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    Coradia Stream H, il primo treno ad idrogeno in Italia viaggerà in Valcamonica

    Si chiama “Coradia Strem H” dove la consonante finale fa la differenza: è infatti il primo treno a idrogeno pronto ad entrare in funzione in Italia. Progettato da Alstom (uno dei principali gruppi al mondo specializzati nella mobilità sostenibile) ma realizzato completamente in Italia è stato presentato questa mattina a Rovato, in provincia di Brescia. […] LEGGI TUTTO

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    I “bracconieri” delle piante che mettono a rischio l’incenso

    Il bracconaggio non è una prerogativa del mondo animale. Contrabbando e mercato nero esistono anche per le piante: in Europa le spezie aromatiche hanno rivoluzionato il commercio e i comportamenti a tavola. Nel XVII secolo con un sacchetto di noce moscata o di pepe nero si poteva acquistare una casa a Londra. Poi è toccato […] LEGGI TUTTO

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    Lo strano caso dei salmoni fuggiti da un allevamento in Norvegia: “Ricompensiamo chi li pesca”

    In Norvegia c’è uno strano caso, dai contorni singolari, che allarma gli animalisti e preoccupa il governo. Riguarda la fuga, in mare aperto, di 27 mila esemplari di salmoni che sarebbero fuoriusciti da gabbie di allevamento installate al largo della costa di Troms, area nord-occidentale del Paese. Per recuperarli, prevenendo ricadute negative sugli ecosistemi, l’azienda ittica Mowi ha offerto una ricompensa di 500 corone (poco più di 42 euro) a pesce ai pescatori che cattureranno gli esemplari in fuga, distinguendoli quindi da quelli selvatici. Già, perché gli attivisti per l’ambiente non hanno dubbi sul potenziale disastro legato alla diffusione incontrollata dei salmoni, un quarto dell’intera produzione aziendale. La preoccupazione condivisa è per le minacce alla diversità genetica dell’intera popolazione, insieme con il rischio concreto di un aumento di infezioni e la nuova e, non da meno, l’imprevista competizione per riproduzione e sostentamento. “Proprio così, ventisettemila salmoni d’allevamento in fuga rappresentano un potenziale disastro per il salmone selvatico – spiega Pål Mugaas, portavoce della ong Norske Lakseelver, che si occupa della tutela della biodiversità nei fiumi della Norvegia – La scienza ha dimostrato che l’incrocio tra stock selvatici e salmoni d’allevamento produce una prole che a lungo termine ha un basso tasso di sopravvivenza in natura”.

    Alimentazione

    Gli allevamenti di salmone insostenibili costano a noi e alla biodiversità

    di Pasquale Raicaldo

    03 Maggio 2024

    “Una situazione seria e preoccupante”
    Così, lo stesso dipartimento nazionale norvegese della pesca non nasconde l’imbarazzo. Di più: le autorità hanno chiesto ufficialmente all’azienda di impegnarsi a fondo per la ricattura dei pesci, che sarebbero fuoriusciti dall’anello esterno di una gabbia, a quanto pare danneggiata da una mareggiata. Il portavoce nazionale della direzione Pesca, Vegard Oen Hatten, portavoce della direzione della pesca, ha sottolineato come agli allevatori di pesci sia consentito condurre operazioni di ricattura solo entro una zona di 500 metri attorno alla struttura, in caso di fuga, dichiarando al The Guardian che – in base alla potenziale portata dell’incidente – Mowi sia legittimata a “estendere gli sforzi di ricattura oltre questa zona”. “Una situazione seria e preoccupante”, ha ammesso la stessa azienda. La Norvegia esporta circa 1,2 milioni di tonnellate di salmone d’allevamento all’anno: un trend in aumento, che compensa – da un punto di vista industriale – il declino inesorabile delle popolazioni di salmoni selvatici, ai minimi storici. Anche per questo si è optato per la chiusura alla pesca del salmone di trentatrè fiumi, un numero che sarà presto presumibilmente esteso. Intanto, nonostante abbia riconosciuto che il salmone selvatico del Nord Atlantico è sotto “minaccia esistenziale”, il ministro dell’ambiente norvegese, Andreas Bjelland Eriksen, ha escluso nelle scorse settimane il possibile divieto di allevamento ittico in mare aperto.

