tecniche, grazie a un meticoloso coordinamento organizzativo e ai più elevati standard di sicurezza”. Alla fine gli esperti hanno prelevato un paio di campioni, lunghi circa 105 metri ciascuno: uno è stato trasferito in Giappone, all’Institute of Low Temperature Science dell’Hokkaido University, dove verrà esaminato dal punto di vista chimico; l’altro sarà, invece, conservato nell’archivio Ice Memory in Antartide, presso la stazione franco-italiana Concordia, per preservare la testimonianza di un’area cruciale del Pianeta.

    Dal passato al futuro
    I nuclei ottenuti contengono informazioni ambientali uniche. “Ogni anno, le nevicate che si accumulano sul ghiacciaio si trasformano in nuovi strati di ghiaccio, uno sopra l’altro, creando una sequenza che conserva tracce di aria, polveri, ossigeno e idrogeno”, chiarisce il giovane glaciologo. “Analizzando la stratificazione, gli scienziati possono ricostruire con precisione le temperature, le precipitazioni e l’atmosfera nell’arco di migliaia di anni, arrivando fino a circa 10mila anni fa nel caso di questo specifico carotaggio”.

    I dati permetteranno di evidenziare il motivo per cui in questa regione, a differenza di gran parte dell’arco himalayano, si osserva una sorprendente stabilità delle distese ghiacciate. Secondo le prime interpretazioni, ciò potrebbe dipendere da un insieme di fattori climatici, atmosferici, geologici: un’ipotesi che dovrà, tuttavia, essere confermata dai ricercatori. Il progetto non guarda, però, solo al passato, ma anche al futuro, cercando di prevedere l’evoluzione dei ghiacciai dell’Asia centrale, da cui dipendono le sorgenti dei grandi fiumi Syr Darya e Amu Darya, risorse vitali per milioni di persone. LEGGI TUTTO