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    Sempre meno risorse idriche in Italia: nel 2023 sono diminuite del 18,4% a causa della siccità

    Nel 2023 la precipitazione totale annua relativa al territorio nazionale, con quasi 924 mm, corrispondenti a circa 280 miliardi di metri cubi, ha fatto registrare un aumento del 28,5% rispetto al 2022, anno in cui con circa 719 mm si è toccato il minimo storico dal 1951 ad oggi. Tuttavia, confrontata con la precipitazione media sul lungo periodo 1951-2023 (quasi 950 mm) quella del 2023 risulta in leggera flessione. Perché questo incremento rispetto al 2022? Prevalentemente per l’elevato volume di piogge nel mese di maggio del 2023, stimato in quasi 163 mm, circa 49 miliardi di metri cubi, che è stato, a livello nazionale, più del doppio di quello che mediamente caratterizza lo stesso mese (circa 23 miliardi di metri cubi sul lungo periodo).
    È quanto emerge dalle valutazioni prodotte dall’Ispra attraverso il modello Bigbang che fornisce il bilancio idrologico nazionale, il quadro quantitativo della risorsa idrica e, più in generale, la situazione idrologica nel 2023, ricostruendo trend e differenze rispetto ai valori medi del lungo periodo 1951-2023 e del trentennio climatologico 1991-2020.

    Lo studio

    Clima, nei prossimi due decenni il 70% della popolazione subirà i danni delle temperature estreme

    di Fiammetta Cupellaro

    09 Settembre 2024

    Le stime del Bigbang mostrano che nel 2023 il contributo alla ricarica degli acquiferi in Italia è stato di 53 miliardi di metri cubi (corrispondente al 19% delle precipitazioni), a fronte di una media annua del 22,7% sul periodo 1951-2023. L’aliquota di precipitazione che si è trasformata in deflusso superficiale – vale a dire che non si è infiltrata o che non è stata trattenuta dal suolo – è stimata in circa 66 miliardi di metri cubi, corrispondenti al 23,7% della precipitazione, rispetto a un’aliquota media annua di poco più del 25% sul lungo periodo. La quota di evapotraspirazione ha raggiunto il 59,4% della precipitazione, rispetto alla media annua di lungo periodo che ammonta a circa il 52%. Ciò è stato causato dalle alte temperature, superiori alle medie climatologiche di riferimento, verificatosi anche nel 2023.

    Agricoltura

    Meteo estremo, inquinamento e import: il miele italiano è ancora in crisi

    di  Antonio Piemontese

    01 Novembre 2024

    A scala nazionale, nel 2023 si conferma, come ormai avviene da diversi anni, il trend negativo della disponibilità naturale di risorsa idrica rinnovabile, (la quantità di precipitazione – al netto della perdita per evapotraspirazione – che rimane disponibile nell’ambiente per gli ecosistemi e per i diversi usi). Con i suoi circa 373 mm, corrispondenti a 112,4 miliardi di metri cubi sul territorio nazionale, la disponibilità di risorsa idrica, sebbene in ripresa rispetto al minimo storico del 2022 (quasi un +68%), ha fatto comunque registrare una riduzione a livello nazionale del 18,4% rispetto alla media annua del lungo periodo 1951-2023 e di quasi il 16% rispetto al trentennio climatologico 1991-2020. Tale riduzione è l’effetto combinato di un deficit di precipitazione, specialmente nei mesi di febbraio, marzo, settembre e dicembre, e di un incremento dei volumi idrici di evaporazione dagli specchi d’acqua e dal terreno e di evapotraspirazione dalla vegetazione.

    A livello di distretto idrografico, il massimo valore della disponibilità naturale della risorsa idrica nel 2023 è quello delle Alpi Orientali, con un valore di circa 664 mm (poco più di 23 miliardi di metri cubi), valore che costituisce il 51,2% della precipitazione annua e che corrisponde a circa 5 volte la disponibilità di risorsa nel Distretto della Sicilia per lo stesso anno. Nel 2023, è infatti il Friuli Venezia Giulia la Regione con il massimo di precipitazione totale annua (più di 1750 mm), così come è la Sicilia la Regione con il valore minimo di precipitazione (565,5 mm). In termini di disponibilità naturale della risorsa idrica, è tuttavia la Puglia la Regione che segna il minimo con 100 mm nel 2023 (quasi la metà del valore medio sul lungo periodo).

