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    Il “bosco virtuale” per spiegare alle scuole i cambiamenti climatici

    Un vero e proprio “Bosco Virtuale”, da esplorare alla scoperta della biodiversità: è uno degli appuntamenti dedicati ai più piccoli, ma non solo, nell’ambito di ComoLake, la Conferenza internazionale sull’intelligenza artificiale e le nuove tecnologie che anche quest’anno si terrà presso il Centro internazionale Esposizione e Congressi di Villa Erba a Cernobbio, dal 14 al 18 ottobre.

    Il “Il Bosco Virtuale”, realizzata in collaborazione del CUFAA (Comando delle Unità Forestali Agroalimentari dell’Arma dei Carabinieri e dell’Aeronautica Militare), che è già stata esposta, con un grande successo di pubblico, nella sede dell’ONU a New York nel 2023 in occasione della “Settimana sui Cambiamenti Climatici”, rappresenta un articolato viaggio all’interno della Biodiversità.

    L’idea di base dell’installazione è quella di portare il visitatore all’interno di una foresta ideale, un bosco concettuale e simbolico, che rappresenta idealmente il patrimonio naturale italiano che deve essere custodito e preservato, dove immagini e suoni di ambienti naturali scorrono su schermi distribuiti lungo il percorso, dando vita ad un suggestivo paesaggio immersivo. LEGGI TUTTO

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    Via libera al decreto Ambiente: non solo eolico e fotovoltaico, per la transizione anche nucleare e idrogeno

    Cambiano le priorità italiane in materia di transizione energetica. Il dl ambiente approvato oggi dal Cdm prevede che i progetti prioritari sull’energia non saranno più soltanto eolico, solare e idroelettrico, ma tutti quelli che permettono di conseguire gli obiettivi nazionali di decarbonizzazione e che sono sostenibili economicamente. In particolare vengono definiti prioritari i progetti sull’idrogeno […] LEGGI TUTTO

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    Sciopero del clima, Fridays for Future torna in piazza: “Non è tardi per il cambiamento”

    Sono cambiate tante cose per le ragazze e i ragazzi del clima, ma non la volontà di ribadire l’importanza di agire. Dal Covid in poi i movimenti dell’onda verde, come Fridays For Future, hanno fatto sempre più fatica a ritornare nelle piazze con la stessa spinta del 2019, ma in tempi in cui la crisi climatica è sempre più evidente il loro intento non è mai mutato.
    Per questo l’11 ottobre i cortei e le manifestazioni di Fridays For Future torneranno di nuovo a popolare le città italiane, con una narrativa chiara: “Non è troppo tardi, il cambiamento è possibile”, un appello all’unione per la giustizia sociale e climatica.

    Tanti eventi concentrati nelle principali città
    In un momento storico scandito da guerre, aumento del carovita, crescita delle temperature medie, ma anche eventi chiave come le elezioni americane o la Cop29 in partenza a Baku -gli attivisti vogliono ribadire l’importanza di cambiare rotta.
    “L’attuale scenario porta le persone a pensare che sia troppo tardi per fare qualcosa e spesso crea un senso di impotenza. Per questo Fridays For Future Italia lancia un appello, possiamo ancora cambiare la rotta e contenere l’aumento della temperatura media globale a +1.5°, quello che manca è il coraggio e la volontà politica di mettere in atto strategie a lungo termine per la difesa dei territori e delle persone” ha spiegato Antonio Iodice dei Fridays.

