1 Novembre 2025

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    Quanto durano i contenitori di plastica e come riciclarli

    Negli ultimi anni la coscienza ambientale è cresciuta, ma basta fare caso alla quotidianità per rendersi conto di quanto anche la plastica continui a occupare la vita di chiunque. Nonostante le alternative ecologiche ai soliti contenitori di plastica, questo materiale è comunque piuttosto presente e lo si vede anche dalle piccole cose. Gli imballaggi di plastica ci sono e ci saranno sempre, sono parte integrante della vita di ognuno e la loro distribuzione è, appunto, mondiale. Ma quanto durano mediamente questi contenitori e come si può fare per riciclarli?

    Contenitori di plastica: quanto durano nella media?
    In realtà parlare di “durata” della plastica è un concetto non proprio semplice, perché essa dipende da molti fattori. Bisogna infatti considerare il tipo di plastica, le condizioni d’uso, gli stress termici, i graffi, l’esposizione a luce ultravioletta e tutte le sollecitazioni meccaniche a cui può andare incontro. Insomma, non tutti i contenitori di plastica sono uguali, quindi anche la durata sarà diversa. Ad esempio, le bottiglie monouso in PET dovrebbero durare circa uno/due anni se la conservazione è corretta (senza considerare l’esposizione al sole che potrebbe danneggiarle). Se invece parliamo di contenitori di plastica più durevoli (propilene PP, ad esempio), la durata aumenta di diversi anni. I pallet di plastica, invece, possono arrivare a durare anche quattro anni. Questo discorso non ha nulla a che vedere con la degradazione del materiale nell’ambiente. È risaputo infatti che la plastica impiega tantissimi anni per “sciogliersi” in natura, ed è proprio uno dei motivi per i quali gettare un qualsiasi rifiuto in giro per le strade etc. è considerato altamente nocivo per l’ambiente e il suo futuro.

    Quanto durano i contenitori di plastica alimentari
    Nei contenitori che usiamo quotidianamente per conservare alimenti (es. plastica alimentare), ci sono accortezze specifiche da considerare. Ad esempio, i materiali più sicuri (come PP, HDPE) tendono a resistere meglio all’uso ripetuto rispetto a plastiche più fragili o sottili. Come capisco quando è ora di buttare un contenitore alimentare? Quando appare scolorito, rigato, deformato o con odori persistenti che non vanno via neanche dopo diversi lavaggi. Anche l’uso del microonde o della lavastoviglie potrebbe accelerare il rilascio di sostanze indesiderate. Meglio dunque non aspettare anni, ma sostituire i contenitori quando mostrano chiari segni di usura.

    Quali sono i fattori che accorciano la durata dei contenitori di plastica
    Abbiamo visto che i contenitori in plastica per alimenti potrebbero iniziare a perdere la loro efficacia anche (ma non solo) a causa di fattori specifici da osservare nel corso del tempo. L’occhio vuole sempre la sua parte, ma questo vale per tutti i contenitori fatti di questo materiale. A che cosa, quindi, prestare attenzione per capire se sia o meno il caso di sostituire i contenitori in plastica? Ma soprattutto, quali sono i fattori che accorciano la loro durata?
    Shock termico: passare da caldo a freddo, microonde, congelatore e lavastoviglie danneggiano la struttura molecolare;
    Lavaggio intenso o abrasivo: spugne ruvide o detergenti aggressivi favoriscono graffi microscopici;
    Luce solare / UV: la radiazione degrada i polimeri, rendendoli più fragili;
    Acidi, oli, cibi pigmentati: alimenti fortemente acidi (pomodoro, agrumi) o coloranti aggressivi possono interagire con la plastica;
    Tipo di plastica: non tutte le plastiche sono uguali. Alcuni polimeri resistono meglio, altri sono più vulnerabili.

    Come si producono i contenitori di plastica
    La produzione degli imballaggi in plastica inizia dalla lavorazione di petrolio e metano, da cui si ricavano i monomeri (carbonio e idrogeno). Questi, attraverso la polimerizzazione, si trasformano in resine come polietilene, polipropilene e PET, le plastiche più diffuse. Le resine vengono poi fuse e modellate con tecniche diverse (estrusione, iniezione, soffiaggio sono alcuni esempi) per dare forma a buste, contenitori alimentari o flaconi per detergenti. Durante il processo possono essere aggiunti coloranti e additivi per migliorarne resistenza e durata, ad esempio contro raggi UV o alte temperature. Oggi, la sfida principale dell’industria è ridurre l’impatto ambientale, puntando sempre più sull’uso di granuli di plastica riciclata e su soluzioni sostenibili.