    In linea generale, la siccità ha continuato a caratterizzare tutto il 2023 pur in maniera diversificata sul territorio nazionale e sebbene in minor misura rispetto al 2022. Situazioni di siccità estrema e severa hanno interessato nei primi mesi dell’anno – in particolare nel mese di febbraio – i territori del Nord e del Centro Italia, già colpiti dalla grave siccità del 2022, attenuandosi nel corso del 2023. Di contro, negli ultimi tre mesi dell’anno, che generalmente risultano i più piovosi, in particolare in Sicilia e in parte della Calabria ionica, si è registrato un consistente deficit di precipitazione. Tale deficit ha determinato una situazione di siccità estrema con effetti in termini di severità idrica che si sono protratti nel 2024 investendo il centro-sud Italia e le isole maggiori e aggravandosi ulteriormente per le scarse precipitazioni nel prosieguo dell’anno. LEGGI TUTTO

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    Elezioni Usa 2024: la vittoria di Trump rischia di frenare la corsa contro il tempo per il clima

    Alla Cop29 in Azerbaijan sarà impossibile ignorare l’elefantino nella stanza. Anzi, la vittoria di Donald Trump e del partito repubblicano, il cui simbolo è un piccolo pachiderma, diventerà una questione chiave ai negoziati sul clima di Baku: possiamo ancora raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, per limitare il riscaldamento globale entro +1,5 gradi, se a guida di una delle nazioni più impattanti a livello di emissioni c’è di nuovo un presidente che vuole uscire dall’Accordo? Questa è la domanda che – preoccupatissimi – si stanno ponendo migliaia di delegati e di scienziati giunti in Azerbaijan nel tentativo di ottenere nuovi finanziamenti per la battaglia climatica e nuovi punti di incontro, a partire dai piani nazionali climatici, per riuscire a contenere il riscaldamento globale e arginare le emissioni.

    Editoriale

    Una scomoda verità

    di  Riccardo Luna

    06 Novembre 2024

    Il negazionismo durante il primo mandato
    Gli Stati Uniti che solo poche settimane fa sono stati devastati dagli uragani Milton ed Helene e che da anni stanno sperimentando temperature ed eventi meteo estremi sempre più letali, hanno scelto: a guidare il Paese sarà di nuovo quel Donald Trump che nel 2017 ha annunciato l’uscita degli States dall’Accordo di Parigi (poi rientrati nel 2021 grazie a Joe Biden), confermando ancora una volta il suo scetticismo nei confronti della crisi del clima, spesso definita da The Donald come “una bufala”.

    Editoriale

    I nuovi negazionismi climatici

    di  Riccardo Luna

    07 Ottobre 2024

    L’uscita dall’Accordo di Parigi

    Già durante il suo primo mandato Trump aveva smantellato le principali protezioni ambientali allora in corso e gli Usa erano stati il primo e unico Paese a ritirarsi dagli accordi presi alla Cop15 in Francia. Ora promette – rispetto a quanto chiedono gli scienziati, ovvero misure forti per limitare le emissioni, decarbonizzazione e fondi per aiutare i Paesi meno abbienti e più impattati dal nuovo clima – di fare ancora peggio in termini di tagli: punta ad “abbattere e ricostruire” l’intera struttura dell’EPA, Environmental Protection Agency, l’agenzia ambientale degli States.

    “Trivellare, trivellare, trivellare”
    Poi, con un mantra già chiarissimo in testa – “trivellare, tesoro, trivellare” – il neo presidente intende puntare sempre di più sulle esplorazioni petrolifere e sui combustibili fossili portando gli Usa a produrre petrolio e gas “a livelli mai visti prima”, innescando così la retromarcia rispetto all’eredità lasciata da Biden. Gli Stati Uniti ad oggi sono ancora i maggiori produttori mondiali di petrolio e fra i Paesi in cima alla lista di quelli maggiormente responsabili delle emissioni che alterano il clima. Durante il suo mandato però Biden aveva provato, per esempio attraverso l’Inflation reduction act, ad avviare un percorso per il taglio delle emissioni di gas serra del 40% entro il 2030, con investimenti per 370 miliardi di dollari nell’energia pulita.

    Biden aveva bloccato le trivellazioni in Alaska  LEGGI TUTTO

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    Bonus verde 2024 per terrazze e giardini: i tempi stringono

    Ultime settimane a disposizione per usufruire del bonus verde, l’agevolazione fiscale riconosciuta per la sistemazione a verde di terrazzi e cortili, creazione di giardini pensili e coperture a verde di tetti a pareti. Il bonus, infatti, è in scadenza al fine anno e nella manovra per il 2025 non è prevista nessuna proroga. Tempi stretti, dunque, per mettere in programma i lavori.

