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    Scoperto meccanismo che regola dipendenza da glucosio

    Tumori: prevenzione e terapie
    di Elisa BrambillaPubblicato il: 15-09-2020

    Uno studio italiano ha fatto un’importante scoperta
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    Sanihelp.it – Uno studio italiano, sostenuto dalla Fondazione AIRC, ha individuato un meccanismo molecolare che modula la dipendenza delle cellule tumorali dal glucosio, identificando anche un rapporto di causa ed effetto tra l’integrità del DNA e il metabolismo del glucosio. 
    Il team di ricercatori è stato coordinato da Marco Foiani, direttore scientifico dell’Ifom (Istituto FIRC di Oncologia Molecolare), direttore del programma Integrità del genoma nello stesso Istituto e professore dell’Università degli Studi di Milano. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Nature Communications.
    Le cellule tumorali necessitano di consumare glucosio per la loro crescita. 
    «La dipendenza della cellula tumorale dal glucosio non è tuttavia la causa del tumore – spiega Marco Foiani – che risiede in alterazioni del DNA. È piuttosto una conseguenza, dovuta a sbilanciamenti metabolici delle cellule tumorali stesse che le inducono a richiedere più energia di quelle sane».
    Proprio perché le cellule tumorali dipendono dal glucosio e sono instabili geneticamente, è possibile che la chemioterapia, che danneggia il DNA del tumore, possa risultare più efficace se abbinata a un intervento metabolico sul glucosio in grado di ridurre la capacità del tumore di procacciarsi zucchero. 
    «Tuttavia è riscontrato che non tutti i tumori sono ugualmente dipendenti dal glucosio – puntualizza Foiani – e fino a oggi non era ancora chiaro da quale fattore dipendesse questa variabilità. Decrittare l’origine della glucosio-dipendenza dei tumori risulta pertanto cruciale per individuare successivamente degli specifici biomarcatori».
    Lo studio apre ora la strada a strategie terapeutiche combinate che affianchino alle terapie oncologiche convenzionali approcci farmacologici e regimi dietetici mirati a biomarcatori metabolici specifici.

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    Emorragia cerebrale per Catherine Spaak

    Neurologia
    di Valeria GhittiPubblicato il: 08-09-2020

    È successo sei mesi fa: lo ha rivelato la stessa attrice ospite nella prima puntata della nuova stagione di Storie Italiane.
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    Sanihelp.it – Lo scorso 7 settembre ha riaperto i battenti Storie Italiane, la trasmissione di Rai1 condotta da Eleonora Daniele. Tra gli ospiti c’era Catherine Spaak, invitata a presentare il nuovo film La vacanza di cui è protagonista sul grande schermo. Ma l’attrice, 75 anni, non si è limitata a parlare di cinema: «Sei mesi fa ho avuto un’emorragia cerebrale e, successivamente, delle crisi epilettiche dovute alla cicatrice» ha rivelato.
    Un’emorragia cerebrale consiste in una improvvisa fuoriuscita di sangue all’interno del cranio che può dipendere da vari fattori (un trauma cranico, per esempio, o anche condizioni mediche come aneurismi o difetti della coagulazione del sangue) e che può avere conseguenze anche molto gravi portando in alcuni casi anche alla morte.
    Al momento non si conoscono le cause esatte dell’emorragia che colpito la Spaak che ha rivelato di non ricordare nulla dell’evento e di essersi svegliata nel letto d’ospedale dove non le avevano dato molte speranze (le avevano detto che probabilmente non sarebbe arrivata all’alba). Ha dovuto affrontare un percorso di rieducazione (non camminava e non vedeva) e ha fatto i conti anche con una crisi epilettica.  
    Ma ora è tornata in pista e non si vergogna a parlarne, anzi: «La maggior parte delle persone che si ammalano gravemente lo nasconde. Io invece voglio che arrivi un messaggio: se siamo malati non dobbiamo vergognarci. Un’emorragia cerebrale non fa piacere a nessuno ma come vedete sono ancora qua, con il sorriso e con la capacità di parlare e ragionare. Non ho perso la mia grinta e il mio coraggio. Dico a tutti: si va avanti».