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    Gli allevamenti di salmone insostenibili costano a noi e alla biodiversità

    di Pasquale Raicaldo

    03 Maggio 2024

    Ciwf Italia: “Non solo fughe, l’allevamento del salmone ha molte criticità”
    “Episodi come questo ci ricordano che allevare enormi quantità di animali in gabbie sottomarine non è solo nocivo per il loro benessere, ma anche pericoloso per l’ambiente circostante e per gli animali che vi abitano,” commenta Annamaria Pisapia, direttrice della sezione italiana di Compassion in World Farming (CIWF), che da tempo osserva da vicino l’industria del salmone, incoraggiando le aziende ad adottare misure di salvaguardia proprio contro le fughe di massa e la mitigazione dei rischi legati all’allevamento di grandi numeri in un unico sito. “Il rischio – spiega ancora Pisapia – non è rappresentato solo dalle fughe, ma anche dalle infestazioni, dalle malattie e dai predatori che pongono gravi problemi al benessere dei salmoni,” aggiunge Pisapia. L’associazione è consapevole dello sviluppo di sistemi a terra che potrebbero mitigare o rischi, ma a un prezzo considerato “salato per gli animali. Questi sistemi – spiega CIWF – rappresentano oggi una preoccupazione anche maggiore per il benessere generale del salmone e di altre specie allevate”.

    I numeri e le criticità dell’allevamento dei salmoni
    I numeri “fotografano” una crescita costante dell’industria del salmone da allevamento: dal 1999 è diventata la principale fonte di carne di salmone, superiore al pescato. Nel 2022 sono stati macellati circa 530 milioni di salmoni atlantici (2,9 milioni di tonnellate): le associazioni animaliste denunciano come spesso siano stipati in gabbie, con una qualità dell’acqua spesso scarsa, e come si feriscano facilmente contro le superfici abrasive delle gabbie. Lo stress prolungato ne indebolisce il sistema immunitario e li rende vulnerabili: tutto ciò crea l’ambiente ideale per la diffusione di malattie e parassiti. Di più: durante la produzione il numero dei pesci molti risulta molto elevato: in Scozia, secondo le stime ufficiali, circa un pesce su tre muore durante la fase di allevamento in acqua di mare – dei 51,1 milioni di salmoni messi in mare nel 2021, 16 milioni sono morti, circa il 31,3%. LEGGI TUTTO

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    Fresia: coltivazione, cura e quando fiorisce

    Bellezza elegante, colori ammalianti e profumo dolce e intenso sono i punti di forza della fresia, meravigliosa pianta perenne. Per ottenere un giardino variopinto oppure donare un tocco di colore al balcone la fresia è una scelta ottimale, capace di ammaliare con il suo fascino e i suoi incantevoli fiori profumati, la cui fragranza richiama la sua provenienza esotica. La fresia necessita di azioni mirate per risplendere: la sua coltivazione è comunque semplice, come anche la sua manutenzione.

    Dove posizionare la fresia
    Appartenente alla famiglia delle Iridacee e originaria del Sudafrica, la fresia si distingue in diverse varietà e i suoi fiori presentano una forma a trombetta e sono declinati in molteplici sfumature, che vanno dal bianco, al giallo, al rosso per giungere al viola.
    La crescita ottimale della pianta è assicurata da una posizione soleggiata, visto che richiede tanta luce: per far sì che si sviluppi in modo robusto e i suoi fiori siano vivaci l’esposizione alla luce solare diretta dovrebbe essere tra le 6 e le 8 ore al giorno, malgrado si adatti comunque anche all’ombra parziale, soprattutto nelle zone dal clima caldo. Oltre alla posizione soleggiata, la fresia ha bisogno anche di un terreno drenato, con sostanza organica dal ph neutro, fertile e allo stesso tempo sabbioso.

    In che periodo fiorisce la fresia?
    Vista la sua provenienza, la pianta soffre il freddo, prediligendo un clima mite: nelle zone con temperature sotto i 10 gradi è meglio optare per la coltivazione in vaso, potendo così ripararla dal freddo. Questa pianta bulbosa fiorisce tra la primavera e l’estate: il periodo migliore per seminarla è l’autunno, ma se si vive in un’area dalle temperature rigide si può piantare tra gennaio e marzo.