    Da area pavimentata a zona verde
    Il bonus verde consiste in una detrazione Irpef del 36% su una spesa massima di 5.000 euro per ciascun immobile abitativo, non solo prima casa. La detrazione è riconosciuta in dieci rate annuali. Le spese agevolabili sono tutte quelle finalizzate alla creazione dei nuovi spazi verdi, come ad esempio quelle necessarie per trasformare un’area incolta in terra battuta in un giardino, per la risistemazione totale di un giardino con nuove aiuole, nuovi cespugli e nuovi alberi, la creazione di giardini pensili.

    Fisco verde

    Eventi meteo estremi, scattano le polizze obbligatorie per le imprese

    di  Antonella Donati

    02 Ottobre 2024

    Il bonus comunque spetta esclusivamente per gli interventi di natura straordinaria, ossia che riguardano la sistemazione a verde ex novo o il radicale rinnovamento dell’esistente. In questo caso l’intervento è agevolato ad ampio raggio. Ad esempio nel tetto di spesa può rientrare anche l’acquisto della struttura per realizzare un pergolato per il sostegno ai rampicanti, con l’obiettivo di realizzare una zona d’ombra destinata a proteggere la casa dall’eccessiva insolazione durante il periodo estivo. Inoltre è possibile ottenere il bonus anche per il miglioramento degli impianti di irrigazione e per la realizzazione di nuovi pozzi. Detrazione anche per i lavori di restauro e recupero di giardini di interesse storico e artistico di pertinenza di immobili vincolati.

    Terrazzo e nuove fioriere
    Il bonus è ammesso anche per l’acquisto di piante e arbusti in vaso e per le fioriere in cemento da installare in terrazzo. Non si deve trattare, però, di un intervento parziale, ma dell’intera sistemazione a verde del terrazzo in maniera stabile, creando quindi un’oasi di verde vivibile tutto l’anno. L’area verde peraltro può essere anche finalizzata ad ottenere un risparmio energetico grazie alla protezione offerta dalla vegetazione dal caldo eccessivo e dal freddo invernale se si interviene anche sulle pareti, creando un vero e proprio “cappotto” naturale, in grado tra l’altro di ridurre le emissioni, oltre che contribuire alla riduzione della bolletta.
    Cappotto verde per il risparmio energetico
    Secondo uno studio dell’Enea, infatti, d’estate la copertura a verde delle pareti di un edificio permette di ridurre fino al 15% di energia per abbassare la temperatura, mentre d’inverno il risparmio per il riscaldamento arriva al 10% grazie all’effetto camino tra la parete e la coltre vegetale. Si realizza in pratica una ventilazione naturale che toglie umidità alle pareti esterne e riduce la dispersione termica dell’edificio, con una riduzione delle emissioni e un miglioramento della qualità dell’aria.
    Progettazione e spese per il giardiniere
    Tra le spese detraibili rientrano anche quelle per la progettazione dei nuovi spazi verdi, purché poi l’intervento sia effettivamente realizzato. Per l’agevolazione i pagamenti devono essere effettuati con strumenti tracciabili, bancomat, carte di credito, bonifici ordinari. La fattura deve comprendere obbligatoriamente anche le spese di manodopera, in quanto non è prevista alcuna agevolazione per il solo acquisto e i lavori fai da te. L’acquisto di alberi, piante, arbusti, cespugli o specie vegetali in genere, può comunque essere effettuato presso un fornitore diverso rispetto al soggetto che esegue la prestazione. LEGGI TUTTO

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    Ecomondo 2024, a Rimini la fiera delle imprese per la sfida climatica

    Come testimonia la terribile alluvione di Valencia, in Europa gli eventi climatici estremi continuano ad aumentare e a causare vittime. È sullo sfondo della tragedia accaduta in Spagna che apre oggi a Rimini Ecomondo, la fiera italiana dedicata all’economia circolare e alle best practices europee. Organizzata da Italian Exhibition Group (Ieg) e arrivata alla 27esima edizione, si concluderà l’8 novembre.

