Dario, Paolo e Flora volevano, più di tutto, tornare nella loro isola. Linosa, la più remota delle Pelagie, un gioiello nero emerso dal mare: cratere spento, coste frastagliate, acque turchesi, biodiversità marina straordinaria. Un paradiso lontano, impareggiabile per chi cerchi un “buen ritiro” estivo lontano dall’overtourism, non propriamente l’ideale per le nuove generazioni. “Così, ci è venuta l’idea giusta per rinnovare le nostre radici, contribuendo anche alla protezione di una terra fragile, oggi più che mai”, spiegano. L’idea giusta si chiama Nereidee. Così è nato il progetto che, attraverso il sostegno della Fondazione Sanlorenzo, coniuga sostenibilità e tutela della biodiversità, partendo dalla reintroduzione di un insetto, l’Apis mellifera siciliana, la cosiddetta ape nera, già autoctona in Sicilia.
Dai terreni incolti giardini di erbe aromatiche
“Riportarla a Linosa, ci siamo detti, può tutelare la purezza genetica di questa specie, favorendone la sopravvivenza e innescare un meccanismo virtuoso attraverso la produzione di miele, propoli e prodotti vari”, spiega Dario D’Emanuele, 30 anni, biologo naturalista, oggi piccolo imprenditore insieme al fratello Paolo, 26 anni, che ha studiato Scienze agrarie e forestali, e a Flora Bonadonna, 31, già assistente sociale, un forte impegno per i diritti civili. Per farlo – o meglio, prima di farlo – era tuttavia necessario ripristinare le cosiddette risorse nettarifere: qui, il fico d’India, che pure è tra le icone dell’isola, ha fatto letteralmente man bassa, soppiantando diverse specie autoctone e danneggiando i muretti a secco, uno dei patrimoni materiali di questo territorio. “Così abbiamo pensato di creare dei veri e propri giardini, recuperando due terreni incolti, uno a est e uno ad ovest, e bonificandoli, attingendo alle tecniche dei nostri nonni per rimettere su i muretti a secco. – spiegano i tre imprenditori – Abbiamo poi messo a dimora quattromila piante tipiche dell’area mediterranea: in particolare salvia, rosmarino, timo e lavanda”.
La condivisione con la piccola comunità dell’isola
La messa a dimora è stata una festa collettiva, con il coinvolgimento di anziani e ragazzini, un atto di co-creazione e condivisione, a cominciare dall’accoglienza speciale delle piante, arrivate – naturalmente – via mare: “Sì, è come se improvvisamente nella comunità (sono circa 300 i residenti stabili a Linosa, ndr) si sia riaccesa una scintilla”, commenta Dario. E non finisce qui. “Con l’arrivo della primavera disegneremo poi spazi fioriti con margherite e diverse varietà di aglio ornamentale. Parallelamente abbiamo avviato la raccolta e la messa a dimora delle piante endemiche di Linosa”.
In particolare sono stati raccolti i semi e piantati il?Pancratium maritimum, il giglio marino, e una varietà locale di aglio selvatico, pianta mellifera di grande valore paesaggistico. Perché anche l’occhio vuole la sua parte. Arriverà poi l’ape: qui gli insetti, come in molte isole remote, lontane miglia e miglia dalla terraferma, sono assenti o quasi. “E molti degli ortaggi si impollinano a mano, sono i contadini a ‘inzitarli’, come si dice nel nostro meraviglioso dialetto”, spiega Dario. Inzitare, già: da zito, compagno, vuol dire proprio far accoppiare, o giù di lì.
Un laboratorio di scrittura e il Bando Oltremare
Con l’ape arriverà poi, nei prossimi anni, il miele. Che, in fondo, non è che un pretesto. Qui c’è in gioco, soprattutto, la capacità di generare futuro. “Proprio così, vorremmo soprattutto dimostrare che è possibile immaginare un futuro per Linosa che non obblighi i giovani ad andar via, come pure noi tre abbiamo fatto sin dalle scuole superiori, e che non costringa a impiegarsi nel settore turistico, che qui – in un’isola dagli equilibri così fragili – non può certo produrre numeri particolarmente alti, anche grazie alla sua difficile accessibilità e al divieto, benedetto, di costruire nuovi immobili”, annuiscono i tre imprenditori. “Non ce l’avremmo fatta da soli, ci ha accompagnati nel nostro percorso la Fondazione Sanlorenzo”, aggiungono.
Una realtà, la Fondazione, nata proprio per sostenere le comunità delle piccole isole, come quella di Linosa, con l’obiettivo di colmare il divario con la terraferma mettendo a disposizione strumenti e opportunità per preservare e valorizzare il patrimonio socio-culturale, economico e ambientale di queste terre. E che tra gli altri, promuove La Lettura non isola, un laboratorio di scrittura creativa che promuove gemellaggi tra scuole della terraferma e delle isole, e il Bando Oltremare, che offre borse di studio a chi deve proseguire gli studi superiori dell’obbligo fuori dal proprio territorio.
“La forza del progetto Nereidee – commenta Cecilia Perotti, che guida la Fondazione insieme al fratello Cesare e al padre Massimo – risiede nella capacità di riportare sull’isola persone, competenze e nuove forme di vita e lavoro, generando valore e occasioni di incontro. Dimostra che contribuire in modo concreto alla crescita della propria terra è possibile”.
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