    Coltivazione in giardino e in vaso della fresia
    Se si coltiva la fresia in giardino è necessario scegliere un punto assolato e un terreno ben drenato, aggiungendo della sabbia e del compost vegetale. Prima di piantare i bulbi questi devono essere messi a bagno, per stimolare il processo di germinazione, immergendoli per tutta la notte in acqua tiepida. Di seguito si può procedere interrandoli tra i 5 e i 10 centimetri di profondità (tenendo conto che la profondità dovrà essere 2 o 3 volte l’altezza del bulbo) e con la punta rivolta verso l’alto. Tra ogni bulbo va lasciata una distanza di circa 10-15 centimetri per consentire alle radici di svilupparsi correttamente: successivamente, si procede irrigando la zona della semina, che deve essere sempre mantenuta umida durante la crescita, evitando però quantità di acqua troppo abbondanti.

    Per la coltivazione in vaso della fresia è indispensabile ricorrere a un recipiente in terracotta che sia abbastanza grande, da riempire con del terriccio drenato e fertilizzato, aggiungendo del concime e ponendo sul fondo dell’argilla espansa, in modo tale da evitare che i bulbi entrino in contatto con i ristagni di acqua: in caso di umidità in eccesso questi tendono a marcire. La fresia deve essere collocata in un luogo caldo e soleggiato e, proprio per questo, il vaso può essere posto sul terrazzo, spostandolo all’interno quando arriva il freddo. Anche in questo caso i bulbi vanno posizionati con la punta rivolta verso l’alto alla stessa profondità prevista per la semina in giardino.

    Cura e irrigazione
    La fresia richiede una bassa manutenzione, non avendo bisogno di cure particolari. Per mantenerla vigorosa è fondamentale darle da bere in modo regolare: durante i mesi caldi le irrigazioni devono essere abbondanti, riducendole in autunno per poi sospenderle in inverno.

    Quando le sue foglie ingialliscono, è il segnale di dover cessare le innaffiature: in generale è sempre bene non eccedere con l’acqua per non rendere il terreno troppo zuppo, cosa che potrebbe minare la corretta crescita della pianta. Il substrato dovrebbe essere sempre umido, ma mai troppo bagnato, scongiurando così i ristagni idrici, responsabili del marciume radicale. Durante la stagione di crescita, la fresia va irrigata 2 volte alla settimana, in base al clima, controllando che tra un’irrigazione e l’altra il substrato sia asciutto.

    Manutenzione: aspetti da tenere in considerazione

    Nella manutenzione della fresia la concimazione riveste un ruolo centrale per ottenere una fioritura rigogliosa, una crescita sana e un fogliame ricco. Questa operazione va eseguita durante il periodo di crescita ricorrendo a del fertilizzante bilanciato a lenta cessione.
    In merito alla potatura, questa non deve essere frequente dovendo solo rimuovere i fiori appassiti dopo il periodo di fioritura, in modo da stimolare la produzione di nuovi boccioli. Inoltre, vanno eliminate le parti dello stelo che appaiono danneggiate e le foglie secche per scongiurare l’insorgere di eventuali parassiti e malattie.

    La fresia è soggetta ad attacchi da parte di afidi e acari e bisogna intervenire prontamente se presenti, ricorrendo a pesticidi specifici. Proprio per questo, è importante ispezionare in modo regolare la pianta, controllando che non ci siano tracce dell’attività di eventuali parassiti, come per esempio macchie, foglie distorte oppure insetti su fiori e foglie.

    La fresia è anche soggetta al marciume radicale e alle malattie fungine che possono minare la sua crescita e comprometterla. Per scongiurare queste problematiche è indispensabile assicurare sempre una corretta circolazione dell’aria, evitando il sovraffollamento tra le piante che devono essere distanziate in modo adeguato, e ridurre l’umidità, prestando attenzione alle quantità di acqua durante le irrigazioni. A scopo preventivo si possono applicare dei fungicidi ad hoc qualora il clima sia molto umido. LEGGI TUTTO

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    La liquirizia come nanomateriale per prolungare la vita degli alimenti

    Le proprietà medicinali della liquirizia sono note fin dall’antichità, ma nessuno si sarebbe aspettato che trasformata in nanomateriale potesse persino prolungare la vita degli alimenti grazie a un’azione antimicrobica. Nessuno tranne Matteo Poddighe, fino allo scorso anno dottorando in scienze e tecnologie chimiche presso l’Università di Sassari e oggi Ceo (e fondatore) della startup Alkelux. Il nome è la crasi di Alke – ispirato all’alchermes, un elisir ritenuto dagli alchimisti dell’antichità un rimedio universale, e Lux che significa luce: il materiale infatti potenzia la sua azione proprio grazie alla radiazione luminosa.