    Editoriale

    I nuovi negazionismi climatici

    di  Riccardo Luna

    07 Ottobre 2024

    Come scrivono i giovani dell’onda verde, il nuovo sciopero per il clima sarà ricordato come “la comunità scientifica globale si è espressa all’unanimità: i cambiamenti climatici attuali sono causati dalle attività umane; in particolare i cambiamenti che stiamo vivendo sono più rapidi di quello che si è visto in tutte le ere precedenti, e la causa diretta è il nostro modello economico e la distruzione dell’ambiente necessaria per la sua sopravvivenza. Difendere il clima significa difendere la vita delle persone”. LEGGI TUTTO

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    In 50 anni la dimensione media delle popolazioni animali è diminuite del 73%

    ? L’ultimo mezzo secolo è stato devastante per la fauna selvatica del Pianeta: tra il 1970 e il 2020 si è assistito a un crollo del 73% delle popolazioni di animali monitorate. Il dato, clamoroso e preoccupante, è contenuto nell’edizione 2024 del Living Planet Report redatto dal Wwf internazionale. La storica associazione, nel presentare il rapporto sottolinea come i risultati confermino che gli habitat sono in pericolo: “Ciò che accadrà nei prossimi cinque anni sarà cruciale per il futuro della vita sulla Terra, ma abbiamo il potere – e l’opportunità – di invertire la rotta”.

    Dal 1970 sono state monitoriate 35.000 popolazioni di 5.495 specie di vertebrati in tutto il mondo. L’analisi delle tendenze ha permesso di stilare il Living Planet Index, elaborato dalla Zoological Society di Londra, che sintetizza gli andamenti della fauna selvatica. Ebbene, nell’ultimo mezzo secolo “il calo più forte si è registrato negli ecosistemi di acqua dolce (-85%), seguiti da quelli terrestri (-69%) e poi marini (-56%)”, si legge nel rapporto. Dal punto di vista della distribuzione geografica, “in America Latina e nei Caraibi c’è stato il calo più marcato delle popolazioni animali monitorate (-95%), seguite da Africa (-76%) e Asia-Pacifico (-60%)”. Scendendo nel dettaglio delle singole specie animali, sfogliando il Living Planet Report sui scopre che “tra le popolazioni monitorate si è assistito a un calo del 57%, tra il 1990 e il 2018, nel numero di femmine nidificanti di tartaruga embricata sull’isola Milman, nella Grande Barriera Corallina in Australia; un calo del 65% dell’inia (un delfino di fiume) nel Rio delle Amazzoni e un calo del 75% della più piccola sotalia tra il 1994 e il 2016 nella riserva di Mamirauá sempre in Amazzonia. Lo scorso anno, durante un periodo di caldo estremo e siccità, oltre 330 inie sono morte in soli due laghi”. Tra le cause, “la perdita e il degrado degli habitat, causati principalmente dai nostri sistemi alimentari, rappresentano la minaccia più frequente per le popolazioni di specie selvatiche di tutto il mondo, seguita dallo sfruttamento eccessivo, dalla diffusione delle specie invasive e di patologie”, scrive il Wwf.

    Natura

    C’è sempre meno biodiversità, soprattutto in montagna

    di  Pasquale Raicaldo

    07 Ottobre 2024

    “Il cambiamento climatico rappresenta un’ulteriore minaccia in particolare per la biodiversità in America Latina e nei Caraibi, regioni che hanno registrato un impressionante calo medio del 95%”. E il cambiamento climatico, è ormai certo, ha comunque origine nelle attività umane e nell’uso dei combustibili fossili. Viene citato proprio l’esempio dell’Amazzonia, vittima di una decennale deforestazione per mano umana e, più di recente, di una ondata siccitosa senza precedenti. C’è qualche buona notizia: “Alcune popolazioni animali si sono stabilizzate o sono aumentate grazie agli sforzi di conservazione, come è accaduto per la sottopopolazione di gorilla di montagna, aumentata di circa il 3% all’anno tra il 2010 e il 2016 all’interno del massiccio del Virunga nell’Africa orientale, e per il bisonte europeo, che ha visto un ritorno delle popolazioni in Europa centrale”. Ma si tratta di esempi sporadici che non invertono la tendenza generale.