    Quattro giorni di approfondimento e di presentazione di nuove idee innovative sul fronte ambientale. Quest’anno in formato maxi: 1.600 operatori internazionali da oltre 100 Paesi. Due nuovi padiglioni in più rispetto alla scorso anno. Fitto il palinsesto con oltre 221 eventi, tra conferenze e seminari con scienziati e tecnici. Obiettivo finale: stimolare nuove idee per trovare soluzioni innovative che aiutino a superare la crisi climatica. LEGGI TUTTO

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    Premio GammaDonna 2024, Paola Bernardotto: “Mobili evolutivi come alternativa sostenibile all’usa e getta”

    Puntano sulle tecnologie verdi per la salvezza del Pianeta, sulle biotecnologie, sull’Intelligenza artificiale, senza dimenticare di digitalizzare i servizi di caregiving, le imprenditrici innovative salite sul palco Centrale della Nuvola Lavazza di Torino per la Finale del Premio GammaDonna che dal 2004 valorizza l’anima innovatrice dell’imprenditoria femminile. A Paola Bernardotto, fondatrice di Ettomio, è andato il riconoscimento per l’impegno con cui contrasta il fast furniture, l’arredamento usa e getta, con prodotti evolutivi che seguono le diverse fasi di crescita del bambino, creando una rete di fornitori artigiani italiani e promuovendo lo slow design (modello di arredo gentile) e il Made in Italy.

    (foto: Ettomio)  LEGGI TUTTO

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    I segreti del pothos, sempreverde che trova casa anche in giardino

    Bellezza e versatilità si incontrano nel pothos, pianta da appartamento sempreverde e rampicante, molto diffusa per decorare interni e terrazzi. L’Epipremnum aureum può raggiungere fino ai 20 metri di altezza, ma quando si trova in casa non supera i 2 metri. Semplice da coltivare e curare, è un’ottima opzione anche per chi è alle prime armi con il giardinaggio, richiedendo una bassa manutenzione. Questa splendida pianta tropicale è largamente impiegata a uso ornamentale.

    Qual è l’esposizione migliore per il pothos
    Originario delle isole Salomone, il pothos è contraddistinto da foglie cuoriformi che possono essere verdi, gialle oppure bianche a seconda della specie. La pianta si presenta in diverse varianti: tra le più comuni spicca il pothos aureum, noto per le sue grandi foglie verdi che presentano delle striature gialle. Appartenente alla famiglia delle Araceae Juss, l’arbusto è avvolto in un fascino unico: oltre che per la bellezza, si contraddistingue per la notevole resistenza, riuscendo ad adattarsi a molteplici contesti e condizioni ambientali. Proprio per questo rappresenta una pianta facile da coltivare sia negli interni che negli esterni.

    Per quanto riguarda il clima ideale per la sua crescita, il pothos si sviluppa sia con la luce, ma anche con l’ombra parziale. Si tratta di una pianta tropicale che predilige i climi caldi, temendo le temperature sotto i 10 gradi, visto che il freddo è un suo grande nemico. In generale, preferisce una buona quantità di luce e quando questa è abbastanza le variegature delle sue foglie aumentano. Tuttavia, bisogna prestare attenzione ai raggi solari diretti che potrebbero ustionare le foglie, vedendole scolorire e impallidire. Quindi, in casa sarebbe più indicato posizionare il pothos dietro una tenda che non sia troppo pesante: bisogna tenere a mente che, pur crescendo in ombra e mezz’ombra, quando non riceve luce a sufficienza le foglie potrebbero perdere il loro colore distintivo.

    Un altro aspetto al quale prestare attenzione quando si coltiva il pothos sono le correnti d’aria fredda, che potrebbero bloccarne la crescita oppure portare alla perdita delle foglie. Soprattutto in inverno, bisogna evitare di posizionare il pothos nei pressi di una finestra che apriamo spesso e in generale non va coltivato davanti a davanzali e termosifoni. Il luogo migliore per una crescita rigogliosa della pianta è in penombra, facendo in modo che sia esposta al sole per poche ore al giorno. Per il suo sviluppo ottimale, è necessario poi assicurarsi che il terreno sia drenato e non eccessivamente irrigato. La temperatura dovrebbe essere tra i 15 e i 20 gradi e in generale andrebbero evitati tutti gli sbalzi termici.

    Come coltivare il pothos
    Possedere un pothos significa contare su un grande alleato per lungo tempo, capace di donare bellezza agli ambienti. Questa splendida pianta da appartamento permette anche di depurare l’aria in casa. Per quanto riguarda la coltivazione, il photos può essere messo a dimora in un vaso che non sia troppo grande e meglio se in terracotta in quanto questo tipo di materiale permette all’acqua in eccesso di evaporare più velocemente, consentendo alla pianta di respirare meglio. Una volta trovato il vaso giusto è necessario ricorrere a del terriccio universale, aggiungendo delle biglie di argilla espansa in modo tale da migliorare il drenaggio dell’acqua. Per quanto riguarda i semi questi devono essere posizionati a un centimetro di profondità, distanziandoli tra i 2-3 centimetri.

