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ha scritto per te Rosario Franci
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Sanihelp.it – «Non riuscivo a leggere fluentemente ad alta voce come tutti gli altri bambini […]. Di fronte a me le lettere del brano si confondevano, sparivano, si muovevano, si capovolgevano e nonostante cercassi di incasellarle nella giusta posizione, aiutata dal dito indice sempre puntato sulla pagina, mi si formavano piccoli blackout nella testa che mi portavano a saltare una o più parole senza neanche rendermene conto», così Andrea Delogu racconta, in una intervista a Ok salute e benessere, le sue prime problematiche scolastiche dovute alla dislessia, di cui però ancora non sapeva di soffrire. «Oltre ai problemi di lettura e di concentrazione avevo anche una pessima calligrafia, impiegavo più tempo del dovuto nella scrittura e manifestavo molte difficoltà con la memorizzazione».Gli anni della scuola non sono stati quindi facili per la conduttrice, alle prese con ansia, disagio e frustrazione oltre che problemi di rendimento. E allora ha imparato ad aggirare gli ostacoli con alcune strategie: «I colori mi hanno sempre aiutata a fare ordine tra le lettere e a trovare un filo logico nei testi, così ho iniziato a sottolineare, cerchiare, collegare le parole con gli evidenziatori, seguendo ovviamente una logica tutta mia» spiega, ricordando anche di aver potenziato la propria capacità di ascolto, di aver compreso come il muoversi fisicamente durante la lettura o un’interrogazione le dava più chance di farcela e, infine, di aver scoperto che leggere interpretando e recitando le risultava più facile. E ha trasformato il disturbo in un’opportunità, che l’ha portata dove è oggi: « Avendo difficoltà oggettive nella lettura e nella scrittura, ho sempre cercato di puntare su altre doti, come la capacità di intrattenere e di fare spettacolo. Lo facevo già ai tempi della scuola, anche per distogliere l’attenzione dai miei problemi».
La diagnosi di dislessia è arrivata tardi, dopo i trent’anni, subito dopo aver cominciato un percorso di analisi: «Dopo un test di lettura a tempo, uno di comprensione del testo e un altro di dettatura, è arrivata la conferma dello psicologo. Ero (e sono) dislessica. Anche se sembra assurdo, ho provato una sensazione bellissima, quasi al limite dell’euforia. Finalmente avevo tra le mani la risposta che per anni avevo cercato invano» ha rivelato. «Successivamente mi sono sottoposta a tutti i test necessari per avere una diagnosi ufficiale e un certificato che lo dimostrasse. Dopo numerose prove di lettura con e senza tempo, scrittura con e senza disturbo (cioè scrivere facendo un’altra cosa contemporaneamente, ad esempio parlare), dettatura e logica, lo specialista ha diagnosticato una dislessia senza disortografia associata a lentezza nella lettura. Insomma, ero dislessica ma scrivevo correttamente, anche a costo di metterci più del dovuto nel farlo».
Una volta ricevuta la diagnosi, attraverso l’Associazione italiana dislessia Andrea si è informata il più possibile, ha potuto contare su un supporto psicologico che ha definito «indispensabile» e ha conosciuto gli strumenti compensativi, dispositivi perlopiù digitali che sopperiscono alle difficoltà di lettura e scrittura e che usa ora quotidianamente. Ha anche cercato di sdoganare questo disturbo, senza farne mistero o girarci troppo intorno; e ha imparato a prendersi i suoi tempi, fregandosene del giudizio di chi non la conosce e non sa. LEGGI TUTTO
Sanihelp.it – L’azienda biotecnologica americana Seagen, impegnata nello sviluppo di terapie innovative contro il cancro, ha annunciato buoni risultati in uno studio di fase III per la sua molecola tucatinib (Tukysa) in combinazione con trastuzumab emtansine, un anticorpo-farmaco mirato anti HER2. Questa associazione ha raggiunto l’endpoint primario di sopravvivenza libera da progressione in pazienti con carcinoma mammario HER-2 positivo metastatico, precedentemente trattato con taxano e trastuzumab. Lo studio di fase III arruola centinaia o migliaia di pazienti, allo scopo di stabilire l’efficacia del farmaco, se offre qualche beneficio in più rispetto a quelli già in commercio e il rapporto rischio/beneficio.