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    Tumore gastrico: cure personalizzate

    Tumori: prevenzione e terapie
    di Elisa BrambillaPubblicato il: 01-09-2020

    Un nuovo studio individua un metodo per la personalizzazione della risposta alla terapia
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    Sanihelp.it – Il tumore gastrico è la quinta neoplasia maligna più comune al mondo e, un po’ per la diagnosi spesso tardiva e un po’ per cure non troppo efficaci, costituisce la terza causa di morte per cancro in entrambi i sessi.
    Lo studio Grammy (integrative analysis of tumor, microenvironment, immunity and patient expectation for personalized response prediction in gastric cancer), cioè Analisi integrativa del tumore, del microambiente, dell’immunità e dell’aspettativa del paziente per una predizione personalizzata della risposta alla terapia nel cancro gastrico, coordinato dall’Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la Cura dei Tumori IRST IRCCS, finanziato dal programma dell’Unione Europea per lo sviluppo della medicina personalizzata ERAPerMed e che vede anche la partecipazione di centri francesi, tedeschi e greci, mira allo sviluppo di nuove strategie terapeutiche.
    L’obiettivo è di individuare, attraverso strumenti di analisi in grado di prevedere la risposta del singolo paziente alla terapia, le persone che sono in grado di rispondere in modo ottimale o quelle ad alto rischio di resistenza.
    «Il progetto Grammy – spiega Giovanni Martinelli, Direttore Scientifico Irst Irccs – rappresenta quanto di più innovativo si possa offrire ai nostri malati di tumore gastrico. Lo studio, infatti, pone in relazione le più innovative tecnologie diagnostiche e personalizzate con i migliori parametri prognostici e, conseguentemente, le terapie ritagliate sulle caratteristiche del singolo paziente; approcci che in Irst Irccs, e in molti casi solo qui, possiamo erogare».
    Diretto dalla ricercatrice Chiara Molinari, biologa del Laboratorio di Bioscienze IRST (Unit Translational Oncology), il progetto considera ciascun paziente con le proprie peculiarità, allo scopo di arrivare a una medicina sempre più personalizzata.

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    Arte terapia, che cos'è e quali sono le sue applicazioni

    Rimedi alternativi
    di Stefania D’AmmiccoPubblicato il: 01-09-2020

    Come aiutare il corpo e la mente attraverso metodi diversi, che comprendono la pittura, la scultura, ma anche la musica e l’espressione corporea
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    Sanihelp.it – Usare l’arte come terapia per diversi disturbi.
    L’arte terapia è sempre più diffusa, soprattutto perché può aiutare a superare una serie di problematiche, soprattutto quelle che coinvolgano la mente oltre al corpo.
    L’arte terapia, infatti, può essere intesa come l’applicazione delle arti visive, dalla pittura alla fotografia, con un utilizzo terapeutico.
    L’uso terapeutico si individua nel momento in cui la persona utilizzi il mezzo artistico nell’ambito di un percorso che coinvolga un professionista, ad esempio un counselor o uno psicologo.
    Come si è già accennato, l’arte terapia comprende diversi tipi di espressione artistica, tra i quali si annoverano sicuramente i seguenti:
    –        la pittura
    –        la scrittura di un diario
    –        la realizzazione di collage
    –        la scultura
    –        il mosaico
    –        la musicoterapia
    L’assunto sul quale si basa l’arte terapia è quello per il quale il processo creativo che viene coinvolto nell’espressione artistica consente di risolvere conflitti e problemi, ma anche di sviluppare competenze interpersonali, di ridurre lo stress e aumentare l’autostima.
    Ecco che, quindi, l’arte terapia diventa una forma terapeutica psicodinamica, che consente di portare alla luce anche processi inconsci presenti nella mente dell’individuo.
    Per quali disturbi può essere usata l’arte terapia?
    Virtualmente, l’arte terapia è utilizzabile davvero per moltissimi disturbi.
    Tra questi sicuramente si annoverano quelli legati allo stress e all’ansia, ma anche i disturbi comportamentali, quelli alimentari e il disturbo dell’attenzione.
    Molte applicazioni di questa forma terapeutica si hanno anche nel trattamento della demenza, dell’Alzheimer e dei disturbi della memoria, così come per problemi psicologici gravi, come la schizofrenia.
    A livello generale, l’uso dell’arte come terapia aiuterà il soggetto a ridurre lo stress, ad esprimere le proprie emozioni e anche a fare un lavoro di auto consapevolezza.
    L’arte, così come per coloro che la praticano a livello professionale, diventerà così uno strumento per parlare senza doverlo fare realmente, un modo per interfacciarsi con il mondo e anche per scavare dentro se stessi e recuperare emozioni e memorie dimenticate.

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    Cerotti detox per i piedi: funzionano davvero?