    “Tutto è iniziato tra il 2021 e il 2022 quando stavo studiando nanomateriali per contrastare negli ambienti il Covid. Da lì l’idea di un additivo per i materiali capace di debellare una vasta gamma di patogeni. Di fatto virus, batteri e muffe. La particolarità di Alkelux è nella sua foto-attività: se esposto alla luce solare o artificiale, l’additivo potenzia l’azione antimicrobica, offrendo una protezione ancora più efficace”, spiega il giovane ricercatore.

    Impiegare molecole selezionate per costruire nanomateriali di struttura complessa caratterizzati da capacità speciali è ormai una prassi diffusa, ma la sfida è quella di scegliere la materia prima di partenza ideale e ovviamente un processo di lavorazione consono per esaltare il risultato desiderato. “Sono partito da solo, portando avanti lo sviluppo di Alkelux, fuori dall’università e parallelamente al mio dottorato. Il lavoro sul Covid mi è stato utile solo per incrementare la mia esperienza nell’ingegnerizzazioni di nanomateriali con proprietà avanzate, in questo caso quelle antimicrobiche”, racconta Poddighe. “Poi ho scoperto le qualità della liquirizia, quasi per caso, e anche che c’era poca letteratura scientifica al riguardo”. LEGGI TUTTO

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    Da Microsoft a Sam Altman: Helion Energy promette energia da fusione nucleare entro il 2028

    “Siamo sul punto di fornire una soluzione energetica che possa soddisfare la crescente domanda mondiale di elettricità a basso costo, sto parlando della realizzazione del primo impianto di fusione nucleare commerciale al mondo”, lo sostiene David Kirtley, co-fondatore e amministratore delegato di Helion Energy, startup americana specializzata in tecnologia di fusione nucleare e che a fine gennaio 2024 ha ottenuto un finanziamento da 425 milioni di dollari da noti investitori tra cui Sam Altman (CEO di OpenAI), per accelerare lo sviluppo del suo ambizioso progetto: costruire il primo impianto di fusione nucleare commerciale al mondo.

    La fusione nucleare sta vivendo un momento cruciale, attirando investimenti pubblici e privati in tutto il mondo. A livello privato, il sostegno alle tecnologie di fusione oggi supera i 7,3 miliardi di dollari a livello globale, si legge nel World Fusion Outlook 2024 della IAEA (International Atomic Energy Agency).

    “Se possiamo avere energia in abbondanza e a basso costo e se possiamo rendere l’intelligenza artificiale disponibile per tutti il mondo progredirà”, ha dichiarato Altman in un’intervista. Altman non è l’unico, tra gli altri investitori figurano Dustin Moskovitz, cofondatore di Facebook e Reid Hoffman co-founder di Linkedin. L’obiettivo della startup Helion è fornire energia pulita, infinita e a basso costo.

    La corsa verso l’energia da fusione nucleare
    L’intelligenza artificiale sta accelerando lo sviluppo dell’energia da fusione in aree chiave, tra cui la selezione dei materiali e i superconduttori ad alta temperatura. Helion Energy è tra le startup in gara nella corsa verso la fusione nucleare, puntando a ridurre drasticamente le emissioni di gas serra del settore energetico. La sua tecnologia innovativa, che si distingue dalle metodologie convenzionali nel campo della fusione nucleare, è racchiusa in un reattore basato su una configurazione particolare chiamata field-reversed configuration, che utilizza una serie di campi magnetici per controllare e comprimere il plasma all’interno di una camera appositamente progettata.

    “La fusione è il modo in cui il Sole, che è composto principalmente da idrogeno, produce energia. A differenza della fissione nucleare, la fusione non genera scorie di lungo periodo, come quelle delle centrali nucleari attuali, che restano radioattive anche per migliaia di anni. Pertanto, pur comprendendo che la fusione è effettivamente un processo nucleare dal punto di vista fisico, i preconcetti più diffusi sull’energia nucleare semplicemente non si applicano all’energia di fusione commerciale. Se vogliamo davvero produrre energia pulita, affidabile e abbondante che, in questo caso la fusione può fornire, dobbiamo tutti fare la nostra parte per garantire che le nostre comunità e i decisori politici affrontino la fusione con mente aperta e la valutino in base ai suoi reali meriti”, ha aggiunto il Ceo di Helion, David Kirtley.

