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    Educazione sessuale ma con ok dei genitori, il preside Dradi: “Così si limita autonomia scolastica”

    «Credo che il tema dell’educazione alla sessualità sia assolutamente rilevante e meritevole di attenzione, nella mia scuola però non l’ho ancora proposto perché è un argomento delicato e le indicazioni che provengono dal ministero dell’Istruzione non sono particolarmente favorevoli”. Gianluca Dradi – per molti noto come il “preside dei diritti” perché diede il via libera al congedo mestruale per le studentesse, istituì la carriera alias e creò una nursery a scuola per consentire a un alunna neo mamma di frequentare le lezioni – dirige ora il liceo artistico e musicale di Ravenna. E ha appena letto le novità proposte in Cdm dal ministro Valditara.
    Per l’educazione sessuale servirà il via libera dei genitori. Cosa ne pensa?
    “Credo che il fatto che si richieda un consenso preventivo da parte delle famiglie e cioè di tutti i genitori di tutti gli alunni di fatto ostacoli lo svolgimento di attività di educazione sessuale e affettiva a scuola”.
    Lede, come sostengono opposizioni e associazioni, l’autonomia scolastica e la libertà d’insegnamento?
    “Quell’autonomia è stata riconosciuta dalle Sezioni unite della Cassazione, il massimo organo della giurisdizione italiana, che in una sentenza del 2019 stabilisce che l’educazione scolastica può entrare in conflitto con gli indirizzi educativi adottati dalla famiglia e con le loro impostazioni culturali, perché sono due ambiti distinti e la scuola può svolgere la sua funzione senza bisogno del consenso dei genitori. L’attuale ministero auspicherebbe invece una coincidenza tra i due indirizzi, una posizione certamente legittima, ma che ostacola l’operatività di iniziative come l’educazione sessuo-affettiva”.
    Perché l’educazione sessuale resta un tabù?
    “È una questione di impostazione culturale. I partiti al governo ritengono che il tema dell’educazione sia monopolio della famiglia, anche se così, oltre a fare un passo indietro rispetto alla giurisprudenza, si rischia di escludere proprio quei ragazzi che vengono da contesti in cui le discussioni sul proprio corpo, le relazioni, la sessualità incontrano difficoltà e resistenze. Per accedere allo sportello psicologico nelle scuole è previsto il consenso informato dei genitori, ma in questo caso la ragione sta nel fatto che siamo sulla soglia o già dentro un trattamento terapeutico. Mentre per l’educazione sessuo-affettiva si tratta di una scelta didattica e dunque non dovrebbe essere necessario”.
    Accanto al sesso nomina sempre l’aspetto affettivo. Perché crede che siano inscindibili e necessarie?
    “Perché credo che l’educazione non debba limitarsi alla sessualità in senso stretto, ma affrontare il tema di come si intrattiene un rapporto affettivo nel rispetto delle differenze di genere. Riuscire a riflettere su questo significa aiutare gli adolescenti a riconoscere le proprie emozioni ed esprimerle in parola prima che in atti, mediando l’impulsività con la razionalità e riuscendo a controllare quel che provano. E’ questo il problema che hanno i ragazzi e che necessita di momenti di riflessione”. LEGGI TUTTO

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    Scuola, educazione sessuale solo con l’ok dei genitori. Arresto in flagranza per aggressioni ai prof