    Rimedi alternativi
    di Stefania D’AmmiccoPubblicato il: 25-08-2020

    Questi dispositivi dovrebbero disintossicare il corpo, ma in tanti si chiedono se possano essere realmente efficaci
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    Sanihelp.it – In un’epoca nella quale le tossine e la presenza, anche nell’aria, di sostanze non benefiche per il corpo preoccupano molto la nostra società, tanti si rivolgono a metodi grazie ai quali eliminare tali elementi dannosi dall’organismo.
    Una delle proposte che proviene dal mercato è oggi costituita dai cerotti disintossicanti per i piedi.
    Questi, infatti, conterrebbero sostanze, come l’aceto di bambù, oli essenziali e vitamina C, che dovrebbero eliminare le tossine dal corpo facendole fuoriuscire da quella che è, comunque, una parte molto sensibile del corpo: la pianta dei piedi.
    Per poterli usare bisognerebbe applicarli sotto la pianta dei piedi prima di andare a dormire, rimuovendoli al mattino.
    Tuttavia, in merito sono stati sollevati numerosi dubbi, e chiarirli potrebbe far comprendere se valga la pena spendere del denaro per questi cerotti.
    A rispondere ad alcune domande sono state Debra Rose Wilson, medico e professoressa di medicina associata, e Dena Westphalen, farmacista clinica.
    Il primo dubbio riguarda le evidenze scientifiche riferite all’efficacia dei cerotti. A quanto sembra, non esistono prove scientifiche che possano indicare l’efficacia di questo tipo di rimedi per eliminare tossine, metalli e altri intossicanti dal corpo.
    Allo stesso modo, tanti si chiedono che cosa siano i residui che rimangono sui cerotti dopo averli tenuti in posa (in genere di notte). Questi sono costituiti dalle sostanze presenti nei cerotti.
    Il fatto che il cerotto cambi colore è, anche in questo caso, una reazione determinata dalle sostanze che lo compongono, soprattutto dagli oli e dall’aceto presenti.
    Se non sono stati indicati elementi a favore della disintossicazione determinata dai cerotti, non si prevedono neppure particolari effetti collaterali.
    Il benessere che la persona potrà sperimentare potrà essere, in parte, un effetto placebo, e dall’altro lato, provocato dal fatto di massaggiare e prendersi cura dei piedi, zone molto innervate e sicuramente sensibili.

    FONTE – CONFLITTO DI INTERESSI:Healthline.com© 2020 sanihelp.it. All rights reserved.

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    Coronavirus e tumori, non un bel binomio

    Tumori: prevenzione e terapie
    di Elisa BrambillaPubblicato il: 25-08-2020

    Il Coronavirus risulta letale per 1 paziente con tumore su 3
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    Sanihelp.it – Il Covid 19 è pericoloso per le persone anziane che soffrono di altre patologie, tra le quali il cancro.
    Il primo studio con dati occidentali sul rapporto tra Covid e cancro è stato pubblicato su Cancer Discovery, la rivista ufficiale dell’Associazione americana per la ricerca sul cancro (Aacr), coordinato dall’università del Piemonte Orientale a Novara.
    Lo studio rivela che Covid-19 è letale per circa un paziente con tumore su tre, in particolare se di sesso maschile. 
    Si tratta di un’analisi accurata di quasi 900 pazienti oncologici ricoverati per infezione da coronavirus in 19 centri italiani, inglesi, spagnoli e tedeschi durante i mesi di marzo e aprile, seguiti poi fino a metà maggio. La mortalità è del 41% di maschi contro il 26% delle donne, con decorso peggiore in chi ha tumori ematologici o in chi soffre di altre patologie.
    Ma se un tumore attivo peggiora la prognosi, ed essere in terapia oncologica con chemioterapici non modifica il rischio di mortalità, un intervento tempestivo con le terapie anti-Covid con antivirali, antimalarici o tocilizumab si associa a una riduzione del 60% della mortalità, indipendentemente da tutti gli altri fattori di rischio. 
    «I dati dell’indagine – spiega Alessandra Gennari, docente di oncologia al Dipartimento di medicina traslazionale dell’università del Piemonte Orientale a Novara – arrivano per la prima volta da pazienti occidentali ricoverati in Italia, Regno Unito, Spagna e Germania, tra dei Paesi più colpiti da Sars-Cov-2 in Europa, e mostrano innanzitutto che tre pazienti su quattro manifestano complicazioni da Covid-19, prima fra tutte la necessità di ossigeno-terapia più o meno invasiva. L’infezione comporta il decesso nel 33% dei pazienti con tumore, con differenze significative fra i Paesi: nel Regno Unito, per esempio, la mortalità sale al 44% rispetto al 33% dell’Italia e il 30% della Spagna».

    FONTE – CONFLITTO DI INTERESSI:Doctorslife© 2020 sanihelp.it. All rights reserved.

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