    Crisi climatica

    Nel Pantanal e in Amazzonia i peggiori incendi selvaggi in quasi due decenni

    redazione Green&Blue

    23 Settembre 2024

    Dimostrano tuttavia che gli esseri umani, se davvero vogliono, possono rimediare almeno in parte agli errori del passato che per ora pagano i nostri compagni di avventura sulla Terra e che presto potremmo pagare anche noi. “La natura sta lanciando un vero e proprio SOS”, dice Kirsten Schuijt, direttrice generale del WWF Internazionale. “Le crisi collegate alla perdita della natura e al cambiamento climatico stanno spingendo le specie animali e gli ecosistemi oltre i loro limiti, con pericolosi punti di non ritorno globali che minacciano di danneggiare i sistemi che supportano la vita sulla Terra e di destabilizzare le società. Le conseguenze catastrofiche della perdita di alcuni dei nostri ecosistemi più preziosi, come la foresta amazzonica e le barriere coralline, colpirebbero le persone e la natura di tutto il mondo”. LEGGI TUTTO

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    I segreti dell’echinacea, la pianta amica della salute

    Attira l’attenzione per le sue corolle color porpora e per la sua altezza. Appartenente alla famiglia delle Asteraceae e molto simile al girasole, l’echinacea è una pianta erbacea perenne. Esteticamente d’impatto, gode di innumerevoli proprietà e ama la luce diretta del sole, almeno per alcune ore al giorno. Resiste alle temperature più calde e non teme il freddo, motivo per il quale è perfetta anche per la coltivazione in piena terra. Il nome comune è Echinacea e si distingue in varie specie, tra le quali l’echinacea purpurea e l’echinacea angustifolia sono le più conosciute.

    Echinacea: le origini della pianta
    L’echinacea è una pianta originaria del Nord America ed è utilizzata nel vasto campo della fitoterapia grazie alle sue innumerevoli proprietà immunostimolanti che aiutano a favorire l’aumento delle difese immunitarie dell’organismo. Tale pianta, che alla vista è molto simile a un girasole e/o a una margherita, era utilizzata con fini prettamente curativi già dagli indiani d’America. Erano loro a chiamarla “Elk Root” (letteralmente “radice dell’alce”) ed erano loro a utilizzarla sia per cicatrizzare le ferite, sia per curare il mal di gola, la tosse o anche come analgesico.

    Echinacea:, la pianta dai colori delicati
    Accanto all’estetica oggettiva, l’echinacea gode di numerose proprietà benefiche. Nel linguaggio dei fiori l’echinacea rappresenta forza e salute e i suoi colori, vivaci ma al tempo stesso eleganti, conquistano l’occhio. Nell’antichità si utilizzava come simbolo di salute e di vitalità e il suo fiore ha sempre trasmesso positività, fortuna e benessere. Nel corso del tempo e con il passare degli anni, questa pianta perenne è stata trasportata nei giardini di tutto il mondo e particolarmente apprezzata sia per il suo valore estetico, sia per la sua simbologia. Non a caso, infatti, i fiori di echinacea sono scelti in boquet e composizioni floreali volte all’augurio di una pronta guarigione o dedicate a chi sta attraversando un periodo di difficoltà. Si presta molto bene anche come decorazione per feste e matrimoni all’aperto, essendo una pianta molto resistente.

    I fiori dell’echinacea
    Sempre più diffusi e apprezzati, i fiori dell’echinacea fioriscono in fiori simili a margherite con lunghi steli (vanno dai 40 cm a oltre un metro a seconda della varietà) il cui disco centrale è a “cupola” (“cone-flower” in inglese). I petali sono penduli e la palette di colori è variegata: si va dal bianco (quello più raro) al rosso acceso, al rosa intenso, a quello più delicato, fino ad arrivare ad alcune tonalità di giallo e arancio. I colori e il persistente profumo piacciono molto a farfalle e api, che non perdono un secondo per fare loro visita.

    Dove coltivare l’echinacea

    Coltivare l’Echinacea è semplice. Questa pianta dai colori delicati e meravigliosi, infatti, non ha grosse esigenze per quanto riguarda il terreno. L’importante è che quest’ultimo sia fertile e ben drenato. Le echinacee si possono coltivare in vaso (meno consigliato ma comunque possibile) o in piena terra all’aperto, questo perché la sua resistenza nei confronti delle temperature molto basse (anche inferiori allo zero) è molto alta. Coltivarla non richiede troppa difficoltà, ma bisogna sempre fare attenzione ai ristagni idrici, pericolosi perché causa primari di marciumi, dannosi per la sua salute.