    Come riciclare correttamente un contenitore di plastica
    Gettare i contenitori di plastica nell’apposito cassonetto dovrebbe essere la base per una sana civiltà. Eppure, ci sarebbero anche altre piccole-grandi azioni da compiere se si volessero fare le cose nel modo più perfetto possibile.
    Riconoscere il tipo di plastica
    Spesso sul fondo del contenitore c’è un simbolo a forma di triangolo con un numero (da 1 a 7): si tratta del codice RIC (Resin Identification Code), che permette di capire se il materiale è facilmente riciclabile. Ad esempio, PET (codice 1) e HDPE (codice 2) sono tra i più riciclati. Plastiche con codice 3, 6 o 7 possono essere più difficili da trattare.
    Pulizia e separazione
    Dicono che si potrebbe anche non fare, ma sarebbe meglio sciacquare tutti i contenitori di plastica prima di buttarli nel bidone. Importantissimo, per quanto banale, ricordare di rimuovere eventuali etichette, tappi diversi se, ovviamente, in materiale che non sia la plastica.
    Schiacciare e/o comprimere quando possibile
    Come per la carta, anche la plastica dovrebbe essere schiacciata prima di essere buttata. Questo comporta una maggiore facilità e praticità nella gestione dei cassonetti e di conseguenza nei centri di raccolta.
    Favorire plastiche riciclabili
    Quando si sceglie un contenitore nuovo, sarebbe meglio prediligere quelli con codici RIC ben gestiti localmente (quindi 1,2,4 e 5). Da evitare, se possibile, materiali multistrato (quindi plastica e alluminio insieme) se non sono riciclabili nella zona in cui si abita. LEGGI TUTTO

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    Crisantemi, i colori dell’autunno: come prendersene cura

    Con le loro mille sfumature, i crisantemi decorano giardini e balconi, portando una ventata di colore anche durante l’autunno e l’inizio dell’inverno, periodo in cui molti fiori vanno in letargo. Questa meravigliosa pianta ornamentale si distingue per i suoi grandi fiori profumati e dalle tonalità variegate, che fioriscono dalla primavera a novembre. Accanto alla sua bellezza suggestiva, tra i punti di forza del crisantemo spiccano la notevole resistenza e la longevità: di seguito vediamo come prendersene cura al meglio e i consigli pratici per contare su una sua fioritura di successo.

    Crisantemi: peculiarità e colori
    Appartenente alla famiglia delle Asteraceae e chiamato a livello scientifico Chrysanthemum morifolium, il crisantemo è originario dell’Asia Orientale. Insieme al ciclamino abbellisce giardini, aiuole, balconi, terrazzi e composizioni floreali anche durante la stagione autunnale. Tra i fiori più apprezzati in Giappone, qui è ritenuto un simbolo di gioia e piacere ed è chiamato anche come fiore autunnale. In molti paesi è considerato invece una pianta da cimitero, per esempio in Italia è associato al 2 novembre, il giorno dei morti, ma infonde comunque vivacità e allegria agli ambienti, tanto da essere molto diffuso.

    Esistono molteplici varietà di crisantemo che si differenziano in base a caratteristiche come dimensioni, altezza e colore. Presente in circa 200 specie, può avere forme diverse tra le quali a margherita, a ragno, ovvero con i petali appuntiti e allungati, globoso e a pompon. I suoi fiori possono essere dotati di uno strato di petali o più strati, diventando vistosi e pieni.

    I crisantemi presentano un portamento cespuglioso, una radice robusta e gli steli verdastri. I loro fiori sono tinti da una vasta gamma cromatica, che spazia dal bianco, al giallo, al rosso, al verde, al viola, all’arancio fino alle varianti bicolore. I petali possono presentare infatti sulla pagina superiore un colore e in quella inferiore un altro. Oltre che bellissimo, il crisantemo è molto longevo e robusto, non richiedendo cure impegnative ed essendo pertanto alla portata anche di chi è alle prime armi con il giardinaggio.