«Siamo incoraggiati da questi risultati per tucatinib in combinazione con Kadcyla (trastuzumab emtansine) nel carcinoma mammario HER2-positivo metastatico, anche nei pazienti con metastasi cerebrali», ha spiegato Roger Dansey, President of Research and Development and Chief Medical Officer di Seagen «Abbiamo in programma di presentare i dati a un prossimo meeting di medici e discutere i risultati con la FDA (Food and Drug Administration, l’agenzia governativa degli Stati Uniti responsabile della protezione della salute pubblica)».
Tucatinib è un inibitore dell’enzima tirosin-chinasi, che agisce inibendo la fosforilazione di HER2 e HER3, un biomarcatore consolidato di esito negativo nei tumori gastrici, della mammella e del colon, cosa che porta a un’azione antitumorale nelle cellule tumorali che esprimono HER-2. Il farmaco ha già ricevuto l’approvazione della FDA e dell’EMA (Agenzia Europea per i Medicinali) per il trattamento del carcinoma mammario HER-2-positivo in pazienti che abbiano già ricevuto in precedenza un trattamento con anti HER2.
Ora si ripongono molte speranze in questa associazione. LEGGI TUTTO
Sanihelp.it – Si chiama Pietra di Luna ma il suo nome specifico sarebbe quello di adularia.
È un cristallo trasparente di origine lavica molto utilizzato nella cristalloterapia per le sue caratteristiche.
Vediamo quali sono e in che modo viene impiegata.
Come riconoscere la Pietra di Luna
Questa pietra è sì trasparente, ma ha anche dei riflessi che, però, non sono da confondere con quelli labradorite bianca, che è molto più variopinta.
È una pietra economica, ed è per questo motivo che non sarà necessario pagare molto per poterla acquistare e utilizzare anche in autonomia.
Gli impieghi della Pietra di Luna
Nella cristalloterapia la Pietra di Luna viene usata soprattutto per le energie femminili.
È collegata all’elemento acqua e al secondo Chakra, quello che si lega sempre agli organi riproduttivi.
Ecco perché la si potrà impiegare per riequilibrare sia il chakra sia le funzioni collegate, portando armonia a livello dei cicli mestruali ma anche a livello emotivo.
Per poterla utilizzare si potrà applicare direttamente sull’area da trattare, ad esempio sulla parte inferiore dell’addome, oppure si potrà portare con sé, in una collana o incastonata in un altro gioiello. LEGGI TUTTO
Sanihelp.it – I ricercatori del City Hope di Los Angeles hanno pubblicato sulla rivista Cell Chemical Biology i risultati di un loro studio su un farmaco, chiamato AOH1996, che sembrerebbe efficace nel bloccare la crescita di diversi tipi di tumore.Il meccanismo d’azione si basa sull’interazione con una proteina chiave chiamata PCNA(Proliferating Cell Nuclear Antigen), fondamentale per la replicazione del DNA delle cellule. AOH1996 agisce su una isoforma specifica di PCNA, presente solo nelle cellule tumorali, provocando la rottura del DNA e conseguentemente la morte della cellula tumorale.
La sperimentazione è stata eseguita su 70 diverse cellule tumorali, tra cui quelle del cancro al seno, prostata, cervello, ovaie, collo dell’utero, pelle e polmoni. Il farmaco è anche in grado di potenziare la chemioterapia.