    Quando piantare l’echinacea
    L’echinacea può essere coltivata sia partendo direttamente dal seme, sia acquistando la pianta già cresciuta. Nel primo caso se ne consiglia la piantagione in una bordura per giardino nei mesi tra aprile e maggio, dunque in piena primavera. Per ottenere un buon risultato si dovranno sistemare i semi a una profondità di circa un paio di cm sottoterra e la distanza di impianto tra uno e l’altro dovrebbe mantenersi tra i 30 e i 40 cm. È importante ricordare di trapiantarla in uno spazio dove si è certi di volerla tenere per lunghi periodi di tempo.

    L’esposizione dell’Echinacea
    L’echinacea ama il sole, motivo per il quale un’esposizione totale alla luce sarà sempre l’ideale per il suo benessere. Tuttavia, l’echinacea può essere esposta anche in penombra e crescere comunque molto bene; l’unica differenza la si noterà nel numero di fiori, che nel caso di minore luce saranno, appunto, minori. Poiché questa pianta dalle mille proprietà benefiche si rifornisce in modo autonomo dell’umidità che le serve andando ad attingere dalle acque limitrofe, l’ideale sarebbe piantarla lungo la riva di un piccolo laghetto sito in giardino, purché se ne abbia uno.

    Durante il suo periodo di germogliazione (della durata di circa 2-3 settimane) l’echinacea ha bisogno di umidità costante. Passata questa fase, la sua richiesta di irrigazione c’è ma non deve essere troppo pesante; questa pianta perenne, infatti, predilige un terreno sì umido, ma in modo moderato. Amante dei terreni ricchi di sostanze nutritive, anche la concimazione deve essere dosata. I suoi gambi, esili e longilinei, se cresciuti troppo, in caso di fenomeni atmosferici particolarmente pesanti come venti e piogge, potrebbero piegarsi e, nel peggiore dei casi, rompersi. L’ideale sarebbe concimare il terreno prima della semina in primavera e durante il periodo di fioritura.

    La potatura dell’echinacea
    Per quello che riguarda la potatura, invece, si consiglia durante la primavera, prima che la pianta inizi a germogliare. Durante la fioritura è sempre possibile (e consigliabile) eliminare i fiori appassiti: in questo modo l’echinacea avrà più possibilità di produrre nuovi fiori e di prolungare quindi anche la sua fioritura. Prendersi cura di questa meravigliosa pianta significa anche osservare il suo cambiamento nel corso del tempo e delle stagioni: se nel periodo autunnale e invernale alcune foglie diventano giallo o si appassiranno, è sempre bene rimuoverle. Per farlo vi basterà tagliarle alla base, quindi vicino al punto di origine della foglia stessa. Infine, ma non per minore importanza, prestare attenzione ai fusti danneggiati o troppo deboli. Rimuoverli significherà offrire all’echinacea una vita più sana e lontana da eventuali malattie e/o parassiti. LEGGI TUTTO

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    Encubator, le startup pronte ad accelerare la transizione ecologica

    “In questa fase cruciale di transizione ecologica, un progetto come Encubator dimostra come la collaborazione tra ricerca, imprese e istituzioni possa essere un volano per l’innovazione e generare il cambiamento di cui abbiamo bisogno oggi e per le generazioni future perché possano ereditare un Pianeta sicuro e pulito”, a parlare in occasione dell’evento di presentazione del programma di accelerazione Encubator 2024, è Yuri Serra, cofondatore e Ceo di SIEve che ha sviluppato un filtro rigenerabile per il trattamento avanzato delle acque reflue.