    Il pothos può essere anche coltivato in giardino, pur essendo una pianta molto delicata, che teme le gelate. Nelle zone dal clima mite si può piantare nei pressi di un muro, su pergole oppure alberi. Spesso il pothos viene moltiplicato per cespo oppure per talea. Quest’ultimo è un processo piuttosto semplice che può essere effettuato ricorrendo a delle porzioni di steli della pianta da far radicare in acqua, per poi aspettare qualche settimana per vedere le radici spuntare. Successivamente, si passa al rinvaso del pothos.

    Concimazione e innaffiatura
    Prendersi cura del pothos è piuttosto semplice e proprio per questo la pianta è adatta a chi è alle prime armi con il giardinaggio. Si dice anche essere la pianta degli smemorati, in quanto se ci si dimentica di prendersene cura sopravvive comunque per lungo tempo. Per assicurarsi un suo sviluppo rigoglioso la concimazione ha un ruolo molto importante. Nel corso degli anni il pothos tende a crescere moltissimo, tanto che le foglie adulte possono arrivare a una lunghezza di 30 centimetri, ovvero il doppio di quelle giovani: proprio per questo ogni 2 o 3 anni la pianta dovrà essere travasata.

    Dal punto di vista dell’irrigazione, il pothos richiede un terreno umido, ma durante i mesi invernali è necessario dare alla pianta meno acqua rispetto all’estate. Per capire quando bagnarla basta toccare il terreno: se i primi 3 centimetri sono asciutti si può procedere con l’annaffiatura. Amando gli ambienti umidi è importante dare da bere al pothos in modo regolare, in media una volta a settimana, da aumentare a 2 o 3 volte durante l’estate. La cosa importante è non innaffiarlo troppo per evitare l’insorgere del marciume radicale.

    Come prendersi cura del pothos: altri aspetti da considerare
    Per quanto riguarda la potatura del pothos questa può non essere necessaria, ma risulta essere utile per garantire compattezza alla pianta ed è meglio se eseguita alla fine dell’inverno. Per effettuarla si procede tagliando le liane di un terzo della loro lunghezza. Oltre a questa operazione, è necessario pulire la pianta con regolarità: per esempio la polvere in eccesso diminuisce la traspirazione delle foglie, facendole soffrire. La cima dei rami va spuntata con costanza e le foglie ingiallite vanno recise.

    Qualora le foglie siano prive della loro tipica striatura, questo è un indicatore di come la pianta non si trovi nelle sue condizioni ideali: dovremmo cambiarne la posizione per assicurare che torni sana. Se appaiono sulla loro superficie delle macchie scure significa che il clima è troppo freddo e umido e la pianta è stata bagnata troppo. Bisogna quindi ridurre le innaffiature e spostarla in un ambiente più caldo. Nella manutenzione del pothos bisogna prestare attenzione all’attacco di eventuali parassiti come per esempio il ragnetto rosso, che genera sulle sue foglie delle macchie gialle: per eliminarlo è necessario agire tempestivamente ricorrendo a dei prodotti ad hoc oppure in alternativa vaporizzando le foglie con dell’acqua per aumentare l’umidità. LEGGI TUTTO

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    Cop16, nessuna intesa per salvare la biodiversità nei paesi più vulnerabili

    “Un’occasione persa”. Quando lo raggiungiamo telefonicamente, Lorenzo Ciccarese, responsabile per la conservazione della biodiversità terrestre all’Ispra, è in fila per imbarcarsi sul volo che lo riporterà in Italia dalla Colombia. Per due settimane è stato il vicecapo della delegazione italiana alla Cop16 di Cali, dedicata proprio alla biodiversità. Come è andata? “Si è visto lo stesso copione al quale assistiamo nelle Cop sul clima”, risponde. “Da una parte il Global South che chiede fondi (700-800 miliardi di euro l’anno), dall’altra i Paesi sviluppati che fanno resistenza, reclamando in cambio regole di erogazione più chiare e maggiore trasparenza nell’uso degli aiuti”. Il risultato è un nulla di fatto, o quasi. LEGGI TUTTO

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    Un albero su tre è a rischio estinzione, come l’abete delle Madonie