    Mentre in Italia manca ancora una legge sull’educazione sessuale obbligatoria a scuola, il governo stringe le maglie sulle attività extracurricolari di formazione sull’affettività e il sesso in classe. Alle superiori ci vorrà il consenso scritto dei genitori che potranno vedere e valutare libri di testo, materiale informativo, conoscere modalità e finalità dei corsi proposti e i soggetti esterni coinvolti. Alla materna e alle elementari ci si dovrà fermare a ciò che si insegna in biologia e dunque allo studio del corpo umano e della riproduzione.
    Il consenso scritto dei genitori all’educazione sessuale
    Il Consiglio dei ministri ha approvato uno schema di disegno di legge in materia di “consenso informato in ambito scolastico” proposto dal ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara.
    In sostanza la norma prevede che siano i genitori ad autorizzare i corsi che ampliano l’offerta formativa su, spiega il ministro, “temi sensibili” come quelli sull’educazione sessuale e affettiva. Mamme e papà dovranno essere informati e dovranno dare, preventivamente, il loro assenso scritto. E questo perché, secondo la destra, sono le famiglie a doversi occupare di certi argomenti. In questo modo si evita dunque che i genitori siano scavalcati dalle scelte educative degli istituti scolastici. “Lo dice l’articolo 30 della Costituzione che sancisce il diritto-dovere delle famiglie di educare i propri bambini – spiega Valditara – E con questa misura vogliamo rafforzare l’alleanza tra scuole e famiglia”.
    Cosa acade se il consenso viene negato? Le scuole dovranno fornire ai ragazzi una attività formativa alternativa.
    Non solo: in caso di coinvolgimento di esperti esterni, occorrerà anche la delibera del Collegio dei docenti previa autorizzazione del Consiglio di istituto. Nella scelta di associazioni o formatori esterni andranno inoltre tenuti presenti i criteri di selezione fissati dal Collegio docenti per la comparazione e la valutazione dei loro titoli, oltre che della loro comprovata esperienza professionale, scientifica o accademica.
    Per le scuole dell’infanzia e della primaria i temi affrontabili “sono solo quelli contenuti nelle indicazioni nazionali, e cioè biologia, corpo umano, riproduzione biologica”, ha aggiunto Valditara.
    L’iniziativa del ministro riprende due testi di legge che Fratelli d’Italia (con Alessandro Amorese) e Lega (con Rossano Sasso), certi del presunto dilagare dell’inesistente “teoria gender” nelle scuole, hanno presentato negli scorsi mesi.
    Anche il disegno di legge Valditara non sarà subito in vigore, ma dovrà passare al Parlamento per essere discusso, eventualmente modificato e poi approvato dal Senato e dalla Camera.
    L’arresto in flagranza per chi aggredisce i prof
    Il Cdm ha approvato pure uno schema di disegno di legge in materia di tutela del personale docente della scuola e dei dirigenti scolastici. Con una modifica al Codice penale, per gli adulti che aggrediscono fisicamente prof e presidi, arrecando lesioni, è previsto un aggravamento delle pene (si passa dall’attuale pena che va da 6 mesi a 3 anni attuali a una reclusione da 2 a 5 anni) e l’arresto obbligatorio in flagranza o quasi flagranza di reato.
    “Il personale scolastico è quello più soggetto ad aggressioni, dopo il personale sanitario. Nel 2022-2023 la maggior parte di aggressioni erano di studenti, dal 2023-2024 sono soprattutto i genitori che picchiano prof o dirigenti scolastici”, dichiara Valditara che poi racconta alcuni tra gli episodi più gravi: “A Roma una collega è arrivata a farsi scortare a casa dai colleghi perché aveva paura dopo episodi di stalking dei genitori. Alla fine questi si sono presentati a scuola e l’hanno presa a bastonate. In Calabria, dagli insulti si è passati all’aggressione fisica: un docente è stato preso a pugni dai genitori, è caduto a terra, ha battuto la testa ed è rimasto in prognosi riservata in ospedale”.
    “Il nostro principio nel cambiare le norme – sottolinea Valditara – è molto chiaro: un docente non si tocca. La funzione di un educatore deve essere preservata e vanno garantite condizioni di serenità per chi lavora con i nostri figli”.
    Bullismo grave, arriva il 5 in condotta e la bocciatura
    Tra le altre misure esaminate dal Cdm anche due Dpr che, modificando lo Statuto degli studenti e delle studentesse, rendono operative alcune norme della riforma della valutazione della condotta degli studenti. Per esempio, la sospensione dalle lezioni per i casi più gravi, da 3 a 15 giorni, verrà sostituita alle superiori da attività di cittadinanza attiva e solidale. Ancora: con il 5 in condotta, esteso anche a episodi di bullismo grave, si verrà bocciati, con il 6 si viene rimandati a settembre e si dovrà superare un “esame di riparazione” con un elaborato critico su temi che riguardano il suo comportamento negativo LEGGI TUTTO

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    Scuola, se la gita è un lusso per pochi: “Uno studente su due non fa più viaggi d’istruzione”