    Encubator, il programma nato per individuare nuovi progetti tecnologici in ambito climate tech e sostenibilità e valorizzare al massimo il loro potenziale, per il terzo anno consecutivo, vede la Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi, PoliHub – Innovation Park & Startup Accelerator e il Politecnico di Milano uniti nella sfida contro il cambiamento climatico.

    Nell’edizione 2023 hanno risposto oltre 230 team imprenditoriali. Tra loro, la startup vincitrice SIEve. Serra ha raccontato nel corso della presentazione la sua esperienza: “Il riconoscimento ottenuto partecipando a Encubator ci ha permesso di rafforzare la strategia di posizionamento e di costruire un network più solido con le realtà locali per lo sviluppo di soluzioni all’avanguardia. SIEve sta sempre più evolvendo da progetto, coerente con gli obiettivi di sostenibilità ambientale dell’Agenda 2030, a soluzione concreta per le imprese e il sistema industriale”.

    Il sogno di due fratelli
    La startup bergamasca SIEve nasce dal sogno dei fratelli Yuri (CEO, CTO & Founder) e Jessica (COO & Founder) Serra di fare impresa insieme. Yuri, scienziato dei materiali, durante i suoi anni di studio si concentra sulla sintesi e caratterizzazione di sistemi di adsorbimento organici e inorganici. Jessica, ingegnere gestionale, si specializza in materia di innovazione, sostenibilità ed economia circolare. Quando Yuri torna in Italia, dopo un periodo di studi e ricerca all’estero, i due scelgono di dare vita al progetto SIEve: nell’arco di pochi mesi riscuote molto interesse e si classifica tra le migliori idee imprenditoriali al Premio Nazionale Innovazione.

    Yuri Serra, fondatore e CEO di SIEve  LEGGI TUTTO

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    Peperoni più resistenti al cambiamento climatico

    Peperoni di alta qualità, più resilienti ai parassiti e agli eventi climatici estremi e con maggiore proprietà antiossidante. Questi i risultati di tre progetti internazionali a cui il CREA ha contribuito, recentemente pubblicati sulla rivista scientifica Current Biology. L’attività di ricerca, durata circa 5 anni, ha portato a una mappatura delle molecole con azione antiossidante […] LEGGI TUTTO

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    Greenpeace: “I colossi di carne e latticini emettono più metano dei combustibili fossili”

    Siamo sempre abituati a parlare di impatto di CO?, ma è ora di tenere bene a mente anche un’altra formula chimica: CH4, le emissioni di metano.
    A preoccupare sempre di più gli scienziati sono infatti le emissioni globali di metano che continuano ad aumentare in maniera vertiginosa in tutto il pianeta: +20% in vent’anni con valori mai così alti da quando esistono le rivelazioni e in atmosfera la concentrazione di questo gas a effetto serra è ormai 2,6 volte più alta rispetto al periodo pre industriale, hanno raccontato di recente i ricercatori del Global Carbon Project.

    Un accostamento forte
    Nel contribuire ad aumentare le emissioni di metano c’è, in particolare, un settore che per molti aspetti è stato finora sottovalutato: quello agroalimentare delle aziende del comparto lattiero-caseario e della carne.
    Un nuovo report di Greenpeace Nordic, appena diffuso a livello globale, tenta di far luce proprio sull’impronta climatica delle grandi industrie stimando come le emissioni di 29 grandi aziende che producono carne e latticini nel mondo siano “comparabili a quelle prodotte da 100 aziende del settore dei combustibili fossili”.
    Per esempio, si stima che le cinque maggiori aziende produttrici di carne e latticini (JBS, Marfrig, Minerva, Cargill e Dairy Farmers of America) emettano a livello globale “più metano di BP, Shell, ExxonMobil, TotalEnergies e Chevron messe insieme”.
    Un accostamento forte, dal quale però emerge anche una notizia positiva: tagli nel settore e determinati accorgimenti potrebbero rallentare drasticamente le emissioni in modo da porre un freno all’avanzata del riscaldamento globale.
    La ricerca
    Lo studio, che ha analizzato le emissioni di diverse aziende internazionali (fra cui l’italiana Cremonini), sostiene che modellando “lo scenario business as usual della FAO per il futuro dell’alimentazione, i nostri risultati mostrano che il riscaldamento aggiuntivo di 0,32°C entro il 2050 (rispetto ai livelli del 2015, ndr) deriverebbe dal solo settore della carne e dei latticini. Non solo: emerge anche che il metano, se si analizzano le emissioni di gas serra prodotte dalle aziende di carne e latticini, sarebbe responsabile di oltre tre quarti del riscaldamento del settore”.