Attualmente è in atto la prima fase di sperimentazione clinica sull’uomo, detta fase 1, durante la quale il farmaco sarà somministrato a 8 pazienti, in dosi crescenti per valutarne la sicurezza e la dose massima tollerata.
A questa fase seguirà la fase 2, durante la quale AOH1996 verrà somministrato a un gruppo più vasto di persone allo scopo di valutarne l’efficacia nella terapia dei tumori.
Nella fase 3, che si rivolge a molti più pazienti, infine, si valutano gli effetti del farmaco sui sintomi, sulla qualità della vita, sulla sopravvivenza, e viene fatto un confronto con i trattamenti standard esistenti, per capire se offra qualche vantaggio in confronto a questi.
Tenendo presente che in diversi casi farmaci che si erano dimostrati promettenti nella fase 2 non hanno poi superato la fase 3, se anche andasse tutto liscio il percorso è ancora lungo.
È necessario infatti che l’azienda produttrice richieda l’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) alle Autorità regolatorie, come FDA negli Stati Uniti, EMA in Europa e AIFA in Italia, che potrà richiedere anche 10 anni.
Per cui, sì alla speranza, no alle false aspettative. LEGGI TUTTO
Sanihelp.it – Un nome interessante per una pianta considerata infestante.La Fumaria, infatti, è una pianta comune, e forse per questo poco considerata da chi voglia utilzizare dei rimedi naturali.
Eppure, è un ottimo vegetale soprattutto per chi abbia la necessità di aiutare il corpo nei processi di depurazione naturali.
Vediamo, quindi, le caratteristiche della fumaria e i disturbi che si possono trattare con il suo impiego.
Le proprietà della fumaria
Questa pianta, della quale si utilizzano soprattutto le parti aeree, è ottima per le sue proprietà di regolazione del flusso biliare, disintossicanti e depuranti.
Viene, per questo, spesso impiegata in coloro che debbano depurare il corpo, magari dopo l’uso massiccio di alcuni farmaci o un periodo di abuso di cibo e altre sostanze intossicanti.
Per quali disturbi si impiega
Come si può immaginare, la fumaria si può utilizzare per coloro che vogliano depurare il corpo, ma anche per chi soffra di disturbi digestivi e di digestione lenta.
Anche per i problemi di acne, e quelli della pelle in generale, sarà un’ottima pianta.
Si potrà assumere sia sotto forma di tisana, sia, per un effetto più incisivo, come estratto secco oppure idroalcolico.
Le controindicazioni
La fumaria è in genere una pianta molto ben tollerata, ma dovrà esserne evitato l’impiego in gravidanza e anche nel caso in cui si assumano farmaci per la riduzione della pressione sanguigna oppure sedativi.
Infatti, il suo impiego può amplificare l’effetto di questi farmaci. LEGGI TUTTO
Sanihelp.it – Gli atleti, soprattutto i campioni, quelli che gareggiano ad alti livelli e vincono, devono compiere un lavoro costante solo sul proprio corpo, mentre a livello mentale sono esposti a pressioni, anche auto-imposte, e aspettative esterne, che l’essere vincenti spesso incrementa. Reggere tale peso non è facile, ma lo è ancor meno ammettere quando paure e fragilità stanno avendo la meglio e il proprio benessere psicologico è incrinato.«A noi sembrano, e loro si sentono, dei supereroi, ma a quei livelli, i più alti, la crisi, prima o poi, arriva, è quasi inevitabile» ha spiegato tempo fa all’Ansa la psicologa Monica Vaillant, plurimedagliata con il Setterosa. «Bisogna considerare che un campione vive continuamente momenti di grande tensione, per l’impegno che deve mettere per arrivare e rimanere al top, portandolo a investire tutto su quel fronte, con l’ulteriore aggravio di vivere tale situazione da un’età molto giovane, in un momento di crescita, di sviluppo del senso del sé. Le basi su cui si costruisce, quindi, sono spesso precarie. Ma la crisi può arrivare anche dopo aver lasciato la ribalta. Tutto quello che si è per forza tralasciato o vissuto senza la dovuta attenzione, dal prepararsi per una attività lavorativa alla vita affettiva, possono avere un impatto pesante».