    Cura dei crisantemi
    Per una crescita lussureggiante dei crisantemi è importante mettere in campo alcune accortezze. Pur adattandosi a diversi terreni, è necessario assicurarsi che il substrato sia ben drenato e ricco di sostanza organica, tenendo conto che i ristagni d’acqua possono causare il marciume radicale.

    Altro dettaglio importante è la luce, dovendo garantire alla pianta almeno 6-8 ore al giorno di sole diretto, evitando luoghi ombreggiati, dove la sua fioritura potrebbe risentirne. La temperatura ideale per il crisantemo è tra i 15 e i 25 gradi, anche se resiste al freddo, ma va protetto dalle correnti d’aria e dai climi rigidi, dovendo coprirlo o spostarlo in un luogo riparato.

    Quanto all’irrigazione, questa deve essere regolare, ma moderata, facendo in modo che il terreno resti umido senza diventare zuppo. L’acqua stagnante va sempre evitata, visto che causa il marciume radicale: oltre agli eccessi idrici, anche la siccità è una nemica dei crisantemi, in particolare dopo la fioritura. Durante l’inverno bisogna diminuire la frequenza con cui si annaffia la pianta.

    La concimazione è un’operazione importante nella cura del crisantemo, considerando che richiede molti nutrienti. Durante la fioritura bisogna ricorrere a un fertilizzante a base di azoto, fosforo e potassio e, indicativamente da marzo a ottobre, si può somministrare ogni 15 giorni un concime per piante da fiore.
    Per ottenere una fioritura ottimale, la pianta va potata con costanza: da maggio a luglio questo intervento può essere realizzato ogni 2 settimane, avendo cura di rimuovere i fiori appassiti per stimolarne di nuovi. Un intervento definitivo di potatura va svolto invece nel momento in cui la pianta sarà del tutto sfiorita. Da marzo a maggio, quando le temperature sono sopra i 15 gradi, si può procedere con il rinvaso, ricorrendo a un recipiente più grande.

    Come coltivare i crisantemi in vaso
    Splendida pianta perenne, il crisantemo può essere coltivato sia in giardino, che in vaso. In quest’ultimo caso bisogna scegliere un recipiente abbastanza grande, alto 40 centimetri, tenendo conto che la pianta cresce rapidamente, e dotato di fori di drenaggio per permettere agli eccessi d’acqua di fluire. Per aumentare il drenaggio ed evitare i ristagni idrici si può porre uno strato di argilla sul fondo del vaso.

    I semi vanno messi a dimora in primavera o autunno interrandoli a un centimetro di profondità, per fare in modo che ricevano sufficiente luce solare, necessaria per la loro germinazione. Il vaso va posto in un luogo molto soleggiato, evitando però che riceva i raggi solari nelle ore centrali della giornata, per non bruciare le foglie. Se in estate può essere tenuto all’aperto, in inverno è meglio spostarlo in casa, posizionandolo nei pressi di una finestra.

    Crisantemi e la loro manutenzione
    Nella manutenzione dei crisantemi ci si può ritrovare ad affrontare una serie di problematiche. Tra queste si possono presentare le foglie ingiallite, causate da una carenza di ferro: in questo caso è necessario usare una volta al mese del fertilizzante liquido con alto contenuto di ferro, soprattutto se per le irrigazioni si usa acqua del rubinetto calcarea.

    La pianta è soggetta alle malattie fungine, come ruggine e muffa grigia: per prevenirle è necessario assicurarsi che l’acqua non sia accumulata sulle foglie e l’ambiente non sia eccessivamente umido. Le irrigazioni non devono essere eccessive, ma allo stesso tempo è importante non dimenticarsene.
    Altra malattia comune è l’oidio che si presenta come una polvere bianca sulle foglie, portandole a ingiallire. Per prevenire questa criticità è necessario non dare da bere alla pianta direttamente su foglie e fiori.

    I crisantemi sono soggetti agli attacchi di parassiti, tra i quali cimici dei fiori, afidi e ragnetto rosso, che possono essere rimossi a mano con un panno con dell’acqua, mentre nei casi più gravi con soluzioni a base di sapone oppure olio di neem o ancora insetticidi specifici. In ottica di prevenzione, oltre a evitare l’umidità eccessiva, è necessario assicurarsi sempre che la pianta abbia una corretta circolazione dell’aria e le parti danneggiate siano rimosse prontamente. LEGGI TUTTO