    Sostenibilità

    G&B Festival 2024, Barbara Nappini: “Cibo e allevamenti. Il Made in Italy diventi etico”

    di Fiammetta Cupellaro

    02 Giugno 2024

    Uno scenario che richiede sforzi globali per ridurre la “sovrapproduzione nel consumo eccessivo di carne e latticini nei Paesi a medio e alto reddito”.

    Viaggio a Terra Madre, in cerca di una nuova “bio-logica” per salvare la nostra agricoltura

    di  Giacomo Talignani

    30 Settembre 2024

    Le emissioni legate a carne e latticini
    Nello specifico ridurre le emissioni legate a carne e latticini “porterebbe infatti a un effetto raffreddamento della temperatura media globale di 0,12°C entro il 2050, cioè a una riduzione del 37% del riscaldamento aggiuntivo previsto per la metà del secolo legato al settore, pari appunto a 0,32°C” e va ricordato per esempio che “per ogni 0,3°C di riscaldamento evitato si potrebbe ridurre l’esposizione al caldo estremo per 410 milioni di persone”.
    Secondo Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura di Greenpeace Italia, “per tanto tempo abbiamo osservato la crescita senza freni delle grandi aziende di carne e latticini, come se il settore fosse in qualche modo esente da responsabilità verso la crisi climatica, ma non è affatto così. Siamo spesso stati messi di fronte a una realtà nella quale sono gli allevatori o i consumatori a dover cambiare, mentre queste aziende decidono cosa gli agricoltori devono produrre, quanto devono essere pagati e cosa noi dobbiamo mangiare. Ora però sappiamo che un cambiamento del sistema è possibile”.

    Il commento

    L’Overshoot Day ci ricorda che l’idea di mondo va imperniata sulla vita non sul profitto

    di Barbara Nappini*

    01 Agosto 2024

    Proprio sulla questione metano e sulle responsabilità di determinati settori dell’agroalimentare adesso si concentreranno – anche in vista della Cop29 di Baku in Azerbaigian che inizierà fra un mese – le attenzioni e le iniziative degli attivisti.
    In Italia
    Il focus di Greenpeace sull’Italia sarà anche sulle aziende più responsabili di emissioni, con riferimenti a realtà come “il gruppo italiano Cremonini che, tramite la controllata Inalca, è uno dei maggiori player europei per la produzione di carne bovina” scrive Greenpeace.
    Detto ciò e partendo dalle indicazioni degli scienziati, i quali rimarcano come il metano sia un gas a effetto serra 80 volte più potente dell’anidride carbonica (CO?) nell’arco di 20 anni dall’emissione, le speranze di riuscire a frenare l’aumento di questo gas in atmosfera secondo gli ambientalisti sono alte, a patto però che si riconosca come finora ci si sia concentrati solo “sulla richiesta di ridurre le emissioni di metano nel settore dei combustibili fossili, senza imporre una drastica e necessaria limitazione anche alle grandi aziende industriali di carne e latticini”.

    Stazione Futuro

    Per chi votano gli animali

    di Riccardo Luna

    03 Giugno 2024

    Come chiosa Ferrario secondo Greenpeace “i governi devono guidare gli investimenti e le politiche per avviare il cambiamento abbandonando la sovrapproduzione e il consumo eccessivo di carne e latticini, sostenendo gli agricoltori e i lavoratori del settore in una giusta transizione. E così facendo, salvando milioni di vite limitando il riscaldamento globale”. LEGGI TUTTO