    “La nostra missione è sempre stata incentrata sullo sviluppo e l’implementazione rapida di generatori a fusione sicuri e affidabili che forniscano elettricità abbondante e conveniente. Helion sfrutta il concetto di fusione per produrre energia, proprio come il processo che usano stelle e sole. Con l’impegno che inizierà a produrre e vendere elettricità entro il 2028 ad un prezzo che si aggirerebbe intorno ai 0,01 dollari per kWh. Il tutto senza produrre rifiuti radioattivi di lunga durata, a differenza dei reattori a fissione di oggi”.

    Il patto con Microsoft: 5 anni elettricità entro il 2028
    In attesa che il primo impianto inizi a produrre, Helion fornirà in circa cinque anni elettricità a Microsoft. Nel dettaglio, Helion Energy ha firmato con Microsoft il primo corporate PPA (Power Purchase Agreement) da fusione nucleare al mondo, in cui si impegna a fornire alla stessa energia pulita e a basso costo entro il 2028. Si tratta di un contratto di acquisto dell’energia elettrica vincolante e a lungo termine, un tipo di accordo che sta spopolando nel settore delle rinnovabili. I PPA permettono infatti agli acquirenti di garantirsi una certa fornitura energetica, solitamente ad un importo fisso per chilowattora, su periodi di tempo molto lunghi.

    Il PPA sulla fusione nucleare coinvolge quello che a regime dovrebbe essere il primo impianto commerciale a fusione collegato alla rete elettrica: una centrale da 50 MW operativa entro il 2028 a Washington. Con la possibilità di aumentare ulteriormente la potenza dopo il primo anno. La startup punta a produrre (e vendere) elettricità ad un prezzo che si aggirerebbe intorno ai 0,01 dollari per kWh, il tutto senza produrre rifiuti radioattivi di lunga durata.

    Helion Energy avrà sicuramente un impatto positivo nella lotta al cambiamento climatico qualora la sua produzione di energia pulita diventasse realtà e al contempo smuoverà il mercato dell’energia visto il basso prezzo per kWh promesso. LEGGI TUTTO

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    WindRunner, l’aereo più grande del mondo per trasportare gigantesche pale eoliche

    Le notizie sono due. Pale per turbine eoliche lunghe 104 metri per produrre maggiore quantità di energia elettrica trasportate su un aereo cargo più grande al mondo, in grado non solo di caricare le pale per tutta la loro lunghezza, ma sopportare un peso di oltre 72 tonnellate. Si chiama WindRunner, il veivolo progettato e realizzato dall’azienda energetica americana Radia, che entrerà in funzione nel 2027 per trasportare questo volume eccezionale, nelle dimensioni e nel peso, e permettere di spingere sulla produzione di energia rinnovabile. Alle due notizie, ne aggiungiamo una terza: l’Italia costruirà alcune parti del velivolo da Guinness.

    Le dimensioni

    Questo maxi aereo avrà una lunghezza di 108 metri, permetterà il caricamento frontale delle pale giganti, circa 30 metri più lunghe delle attuali, avrà un’apertura delle ali di 80 metri, ed un’autonomia di volo di 2.000 km. Riguardo al carico massimo, anche qui le misure sono extra-large: 105 metri lo spazio interno per il payload, 7,3 metri di altezza e oltre 72mila chilogrammi. Trasportarle su gomma, tramite tir, è pressoché impossibile, visto che le strade attuali, almeno quelle americane, non superano i 70 metri di larghezza, si legge sul sito dell’azienda, per cui non si potrebbero portare pale di oltre 100 metri in giro per gli States. Chiaro è che non saranno disponibili aeroporti dovunque, per cui per completare l’intero processo logistico, Radia prevede di atterrare su piste di 1.800 metri di lunghezza, realizzata ad hoc nei pressi di siti di installazione. Insomma, anche lo sforzo economico è gigantesco quanto le pale e il cargo.

    Le pale eoliche che dovranno essere trasportate  LEGGI TUTTO