    Malgrado a un conto approssimativo il numero totale di alberi sul nostro pianeta abbia 13 cifre queste piante sono la forma di vita più minacciata in assoluto. Dietro il primato della biomassa, l’estrema longevità di alcuni esemplari, si rivelano fragilità nascoste. Magnolie, querce, aceri e conifere devono fare i conti in tutto il mondo con deforestazione, cambiamenti climatici e specie invasive. Calcolatrice alla mano le specie di alberi a rischio estinzione sono più del doppio della somma di quelle di mammiferi, uccelli, anfibi e rettili. Una specie su tre, il 37% di questi monumenti viventi, oggi lotta per la sopravvivenza.

    Alberi

    Mai avuto tanti boschi, però perdiamo i migliori

    di  Giacomo Talignani

    07 Ottobre 2024

    Il verdetto emerge dal primo Global Tree Assessment (https://www.bgci.org/our-work/networks/gta/) un rapporto sullo stato di salute degli alberi di tutto il mondo pubblicato in questi giorni come aggiornamento della Lista Rossa della IUCN, l’organizzazione internazionale per la conservazione della Natura, che raccoglie l’elenco di tutti gli organismi viventi in base alla vulnerabilità.

    Natura

    C’è sempre meno biodiversità, soprattutto in montagna

    di  Pasquale Raicaldo

    07 Ottobre 2024

    “Lo studio, a cui hanno partecipato oltre mille esperti, ha rivelato che almeno 16.425 delle 47.282 specie di alberi presenti nella lista sono oggi a rischio di estinzione in 192 Paesi. – spiega Grethel Aguilar, direttore generale della IUCN – In larga parte gli impegni a ridurre la deforestazione mondiale entro il 2030 sono stati disattesi, come nella fascia tropicale per esempio, e i progressi raggiunti finora sono limitati”.Dal 1964 la Lista Rossa della IUCN, di cui quest’anno ricorre il sessantesimo anniversario, è una sorta di check-up aggiornato della biodiversità mondiale con indicatori riconosciuti a livello internazionale. Oggi conta in tutto 166.061 specie tra regno animale e vegetale: 46,337 sono a rischio estinzione.
    Gli ambienti più vulnerabili, non solo per gli alberi, sono le isole dove il consumo di suolo, la colonizzazione di specie aliene e una scarsa varietà genetica conducono spesso piante e animali autoctoni in un vicolo cieco dell’evoluzione.

    Biodiversità

    Le piante “emigrano” e si spostano verso Ovest

    di  Anna Lisa Bonfranceschi

    15 Ottobre 2024

    Molte specie in lista per l’Italia crescono in Sicilia, regione che detiene il primato europeo per biodiversità vegetale. Come l’abete delle Madonie (Abies nebrodendis), l’albero di Natale più raro del mondo le cui popolazioni in natura aumentano grazie a un intervento monumentale di conservazione e protezione, e Zelkova sicula, un genere di alberi che in natura sono in declino, e di cui rimane qualche esemplare sui Monti Iblei nella parte sudorientale dell’isola. Entrambi questi alberi sono conservati ex situ nell’Orto botanico dell’Università di Palermo che agisce come un’area protetta per lo studio e la protezione di queste specie così vulnerabili.

    In Sud America, culla della più grande biodiversità arborea del mondo, 3.356 delle 13.668 specie classificate dal rapporto sono a rischio di estinzione a causa della crescente richiesta di terra per agricoltura e allevamento. Tra gli alberi più minacciati molti sono endemismi del genere Magnolia di cui si conoscono molto bene le varietà ornamentali. Ci sono rarità come Magnolia cubensis, ridotta ormai a una piccola popolazione sull’isola di Cuba confinata nelle foreste pluviali del massiccio di Guamuhaya che ospita centinaia di specie vegetali endemiche come orchidee, felci ed epifite. Un discorso analogo vale anche per Magnolia wolfii, un albero endemico della Colombia centrale di cui rimangono solo più tre esemplari.

    Biodiversità

    Cinquemila nuovi alberi per le foreste bellunesi dopo Vaia e l’effetto-bostrico

    di  Pasquale Raicaldo

    25 Ottobre 2024

    Tra le specie vegetali più minacciate in assoluto ci sono le Cicadine, un genere tropicale distribuito in natura tra America centrale, Africa australe e Polinesia. Il 71 per cento di queste piante è a rischio estinzione: sono la controparte verde di panda e gorilla di montagna. LEGGI TUTTO