    Costi elevati, sempre meno prof che accompagnano i ragazzi, sanzioni disciplinari che impediscono il viaggio: così la gita scolastica è in declino. Dalle scuole medie alle superiori, i viaggi d’istruzione somigliano sempre di più a un lusso per pochi, speso soprattutto entro i confini dello stivale.
    Lo dice l’osservatorio sulle gite di Skuola.net che ha intervistato 3mila alunni delle scuole di secondo grado confermando un trend ormai stabile nel post pandemia quando, dopo due anni di stop, le gite sono pian piano riprese.
    Secondo il sondaggio, quest’anno uno studente su due dovrà rinunciare al viaggio d’istruzione di più giorni: il 29 per cento ha già ricevuto comunicazione da parte della scuola che non si partirà, mentre l’11 per cento è ancora in attesa di ricevere indicazioni, ma la fine dell’anno scolastico si avvicina.

    Classe in gita perde aereo per tornare in Italia, nuovo volo costa 350 euro in più: ira dei genitori

    di Pierfrancesco Albanese

    01 Aprile 2025

    I “no” degli studenti
    Quasi uno studente su dieci (7 per cento), poi, saluterà i propri compagni in partenza senza aggregarsi al gruppo. La motivazione, almeno stando a quella resa nota nel questionario, è nella metà dei casi la mancanza di voglia di passare giorni fuori casa h24 con compagni e prof. Almeno un terzo di chi rinuncia invece lo fa per ragioni economiche: non si può permettere la gita. E solo in qualche caso scattano (e vengono accettate) collette solidali.
    Per circa un “deluso” su quattro non è prevista nemmeno la tradizionale gita fuori porta di un giorno. A cui si aggiunge una quota – circa uno su tre – di sognatori, che ancora aspettano che il proprio istituto pianifichi un’uscita da qui a giugno.
    Gli ostacoli alla partenza
    Tra i principali ostacoli alla partenza, al primo posto figura nuovamente l’indisponibilità dei professori ad accompagnare le classi in gita: un problema comune a quattro studenti su dieci. C’è poi un 18 per cento, quasi uno studente su cinque, che sostiene come i costi dei trasporti e delle sistemazioni per il pernotto, in alcuni casi proibitivi, abbiano spinto la propria scuola a non organizzare affatto la trasferta, visto il rischio concreto che dopo aver messo in moto la macchina molte famiglie non avrebbero poi aderito.
    E in effetti, dove è stato organizzato un viaggio di istruzione, uno su dieci è rimasto a bocca asciutta perché non si è raggiunto il numero minimo di partecipanti.
    Infine, ci sono le sanzioni disciplinari: il 14 per cento degli intervistati ha rivelato di non poter partire a causa della condotta tenuta in classe.
    Gli studenti italiani possono tirare un sospiro di sollievo: gite scolastiche e scambi culturali sono salvi, per il momento. “Al fine di evitare Il rischio di compromettere il regolare svolgimento dei viaggi di istruzione nell’interesse della collettività, data l’importanza rivestita da questi nell’offerta educativa scolastica, Anac ha deciso un’ulteriore deroga di sei mesi per le scuole al fine di qualificarsi e gestire gli affidamenti per gite scolastiche e viaggi d’istruzione secondo le nuove regole stabilite dal Codice degli appalti”. Lo comunica l’Autorità anti corruzione.
    Uscite didattiche e viaggi rischiavano di saltare per colpa del mancato adeguamento delle scuole ai requisiti previsti dal nuovo Codice degli appalti. Per organizzare gite di istruzione per cifre superiori a 140mila euro, infatti, con la nuova norma gli istituti sarebbero obbligati a gestire la spesa tramite un vero e proprio appalto pubblico, diventando stazione appaltante qualificata. Procedure lunghe e complesse, per le quali nelle scuole spesso non c’è il personale adatto. Per questo molti presidi stavano già rinunciando a organizzare gite. Ora arriva la proroga: ci sono altri sei mesi di tempo per adeguarsi alle nuove regole. Nel frattempo i viaggi di istruzione sono salvi e gli studenti non saranno privati “di un così fondamentale strumento di crescita e apprendimento”, scrive Anac.
    “Le visite d’istruzione sono un’opportunità importante per ampliare gli orizzonti culturali dei nostri studenti e rafforzare il loro apprendimento. Per questo, abbiamo lavorato con Anac per trovare soluzioni che permettano alle scuole di continuare a organizzarle senza interruzioni, ma con procedure che assicurino trasparenza e legalità”. Lo dichiara il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, commentando la decisione di Anac.