Molti non ne vogliono parlare apertamente, ma negli ultimi anni anche tra quanti fanno sport a livello agonistico sta prendendo piede una maggiore consapevolezza dell’importanza di prendersi cura di sé anche a livello di psiche e, con essa, il coraggio di ammettere di avere bisogno di aiuto. Molti ricorderanno il grande passo compiuto in questo senso, nel 2021, dalla ginnasta statunitense Simone Biles, considerata tra le più forti al mondo e tra le vincitrici annunciate delle Olimpiadi di Tokyo, che proprio in quell’occasione diede forfait a causa di quelli che lei stessa definì «demoni nella testa», spiegando: «Devo fare ciò che è giusto per me e devo concentrarmi sulla mia salute mentale. Dobbiamo proteggere la nostra mente e il nostro corpo piuttosto che fare ciò che il mondo si aspetta da noi».
Da allora non sono mancati altri casi illustri. A marzo di quest’anno è stato il nuotatore britannico Adam Peaty a fermarsi e a saltare i mondiali non per un infortunio fisico: «Come alcuni forse sapranno, ho lottato con la mia salute mentale negli ultimi anni e penso che sia importante essere onesti al riguardo. Sono stanco, non sono me stesso e non mi piace lo sport come mi piaceva negli ultimi anni». E in questi giorni, proprio mentre Simone Biles torna alle gare dopo due anni, è Ricky Rubio, 32enne cestista dei Cleveland Cavaliers e della Spagna, ad aver preso la decisione «di fermare la mia attività professionale per dedicarmi alla mia salute mentale». LEGGI TUTTO
Sanihelp.it – Una pellicola che tratta di tumore al polmone in modo originale e insolito: è il film documentario Oltre il mare, realizzato da Sanofi con WALCE Onlus (Women Against Lung Cancer in Europe) e RUFA (Rome University of Fine Arts, l’Accademia di Belle Arti di Roma), presentato alla 53esima edizione del Giffoni Film Festival. I protagonisti sono Aldo, Roberto e Carlotta e i loro caregiver, le cui storie si intrecciano pur essendo diverse. Aldo e Roberto, infatti, stanno ancora lottando contro la malattia, mentre Carlotta ne è uscita, ma ciononostante ora vede la vita con occhi diversi, anche nei piccoli gesti quotidiani. Il tumore al polmone è una delle forme più aggressive di cancro, e colpisce nel mondo 2 milioni di persone ogni anno e solo in Italia, nel 2022, oltre 43mila.Giffoni si interessa da sempre ad argomenti quali la salute, la prevenzione e la ricerca. Dopo la proiezione del docufilm, i ragazzi e le ragazze del festival si sono incontrati e confrontati con i produttori del film sulle tematiche legate alla patologia, apprendendo le corrette abitudini per praticare la prevenzione e per incentivare la diagnosi precoce. Fulvia Filippini, Responsabile delle Relazioni con Istituzioni e Associazioni pazienti Sanofi, ha dichiarato: «Siamo felici di aver preso parte al Giffoni Film Festival portando sotto i riflettori un progetto in cui crediamo così tanto. Siamo impegnati in oncologia da sempre a diversi livelli: lavorando nella ricerca e sviluppo di nuove soluzioni terapeutiche, realizzando progetti di sensibilizzazione verso questa realtà e anche collaborando con le associazioni nel supporto della comunità di pazienti e caregiver. Attraverso il cinema, abbiamo voluto raggiungere il pubblico, specie quello più giovane, per attivare in loro una maggior consapevolezza rispetto a cosa rappresenta l’ingresso del tumore nella vita di una persona e della propria famiglia». LEGGI TUTTO
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