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Meno emissioni più energia pulita: gli impegni (insufficienti) della Cina

Un annuncio importante, ma non abbastanza. E’ questa la possibile sintesi dell’intervento (nella serata italiana di ieri) di Xi Jinping all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Dopo lo show del presidente statunitense Donald Trump che poche ore prima aveva, tra le altre bordate, affondato le politiche climatiche definendole “una truffa”, tutti gli occhi erano puntati sul maxischermo del Palazzo di Vetro dal quale avrebbe il presidente cinese in collegamento da Pechino. Un intervento programmato all’interno della sessione speciale dedicata al clima voluta dal Segretario generale Onu Antonio Guterres, e quindi molto atteso da chi auspica una decisa inversione di rotta nell’uso dei combustibili fossili e nell’emissione di gas serra. Ebbene Xi Jinping ha preso, a nome del suo Paese, un impegno storico, e certamente in una direzione opposta rispetto al negazionismo climatico imboccato dal suo omologo americano, ma drammaticamente insufficiente rispetto all’emergenza che viviamo e che si prospetta in futuro. Il leader del colosso asiatico ha promesso che Pechino ridurrà le emissioni del 7-10% in tutti i settori economici entro il 2035 rispetto ai livelli massimi raggiunti, “sforzandosi al contempo di fare meglio”. La Cina punterà inoltre ad aumentare a oltre il 30% del totale la quota di combustibili non fossili nel consumo energetico e ad aumentare la capacità eolica e solare di oltre sei volte rispetto ai livelli del 2020, puntando a 3.600 GW.

L’importanza dell’annuncio di Xi Jinping risiede nel fatto che per la prima volta Pechino assume impegni concreti, con tanto di numeri e date ravvicinate, e non esprime auspici per un relativamente lontano futuro (la metà di questo secolo). E lo fa forte dei risultati già raggiunti: all’inizio del 2025 la capacità combinata di eolico e solare ha superato quella del carbone. E a marzo era già pari a 1.482 GW e quindi l’obiettivo indicato ieri all’Onu comporterebbe più che un raddoppio in dieci anni. Un risultato alla portata della Cina, considerano il livello di innovazione green che ha dimostrato negli ultimi anni. Ma il 7-10% di tagli alle emissioni cinesi entro il 2035 è un obiettivo davvero troppo lontano da quel 30% che secondo gli scienziati sarebbe stato in linea con l’obiettivo di tenere il riscaldamento globale in linea con l’Accordo di Parigi e cioè al di sotto di 1,5 gradi in più rispetto all’era pre-industriale. Ieri all’Onu ha parlato anche uno dei più autorevoli studiosi in fatto di impatti della crisi climatica, lo svedese Johan Rockström, direttore del Potsdam Institute for Climate Impact Research: “Il fallimento non è inevitabile, è una scelta”, ha detto ai capi di Stato e di governo che lo ascoltavano. “Se faremo le scelte giuste in futuro, ci saranno ancora percorsi che potrebbero riportare le temperature sotto 1,5 °entro la fine del secolo. Una strettissima via di fuga esiste ancora, ma imboccarla sarà estremamente impegnativo”.

Un appello che non sembra essere stato recepito. Certamente non dagli Stati Uniti di Trump. Il cui sberleffo alle politiche climatiche fa sembrare una buona notizia perfino il 7-10% della Cina o la “dichiarazione di intenti” della Ue (in attesa della decisione vera e propria attesa per fine ottobre dei capi di Stato e di governo europei) di ridurre le emissioni del 90% entro il 2040. Anche le Nazioni Unite, terremotate dall’inquilino della Casa Bianca, cercano di vedere il bicchiere mezzo pieno, tracciando un bilancio tutto sommato positivo di questo appuntamento dedicato alla presentazione dei contributi determinati a livello nazionale (Ndc): sui circa 190 Paesi che aderiscono all’Accordo di Parigi e partecipano alle Conferenze della parti sul clima (Cop) “102 (inclusa la Ue e quindi i suoi 27 Stati membri) hanno presentato o fatto annunci sul loro nuovo Ndc”, fa notare il Palazzo di Vetro. Il vuoto lasciato dagli Stati Uniti, permette comunque alla Cina, nonostante la modestia dei tagli annunciati, di ergersi a campione della transizione verde: “E’ tendenza del nostro tempo”, ha detto Xi all’Onu. “Mentre alcuni Paesi si stanno opponendo, la comunità internazionale deve restare rimanere concentrata sulla giusta direzione”. Ma è evidente che dover competere con due superpotenze come Usa e Russia che puntano decisamente sui combustibili fossili e dover far fronte alla prevista impennata del fabbisogno interno di elettricità ha ridimensionato le ambizioni green di Pechino.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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