    Gite scolastiche salve, per ora: nuova deroga di sei mesi al Codice degli appalti

    a cura della redazione Cronaca nazionale

    09 Dicembre 2024

    Le mete e la durata del viaggio
    Tra chi parte, due su tre resteranno in Italia, privilegiando città d’arte e mete low cost rispetto a Roma e Milano: Firenze, Napoli e Palermo. All’estero vincono Atene e Barcellona. In alternativa, ci si muove tra le località di mare o di montagna, o verso città meno turistiche – sempre per questioni di budget – come testimonia il 24 per cento degli studenti.
    Per ammortizzare i costi il 40 per cento dei ragazzi starà fuori tre giorni.
    Il budget medio ruota attorno ai 424 euro, con un aumento del 5 per cento rispetto allo scorso anno.
    Mezzo preferito è il pullman, uno su quattro andrà in aereo e poco più di uno su dieci in treno. Pochissimi in nave, sia per muoversi che per partire, appena il 2 per cento, ma comunque raddoppiati rispetto allo scorso anno. LEGGI TUTTO

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    Maturità, Valditara firma l’ordinanza: la condotta pesa sul voto finale, i Pcto tra i requisiti

    Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha firmato l’ordinanza che disciplina lo svolgimento dell’esame di Stato. La prima prova scritta si svolgerà il 18 giugno alle 8.30. Da quest’anno è requisito per l’ammissione alla maturità lo svolgimento dei Pcto, ovvero i Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (l’ex alternanza scuola-lavoro). Altra […] LEGGI TUTTO

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    Scuola, niente ora di religione per oltre un milione di studenti: “Non sono mai stati così tanti”

    Uno studente su sei non frequenta l’ora di religione. Gli esonerati, così vengono chiamati gli studenti e le studentesse che scelgono una materia alternativa, sono un milione e 164mila. Mai così tanti. Sessantottomila in più dell’anno prima. La percentuale è passata dal 15,5% del 2022-2023 al 16,6% del 2023-2024.

    Scuola, oggi la stretta di Valditara sui diplomifici. E una norma per assumere i docenti idonei

    di Viola Giannoli

    28 Marzo 2025

    A diffondere i dati è l’Uaar, l’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti, che ha chiesto al ministero dell’Istruzione e del Merito l’ultimo aggiornamento sulla frequenza della religione cattolica nelle scuole statali.
    Nella classifica dei capoluoghi, spicca il sorpasso laico di Firenze: più di uno studente su due fa alternativa (51,5%). In tanti a dire “no grazie” alla religione cattolica sono pure gli alunni di Bologna (47,3%), Aosta (43,6%), Biella (40,6%), Mantova (40,5%), Brescia (38,6%), Trieste (37,9%) e Torino (37,7%).
    Quanto agli istituti, la percentuale record degli studenti che non si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica si trova al professionale e al tecnico Olivetti di Ivrea (90,7% e 87,9%). Va detto che in molti casi il numero degli studenti adulti degli istituti tecnici e professionali che frequentano le scuole serali influenza la percentuale complessiva dell’istituto. Nella top five, segue al terzo posto l’istituto tecnico Sassetti-Peruzzi di Firenze con l’86,8%, la primaria Nazario Sauro di Monfalcone (Gorizia) con l’86,45% e l’istituto professionale Carrara di Novellara (Reggio Emilia) con l’86,29%.
    Primi tra i licei il Leon Battista Alberti di Firenze (84,65%); tra le secondarie di primo grado la Rodari di Torre Pellice (Torino) con l’83,70%, mentre con l’83,58% dei bambini è la San Giacomo di Brescia tra le scuole dell’infanzia quella a più alto tasso di esentati. a risultare in testa alle scuole dell’infanzia.
    Il dato nazionale per tipo di scuola vede al primo posto gli istituti professionali con il 27,83%, al secondo gli istituti tecnici con il 25,31, anche per le ragioni già dette, e al terzo i licei con il 18,48%. Scuola secondaria di primo grado, primaria e scuola dell’infanzia si posizionano tra il 15,77 e il 12,4%. LEGGI TUTTO